Si chiama “mettere il dito nella piaga”, e Blackvirgo, nel commento lasciato nel post qui sotto, lo ha fatto. Con queste parole:
E non sopporto i cliché da Harmony che ultimamente spopolano nelle fanfic. Perché cavoli la donna deve essere sempre indifesa oppure la sua forza è solo una facciata? Perché deve volere protezione? E soprattutto: uno che sta male con se stesso come diavolo fa a stare bene con qualcuno?
Mica solo nelle fanfic! Cioè, soprattutto nelle fan fiction, ma un po’ dappertutto. Perchè, la famosa Bella di Twilight cosa fa di diverso? Si fa proteggere dal vampiro-swarovski (la definizione, geniale, è di Laurie, che dopo aver riportato le parole di Stephenie Meyer – “Alla luce del sole Edward era sconvolgente. Non riuscii ad abituarmici; eppure non gli tolsi gli occhi di dosso per tutto il pomeriggio. La sua pelle, bianca nonostante il debole colorito acquistato dopo la battuta di caccia, era scintillante, come ricoperta di piccoli diamanti.”– conclude che il signor Cullen, appunto, non è una creatura del buio ma un grazioso gioiellino). E cosa fanno le signorine che hanno la sventura di incappare nel signor Step nei libri di Moccia? Grossomodo, si fanno proteggere pure loro.
Vogliamo parlare dei manga? Non è che vada molto meglio: l’eroina sarà pure una strafiga dotata di poteri niente male (soprattutto curativi, in genere, ma guarda…), ma senza l’eroe finirebbe rapita/uccisa/utilizzata per scopi loschissimi.
Per non parlare quando il personaggio femminile viene tradito: nel senso di cornificato, per essere chiari. Da lei ci si aspetta sempre che perdoni e tiri avanti, perchè l’uomo, si sa, è cacciatore.
Beh, io ci ho provato e ci sto provando a creare delle protagoniste diverse: tutt’altro che imbattibili. Ma DIVERSE: perchè non ne posso davvero più, neanche io.
settembre 18, 2008 alle 9:55 am |
E’ una cosa che ho notato anch’io…per non cadere nel tranello, spesso a me capita di concentrarmi tantissimo sui personaggi femminili, a discapito (purtroppo) di quelli maschili. Mia sorella, invece, è il contrario: si concentra troppo sui maschili XD quando ci mettiamo in due, siamo una forza, in generale XD la cosa che mi stupisce è che spesso, nelle fanfiction, sono le stesse ragazze a proporre questi stereotipi, e non i maschi!
Per me, comunque, la definizione migliore è quella di Gamberetta: i Vampiri Gnokki (con annesso modo di dire: “Ridi, ridi, che mamma ha fatto gli Gnokki!” che a me fa sganasciare perché è un detto tipico delle mie parti). Uno dei motivi per cui a me non è piaciuto Twilight è proprio questo: Bella è un personaggio insapore. Non te la puoi neanche prendere con lei perché è una Mary Sue, perché proprio non ha NIENTE…
Un personaggio femminile della letteratura che a me non dispiace, ad esempio, è Lady Chatterley…sennò, fammi pensare…boh…beh, nei videogames a me piace The Boss in MSG3 *_* nei film, invece, direi che propendo decisamente per Beatrix in Kill Bill.
settembre 18, 2008 alle 10:10 am |
BEATRIX! La mia eroina personale, sai?
settembre 18, 2008 alle 11:54 am |
Oh, davvero un dito piantato nella piaga!!
E, come ha già sottolineato Teiresias, è una cosa che piace tantissimo alle adolescenti, perciò verrebbe da lasciare a discuterne le donne ^^ onde evitare uno spinoso argomento pieno di trabocchetti (perché se scappa la parola sbagliata su una cosa del genere, ci sono donne pronte a togliere via la pelle di dosso al povero maschietto che si azzarda ad affrontare la questione!).
Ok, comincerò spezzando una lancia in difesa degli adolescenti, però (cosa che di solito io non faccio MAI).
A me pare che sia davvero una cosa profondamente radicata all’essere umano. Intendo, il desiderio di proteggere la donna (dell’uomo) – il desiderio di essere accudita (la donna). E’ qualcosa di profondo; gli adolescenti lo sentono come una cosa “che nasce” in quelle età, e di cui si cerca, non saprei come dire, una conferma?
E’ una cosa buona o cattiva? Credo, una cosa sostanzialmente buona, che può con grande facilità diventare cattiva.
Nonostante la mia natura di cinico/romantico che mi fa odiare, come per te, tutto il romanticismo/paccottiglia, trovo questo tema importante, delicato e difficile.
Per quel che può valere, mi ricordo ancora una cosa scritta dalla Bradley (MZB) che non è una scrittrice che mi faccia impazzire, in quanto spessissimo nei suoi romanzi trovo, seppur proposto in un certo modo, un intento pedagogico che, come dicevo anche a proposito dei villain, non mi piace trovare nei romanzi.
Comunque, si trattava di un uomo che reicontrava la moglie/fidanzata prima piuttosto “imbranatina” che, causa diverse vicissitudini, era diventata molto più autonoma.
Ecco, MZB aveva scritto più o meno una cosa del genere “e si sentì come spogliato di quell’inutile bisogno di proteggerla che per lui era tanto importante” – le parole sono mie (ehi non mi ricordo, è una cosa letta ormai 16 – 17 anni fa), ma il senso è quello. Anche se non ho letto molto di MZB, questa è una cosa che non dimentico.
Moltissimo gira attorno a questo. E’ difficilissimo spiegarla meglio di così.
E non mi stupisco del successone “di ritorno” di certi racconti e romanzi. Per togliere il “cattivo” che c’è in questo rapporto tra uomini e donne, molti hanno voluto toglierne anche il buono. E’ ovvio che gli adolescenti se lo vadano a cercare come e dove possono.
Ovvero in letteratura di pessima qualità, che rovina i loro gusti e fa loro credere che “i bei romanzi” siano certe schifezze illeggibile, accidenti!!
*mumble mumble* Guarda, parlare di questo mi fa venir voglia di scrivere uno dei miei papiri nel topic di Kikyou sull’Inuportal. Se riesco a ritagliarmi un po’ di tempo magari stasera.
settembre 18, 2008 alle 1:02 PM |
Altro che mettere il dito nella piaga: questo argomento mi manda il sangue al cervello!
