Archive for agosto 2009

Paura (e una petizione)

agosto 31, 2009

Una lampadina che si accende e si spegne, e il suono di una campana. Ogni volta più forte.
Oppure.
Un bambino che dorme e un improvviso senso di freddo: il presentimento che non crescerà.
Oppure.
Un’ombra che si confonde con il buio della strada.
Oppure?

Indagini personali sulla paura dopo la rilettura del vecchio Clive (Barker).

Ps. Marco mi scrive una mail e io amplifico: ” Ho trovato su internet questa petizione per tradurre in inglese la saga di Yoshiki Tanaka, Legend of the Galactic Heroes. È una space opera meravigliosa da cui è stato tratto un vecchio bellissimo anime.In Italia non credo che la vedremo mai, ma almeno l’inglese è una lingua più accessibile”.
Firmate!

Esbat su Tuttolibri

agosto 29, 2009

Esbat su Tuttolibri, il supplemento letterario de La Stampa!!! Ecco la recensione di Ruggero Bianchi. Titolo: “E’ irresistibile il Lucifero giallo”. Sommario: “Esbat di Lara Manni: tra esoterismo e occultismo, magia e divinazione, mitologia ed epica antica”.

“S’impara sempre qualcosa di nuovo. Per esempio, che sta prendendo piede, grazie a una generazione di giovani talentuosi che trascorrono gran parte del proprio tempo tra un uso in chiave sempre più virtuale del computer e la passione per manga e anime, un singolare sottogenere narrativo, la fan fiction. Un sottogenere ambiguo e aperto, che allude alle fanzines della vecchia fantascienza e alla fantasy post-Tolkien naturalmente, nel quale si riconoscono quei fans che amano inventare e comporre storie ispirate a personaggi immaginari vissuti da loro come oggetti di culto.

In Giappone le chiamano doujinshi, «seguiti di un originale». Sempre se non ho frainteso la definizione che ne dà una delle eroine di Esbat, l’intrigante romanzo fan di Lara Manni (Feltrinelli, pp. 278, e 16,50), che dichiara appunto di rifarsi alla serie Inu Yasha di Rumiko Takahashi. La trovata del romanzo è che, tra una puntata e l’altra del suo serial, la calligrafica creatrice di La leggenda di Moeru, il più famoso manga dell’ultimo decennio, finisce per innamorarsi di un suo protagonista, il demone Hyoutsuki, essere spietatissimo ma stupendamente bello, irresistibile Lucifero nipponico, fino a volerlo evocare e trascinare nel nostro mondo in occasione di un esbat, magico e diabolico tempo di novilunio che ha un po’ il sapore di una notte di Valpurga.

E mal ne incoglie a lei e ai molti altri personaggi che popolano il nostro universo conosciuto e l’altro ignoto e oscuro, giacché l’incrocio tra le due sfere di realtà cambierà in entrambe regole e comportamenti, introducendo forme perverse di dipendenza e schiavitù reciproca, modificando destini individuali e collettivi  e costringendo tutti e ciascuno a scegliere tra ordine e caos, tra volontà e passione. Esoterismo e occultismo, magia e divinazione, mitologia ed epica antica, Tolkien e Stephen King, Gilgamesh e Kabbala (ah! La fortuna di disporre di Google, Wikipedia & Co.) colorano e insaporiscono il tutto con cinica intelligenza e astuzia sfrontata, fino a un amletico pre-finale che, come d’obbligo, la conclusione contraddice e riapre”.

Apocalisse!

agosto 28, 2009

Aiuto, a me Douglas Coupland piace. O piaceva? Generazione X era bello! E anche Microservi! E Fidanzata in coma! Però oggi ho letto su Repubblica che il suo nuovo libro, Generazione A, si scaglia contro Internet, e che Coupland dichiara: “Leggere e raccontare sono tra le poche armi di difesa che abbiamo contro il bombardamento a cui sono sottoposti i nostri sensi nel mondo digitale”.
Da quello che ho capito, la trama dovrebbe essere di tipo apocalittico:  le api si sono estinte ma cinque personaggi di ogni parte del mondo vengono punti, finiscono in Alaska e cominceranno a raccontarsi storie senza il web di mezzo.

Ma il web non ha colpa. Sono le persone che ci abitano, semmai, che provocano pasticci, e non sempre: perchè grazie a Internet le storie si moltiplicano, invece.
Uhm.

