Critici e gremlin

Ancora sulla critica e su alcune coincidenze di pensiero a proposito di separazione fra literary fiction e genere. Ho recuperato finalmente la recensione di Franco Cordelli a 1Q84 di Murakami Haruki, apparsa su La lettura del Corriere della Sera. Mi interessa soprattutto la conclusione. Ovvero:

“la quantità delle simmetrie, la moltitudine delle coincidenze, l’abnormità delle sorprese, la tendenza dei personaggi a non commentare mai ad alta voce e a non rispondere o a fare domande senza domanda — tutto questo, dalla puntata 19 della prima parte—, trova il suo iniziale inveramento nella scena in cui dalla bocca di una bambina escono cinque gremlin (il termine è mio). Be’, da questo momento la sospensione dell’incredulità finisce, e dall’ammirazione e dall’interesse si passa a un senso di saturazione e infine all’odio per uno degli scrittori più furbi dei nostri anni”.

In realtà, quella è la scena dove l’intreccio reale-fantastico si fa più forte.  Ed è quella scena, come si vede, a spezzare “la sospensione dell’incredulità” in Cordelli. Vi chiedete perché? Anche io. Per me (ed è un personalissimo parere di lettrice, non una teoria della narrativa) la sospensione dell’incredulità si spezza quando nel libro entrano in gioco non gli elementi “irrealistici”, e neanche il gioco linguistico in sè. Ma quando dietro quel gioco, o comunque  dal testo, mi arriva la freddezza dell’autore, il disinteresse per quello che egli medesimo sta raccontando.  La mancanza di empatia?
Comunque, su Repubblica c’è un altro lungo articolo di altro critico, Alberto Asor Rosa. Il quale interviene sulla distinzione fra letteratura e narrazione, e fra narrazione e racconto. Però da un altro punto di vista:

” Quand´è che la narrazione, – anzi, “affabulazione” pura e semplice, estesa a dismisura, e perciò straniata e inconsapevole, – diviene racconto?
Diviene racconto quando non si limita a tentare di “riprodurre” la vita, ma cerca di coglierne il senso. Non la vita, ma il senso della vita è (è sempre stato e, secondo me, dovrebbe sempre essere) l´oggetto della grande narrazione. Trovo intollerabili i giovani scrittori che si sforzano di riprodurre il bla-bla dell´esistenza. Per sollevarsi dalla massa, – quella sì davvero eterogenea, – della produzione editoriale, bisogna cimentarsi con qualcosa che sta dietro alla vita o, meglio, è dentro alla vita, ma al tempo stesso è la parte nascosta, apparentemente invisibile della vita, che il racconto “buono” fa emergere”.

Ora, nei titoli che Asor Rosa cita come buon racconto, però, neppure uno va nella direzione che ci si potrebbe aspettare. Sono romanzi mainstream (l’elenco è lunghissimo) che, per quello che posso capire avendone letta solo una piccola parte, non possiedono la stessa apertura di Murakami.
Dunque, siamo daccapo: quella distinzione fra letteratura e narrativa di genere è più forte che mai, fra addetti ai lavori e lettori.  E il lavoro da fare è immane.

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13 Risposte to “Critici e gremlin”

  1. Giovanni Arduino Says:

    Lara, non posso commentare perché qui siamo proprio su due mondi a parte.

  2. Blakie Says:

    Anche a me aveva fatto storcere il naso l’articolo di Cordelli.
    La dicotomia che esiste (che qualcuno vuole fare esistere) tra letteratura alta e narrativa di genere è snervante da affrontare. Riguardo Murakami…ma chi ha la stessa apertura??

  3. M.T. Says:

    Da quel che ho letto di Murakami il termine furbo non m’è mai passato per la testa. A mio avviso una parte della critica per far parlare di sé cerca di trovare il modo d’essere seguita sparando nel modo più pungente possibile.
    Di nuovo, penso che le etichette, arrivati a un certo punto, siano qualcosa di negativo.