Quello che a me fa paura – proprio come hanno già ricordato Teiresias e Yoda – è il fatto che siano proprio le ragazze a proporre queste cliché terribilmente maschilisti! Che poi magari fossero relegati solo a romanzi di quarta categoria e a fanfiction…
Siamo o non siamo nel ventunesimo secolo?
Io ho finito l´adolescenza da un po´ma non da così tanto tempo da essermene dimenticata (anche perchè il mio concetto di adolescenza è abbastanza largo).
E anche io ho avuto momenti – che ho ancora! – in cui sento il bisogno di protezione. Ma che non sono in numero maggiore o più intensi di quelli in cui sento il bisogno di proteggere.
Credo che il bisogno di proteggere sia radicato in ogni essere vivente, molto più di quello di essere protetti, che credo invece dovrebbe relegarsi all´infanzia.
Pensate a una madre (negli animali, non solo nel genere umano): toccatele i suoi cuccioli e poi venitemi a dire se non è più agguerrita del più baldo guerriero che abbia mai pestato questa terra!
La donna-che deve-essere-protetta secondo me è frutto di una cultura in cui le donne vengono riconosciute come peccatrici (povera Eva!) e non dotate di intelligenza, ma solo di sensibilità. Tanto che una delle prime malattie mentali riconosciute è stata proprio l´isteria che – toh! – mi hanno detto che derivi da ister che in Greco significa utero.
Tanto per confinare una malattia stessa (o una classe intera di malattie psichiatriche ai tempi) a un genere. Quello femminile appunto.
E quello che mi spaventa è che nonostante siamo finalmente arrivati ad una sorta di parità dei diritti fra i sessi, molte donne rimangono maschiliste.
Così l´eroina della situazione viene descritta come bellissima, intelligentissima e sensibilissima. La chiamiamo Mary Sue?
Mettiamo pure che sia in possesso di queste tre grandissime qualità, ma uno straccio di orgoglio mai? Il fatto che nella vita non sia importante solo trovare l´uomo, sposarsi e fare tanti bambini, no?
E allora perchè farsi un mazzo così per studiare, laurearsi, specializzarsi, dottorarsi,… se poi viene fuori che il sogno represso è fare la casalinga?
Uno dei miei personaggi femminili preferiti è Portia, da Il Mercante di Venezia.
Che è intelligente e si vede. Senza negare in nessun modo la sua femminilità, anche in quei lati forse un po´meschini.
Ok, Shakespeare aveva una donna come Elisabetta I da prendere a modello (e non le solite veline… qui non commento), ma se c´è arrivato lui – uomo defunto nel 1600 – noi di quattro secoli più vecchi che facciamo?
Scusate lo sfogo.
settembre 18, 2008 alle 1:08 PM |
Non solo ho scritto un papiro, sono anche andata fuori tema!
Lara, bannami!
settembre 18, 2008 alle 1:12 PM |
Ma LOL *__*
(Il LOL era perché ti sei accorta del mio sclerante about me, creato apposta per irritare le fan della Meyer).
Non so se ti ricordi, ma un po’ di tempo fa avevo avuto un’epifania: Ivy aveva la posizione di una Mary Sue in Esbat (e Sopdet). Ma non lo è diventata. Come è mai possibile questo?
Miracolo?
Influenza sommesca?
Potenza di Lara?
Comunque, tornando un attimo all’argomento del tuo post, stavo riflettendo su questa situazione nel mio blog, qualche settimana fa. Era appena uscito Breaking Dawn, l’ultimo romanzo della nostra amica Meyer, e io ne ero particolarmente disgustata: mi chiedevo perché adesso i vampiri dovessero riprodursi visto che sono di fatto morti (o non-morti). Di sicuro poco attivi da quel punto di vista.
Insomma, mi ero espressa così:
“Ma mi chiedo, mi chiedo: perché mi disgusta così tanto?
Forse perché per le ragazze sentimentali l’inevitabile conclusione della storia d’amore è il matrimonio? Forse perché vanno in sollucchero appena sentono la parola “i due innamorati hanno un bambino”? Un bambino! Ma pensate, che carini! Sarà che sono una vecchia zitella, sarà che sono cinica, sarà che pretendo di più che la solita storiellina sentimentale che fa sognare il cuore femminile, sarà che tra Orgoglio e pregiudizio e Cime tempestose io scelgo il secondo e questo dice molto (anche se so che la Austen ruleggia!), sarà anche che trovo desolante che il futuro scontato di una donna sia accasata e con figli…
Un’altra alternativa? Nel senso abbiamo già saputo questa storia: si amano in modo scontato, si sposano in modo scontato, hanno un frugoletto frignoso in modo scontato. E’ scontato. Se non l’avete capito. Insomma, pensare anche ad un’adozione costa così tanto a queste scritturuncole e alle loro seguaci sospiranti di amore?”
Al che ho avuto una risposta molto intelligente: non sarà mica proprio perché sono storie risapute e dunque tranquillizzanti che piacciono? E ok, ha dannatamente ragione chi ha detto ciò, anche a me piacciono tanto certe storie che mi piacerebbe averne di più e ancora di più ma la prospettiva non è meno desolante.
Noi donne abbiamo dimenticato il femminismo?
Oh sì, sì, penso che sia pertinente. E non tanto perché le donne dovrebbe fare a meno degli uomini o di una relazione con gli uomini, ma perché queste donne non possono ridursi a essere belle “principessine” con tanti simpatici poteri magici che poi NON usano perché è l’omo virilissimo e affascinante a proteggerle. E ovviamente queste donne perché l’omo è così virile e così affascinante cadono ai suoi piedi e dimenticano che potrebbero stargli alla pari se volessero. E alla fine si riducono con un matrimonio, e tutti felici e contenti. Non che abbia niente contro il matrimonio, di per sè, ma viene prospettato come unica e sola conclusione per queste povere donne .__.
Ah, basta, insomma, ne ho decisamente abbastanza.
settembre 18, 2008 alle 1:30 PM |
Mumble anche io, saggio Yoda.
Tu hai ragione: e senza voler discutere il buono e il cattivo dell’affermazione (io sono più sfumata, e penso che ci siano donne che vogliono essere accudite e donne che no, uomini che vogliono proteggere e uomini che neanche per sogno), credo di aver capito che quel che tu temi, e temi a ragion veduta, è il politicamente corretto.
