Archive for marzo 2009

Per rue Clive Barker, avanti a sinistra

marzo 31, 2009

Io sono una che sulle citazioni si incanta. Debolezza di lettrice, ma quando, leggendo Wunderkind, mi imbatto in rue Clive Barker, vado in sollucchero. Ed è soltanto una fra centinaia.
Ora, non ho ancora finito la lettura, perchè ci sono libri che liquido in mezza giornata, tipo Marked, e libri che centellino, come mi è successo con Pan e con Lasciami entrare, e come mi sta succedendo ora.
Quindi, aspettatevi che io ci ritorni in varie puntate.
(e vogliamo parlare di Charlie e Emma? No, dico, sbaglio io o siamo dalle parti di Madame Bovary?)

Mondi grandi e mondi piccoli

marzo 30, 2009

Finito Marked, mi sono messa a riflettere. Anzi, ho postato mezza riflessione su aNobii, ma si può fare di meglio.

Marked, per chi non lo sapesse, è – ahi – l’ennesimo libro su vampiri e adolescenza, con la particolarità che questo è stato scritto da madre e figlia, a quattro mani. Storia: che ve lo dico a fare? Ambientazione scolastica e tra le altre cose Wicca for dummies.

Mi fermo sullo sfondo. Cioè, sulla scuola: che tanto sfondo non è, visto che di fatto è il cuore di questo tipo di romanzo. Nonchè di molti manga. Nonchè di molti telefilm. Nonchè di molte fan fiction.
Normale, giusto? Se intendo farmi leggere da un pubblico di ragazze, “comincio da quel conoscono”: il loro mondo, ovvero la scuola.

Non sono convinta che sia normale, non sono convinta che sia giusto. Ho la sensazione che in questo modo si offra a chi legge un mondo piccino piccino, vagamente soffocante. Che gli si dica: ehi, guarda, tu sei qui, e il mio personaggio è proprio come te, non sei contenta?
Io, come lettrice, non lo sarei. Non lo sono, quando leggo i libri di molte mie coetanee. Di cosa scrivono le mie coetanee, per lo più? Indovina indovinello: d’amore. Dei loro amori, disastrati o meno.
Mentre io resto convinta, forse stupidamente, che l’esperienza personale di chi scrive  vada riportata in dosi ben calibrate nei personaggi. Perdonatemi se cito sempre King: ma non riesco a dimenticare la sua prefazione alla Sfera del buio (Torre nera), quando si accingeva a raccontare della storia d’amore tra Roland e Susan, e scriveva di aver dovuto scavare nel se stesso adolescente per ritrovare l’intensità e la follia del primo amore.
In cui tutti ci siamo riconosciuti: ma sopra di noi il cielo era alto e l’orizzonte era vasto.
Questo, per me, significa scrivere una buona storia, pistoleri.

Anita Sue

marzo 27, 2009

Ci ho provato, a leggere il nuovo libro di Laurell K.Hamilton.  Ma non sopporto più Anita Blake: più la saga va avanti, e più Anita diventa Mary Sue. Bellissima fortissima intelligentissima e se avete altri superlativi dite pure.
Mi è successa una cosa simile con Kay Scarpetta: anche se in quel caso mi è successa per il motivo opposto. Le sfighe. A Scarpetta capita TUTTO, e il suo cuore sanguina invariabilmente, e continua a litigare con il suo amico poliziotto, e continuano a morirle gli amanti, e la nipotina le dà tanti problemi.
Uno scarto. Una deviazione. Un imprevisto. Un mutamento.
Da un personaggio seriale io mi aspetto questo.
Per esempio, non mi succede con Eymerich: non che lui cambi più di tanto, ma cambiano profondamente le situazioni attorno a lui. Questo, per me, è il talento di chi racconta: Evangelisti ne ha, Hamilton, temo, no.

