No no, fermi tutti: non è un’autodifesa, nè è una risposta a quei lettori, per lo più di sesso maschile, che sono disturbati dalla presenza di un personaggio di bell’aspetto che corrisponderebbe alla definizione di “gnocco” in Esbat e, naturalmente, in altri romanzi (per la comprensione del termine vedasi la seconda proposta del Wikizionario, grazie).
E’ un’altra cosa: vorrebbe, almeno, essere una riflessione sulla bellezza maschile nei romanzi. Nientemeno? Nientemeno. E dal momento che la cosa è impegnativa chiedo l’aiuto di Umberto Eco.
Schiocco di dita.
“Dal Pelide Achille sino alle soglie del romanticismo l´eroe è sempre stato bello, mentre da Tersite sino a più o meno lo stesso periodo brutto, orribile, grottesco o risibile è il malvagio”.
Così scrive il Professore in un articolone su aspetto fisico e romanzo su Repubblica: e ha assolutamente ragione. La virtù morale dell’eroe si riflette in automatico sulle sue sembianze. Possiamo fare qualche variante su colore di capelli e muscolatura, ma Achille è sempre stato splendido da quando il quadrisavolo di Brad Pitt – che lo avrebbe interpretato al cinema – era ancora un granello di energia che passeggiava per la via Lattea o nei Campi Elisi o dovunque si trovino le anime dei nascituri.
Ancor più ovviamente, le eroine sono belle: per Elena va a pezzi un intero mondo, le grazie di Briseide causano pasticci a non finire, per non parlare di quella rovinafamiglie di Glauce che sottrae Giasone a Medea con le note conseguenze. E ancora: quando passa Angelica un paio di eserciti di opposta fazione vanno in tilt, a Beatrice basta salutare per strada Dante per fargli concepire un viaggio nell’oltretomba, e Laura spezza per sempre il cuore di Petrarca. Mi fermo.
Chissà come mai, però, il fatto che i personaggi femminili siano stati e continuino ad essere belli non infastidisce mai nessuno. Anzi, quando si verifica l’eccezione risulta essere così sconvolgente da venir citata in continuazione. L’eccezione è la povera Fosca di Iginio Tarchetti.
Schiocco di dita.
“Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna! Come vi sono beltà di cui è impossibile il dare una idea, così vi sono bruttezze che sfuggono ad ogni manifestazione, e tale era la sua. Né tanto era brutta per diretti di natura, per disarmonia di fattezze, – ché anzi erano in parte regolari, – quanto per una magrezza eccessiva, direi quasi inconcepibile a chi non la vide; per la rovina che il dolore fisico e le malattie avevano prodotto sulla sua persona ancora così giovane. Un lieve sforzo d´immaginazione poteva lasciarne travedere lo scheletro, gli zigomi e le ossa delle tempie avevano una sporgenza spaventosa, l´esiguità del suo collo formava un contrasto vivissimo colla grossezza della sua testa, di cui un ricco volume di capelli neri, folti, lunghissimi, quali non vidi mai in altra donna, aumentava ancora la sproporzione. «Tu non sai cosa voglia dire per una donna non essere bella – dice Fosca. Per noi la bellezza è tutto. Non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l´esistenza di una donna brutta diventa la più terribile, la più angosciosa di tutte le torture. Nella vita dell´uomo non vi è miseria paragonabile a questa. L´uomo, ancorché deforme, ancorché non amato, ha mille divagazioni, ha mille compensi; la società gli è indulgente; non potendo mirare all´amore, egli mira all´ambizione; ha uno scopo; ma la donna non può uscire dalla via che le hanno tracciato il suo cuore e la sua vanità, non può tendere ad altro fine che a quello di piacere e di essere amata. Non vi è che la maternità che possa compensarla qualche volta della privazione dell´amore; ma questa ne è il frutto, ed è spesso negata alla bruttezza».”