E qui si apre un altro interessante scenario: il successo commerciale di un’opera è garantito dalla semplificazione? In molti casi sì, ma non sempre. Il signore degli anelli, per esempio, non fa necessariamente leva su questo rapporto. Anzi. Galadriel è una dama potentissima, non certo bisognosa di protezione, per fare un nome solo.
Quindi? Quindi non so neanch’io: non sono sicura che il successo di certe storie sia dovuto ad un ritorno di “gabbie” che riguardano i due sessi. Per questo aspetto il papiro xD
settembre 18, 2008 alle 1:40 PM |
Uh, non avevo letto Blackvirgo e Lau!
Rimedio subito…xD
*Lara sventola striscione su barricata improvvisata*
Accidenti se sono d’accordo! Il dramma di tutto il filone “rosa” è esattamente “il fine”: casa, marito (vampiro, demone, licantropo: ma pur sempre marito) e prole. Nessuna se ne va incontro a nuove avventure come farebbe Roland di Gilead della Torre nera. Tranne Beatrix Kiddo in Kill Bill e un personaggio che a me è piaciuto molto, la non-morta di Chiara Palazzolo, la Angela di Pan. Il che non significa che l’eroina buona è quella sola, eh? Significa quello che sostenevo anche nel post di ieri, in modo criptico: è quella che ha come fine principale vivere, e vivere anche l’amore, ma che non si annulla nel quadretto familiare.
E su questo c’è TANTISSIMO da fare.
Laurie: Ivy…beh…non è una Mary Sue perchè, credo, cambia. E anche se sogna “come una Mary Sue” (ohhh, voglio sposare il bel demone) non è quello che continuerà a sognare: e soprattutto non è quello che otterrà…xD
Blackvirgo: bannarti? Ma io ti dò la password, invece!!!
settembre 18, 2008 alle 3:39 PM |
Uhm ripensando un attimo alle tue parole, Laruccia.
Quindi si può dire che certe protagoniste femminili nei romanzi rosa non crescono. Perché sognare di sposare il principe (qualsiasi principe immagini che sia) lo fanno tutte le ragazze, accidenti lo facevo pure io anche se il mio principe era un po’ diverso dal solito, ma si è ragazzine, poi si cresce, poi si hanno altri obbiettivi. Insomma, si può dire che non ci si accontenta o forse si capisce che la soddisfazione può venire anche da altre e non solo da una relazione.
Un altro punto critico è i romanzi rosa. Perché le ragazze, almeno alcune, e certe donne non vogliono leggere di donne come Beatrix o di uomini come Roland. Vogliono la loro brava eroina che si impalma il suo bel principe. E insomma, va bene tirare in ballo la funzione appagatrice delle fantasie, però però… si può raccontare una storia d’amore senza ricorrrere ai soliti cliché? E questo che mi chiedo.
settembre 18, 2008 alle 4:05 PM |
Beh, la risposta penso sia sì.
Il caro vecchio King ha raccontato storie tutt’altro che dentro il clichè (quando leggerai di quella fra Roland e Susan…), per esempio.
settembre 18, 2008 alle 4:37 PM |
Concordo con tutte, ma non mi sbilancio a dire altro perché essendo portatore di un solo cromosoma Y preferisco non incorrere nelle ire femminili con i miei commenti XD comunque sappiate che non è vero che gli uomini agognano di proteggere una donna, neanche per sogno: che si proteggano da sole, è il pensiero principale. Che mi devo sbattere a fare? Per questo gli uomini non leggono i romanzi rosa: perché sono delle vere fregate e i principi azzurri non ragionano MAI in maniera realistica XD
settembre 18, 2008 alle 5:25 PM |
“Accidenti se sono d’accordo! Il dramma di tutto il filone “rosa” è esattamente “il fine”: casa, marito (vampiro, demone, licantropo: ma pur sempre marito) e prole. Nessuna se ne va incontro a nuove avventure come farebbe Roland di Gilead della Torre nera.”
Stavo riflettendo su questo… è vero, troppo spesso il fine delle donne è soltanto la sistemazione (la triade casa-marito-figli che dicevi tu), ma non è che per gli uomini lo stesso fine è troppo poco spesso considerato?
Seriamente, quanti sono gli uomini che nella realtà alla fine di una avventura sono desiderosi di affrontarne altre? Potrebbe valere se questo andare di rischio in rischio fosse una metafora della ricerca di potere o denaro, ma anche qui, chi cerca di diventare più ricco o più potente non lo fa prima di aver consolidato le mete già raggiunte. E penso che la maggioranza degli uomini sarebbe ben contenta di raggiungere come scopo nella vita una moglie, un lavoro sicuro e dei bei figli. Perché allora nei romanzi i personaggi maschili sono sempre così lontani da simili ideali? Forse, storicamente, maschi e femmine hanno visto nella narrativa scopi diversi, ma poi chissà… non è il mio campo XD
settembre 18, 2008 alle 5:57 PM |
Ma lo vedete nella prospettiva sbagliata! X”D… L’uomo non protegge la donna, è *al suo servizio*. Donne all’amministrazione; maschi: A lavorare!
D’altronde, se vi capita di seguire un corso di economia domestica, noterete subito come i ragazzi hanno più abilità manuale delle femmine. Gli manca solo l’occhio (classico errore delle maniche di lunghezze diverse). Che sfruttino le loro virtù! Sembra anche che essere produttivi soddisfi gli uomini, e che ciò dia risultati anche il altri campi della sfera privata, oh sì.
Scherzi un po’ scientifici a parte.
Ma come mai da un po’ di post tu mi metti in crisi?
Se devo confessarmi, a me piacerebbe sentirmi protetta, avere qualcuno a cui massaggiare i piedi quando è stanco, sposarmi, avere tanti figli, (il tutto magari con una persona sola… )e dedicare la maggior parte della mia vita alle persone che amo.
Poi va beh, citate un sacco di cose che io non ho mai letto, quindi non posso commentare in merito.
E sono maschilista, un po’, sì.
(Poveri ragazzi… e poi finiscono tutti dall’urologo e in farmacia! Colpa nostra, solo colpa nostra…
Ma vi rendete conto…? Provate ad ascoltare voci di donne americane: la maggior parte hanno la tessitura da contralto, questo perché? Testosterone, gente. Ma insomma! E riguardo i maschi, il contrario!)