Lara Alcott

marzo 26, 2009

E’ che più frequento i gruppi di discussione più mi rendo conto che ho una visione  fin troppo rosea del mondo là fuori, nonostante tutto.
Per esempio, mi rendo conto  che la stragrande maggioranza di non-lettori di narrativa fantastica pensa che la stessa sia un giochino per bambini-adolescenti, per giunta facilissima da scrivere. E  hai voglia a spiegarlo, o tentare di spiegarlo: non viene capito.
Insomma, la situazione è questa: esistono tantissimi scrittori e lettori di fantastico che si affannano a ribadire la nobiltà del genere, e incontrano un muro da parte della stampa e, se non capisco male, anche dei librai.
E se mi mettono a fianco di Piccole donne e di Geronimo Stilton, che faccio?

La banalità di Lara

marzo 25, 2009

Ultimamente faccio sogni tremendi, ma pazienza. Ultimamente frequento abbastanza i gruppi di discussione su aNobii, specie quello di Fantasy Italia. Ultimamente leggo che molti autori sono, insomma, un po’ seccati per la banalizzazione che si dà del fantasy sui giornali. L’ultimo, mi pare, è D’Andrea, l’autore di Wunderkind, che sto appunto leggendo, e che sul suo blog riporta l’articolo di Tuttolibri che lo riguarda.
Ecco, non so, magari è meglio che sto zitta. Di tutta la questione, che è certamente molto più grande di me, mi lascia perplessa solo una cosa: l’identificazione narrativa fantastica=prodotto per teen agers. Questo è piuttosto desolante. Ma sarei ugualmente perplessa se si identificasse un libro  con un’altra fascia anagrafica: narrativa per sessantenni. O anche: narrativa per trentenni in carriera. Per cinquantenni depressi. Per quarantenni appena divorziati. E così via.
Le storie sono storie, a prescindere dall’età di chi le legge. La cosa importante è che siano scritte bene.
D’accordo, ho detto la banalità del giorno: è la primavera e sono i brutti sogni.

In piccolo

marzo 24, 2009

Particolari. Accidenti quanto contano!
L’ho scoperto ieri, tralasciando per un pomeriggio i libri che ho cominciato a leggere o che mi sono proposta di leggere, e tuffandomi su due racconti di Yoko Ogawa, scrittrice, quarantasette anni (quasi come la mia Sensei, dunque): il titolo è Una perfetta stanza di ospedale.
Sono magnifici: mi hanno ricordato la Banana Yoshimoto degli inizi (poi un poco mi ci sono persa, con Banana: mi è sembrata ripetere un meccanismo già sentito).
La cosa incantevole è che in apparenza accade poco: e invece no. Soprattutto nel primo racconto,  accade qualcosa di definitivo: la morte del fratello minore della protagonista. Ma anche: il disamore di lei verso il marito, l’angoscia per la madre folle uccisa da un rapinatore, l’attrazione verso un giovane medico.
Il punto è come sono raccontate queste cose. Uno scrittore meno bravo avrebbe teso una riga dritta dal punto A al punto B. Lei lavora per particolari: la coda di un gambero sgusciato, il colore del sugo di uno stufato, l’odore di uno sgabuzzino.
In piccolo.
Mi siedo e prendo nota.

