Archive for novembre 2009

Leggere King in Italia

novembre 30, 2009

Curiosando sulla pagina di IBS dedicata a Esbat, scopro che chi ha comprato Esbat ha comprato anche:  Harry Potter e i doni della morte (plausibile), la trilogia di Millennium di Larrson (abbastanza plausibile), più una serie di libri assolutamente eterogenei. Tre best seller: Gomorra, La solitudine dei numeri primi e L’eleganza del riccio. Anzi quattro, e il quarto quasi mi fa sentire in colpa, perchè si tratta di E’ facile smettere di fumare se sai come farlo.
“Approfitta”, miagola il gatto fantasma.
“Col cavolo”, rispondo io, accendendo la quarta sigaretta della mattina e ricordandogli che anche Camilleri fuma come un turco.
“Ma King ha smesso”, ribatte lui, perfido.
Uno a zero per il gatto.
A proposito di King. Sto leggendo i commenti su aNobii su The Dome.  Mi lascia stupefatta il parere di una lettrice  che sostiene che non si possa leggere “un libro che tratta per la grande parte, oltre al consueto soprannaturale, di soprusi bestiali, violenti e criminali dei politici locali” in un paese (deduco sia il nostro) che si trova in una situazione molto simile.
Se il criterio è questo, cosa mai dovremmo leggere in Italia? Sono seria. Non lo so.

Ps. Non c’entra, ma devo un ringraziamento, di cuore, a Luca Tarenzi.

La casa degli spettri

novembre 27, 2009

Ma sapete che mi stanno parlando in tanti de L’ospite di Sarah Waters? E più passa il tempo più sono curiosa. Non solo perchè è una ghost story. Anche perchè è una ghost story, per essere sincere.
Per esempio, la casa. Mi sto chiedendo (perchè ci sto lavorando in questi giorni) se una storia di fantasmi debba per forza avere una casa dove i medesimi risiedono. La mia risposta è sì. Mi piace l’idea di affrontare un canone e di vedere come trattarlo. Una casa. O un oggetto.
L’altra strada è quella delle emozioni. Coloro che muoiono non sono incatenati a qualcosa di tangibile ma a un pensiero, a un sentimento, a un ricordo.
Ci penso.

The end

novembre 26, 2009

Anche Shining?
Pare proprio che King abbia un gran desiderio di “chiudere” con quel che ha lasciato in sospeso.
Buffo, no?

Lara, il gatto fantasma e l’infido test

novembre 25, 2009

Il foglietto è sul tavolo della colazione, vicino ad una tazza di caffè doppio e a un cornetto con la Nutella. Il gatto fantasma mi ha fatto una sorpresa. O forse vuole semplicemente addolcirmi la pillola. Perchè lo sciagurato felino mi ha preparato un test.

Che tipo di scrittore sei?

1) Quando apri Word

a) hai la nausea come Mike Noonan e vomiti nel cestino
b) copi giudiziosamente tutti gli appunti che hai preso sugli spazi bianchi del quotidiano prima di addormentarti
c) ti tuffi senza pensarci troppo

2) Inizi un romanzo quando…

a) non lo inizi, è lui che inizia te e non ti fa per niente piacere, faresti altro nella vita
b) quando lo schema su cui hai lavorato è diventato talmente intricato che per decifrarlo ci vorrebbe un egittologo
c) quando la Musa chiama

3) Usi la prima o la terza persona?

a) la prima, mi aiuta a portare in superficie i gorghi oscuri del mio animo
b) la terza, mi concede il giusto distacco
c) posso usare entrambe indifferentemente, a seconda della mia Ispirazione

4) Il tuo punto debole è…

a) i dialoghi, mi sembra di essere poco credibile
b) i punti di vista, mi ci perdo regolarmente
c) nessuno, supero sempre tutte le difficoltà

5) Preferisci il tempo presente o  passato?

a) il presente, mi aiuta a mantenere salda la presa sul racconto
b) il passato, la distanza rafforza la narrazione
c) posso usare anche il futuro, io. E persino il trapassato remoto, tiè.

6) I tuoi modelli letterari

a) mi schiantano
b) mi stimolano
c) quali modelli, scusa?

7) Quando ambienti il racconto in un preciso momento storico

a) mi documento ma mi sento inadeguato/a
b) cerco di non usare neppure le parole che non erano entrate nella lingua corrente in quella data
d) automaticamente mi calo nel contesto senza preoccuparmi troppo

8  Il tuo rapporto con le descrizioni

a) parto da un particolare e mi soffermo soprattutto su quello
b) sono maniacale e descrivo ogni dettaglio
c) sgorgano dalle mie dita con naturalezza

9) Lingua o storia?

a) prima la storia
b) entrambe, l’una è funzionale all’altra.
c) la lingua. La mia nobilita qualsiasi storia.