(Aspe’… il principe è azzurro per il sangue. Mica scema, il marito me lo cerco colle credenziali, eh!)
Sono già OT, vero? Bene, così posso continuare.
La donna occhini di cerbiatto, Harmony e tutto il resto.
Cosa dovremmo fare, aggiustarci il cavallo dei pantaloni? (Cosa che tra l’altro i maschi non fanno più, sia per il metrosessualimo dilagante, sia perché con certi vestiti è impossibile, al massimo ti accarezzi le ginocchia)
Lo facciamo quasi inconsapevolmente, ma non con ingenuità: sono i nostri segnali di corteggiamento.
Che fanno sembrare le ragazze simili a bambine, e che quindi fanno scattare (è fisiologico, non negatelo, se a qualcuno non è successo, accadrà) il desiderio di protezione nell’uomo. Ma credete ancora tutti nella favoletta del cavernicolo che si trascina la moglie per i capelli?
È sempre la donna a dare il via al corteggiamento, e anche a metterci fine.
L’uomo, come al solito (si spera), segue.
Nei libri sono sbagliate le descrizioni.
C’è un’altra cosa che spesso si dimentica.
L’essere adulti. Cioè. Non ci si può innamorare seriamente se non si è sentimentalmente autonomi, perché l’amore infantile verso l’altro non è utile a formale la coppia e a fare il passo successivo, che è diventare genitori. Se manca, ed è una delle cose che mi sembra venga fuori dal discorso, allora la famigliola felice è inverosimile e manca di base.
Come tutte le cose inverosimili che mancano di base, etc, etc.
(Cosetta per chiudere. Alla fine studiare non serve, se lavoro non c’è. Se preferite fare la fame vivendo libere… ricordatevi che c’è sempre il vecchio metodo del marito ricco fedifrago – mi ha tradito voglio il divorzio metà dei suoi beni a me. -, e ci sono gli amici consolatori dell’amico fedifrago, futuri mariti fedifraghi, e ci sono gli anziani parenti maschi, futuri mariti a contratto a tempo determinato… Così, quando saremo ricche, torneremo dal nostro Bohèmien, se non sarà morto di tisi per strada nel frattempo, pubblicheremo le sue poesie / venderemo i suoi quadri ad una galleria, e potremo vivere per il resto dei nostri giorni felici e contenti, la donna dal tragico passato d’amore, e l’artista. – attente a chiedere la separazione dei beni, prima, però.)
settembre 19, 2008 alle 8:02 am |
Teiresias, tranquillo: nessuna ira…xD E’ che, come hai notato, non siamo poche ad essere stufe della solita solfa. E…Angelo, mi hai fatto pensare parecchio. Accidenti se hai ragione. Ci sono le eccezioni, ma ci sono sempre nei livelli altissimi della letteratura. Il problema è il “masscult”: oltretutto, è curioso che i libri siano più indietro, in molti casi, dei serial televisivi o dei film.
(Sai, vero, qual è la risposta? Comincia a scrivere TU un romanzo con un taglio diverso. xD )
Mele. Dunque dunque dunque. Stavolta metti in crisi me. L’affermazione “sono maschilista” detta da una ragazza un po’ mi fa paura: perchè, temo, hai delle informazioni sbagliate (secondo me) su come stanno veramente le cose nel mondo reale. Per carità, io non volevo, non voglio e non vorrò mai fare un discorso tipo “guerra dei sessi”: però guarda che almeno in Italia TUTTO sfavorisce le donne. Nel mondo del lavoro sicurissimamente: e, appunto, anche nelle storie.
(Poi tra l’altro, stamattina sul giornale ho letto dell’ennesima moglie e dell’ennesima figlia fatte secche del marito…)
Tornando alle storie, altrimenti davvero non mi fermo più: o meglio, tornando all’immagine. Ma no che l’alternativa agli occhi da cerbiatta non è la femmina che si aggiusta il cavallo dei pantaloni. MA NO! E’ la donna che fa qualcosa di diverso da quello che si immagina debba fare secondo i canoni classici.
Insomma, a me piacerebbe che nessuno proteggesse nessuno, e che semmai le cose fossero più complesse di un semplice schemino.
settembre 19, 2008 alle 12:00 PM |
Oh, Mele sposami XDDDDD
Però, se vuoi la pecunia, meglio se aspetti ancora qualche anno -_^
Credo di aver capito però la battuta sul maschilismo. E’ proprio di una certa mentalità (sì, il politicamente corretto, hai indovinato Lara, lo giudico uno dei più orridi concentrati di ipocrisia che siano mai stati concepiti dall’uomo) quella di dire: no guai se ti permetti di volere vivere la tua vita come vuoi tu, siamo in guerra, se non ragioni come ti diciamo noi sei una traditrice, una quinta colonna, una maschilista ecco vergogna vergogna.
E quindi la risposta che viene spontanea è proprio “ah ragazzi, ma se io voglio questo, che posso farci? Sarò maschilista …”. E’ la tipica reazione infastidita che abbiamo tutti quando ci vengono a dire in che modo dobbiamo pensare.
Dio come odio certi modi di ragionare per schemini preconfezionati tipico di tutti i fanatici di ogni segno.
Infatti, non vorrei essere frainteso. Non mi sogno di dire che: “tutti gli uomini … , tutte le donne …”. L’essere umano si forma in molta parte in base a esperienze, incontri, si “autoforma”; è quello che ci rende, grazie al cielo, così vari. Ma sono anche d’accordo con Mele. Nel maschio c’è questa voglia di badare. Che poi se ne possa sbarazzare, come di qualsiasi altra cosa, è pacifico.
Dato che gli adolescenti, in linea di massima, hanno una personalità con sopra appeso ancora il cartello “lavori in corso” (altro punto che Mele ha toccato alla perfezione), credo cerchino il confronto con certe tematiche (ahimè puntando spesso alla semplificazione, appunto).
PS: quoto quello che ha detto Angelo, infatti. Quando vedevo l’uomo che partiva verso il tramonto al grido di “no non posso restare ci sono altre sfide che mi attendono e bla bla …” la mia reazione istintiva era proprio “ma che sei stupido o cosa?? Fermati lì, no? Che altro vuoi??”
