Motivi per sentirsi depresse

Alcuni dei libri  che in varia misura appartengono al filone fantastico e che non sono più reperibili nelle librerie italiane o su IBS.

Mark Danielewski, Casa di foglie, Mondadori, 2005

Ann Radcliffe, I misteri di Udolpho, Mondadori, 1994

Ann Radcliffe, L’italiano, Frassinelli, 1995

Richard Matheson, Al di là dei sogni, Mondadori, 1998

China Mieville, Perdido Street Station, Fanucci, 2003

Jean Ray, Malpertuis, Mondadori 1990

Dan Simmons, Il risveglio di Endymion, Mondadori, 2001

Kurt Vonnegut, Hocus pocus, Bompiani, 2001

Terry Pratchett, Neil Gaiman, Buona apocalisse a tutti, Mondadori, 2007

Terry Pratchett, Stregoneria, Tea, 2006

Douglas Adams,  Il salmone del dubbio, Mondadori 2002

Tiziano Sclavi, Il tornado di Valle Scuropasso, Mondadori, 2006

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68 Risposte to “Motivi per sentirsi depresse”

  1. Stefano Romagna Says:

    Passa al Kindle e bypassa il problema alla radice, come ho fatto io.
    Certo, per adesso li trovi solo in lingua originale, ma è sempre meglio che aspettare ristampe che non arriveranno mai, no?

    Ps: a me Pratchett risulta disponibile. Almeno qui a Milano si trova.

  2. Vocedelsilenzio Says:

    Io, fortunatamente, Buona apocalisse a tutti ce l’ho… l’avrò preso giusto in tempo!
    Perdido Street Station lo cerco anch’io, ovviamente senza risultati… mi toccherà prenderlo in lingua.

    A me sembrava di aver visto una nuova edizione di Stregoneria, ma forse mi sbaglio.
    Gli altri titoli m’incuriosiscono, quindi vado a vedere cosa sono e poi al massimo si va su amazon.

  3. Vocedelsilenzio Says:

    sìsì, Stregoneria lo becchi qui: http://www.ibs.it/code/9788850217793/pratchett-terry/stregoneria.html

  4. Valberici Says:

    Quoto Stefano: passa al Kindle. 🙂

  5. Livia Says:

    E a chi si oppone al passaggio agli ebook: ora ditemi che l’odore della carta vale di più della possibilità di reperire qualsiasi titolo, in qualsiasi
    momento, anche quando non viene più stampato 😉
    La cosa più bella è che buona parte di questi titoli sono stati pubblicati negli anni 2000.

    Ps. A questo elenco aggiungerei anche buona parte della produzione di Ray Bradbury, purtroppo 😦

  6. Lara Manni Says:

    Non è questione di Kindle. Ovvero, il Kindle risolve – forse – il problema del lettore.
    Vedetela dal punto di vista di chi scrive. Sono fuori catalogo alcune delle voci più interessanti del fantastico. Pensateci un momento. Significa che questa lista conferma quello che dicevo qualche giorno fa: in Italia o il fantastico è “di bocca buona” e “per ragazzi”. O. Non. E’.

  7. Laurie Says:

    Ma che palle! Li odio!! Volevo cominciare Dan Simmons é_é LI ODIO è_é
    Ed è pure out of stock Mary Gentle è_é

  8. Lara Manni Says:

    Lau, un certo tipo di storie non conta, è inutile che continuiamo a raccontarcela. I personaggi, il linguaggio, l’architettura? Non contano. Questi sono i dati. Il resto sono chiacchiere. E’ tutto inutile.

  9. Fabio Catalano Says:

    Io non ho dubbi. Preferisco avere un libro in mano piuttosto che rovinarmi gli occhi davanti ad un computer. Io provo una gioia immensa a vedere la mia libreria che giorno dopo giorno viene riempita…
    Per quanto riguarda i libri non reperibili la trovo una cosa indecente, anche se non fa male leggerli in lingua 😉

  10. Livia Says:

    Il problema dei fuori catalogo tuttavia non è solo relativo al fantastico. Per dire, fuori catalogo ci sono alcuni libri di Steinbeck, Philip Roth, e io spero ancora di riuscire a beccare in qualche libreria “Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay” di Michael Chabon prima che diventi completamente irreperibile…
    E’ sempre la stessa storia di cui si lamentano anche i librai: i libri arrivano, stanno in giro per due mesi, poi scompaiono. E’ un sistema malato in generale.