Ponyo: una recensione particolare

marzo 23, 2009

Quando una mano bianca e fredda gli tolse la benda dagli occhi, Edward Cullen tenne le palpebre serrate per qualche istante. Chissà quale raffinata tortura gli avevano preparato questa volta quei maledetti bastardi… Pece bollente e piume? Il pozzo e il pendolo? Yog Sothoth in persona? Una comparsata a Ballando sotto le stelle? Beh, in quest’ultimo caso non sarebbe andata così male. Lui era un ottimo ballerino, e oltretutto la sua popolarità con il pubblico femminile gli avrebbe assicurato un trionfo.
Voci. Molte voci. Voci…di bambini?
Aprì un occhio. Venne centrato da un pop corn. Aprì anche l’altro. Un cinema? Legato da un catena garantita anti-vampiro, bendato e…portato al cinema?
“Ho capito”, mormorò. “E’ come in Arancia meccanica. Volete farmi vedere film spaventosi per rieducarmi al vampirismo. Che razza di cialtroni. Io non cederò mai. Non diventerò mai una belva come voi. Io sono gentile. Io ho…come ha detto quella su Facebook? “Ho rinnovato il personaggio del vampiro che rischiava di non avere più senso”. Gran testa, quell’utente”.
Accanto a lui, il Conte Dracula aveva aperto la bocca per una piccola aggiunta alla definizione data da Cullen. Poi, agitando la mano affusolata nell’aria, fece cenno che era meglio lasciar perdere. Una creatura di sangue nobile non si abbassa al turpiloquio.
Sull’altro sedile, Lestat pescava pop corn da un enorme contenitore di cartone. “Vuoi, Jean Claude?”. “Ti ringrazio – rispose l’altro, che sorseggiava pensoso una Coca-cola – ma rischio di ungermi i polsini di pizzo. Come se avessi accettato”. Barlow, ai piedi di Lestat, sonnecchiava.
Edward Cullen aggrottò le sopracciglia: “Dunque, ho indovinato?”.
“Per niente”, disse Lestat. “O meglio, cherie, hai indovinato in parte. Ti abbiamo portato al cinema per rieducarti, questo è vero. Ma non come pensi tu. E adesso zitto che comincia”.
Buio in sala.
Sullo schermo passarono le prime immagini: un piccolo pesce rosso col volto umano saluta le proprie sorelle e, utilizzando una medusa, raggiunge la superficie del mare.
Novanta minuti dopo, le luci si riaccesero. Gli occhi di Lestat, di Jean Claude e persino quelli del Conte erano lucidi. Barlow uggiolava festante.
“Miyazaki. Umano meraviglioso”, sospirò Lestat.
Cullen lo guardò, stupito.
“Mi avete portato a vedere Ponyo? Un film per bambini? AHIA”.
Barlow gli aveva addentato il polpaccio e non aveva alcuna intenzione di mollarlo. Il Conte si alzò, adducendo la necessità di un poco di aria della notte, o non sarebbe stato più responsabile delle proprie azioni. Jean Claude lo seguì, non senza aver assestato uno scappellotto sulla nuca di Cullen.
Lestat scosse la testa.
” Sei davvero irrecuperabile, Cullen. Non capisci? Ti abbiamo portato a vedere questo film per farti capire cosa significhi la parola “magia”. Cosa significhi far capire, sia pure a dei bambini, il mistero e la paura che stanno dietro questa parola. Hai visto la cavalcata dei tonni? Sembrava uno tsunami, ERA uno tsunami: incuteva lo stesso terrore che i pittori giapponesi suscitavano nelle loro stampe. E al tempo stesso era incantevole. E la dea del mare? Non è meravigliosa e tremenda? Lo dice anche sua figlia: è bella e fa paura. Perchè questo fanno le creature di un altro mondo. PAURA. Hai capito, bietolone? PAURA. Tu, invece, finisci appiccicato sui diari con i cuoricini intorno”.
“Perchè io sono bello e buono”, mormorò Cullen, che di tutto il discorso non aveva capito nulla.
Lestat sospirò. “Pensaci tu, Barlow: ma aspetta che i bambini siano andati via, d’accordo?”.
E mentre iniziavano i ringhi e le urla, Lestat uscì  nella notte di marzo. “Monsieur Miyazaki – pensò – il suo sangue dev’essere nettare divino. Ma farò in modo che le nostre strade non si incontrino ancora per molto tempo: la sua arte è troppo sublime. Merci”.
La luna sembrò ammiccare, compiaciuta, mentre il vampiro spiccava il volo sopra gli alberi.

Scriventi allo specchio

marzo 20, 2009

Su Efp c’è una discussione interessante che invita i fan writer a riconoscere i propri pregi e difetti nella scrittura.
Quello che mi colpisce è che molti considerano la velocità un pregio. Al contrario, io la considero un limite. Un mio limite, per precisione: so bene di essere estremamente veloce, ma quel “torrente lavico” di scrittura mi costa, poi, mesi e mesi di revisione. E sto scoprendo che rivedere e riscrivere mi procura, peraltro, piacere. Anche se diverso, meno “aguzzo” , rispetto alla prima stesura. C’è la stessa differenza, per me, che corre tra un’abbuffata di carbonara e sorseggiare un tè al limone.