Infatti, se mi si cita Dama Galadriel io penso a Celeborn. Ovvero un uomo che non permette certo che il suo ego venga minimamente scalfito dalla personalità e regalità e dagli impegni della sua signora, a cui non frega nulla di stabilire chi può avere o non avere i pantaloni in casa, e si dedica con piacere ai suoi studi, ai suoi passatempi, nonché a giocare a briscola con gli amici! Ah che saggio uomo. Anzi, saggio elfo. E scommetto che non è mai dovuto andare dall’urologo in vita sua, ecco!! E stiamo parlando di una luuuuuunga vita.
PPS: ho scritto il papiro; come sia venuto, non saprei dire.
settembre 19, 2008 alle 12:29 PM |
Allora. Mentre prendo appunti anche io, perchè l’intervento di Yoda mi pone ulteriori spunti, posto qui il papiro. Che a mio parere è di enorme finezza e intelligenza, come sempre nel caso del saggio. Ripasso, con le dovute riflessioni. Yoda, dunque, analizza il rapporto fra due personaggi del manga Inu Yasha, il medesimo e Kikyou. Penso che anche chi non li conosce potrà ben capire:
“Quindi, proviamo a discutere della faccenda in rapporto al racconto di Inuyasha?
Questo non può che portarmi a parlare delle due donne innamorate del protagonista, ovviamente. Potrei parlarne nel topic del triangolo, ma preferisco postare qua.
E non posso che partire dalla sequenza in cui “sboccia” l’amore tra Inuyasha e Kikyo, quella dell’episodio speciale.
Questi sono appunti (sì a volte mi prendo appunti), che ho anche usato per ri-scrivere la scena (e perciò questo è anche un piccolo dietro le quinte di un capitolo di una mia fic).
Ah! Qui sto ragionando così come io interpreto il rapporto tra Inuyasha e Kikyo, ovvero un reciproco moto verso il cambiamento.
E penso che il duetto tra i due personaggi sia, semplicemente, perfetto.
Comincia, se ricordate, con un’azione di Inuyasha: il salvataggio di Kaede dall’aggressione del demone millepiedi.
Questo dà a Kikyo una “scusa” per avvicinarlo, che lei coglie al volo. Accade quando Kikyo gli pone la famosa domanda “Io come ti sembro? Ti sembro umana?”, e gli spiega per quale ragione non può ucciderlo. Perché nessuno dei due è interamente umano, e perciò sono legati da un destino di esclusi, seppure esclusi per ragioni e in modo del tutto opposto.
Qua, che cosa fa Kikyo? Si mette in gioco, e si scopre molto più di quanto abbia mai fatto, ad esempio, Kagome. Inuyasha, che è quel che è, le risponde in malo modo (ed è giusto, in quel momento non potrebbe essere altrimenti). Immaginiamo Kagome al posto di Kikyo? Dopo centinaia di scenette sempre uguali, io la vedo perfettamente: prima piantare il broncio, mentre pensa “ma guarda questo maleducato, io gli dico una cosa così carina e personale e lui cosa mi risponde”, poi ribattere offesa, poi Inuyasha che le risponde a sua volta per le rime, e il mezzo demone spiaccicato a terra.
Kikyo invece cosa fa? Dice “Già. Immagino che tu abbia ragione. Non sembra proprio una cosa detta da me.” con uno sguardo e un’espressione dolci e malinconiche.
E’ qua che parte una sequenza, a mio modo di vedere, gigantesca.
Sbagliando, chi legge le cose col filtro errato del “politicamente corretto”, potrebbe pensare: ecco ci siamo, il solito personaggio femminile “tosto” che si rammollisce una volta innamorato. Ma non è così affatto. Vediamo se riesco a dimostrarlo.
Fino a quel punto avevamo visto una Kikyo bella, forte, impenetrabile, decisa, coraggiosa, potente, sprezzante. Adesso questa donna fa qualcosa di nuovo: sente che quest uomo che ha di fronte, conosciuto da poco e potenzialmente un nemico, può essere l’uomo capace di renderla felice, e che lei stessa potrebbe essere in grado di far felice lui. Così gli mostra la sua fragilità, senza piangersi addosso. E’ come se stesse dicendo “Guardami. Anche questa sono io. Quello che non consento a nessuno altro di vedere. Ma ho scelto te. A nessun altro, ma a te permetto di vedere questa parte di me.”
Pochi uomini non si sentirebbero onorati di essere “scelti” da una donna forte, indipendente e misteriosa che permette a loro (e solo a loro) di vedere il lato fragile di sé così attentamente nascosto. Così, Inuyasha si zittisce. Mentre lei, a terra, si lascia guardare, lui la guarda.
Poi Kikyo si alza, vorrebbe aggiungere altro, ma il momento è troppo intenso.
Ora tocca a Inuyasha. E Inuyasha risponde. Troppe volte l’abbiamo visto solo passivo, a reagire più che agire (ahi ahi non un comportamento da leader). Reagisce al padre, a Kagome, alle trappole di Naraku, si lascia trascinare.
Qua no. Intuisce che attimo importante gli è stato regalato, quanto Kikyo ha deciso di “rischiare” con lui. E’ costretto a crescere. La chiama, e le ordina di presentarsi la mattina dopo (ed è un ordine, perdinci! Non una richiesta). Capisce cosa gli è stato donato, e si sente quasi obbligato a restituire il dono con qualcosa per lui altrettanto prezioso: uno dei due soli oggetti che costituiscono l’eredità dell’unica persona che fino a quel momento l’abbia mai amato, sua madre. Ma c’è ancora di più: ed ecco gli occhi del re (occhi di guaritore? – i lettori di Tolkien credo capiranno la battuta). Perché Inuyasha vede la battaglia tra la donna e la sacerdotessa che si sta svolgendo dentro a Kikyo. E il suo dono diventa anche un’arma che la donna può usare contro la sacerdotessa, per poterla sconfiggere.
Dono contro dono. La sera prima, mentre Kikyo prepara il rosario di controllo, ricorda la maledizione di Tsubaki. Solo dopo che questo ricordo le riaffiora alla mente, decide la parola di controllo: ‘amore’. Colpo di genio degli sceneggiatori. Perché Kikyo non vuole usare il rosario (a diffrenza di Kagome, che ne abusa) e quindi ‘amore’ diviene una parola proibita, da non pronunciare.
Ma quando il figlio del re le dimostrerà che ha capito tutto quello che le sta succedendo, consegnandole il dono che lui ha scelto per lei, il rosario rimarrà nella manica. Ecco. La definitiva sconfitta della sacerdotessa è resa possibile da Inuyasha. Questo è comportamento regale che purtroppo è quasi sempre mancato al nostro protagonista. Senza parole, riconoscere la vera importanza di ciò che è stato donato, e rispondere al dono con saggezza e lungimiranza.