Libri da maschi?

agosto 27, 2009

Ma quando lo faccio il benedetto post sulla paura se continuano a venire fuori spunti interessanti dalla discussione?
Questa cosa dei libri da maschi e libri da femmine che appare nei commenti al post di ieri, per esempio. Io ho sempre pensato, e penso, che non esista una differenza reale, se si esclude la produzione per bambini e adolescenti, tipo Piccole donne. E però, ad un maschietto non farebbe mica male leggere la Alcott, così come io mi sono sciroppata I ragazzi della via Pal, che dovrebbe teoricamente essere per maschi (odiandolo) e Tom Sawyer e Huckleberry Finn (adorandoli).
E poi dove dovrebbe essere la differenza? Nel fatto che nei libri per ragazze/donne si parla d’amore? Ma allora (sì, sto per dirlo di nuovo, tenetevi forte) King? La storia di Lisey non è la più bella storia d’amore scritta negli ultimi anni?
Oppure nel fatto che i libri “al femminile” sono più introspettivi? E la signora Yourcenar, allora? Fredda e lucida come una spada. E la signora Woolf? E la signorina Tsugumi Ohba, la sceneggiatrice di Death Note?
Chiedo lumi.

Lara, i massimi sistemi e la lepre mammona

agosto 26, 2009

Volevo fare un post sulla paura, dopo aver riletto Schiavi dell’inferno di Barker. Non lo faccio subito ma arriva, promesso.
Poi volevo fare un post su Internet. Ovvero,  i rapporti personali che si intrecciano sulla rete. O anche, la grande differenza che passa, secondo me, tra uomini e donne alla luce della mia esperienza. Nel senso che le seconde sono pazienti e non si incazzano quando sparisco o penso ad altro, sapendo che poi torno, e i primi (salvo eccezioni che si contano sulle dita di una sola mano) no. Anzi, abitualmente si incazzano eccome.
Poi, ancora, volevo fare un post sul manager della Rizzoli, che oggi ha dichiarato a Repubblica che i libri che non vendono sono libri sbagliati. E volevo dargli ragione, perchè è così, ed è inutile recitare il ruolo del genio incompreso dal mondo crudele: non oggi, non nella situazione editoriale in cui siamo, quando  pubblicare E’ FACILE, per lo più. E dire anche, però, che ci sono casi in cui lo scrittore potrebbe non riempirsi le tasche di pietre e avanzare nel fiume  se non ha venduto, perchè magari quella nicchia che si riconosce in lui/lei gli/le basta. Insomma, un post complesso.
Invece, voglio raccontarvi quello che mi è successo ieri notte. Sono andata a fare due passi con il Simpatico Vicino, che è un tipo buffo grande e grosso che sa una marea di barzellette e riesce a farmi fare qualche risata (merce rara, ultimamente).
Non c’era luna. Camminando sul ciglio della strada, abbiamo visto una lepre. E la lepre non è scappata.  Forse era stata spaventata da un’automobile, forse era stata investita (zoppicava, abbiamo visto poi). Insomma, si è fatta PRENDERE. Il Simpatico Vicino l’ha tirata su per le orecchie senza che lei si azzardasse a fuggire.
“Che ne facciamo?”, mi ha chiesto.
E poi ha aggiunto:
“Peserà almeno due chili. E’ buonissima. Potremmo fare a metà”.
A quel punto la lepre ha cominciato a piangere.
Tecnicamente non è così. Diciamo che ha cominciato a gemere. Faceva un verso che non avevo mai sentito e che era a metà tra un belato e il pianto di un neonato. Qualcosa come:
Aaaa, aaa, aaa
“Per favore”, ho detto al Simpatico Vicino.
“Ok”, ha detto lui, lasciandola andare.
Per assurdo che possa sembrare, la lepre non è scappata. Poi abbiamo sentito arrivare un’automobile, che ha inchiodato dietro di noi.
“Che lepre!”, ha detto il guidatore, scendendo e avvicinandosi.
La lepre è fuggita via, perdendosi nel bosco.
“Peccato”, ha mormorato il guidatore.
“Già”, ha detto, mentendo, il Simpatico Vicino.
Io mi sono chiesta se esista una Lepre Mammona, e cosa stia pensando in questo preciso momento.

Parola d’Ordine

agosto 25, 2009

Orbene. Umore pessimo. Primo, perchè non ho nessuna voglia di tornare alla vita cittadina. Secondo, perchè ho ancora meno voglia di affrontare una serie di questioni che prima o poi dovrò pormi. Terzo, perchè mi ronzano per la testa parecchie cose, da ultimo.
Ne tiro fuori solo una e riguarda l’ordine. Non ho assolutamente intenzione di fare polemiche, ma solo di affrontare una questione che mi sembra non poco importante per la narrativa fantastica. E, per quanto possibile, cercherò di fare un passo indietro rispetto al caso personale. Però stavo riflettendo – e un po’ avevo accennato alla cosa, in un post sulla scrittura semplice – sull’esigenza di scritture “ordinate” e sequenziali che mi sembra sia molto evidente nella rete, soprattutto. E mi chiedo: perchè?
Ok, risposta numero uno: perchè un lettore ha il sacrosanto diritto di godere di un libro senza sforzo.
Ma siamo proprio sicuri che sia così?
Riformulo la domanda: Virginia Woolf è “facile”? No, neanche un po’.
Obiezione, Vostro Onore. Cosa c’entra Woolf con la narrativa fantastica?
Un tubo, sono d’accordo. E ho sempre sostenuto che la storia venga prima di ogni altra cosa, almeno per me. Però non mi piace neanche un mondo letterario dove la complessità linguistica sia relegata al mainstream e a horror e fantasy si chieda solo il nitore della “facilità”.
King (perdonate, è una mia fissa) non è facile. Mai. E quando i critici americani lo accusano di utilizzare una lingua di plastica lui ghigna, sapendo bene che non hanno letto i suoi libri.
Ordine.
Be’, ho pescato in rete una lettrice che aveva messo le virgolette e praticamente “riscritto” un brano di Chiara Palazzolo sostenendo che così era più ordinato e facile. Ma la forza di quella trilogia è proprio nell’aver portato nell’horror la ricerca linguistica del mainstream.
Ordine.
Perchè questa parola non mi convince fino in fondo?
Dove sto sbagliando?