Comunque, ho redatto la mia lista, che qui rimpinguo:

Difetti.

– Sono terribilmente macchinosa. Costruisco trame con più strati di una cipolla, dove inserisco molti personaggi facendoli spesso agire in simultanea.
– Il Pov. Mi ci perdo molto spesso. Quando comincio a raccontare dal punto di vista di un personaggio devo fare uno sforzo gigantesco per ricordarmi che se è con la testa di X che sto parlando, il medesimo non può sapere cosa sta provando Y a meno che Y non glielo dica. Dura. Devo dire che dopo l’editing di Esbat sto migliorando.
– Combinare meccanismo e psicologia. Esbat era molto psicologia (forse troppa), Sopdet troppo meccanismo. Devo ancora trovare la via mediana.
– A volte cado nel “racconto e non mostro”. Gorghi introspettivi vorticosi e azione scarsa. Anche qui, devo trovare il punto d’incontro tra due esigenze.
– Ripetere le simmetrie. E’ un po’ il mio marchio di fabbrica, costruire capitoli ad “anello”: ma dopo un po’, stufa. Devo trovare una chiave nuova.
– Sono troppo irruenta. Tendo a buttare fuori tutto di getto.
– Uso troppi possessivi.
– Uso troppi rafforzativi.
– Uso troppi puntini di sospensione.
– Forse anche troppi punti.

Pregi.
– Vedi difetto numero uno: in genere riesco a far tornare tutto, o quasi, negli ultimi tre capitoli.
– Sono costante: mi impongo di scrivere tutti i giorni, anche solo venti righe.
– Mi piace imparare: se qualcuno mi fa una critica, passato il primo impulso di buttarmi dalla finestra, la accolgo sempre.
– Mi piacciono i personaggi complessi e cerco di non dar mai vita a stereotipi.

Ciò detto, non sono MAI soddisfatta di me stessa.

Ps. Ho tolto Esbat da Internet. Ma ho salvato tutte le recensioni, che posterò qui fra un po’. E ho salvato il Bonus Chapter, che ho messo fra le pagine. Sì, la lacrimuccia è uscita. Anche più d’una.

I vampiri di Fred

marzo 19, 2009

Insomma, dopo un pomeriggio passato su aNobii, riprendo le fila. Tra le altre cose, sto leggendo Un luogo incerto di Fred Vargas. Lei è una bravissima scrittrice, ma non ha mai scritto un…? Cosa? Goth? Horror? Un po’ e un po’? E stavolta scrive di vampiri. Ho trovato questa intervista dove spiega perchè:

«Mio padre mi fece leggere Dracula quando avevo 13 anni, oltre a tutta la letteratura gotica. Esistono tantissime variazioni letterarie. La mia non è una storia di vampiri normale, ma dal punto di vista di chi ha l’ossessione di ucciderli. Il fatto è che ho sempre avuto difficoltà a dire perché si uccide, a capire e rendere credibile la pulsione e il movente di un assassino, anche se è d’obbligo. È la parte più lontana da me dei miei gialli. Coi vampiri ho giocato con la paura che se ne ha da bambini. Per scriverlo sono andata via da Parigi quindici giorni, in testa avevo solo la scena iniziale, il cadavere del vecchio fatto a pezzi, e l’idea di fare una storia basata sulla figura di Plogojowitz. Non sapevo nulla di quello che ci sarebbe stato in mezzo. Ho studiato tutto sui vampiri, compreso l’elenco delle maniere per neutralizzarli, come tagliare o legare i piedi dei loro cadaveri per impedirne la deambulazione. La storia era così complicata che temevo di non venirne fuori. A volte conto troppo sulla spontaneità».

Pensavo che se gli scrittori di talento che fin qui hanno lavorato solo nel noir, cominciano a misurarsi con il genere fantastico, c’è solo da fregarsi le mani e dire evviva. Tipo, un horror scritto da Ellroy, eh?

aNobii pure io

marzo 18, 2009

Fatto.

Adesso sì che mi deconcentro…

Ps. Già che c’ero, ho inserito anche la creatura...