Qual è il punto, dunque? Il punto è che noi sappiamo cosa Kikyo vuole per se stessa, e cosa (lei ritiene) voglia anche Inuyasha. Ci è stato mostrato, con poche abili pennellate, nella parte antecedente dell’episodio. Lei vuole cambiare, e si innamora (anche) per questo. E’, e resta, quella donna decisa e con le idee chiare, che rischia tutto per avere qualcosa di più. Come gli altri possano giudicare questo “qualcosa” che lei vuole per sé, a Kikyo non importa nulla.
Non mi pare che nessuno abbia mai accusato Kikyo di essere un personaggio che viene “annullato” dall’amore, infatti. E non solo il personaggio non viene snaturato dal suo innamoramento. Noi impariamo a conoscerla meglio, e a vederne la crescita, proprio attraverso il suo amare.
E poi. E’ lei che sceglie (ha ragione Mele parlandone nel blog di Lara … la donna sceglie, l’uomo va dietro xD ) e Inuyasha finisce per “crescere” grazie a lei. Anche se magari sembra il contrario. E anche in questo, perciò, c’è un modo forte, ma “femminile”, accogliente, di Kikyo, di portare le cose in una certa direzione.
D’altronde, Kikyo, in quanto personaggio, è come il cacio sui maccheroni. E’ uno di quei personaggi secondari straordinariamente potenti, non solo di per sé, ma che tirano fuori il meglio da tutti i personaggi coi quali interagiscono.
Lo fa con Inuyasha. Lo fa con Naraku (Kikyo tira fuori moltissimo da Naraku, quasi quanto Naraku tira fuori da Kikyo). Lo fa perfino con Kagome!
E Kagome, invece? Mi si dirà, non segue un percorso simile? Assolutamente no!
Sempre sotto un aspetto strettamente narrativo, Kagome va al contrario. A parte la stanca ripetitività delle scene tra Inuyasha e Kagome, Kagome è, lei sì, in funzione di Inuyasha e basta.
Tanto che alla fine del manga Inuyasha stesso finisce per dirlo “Kagome è nata per incontrare me”. Punto. E’ il suo destino. Kagome non esiste. E’ praticamente al livello di un upgrade di Tessaiga (non dei migliori, tra l’altro!). Ma che schifo. E accidenti, è la protagonista femminile!!
Si potrebbe dire che è la reincarnazione di Kikyo ed è innamorata per questo. Però all’inizio del racconto Kagome si sforzava di dimostrare di essere cosa diversa da Kikyo.
Ma non ha un guizzo di personalità, non ci sono indizi su che cosa voglia per se stessa (a parte Inuyasha Inuyasha e ancora Inuyasha), si innamora solo perché “deve essere così”. Per il resto, non c’è niente. Nada. Nisba.
Realistico per una ragazzina di quell’età, estrazione sociale, epoca? Può darsi. Narrativamente parlando molto noioso? Senz’altro.
Tra l’altro, la sacerdotessa che viene dal sengoku, coi suoi dubbi e le sue sicurezze, con le sue forze e le sue fragilità, finisce per diventare una figura di donna molto più moderna della ragazzina che viene dal futuro.
Curioso, no?”
settembre 19, 2008 alle 1:24 PM |
Posso commentare di nuovo?
FINALMENTE! Finalmente qualcuno che apprezza Kikyo quanto me! Yoda ti farò un monumento.
Analisi meravigliosa che mi trova d´accordo su tutto.
Kagome poteva avere solo un punto di forza: non chiede ad Inuyasha di cambiare la propria natura. L´unico aspetto che ho apprezzato in lei. Ma finisce lì, insipida. È quello il peccato.
Ed è quello che sto trovando dannatamente difficile: scrivere su Kagome senza fare bashing. Dandole un certo spesosore senza andare OOC…
settembre 19, 2008 alle 3:28 PM |
Posso?
Allora. ^///^… non avevo mai ricevuto proposte di matrimonio…
Chiarisco (Anche se c’è sir Yoda che mi segue). Purtroppo-o-per-fortuna, so cosa accade in Italia riguardo le donne. Era un “maschilista” che significava che penso che i frutti del femminismo si siano dimostrati più cattivi che buoni. “Maschilista” nel senso di all’antica, se vuoi. Guarda che sono più ribelle di quanto si possa pensare, ma sono convinta che i maschi vadano presi in una certa maniera, e soprattutto che la donna nella relazione sia donna. Poi succede di tutto e di più, per carità. Parlo di come intendo io una seria storia d’amore.
Il problema, riferendomi anche a temi emersi nei commenti al tuo post di oggi, è che ormai gli adolescenti vengono trattati da adulti, quando non lo sono (Mi ricordo di aver avuto questa mentalità anche quando ero più piccola, però.).
Provare alcune esperienze quando si è troppo giovani fa male, è sbagliato. Almeno che non si rimanga incoscienti per tutta la vita come quando si ha quattordici anni. Purtroppo io me ne sono accorta dopo (ma non sono ancora abbastanza vecchia da essere considerata l'”adulta moralista”, eh!).
I libri per adolescenti le propongono. Ma in passato, erano raccontate in libri per adolescenti? Intendo, nella letteratura del novecento, considerando che una volta l'”adolescenza” era più breve. No so, penso a Pasolini, o ad altri libri (che a me stufano, se devo essere sincera) sul disagio sociale, etc.
Capisco la fotografia della contemporaneità, oggi che ci sono ragazzine che hanno appena smesso di giocare colle Barbie e i lego, e la danno via per comprarsi le cose (ammiro lo spirito imprenditoriale). Ma guardatele. Non hanno neanche la giustificazione dello sviluppo fisico (te l’ho già detto che ho passato la terza a dodici anni, ricordi? E a quella età molti miei amici avevano già la prima barba. Ora non riconosco più quelli delle medie da quelli delle elementari).
E il modello di amore borghese (ottocentesco) di completo abbandono all’uomo della candida fanciulla non dovrebbe reggere (e mi sembra non lo faccia) al di fuori dei canoni del romanzo ottocentesco (magari con la bella morte di uno dei due). Poi. Anche Romeo e Giulietta erano quattordicenni che si abbandonavano all’amore, ma lì c’era la fuga dalle famiglie, e la disperazione di un futuro già impossibile, che rendeva i due già consapevoli (e adulti) del fatto che non si potesse agire altrimenti. Mi piace pensare che sentissero già l’odore della terra e l’umidore delle pietre tombali, mentre facevano l’amore.