  4. Lara Manni Says:

    Due mondi separati, e qui non bastano una buca del coniglio o una scala anti-incendio per passare dall’uno all’altro. Ahinoi.

  5. Wu Ming 4 Says:

    “Tra le sfortune di questo genere, possiamo annoverare anche la svalutazione della Fantasia. Perché almeno in parte questa svalutazione è dovuta al naturale desiderio dei critici di portare alle stelle forme di letteratura o di ‘immaginazione’ che essi stessi preferiscono, per propensione innata o per educazione”.
    J.R.R.Tolkien – Sulle fiabe.

  6. Lara Manni Says:

    In proposito, e a proposito di Tolkien, ci sono cose che non cambiano mai:
    http://www.finzionimagazine.it/news/attualita-news/perche-tolkien-non-vinse-mai-il-nobel-resi-noti-i-documenti-delledizione-1961/

  7. icittadiniprimaditutto Says:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  8. G.L. Says:

    Mai dare da mangiare a un critico dopo mezzanotte… (non ho saputo resistere)

  9. Valberici Says:

    G.L.: 😀

  10. Giovanni Says:

    Interessante. Non ho letto Murakami, anche se ormai mi sono ripromesso di farlo presto, ma sono davvero affascinato dalla frase di Cordelli.

    Cosa lo fa sobbalzare? Il fatto fantastico, il non reale? Evidentemente no, altrimenti dovremmo escludere una buona metà della narrativa che, da Eco a Calvino a Borges e Auster, per dirne tre giustamente amati dai critici (ma Calvino e Borges sono morti quindi ottengono punti rispetto in più), ha sempre fatto dell’invenzione il suo centro (e Poe, Melville, Buzzati, cosa sarebbero senza la libertà di inventarsi cose che sappiamo non poter accadere nella vita? E quanto meno sapremmo del mondo se non sapessimo che dietro quelle invenzioni ci sono metafore, analogie, sentieri?).

    Eppure sobbalza, Cordelli. Odia, persino, obbligato dal mestiere a concludere la lettura. Cosa lo colpisce?

    Forse, la mia è una ipotesi, l’incapacità di lasciarsi andare.

    Il racconto è un fiume, se è tranquillo, una volta immersi, non si perde il contatto col fondo e i piedi sanno sempre dove sono. Chi è più dotato può nuotare controcorrente in un fiume lento e maestoso, scoprirne gli anfratti ed i luoghi segreti, beandosi forse più della propria perizia che del fiume che diventa accessorio.

    Ma ci sono torrenti e a volte anche fiumi che scorrono impetuosi, fiumi che non si lasciano dominare. In quei casi, l’unica, è lasciarsi andare al racconto e godersi il viaggio, per quanto strano e pauroso e imprevisto possa essere.

    Per farlo però, occorre fiducia. Non in se stessi e nella propria abilità, che qui sono inutili. Fiducia nel fiume, e nel mare al suo termine.

    Per dirla con Patrick Overton: “Quando camminiamo fino al limite di tutta la luce che abbiamo e facciamo un passo nell’oscurità del non conosciuto, dobbiamo credere che accada una di queste due cose. Ci sarà qualcosa di solido in cui mettere il piede, o ci verrà insegnato a volare.”

    Senza questa fiducia si può ancora leggere e apprezzare stile, capacità, potenza. Ma credo diventi impossibile godersi il viaggio.

  11. Lara Manni Says:

    Bellissimo intervento, Giovanni. E credo tu abbia molta ragione. Ci sono lettori, anche lettori professionisti, che non hanno, o non possono, lasciarsi andare.

  12. Federico Berti Says:

    Haha… ho letto il titolo e l’argomento m’interessava, ma non avevo visto che eri tu… poi, aperta la pagina, mi sono detto: che scemo, poteva essere solo lei! Brava, riflessioni puntuali come sempre.

  13. Lara Manni Says:

    Be’, solo lei è un po’ troppo 🙂 Benvenuto, comunque.

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