Eh sì, il professore fa bene a citare Fosca. Quante altre eroine non dico orribili, ma almeno bruttarelle contate nei romanzi? Io poche, a meno che non siano vecchie e cattive (anche Fosca non è un concentrato di virtù, a ben vedere). Anche nel fantastico: Annie Wilkes di Misery è decisamente brutta, ma è la cattiva e quindi non conta. Carrie si trasforma in adolescente passabile nel ballo fatale. Fanno eccezione, in King, due donne normalissime come Dolores Claiborne e Lisey (La storia di Lisey). E Tammy Lauper, la “Wilkes buona” de Il canyon delle ombre di Clive Barker. Se avete altri nomi, fateli pure, io segno.
Dunque, i personaggi positivi dei romanzi sono sempre belli e i cattivi sono sempre brutti? Eh no. Non sempre.
Schiocco di dita.
“…con la gothic novel la prospettiva si ribalta: non solo inquietante e tremendo appare l´eroe, ma anche l´antieroe, nella sua cupezza, diventa se non affascinante almeno interessante. Torvo e non di questa terra è il ceffo che balena sotto il suo tenebroso cappuccio, dirà Byron del suo Giaurro (…) E di un altro spirito incupito; Ann Radcliffe dirà nel Confessionale dei penitenti neri che la sua figura faceva impressione, era alta, e, benché estremamente magra, le sue membra erano grandi e sgraziate e, come andava a gran passi, avvolto nelle nere vesti del suo ordine, v´era qualcosa di terribile nel suo aspetto, qualcosa di quasi sovrumano. (…) Il Vathek di Beckford era d´aspetto avvenente e maestoso, ma, quando andava in collera, uno dei suoi occhi diventava così terribile che non si poteva sostenerne lo sguardo, e lo sventurato sul quale quell´occhio si posava cadeva riverso e talvolta moriva all´istante”.
Oh, sorpresa! Anche il villain, o il semi-villain, o l’antagonista, diventa affascinante da un certo periodo in poi. Quindi non c’è più, secondo il Professore, una corrispondenza tra beltà d’animo e beltà fisica.
Poi, tutto precipita, e l’eroe diventa brutto. Per dire le cose come stanno, fa decisamente schifo. Arriva, insomma, Victor Hugo: e con lui Quasimodo e Gwynplaine, l´Uomo che Ride.
Schiocco di dita.
“La bellezza universale, che l´antichità diffondeva solennemente su ogni cosa, non era priva di monotonia: la medesima impressione può venire a noia a forza di essere riproposta. Il sublime accostato al sublime contrasta a fatica, e bisogna prendere una pausa da tutto, anche dal bello. Sembra invece che il grottesco sia una sosta, un termine di paragone, un punto di partenza da cui elevarsi verso il bello con una percezione più fresca e più partecipe. La salamandra fa risaltare l´ondina; lo gnomo rende più bello il sisifo. Il bello non ha che un tipo: il brutto ne ha migliaia. Il bello, umanamente parlando, è solamente la forma presa nei suoi tratti più semplici, nella sua più assoluta simmetria, nella sua più intima armonia con la nostra struttura. Ci propone così sempre una completezza d´insieme, ma limitata come noi. Quello che invece definiamo il brutto è un aspetto di un grande insieme che ci sfugge e che non si armonizza con l´uomo ma con la creazione tutta”.
Qui si ferma il Professore e qui arriva la riflessione. Dopo la rivoluzione di Hugo, la bellezza maschile dell’eroe non è più necessaria al romanzo: anzi. Poi, però, arriva Tolkien. Arriva il fantastico. E la bellezza torna ad essere molto importante, nonchè motivata: gli elfi sono fisicamente belli perchè il loro mondo è fatto di bellezza, per esempio. Ma la faccio breve. Di fatto, il fantastico ripropone – mi pare – gli antichi canoni, e dal gotico riprende anche, in molti casi, il fascino dell’antagonista malvagio.
Perchè? Perchè è una narrazione (apparentemente) non realistica? Perchè è una narrazione mitica?
Non ho la risposta, ma continuo a cercarla. Quello che mi incuriosisce è che il ritorno della bellezza maschile viene spesso deprecato. Mentre la bellezza femminile (spesso associata all’ocaggine, e si può essere oche anche impugnando alabarde e comandando la carica dei centouno) non è mai messa in discussione. Professore, che ne pensa?
Schiocco di dita che, al momento, non sortisce effetto.