Oggi, questa idea di completo abbandono esiste, ma simile a quella di Giulietta. Deve essere una scelta precisa fatta per due cose: il matrimonio e i figli.
è inutile girarci attorno. Puoi decidere di vivere le nozze e la maternità come vuoi, ma se ti rendi conto, magari perchè da bambina non hai avuto i genitori in casa e questo ti ha fatto soffrire, che vuoi impostare la tua vita e l’educazione dei tuoi figli in una certa maniera, allora devi compiere delle scelte radicali. In un matrimonio è più importante la coppia del singolo; se ci sono figli, sono più importanti loro. Che non hanno deciso di essere messi al mondo, e tutta la completa responsabilità della loro felicità anche futura è nelle mani dei genitori.
Capire questo significa fare il primo passo per diventare adulti. Adulto è chi si è staccato dalla propria infanzia, la ha esaminata, e ha deciso che qualunque cosa sia successo, ora è il momento di imparare a non esserne influenzati (troppo, almeno). Così da poter *decidere che fare del proprio amore, non cadendo ai piedi di qualsiasi lumicino d’affetto.
Qui ricollego Kikio. Perchè se non sono scelte adulte le sue, quali sono? E mi dispiace che poi Kagome non abbia seguito i suoi passi. Ma ormai ho smesso di seguire la storia da troppo tempo per poterne parlare. Possiamo definirla un “classico”, prendendo come definizione di classico “qualcosa che può dire qualcosa a qualsiasi generazione e epoca”?
Questo è un esempio benissimo sottolineato di abbandono all’altro. Non deve essere per forza negativa, quella cavolo di parola. Quando doni il tuo cuore ad un’altra persona con un amore così folle, permettimi, sei cosciente di essere nelle sue mani. Sai anche che forse non resisteresti senza di lui, certo.
Gli occhi da cerbiatto. A parte che molte donne infilano i pollici nei passanti della cintura e tante altre cose che hanno un’origine nel comportamento maschile. Gli uomini si toccano spesso l’inguine perchè ne ricavano un senso di sicurezza, e per attirare l’attenzione sulla zona per imporsi sugli altri (maschi). Come le battute. Dall’umorismo di un uomo di misura il testosterone. Quelli che fanno molto ridere le ragazze, da loro sono considerati brillanti, dagli altri uomini, solo dei buffoni.
Non facevo un discorso su come le ragazze dovrebbero comportarsi, era solo una descrizione abbreviata dei classici passaggi del corteggiamento tra umani.
L’alternativa agli occhi di cerbiatto è che il povero tizio non sa se provarci o meno, se ha sbagliato qualcosa, e poi va in palla e i maschi quando vanno in palla iniziano a combinare casini, e il possibile prossimo appuntamento salta. Già è difficilissimo che i ragazzi si accorgano che le ragazze gli lanciano i segnali di disponibilità all’approccio… e ormai pochissimi sanno ancora corteggiare. Che brutto mondo.
Gli “schemini semplici” non reggono. Se una storia non è scritta bene, non è scritta bene e punto.
settembre 20, 2008 alle 8:57 am |
E parte la musica di SuperQuark XD puntata speciale: “Rituali di accoppiamento fra esseri umani: esploriamo questo misterioso mondo…”
XD
settembre 21, 2008 alle 6:00 PM |
x Blackvirgo: grazie grazie!! Io sono uno sfegatato fan di Kikyou. Figurati che a Kagome non concedo neppure quel che concedi tu – e il fatto che tu provi a scrivere su quell’infausta Mary Sue è comunque una notevole prova di buona volontà – io mi ci spazienterei subito!!
Quote di Mele:
‘Qui ricollego Kikio. Perchè se non sono scelte adulte le sue, quali sono? E mi dispiace che poi Kagome non abbia seguito i suoi passi. Ma ormai ho smesso di seguire la storia da troppo tempo per poterne parlare. Possiamo definirla un “classico”, prendendo come definizione di classico “qualcosa che può dire qualcosa a qualsiasi generazione e epoca”? Questo è un esempio benissimo sottolineato di abbandono all’altro. Non deve essere per forza negativa, quella cavolo di parola. Quando doni il tuo cuore ad un’altra persona con un amore così folle, permettimi, sei cosciente di essere nelle sue mani. Sai anche che forse non resisteresti senza di lui, certo.’
Bello bello bello tutto quello che hai detto Mele, in particolare questo. E’ proprio così.
Anche se parliamo di narrativa, se si vuol narrare bene una storia d’amore, senza scadere nello stucchevole o nel ridicolo, e addirittura una storia d’amore “epica” all’interno di un romanzo fantastico, bisognerà pure cercare il cuore delle cose. O no?
Cosa me ne faccio di una donna che è anoressica nell’amare? Già lo sono tanti uomini – e la donna, che (in linea di massima, come sempre senza generalizzare) è più coraggiosa, è di solito quella che smuove le cose. E come si fa, se non c’è anche l’abbandono (che poi ha da esser reciproco)?
Senza abbandono, potrà esserci desiderio e voglia, magari anche un po’ d’amore, ma non fiducia né dedizione reciproca – e senza queste cose, tanto vale starsene da soli.
Ed è una scelta adulta, non da adolescente, verissimo. E’ qualcosa che una adolescente non può e non deve fare. E’ per questo che Kagome è sbagliata (un po’ come, per quel che ne so – ovvero nulla – la protagonista di Twilight e tutte le altre insopportabili Mary Sue).
Per mettersi in gioco come ha fatto Kikyou, e spendersi, bisogna “possedersi” prima.
Kikyou si abbandona, rischia e mostra il coraggio di una leonessa. E fragilità anche, ma non perché è donna: perché è umana, e questo vuole essere. E’ perfetto, qualcosa, sì proprio, che parla a ogni essere umano.
Questo maggiore coraggio si paga, a volte. E’ la ragione per la quale ho sempre odiato Naraku, pur riconoscendone il fascino e il valore straordinario come personaggio. Deve schiattare, deve morire, e possibilmente, tra atroci sofferenze (ma non come l’ha risolto la Taka, perdinci).