10) Quando finisci il romanzo

a) mi ubriaco, poi lo rivedo cinque volte almeno e decido che fa schifo
b) lo lascio riposare, poi lo riprendo a mente fredda e inizio la revisione
c) lo invio senza correggerlo al mio editore

Risultati.
Maggioranza di A: Scrittore depresso. Attenzione. Inutile consolarsi pensando che Jonathan Frenzen, l’autore de Le correzioni, è un depresso cronico.  Si consigliano lunghe passeggiate e cene con amici fedeli e istruiti precedentemente affinchè non parlino mai di libri.

Maggioranza di B. Scrittore razionale. Va un po’ meglio, ma si corrono dei rischi. Si raccomanda però di gettare ogni tanto gli schemini all’aria di allentare i freni.

Maggioranza di C. Scrittore comune. Non si consiglia niente perchè tanto non ascolterebbe.

Misto di A e di B, con qualche C.  Modello Manni. Bel casino. Nulla da dire. Auguri.

Ci sono più Lara in cielo e in terra…

novembre 24, 2009

Qualcuno sa dirmi se ho un clone? Tipo, una Lara che si aggira per Roma e per Internet senza che io lo sappia?
Va così: stavo gironzolando su Google e mi imbatto in questo gruppo su Facebook: FanFiction. Benissimo. L’idea mi piace tantissimo, mi iscrivo e leggo i post.
Bene. Anzi, male. In un post addirittura del 21 marzo, ecco cosa trovo:

Ciao! Invito tutti i beniamini delle fic a partecipare dall’8 all’11 ottobre a Roma, a LIBRI SENZA CASA, una vetrina di scrittori emergenti e non che leggeranno i propri manoscritti inediti. Anche le fanfiction saranno le benvenute. Sarà presente, in una serata, Lara Manni, autrice di Esbat (edito da Feltrinelli, da gi…ugno) che ci parlerà della sua esperienza come autrice di fic e come è arrivata a pubblicare la sua storia.
Andate al sito e iscrivetevi. Grazie

Ora, o io sono decisamente rimbecillita (possibilissimo), o davvero non capisco perchè si annuncia una cosa del genere di cui io nulla so. Per la cronaca, la manifestazione è organizzata da un’agenzia di servizi editoriali dove si valutano testi inediti.

E pensare che oggi volevo parlarvi (ma va?) di King e della sua dichiarazione su quanto Raymond Carver trattava male la sua signora…
Ah, e c’è una notizia ancora più importante: La torre nera avrà un seguito

La banalità della cupola

novembre 23, 2009

Quando ero bambina, giocavo con una pallina di gomma, di quelle che rimbalzano in punti diversi della parete. Era un giocattolo da pochi soldi, aveva colori acidi, era viscida al tatto e imprevedibile nella traiettoria. Il divertimento stava proprio nella rottura della prevedibilità: non più palla pallina-la notte si avvicina (variante di stella stellina, adattata per l’occasione), e poi fai la riverenza, batti le mani, guarda in alto, fai un salto, e tutte le acrobazie minime di chi tira la palla in un punto del muro e cerca di complicarsi la vita prima di riprenderla conoscendo già il modo in cui la palla tornerà indietro. La pallina pazza (mi pare si chiamasse così) non tornava mai indietro come ti saresti aspettata. Non eri tu a giocare con lei: era lei che giocava al proprio gioco.

Questo è The Dome.

O meglio, questa è la sensazione che ho avuto leggendo The Dome.

Non esiste un centro, a differenza di tutti i romanzi di Stephen King che ho letto (e sono quasi tutti, direi). A differenza, anche, de L’ombra dello Scorpione: perché in quel caso il centro c’era. Il centro cambiava a seconda della via d’accesso che si sceglieva: la storia d’amore fra Stuart Redman e Francine Goldsmith (che personalmente detestavo). Oppure il piccolo romanzo di formazione del musicista Larry Underwood e quello, speculare e disperato, di Harold. O ancora il terribile destino, ancora una volta a specchio, della giovane Nadine e della vecchia Abigail, entrambe votate ad un Fato indifferente alle loro vite.

In The Dome, il centro non c’è. Nessuno dei personaggi della storia è una via di accesso. Non Dale Barbara, ex militare, ex cuoco e suo malgrado cavaliere del bene. Non Julia, la direttrice del giornale cittadino. Non il trio di preadolescenti in skate. Tutto è circolare, e la pallina rimbalza contro le pareti della cupola invisibile senza indicare una traiettoria precisa.
Una prospettiva, a dire il vero, ci sarebbe: ed è quella del Male. Quella, ovvero, del villain della storia, Big Jim Rennie, venditore di automobili usate, secondo consigliere della città e quindi suo despota impazzito.
Ma non sono sicura neanche di questo. E’ un Male così piccolo, quello scelto da King, un Male domestico. Un male, direbbe Hannah Arendt, banale, perché talmente radicato in ognuno di noi che si rivela come è davvero: privo di grandezza, ordinario, spietato in quanto possibile. Dimenticate Randall Flagg: non c’è fascino nell’orrore che si dipana sotto la Cupola.