I dolori di un giovane demone

agosto 24, 2009

Lascio dormire il racconto per un po’ e torno a Sopdet.
Anzi, no, a Esbat. Ho ricevuto una mail che mi ha fatto un piacere immenso e che parla di Hyoutsuki. E’ la mail di un lettore di sesso maschile, e la cosa non è secondaria: un signor lettore, anche se non dirò mai di chi si tratta.  Il piacere immenso deriva dal fatto che Hyoutsuki è il suo personaggio preferito (e nei lettori maschi è raro), e che ha visto in Esbat una sorta di educazione sentimentale di un personaggio non umano. Un percorso di crescita e di conoscenza, compiuto, mi ha detto, in assoluta coerenza.  E io sono felice: perchè era esattamente quello che volevo. Volevo, cioè, raccontare anche dal punto di vista psicologico una creatura non umana, possibilmente dandogli un linguaggio, oltre che un cammino da compiere. Perchè lo volevo? Perchè non sono molti i personaggi che, da lettrice, ho incontrato con queste caratteristiche. Randall Flagg è uno, e infatti l’ho adorato (salvo nell’ultimo libro, dove tutto accade troppo in fretta). Mirta/Luna è un’altra, e ho adorato anche lei, in tutti e tre i libri.
Quanto a Sopdet, sto lavorando molto e, spero, benino: lo spostamento dell’intermezzo a prologo mi sembra una buona mossa.
Poi, per tutto il resto, mi impongo di stare buona, tranquilla e di non aspettarmi mai, per nessun motivo, la luna.

Fase due

agosto 21, 2009

Me la sto prendendo quasi comoda. Nel senso che ho finito la prima stesura del racconto, in tempi più rapidi di quelli preventivati, e adesso rileggo-correggo-cambio-sistemo.
Posso dire che è il momento migliore? Quando la fase uno è finita, e hai buttato fuori tutto quello che si affastellava e pulsava nelle dita,  poter prendere il pennello più sottile per passare alla rifinitura ti porta in stato di grazia. Giocare con le parole: cercare alternative attraverso le immagini (non solo i fiori si “aprono”, ma anche…cosa?), e intanto bere una gazosa o alzare gli occhi per guardare il lago, o andare a fare la spesa e incantarsi su una signora dall’aria infelice che, sì, non compra caramelle se non ha esaminato per bene l’espositore, e l’altra signora in fila scuote la testa con compassione malevola, o entrare al bar a prendere un caffè e incontrare un vecchio che geme (davvero, geme) perchè sono finiti i cornetti e cosa darà alla sua nipotina?
Ecco. In momenti così, penso che neanche vincere il superenalotto mi renderebbe altrettanto “in armonia”. E non è retorica. Giuro.

Incubi d’annata

agosto 20, 2009

Il mio spacciatore di libri horror usatissimi mi ha trovato una delizia. E’ un horroraccio di Ray Russell, scritto a metà degli anni Settanta e pubblicato nella collana I libri della paura (a cura di Vittorio Curtoni e Giuseppe Lippi) dell’editore Siad. Titolo, Incubus, copertina, un demoniaccio rosso che si avventa su fanciulla ignuda e svenuta. Argomento: creatura demoniaca arriva nella città di Galen (che fa rima con Salem, bravi) per possedere e uccidere ignare fanciulle, le quali muoiono a causa della…ehm…eccessiva virilità del demoniaccio.
Ho letto le prime quaranta pagine piegata in due dalle risate. Poi ho pensato: meglio lo stereotipo della cretura infernale libidinosa e assassina o quello della creatura infernale che ti chiede di sposarlo?

Equivoci

agosto 19, 2009

Barista: “Signorina, ecco qui il suo chinotto”.
(Lara continua a fissare il calendario appeso dietro il bancone, con la pubblicità della birra)
Barista: “Signorina?”
Avventore: “Eh, la signorina ha la testa fra le nuvole. Deve essere innamorata”.

Adesso, come faccio a dire a questi signori  che stavo pensando al rumore che fa una sciabola mentre viene estratta da un torace umano, e chiedendomi se sulla lama sarebbe rimasto, oltre al sangue, anche qualche brandello di carne?