Perché Naraku nasce da un cuore umano sporco e corrotto che conosce queste cose, e sa benissimo quanto costa abbandonarsi così (essere cosciente di essere nelle mani dell’altro! Ecco, per questo dico che la donna è più coraggiosa) e colpisce proprio dove deve, nel modo più crudele e malvagio. Facendo credere che Inuyasha sia come colui che di questo abbandono fiducioso e coraggioso approfitta per i suoi fini. E poiché c’è sempre l’ombra della paura dell’altro da sé, che non si conosce mai fino in fondo, che ti può tradire quando proprio non te l’aspetti, che Kikyou dalla sua trappola non può sfuggire.
Perché Naraku è saggio quanto Kikyou.
Per questo “la trappola” non è un mero espediente narrativo. Tutto l’antefatto del racconto contiene un senso eccezionale, ammirevole. Cioè “il debole cuore umano”, per dirla con le parole di Naraku, e come i rapporti tra questi cuori possano essere forti e delicatissimi allo stesso momento.
E queste cose che adesso noi cerchiamo di balbettare con le nostre parole, la Taka ha dato la prova di saperle tutte riassumere in quello che di fatto è l’incipit poderoso di questo racconto, in poche sequenze, con poche immagini. Che potenza! Che narrazione! C’è tutto. Questo è sapere usare il dono del raccontare per andare subito al cuore delle cose!
Per questo mi ha deluso così tanto, la Taka, andando avanti con la storia!
Ok, sono andato OT anch’io, Lara. Banna pure me XDD
settembre 22, 2008 alle 8:40 am |
Ma che bannarvi! Mi avete mandato in crisi, invece. L’abbandono: è vero. E’ verissimo. Vi voglio bene: ho capito cosa mancava alla mia storia.
(e, forse, cosa manca a me…) xD
settembre 22, 2008 alle 4:55 PM |
Dato che non mi hai bannato torno a rompere di qua: se non si era capito questo argomento mi stuzzica parecchio…
Abbandono… non mi piace questa parola perchè indica un gesto passivo. Paolo e Francesca (mia sfortunata omonima!) sono abbandonati al vento nel girone dei lussuriosi. Ma in vita non si sono abbandonati: si sono dati.
Darsi – o donarsi – mi suona meglio. Implica un gesto attivo, qualcosa che non passa solo dal cuore, ma anche dal cervello. È un gesto cosciente e istintivo nello stesso momento.
E ricevere l´altro.
Perchè ci si preoccupa tanto di doversi dare, si ha paura di tutte quelle cose che non sto a elencare perchè le conoscete benissimo… ma ricevere? Non è altrettanto spaventoso e bellissimo che qualcuno si fidi tanto di te da decidere di donarsi proprio a te? E cosa ne facciamo? Dobbiamo prendercene cura… tanta cura…
E forse è proprio in questo attivo/passivo che trovo la differenza fra le eroine dei romanzi e le donne: le prime si abbandonano e non sempre si curano di quello che ricevono dall´amato. Le donne si donano e capiscono il valore del dono dell´altra persona.
È contorto, lo so…
settembre 23, 2008 alle 4:57 PM |
Dunque faccio un’altra capatina anch’io, e ne approfitto portando avanti il discorso, che è molto bello, sempre in parallelo a Kikyou e Inuyasha (poi mi fermo, promesso!).
Perché hai toccato benissimo l’altro punto, l’altra faccia della medaglia:
‘ma ricevere? Non è altrettanto spaventoso e bellissimo che qualcuno si fidi tanto di te da decidere di donarsi proprio a te? E cosa ne facciamo? Dobbiamo prendercene cura… tanta cura…’
Parole bellissime, e che caratterizzarono benissimo Inuyasha (prima dell’infausta ondata del buonismo, la cui fonte è sempre quello sventurato personaggio che è Kagome … quanti danni può fare un personaggio malriuscito!!!).
Perché Inuyasha finisce proprio a rappresentare questo. La sua ossessione nel dare la caccia al suo nemico, il suo rifiuto di pensare e di fermarsi, il suo dolore … vengono tutti da quelle due righe che hai scritto.
Avere cura di un dono del genere. Non essere stato capace di averne cura. Devastante. C’è di che morirne dal dolore. C’è di che impazzirne.
E il dolore che prova Inuyasha dimostra che Kikyou aveva scelto bene. Aveva scelto la persona giusta per lei. Qualcuno che quel dono non avrebbe mai tradito.
Sulla questione del donarsi o dell’abbandonarsi. Mmmm. Non vorrei finire per farne una questione di scelta pelosa di vocaboli, ma credo di avere inteso il tuo discorso.
Però però. Più che una questione di attivo/passivo, io insisterei di più su una questione di “controllo”.
Quando decidi di donarti, spenderti, come ti pare, devi rinunciare a delle difese. Questo è per me l’abbandono.
E’ giunsto che sia una parola che non ci piace. Davanti alla quale reagiamo subito male. Ci dà fastidio. Ci fa paura. Però, se non ci esponiamo al rischio … beh, diciamo che “chi non risica non rosica?”.
Vogliamo dire che l’abbandono è la parte del donarsi che più ci spaventa, perché quella che ci lascia in balia di un altro?
Se c’è solo quello, male. Vero, diventiamo passivi.
Ma se non c’è … male comunque xD.
Questa è una delle innumerevoli ragioni per cui amo tanto il personaggio di Kikyou.
Perché Kikyou ha paura! Non è come Santa e Immacolata Kagome, che non ha mai un dubbio, mai un’esitazione accidenti, mai un tentennamento, e si fida si fida e basta.
Kikyou è spaventata. Si vede benissimo. Però a un certo punto dice “al diavolo tutto” e si butta lo stesso.
Perciò non è passiva né nel suo donarsi, né nel suo abbandonarsi.
Insomma, tornando a un discorso di sola narrativa, tutto sta nell’abilità di chi racconta, specialmente se si vuole arrivare a disegnare sfumature del genere.
Vedi, che sono contorto anch’io se mi ci metto XDDD
settembre 24, 2008 alle 8:32 am |
Non siete contorti, voi due.
Mi chiedo soltanto una cosa, anche se rischio di essere ripetitiva: perchè l’abbandono è così frequentemente cosa femminile? E, proseguendo: un modo maschile di abbandonarsi, esiste e viene descritto? Uhmmm.