Né, secondo me, c’è redenzione: c’è la possibilità di guardare dentro le proprie piccolissime esistenze e di sapere quanto, di quella terribile banalità, siamo partecipi. L’umanità è malata, dice King: neanche l’intervento di un gruppo di  dei bambini serve a invertire la rotta come avveniva in It, ma solo ad andare avanti, almeno per un po’.

The Dome non è un horror. Non nel senso canonico, almeno.
The Dome è il romanzo più terribile che Stephen King abbia scritto. Il più desolato, il più disperato. Il più vero, forse.

Comprendo la perplessità di molti kinghiani. Comprendo quelle di Stefano Romagna e di Gl D’Andrea, che ne hanno scritto in questi giorni. Eppure, penso che sia uno dei romanzi più importanti che sotto “la metafora di King”, sia stato scritto negli ultimi anni.

 

 

 

 

Quelli che ritornano

novembre 20, 2009

Per farla breve, la ghost story occupa molti dei miei pensieri. Anche dei miei interrogativi. Il più inquietante è quello dei famigerati stereotipi, che secondo me sono più forti in questo tipo di romanzo gotico-horror che in altri casi.
Del vampiro si è detto tanto: ma il fantasma? La scatola a forma di cuore di Joe Hill è un ottimo esempio di come si possa parlare di spettri fuggendo da: porta che cigola, occhi ciechi che ti guardano dietro il vetro di una finestra, ciondoli o collane o libri che appaiono là dove non devono essere.
Oppure: è possibile, naturalmente, utilizzare tutto questo in un altro contesto. Usare lo stereotipo e renderlo di nuovo potente. Si può fare. La voglia è quella di rivolgersi, ancora una volta, ai miti. Ma vediamo.

Agniziò!

novembre 19, 2009

Periodica ricognizione sul forum di Efp. Trovo un topic delizioso: la domanda è “ricorrereste mai all’agnizione?”. Oh sì, certo che sì. L’ho fatto, e lo rifarei: naturalmente, a modo mio. Perchè i vecchi strumenti del mestiere utilizzati in secoli di narrativa tornano sempre buoni. Plasmandoli.

Il giovane Edward

novembre 18, 2009

Perchè infine Robert Pattinson, l’interprete di Edward Cullen, centra il punto, a proposito di vampiri-etici-romantici. In un’intervista a Repubblica, dopo aver espresso il proprio terrore per tutte le fan che gli chiedono di succhiare il loro sangue, dice:

C´è qualcosa che l´attrae in “Twilight”?
«Non la dimensione fantasy dei vampiri e morti viventi, un genere che non mi ha mai interessato. Per me “Twilight” è invece una storia sulla voglia e l´impegno che uno ci mette a trovare l´amore… Una storia che parla di sentimenti che tutti i giovani provano nella loro fase di crescita. E il mio Edward è un giovane Holden, un James Dean, un Donnie Darko, non un vampiro».

Dunque, di che stiamo parlando?
(che grandissimo equivoco, però, quello sulla rinascita dell’horror…)

 

Vampirismo etico

novembre 17, 2009

“Che ne pensi?”, mi scrive un’amico in chat.
“Di cosa?”, chiedo io. “E poi sto pensando poco, ultimamente: nel senso che riesco a vedere solo la finestra che ho sognato, e il giardino, e il fantas…”
“Ghost story?”
“Già. Almeno ci provo. Non è buffo? Ero quasi pronta per scrivere una storia e adesso me ne piomba addosso un’altra”.
“Non sei contenta?”
“Non lo so. Sono concentrata, però. E questo è bene. Ma cosa devo pensare su cosa?”
Questo“.
“Scherzi? Una campagna per adottare un vampiro????”
“Leggi bene. E’ una campagna per sensibilizzare i giovani a donare il sangue. Toh: qui c’è il sito“.
“Ma…ma…Bram Stoker starà battendo le nocche sulla bara, ammesso che le abbia ancora. Le nocche, dico”.
“E’ per una buona causa”.
“Ma i vampiri e le buone cause non sono compatibili”.
“Sicura?”.
“Io sì. Ma temo di essere in minoranza”.

Ps. A proposito: ho visto che è uscito il seguito di Dracula, Undead. Lo leggo?