    @Fabio Catalano: gli schermi e-Ink non rovinano la vista 🙂 Non vorrei aprire un dibattito sull’argomento, però questi sono luoghi comuni che andrebbero evitati prima di tutto perché non veri. Poi che i device costino ancora troppo, che non siamo ancora pronti al passaggio completo per tantissimi motivi… sono d’accordo, ma è un’altra storia. Il resto è fuffa.

  11. Marco Says:

    Livia, credo che il “problema dei fuori catalogo” sia piu’ “il problema dell’ambizione di vedere un libro che ci piace in catalogo”. Come mai ci piace cosi’ tanto un libro che e’ finito fuori catalogo dopo due mesi o che nessuno ristampa piu’? E’ il mondo che gira al contrario o siamo noi? Dico questo perche’ mi sembra che in realta’ adesso il problema dei fuori catalogo volendo si puo’ risolvere acquistando il libro sulla rete. Sara’ fuori catalogo ma non e’ scomparso e quanto ai libri si Steinbeck, si possono sempre trovare in biblioteca – o in qualche biblioteca.

  12. demonio pellegrino Says:

    Il fatto che molti libri, anche recenti, siano gia’ introvabili e’ uno degli argomenti piu’ validi che Google ha per cercare di portare avanti il suo progetto di “google books library”.

    Perche’ al momento non e’ vero che un libro introvabile in libreria sia per forza di cose disponibile in biblioteca. A volte lo e’. Ma non sempre.

    Tifiamo Google.

  13. chiara Says:

    Ragazzi, qua non c’entra nulla l’ebook o i gusti personali…
    Il problema dei fuori catalogo, come posto correttamente da Lara, implica una perdita letteraria in libreria. Ed è problema annoso.
    Segnalo ad esempio “la signora dei porci”, magnifico romanzo di Laura Pariani, da anni fuori catalogo per colpa di una politica editoriale miope.
    La ristampa continua dei buoni libri – e quindi la loro presenza costante in libreria – è segno di civiltà e cultura. A maggio ragione Lara segnala la facilità con cui si mette fuori catalogo la produzione fantastica “seria”.
    E’ una denuncia, quella di Lara, non una lamentela personale.

  14. Lara Manni Says:

    Chiara, grazie. Il punto che volevo toccare è esattamente questo: e l’ho fatto con enorme scoramento. Se va fuori catalogo un Matheson o un Mieville, o Malpertuis, o un ottimo horror-fantasy come La casa di foglie, a me viene da chiedermi “che caspita scrivo a fare?”. Non perchè io pretenda di scrivere come loro, per carità: ma perchè ASPIRO a scrivere come loro. L’assenza di quei libri significa due cose: o in Italia NON C’E’ PUBBLICO per questo tipo di narrazione, oppure gli editori, per quanto riguarda il fantastico, non si accontentano di un numero significativo di lettori ma vogliono una platea enorme. Alla quale, però, dare prodotti medi o bassissimi.
    Come se ne esce?

  15. Livia Says:

    @Marco:

    mi sembra che in realta’ adesso il problema dei fuori catalogo volendo si puo’ risolvere acquistando il libro sulla rete

    Non è esattamente così. Prova a trovare una copia di “Casa di foglie” di Danielewski 😦 In rete i fuori catalogo li puoi trovare, ma usati – e devi aver fortuna, perché vanno via in fretta. (Non considerare il mio esempio su Chabon, perché mi sa che è tornato disponibile, forse volevano fare solo il cambio di copertina).
    Poi anche “Casa di foglie” si può trovare in biblioteca. Siccome sono poche le biblioteche che ce l’hanno, però, devi decidere se la possibilità di leggere quel libro vale il costo e il tempo del viaggio per andarlo a prendere e poi per riportarlo entro i termini del prestito, tutto qui.

    Che invece la vita media del libro all’interno di una libreria si sia accorciata di brutto è un fatto. Negativo, positivo? Non lo so, ma in questo caso sicuramente la cosa si risolve con Internet.

    Poi che tutta la serie di lamentele qui esposte (non solo mie, però, eh!) siano anche dovute al fatto che ci piacerebbe che quel titolo che amiamo tanto – che magari di per sé non rappresenta niente per la letteratura o per l’universo – stesse ancora in catalogo (magari per poterlo consigliare!)… è vero, senz’altro è così. Io tendo a lamentarmi di più per quelli che voglio leggere e non riesco a trovare, ma tant’è.
    D’altra parte, però, ci si pone un altro problema: come ci si può aspettare che un lettore entri in libreria e scelga liberamente se la scelta si riduce ai soliti titoli che vendono, hanno venduto, o che (forse) venderanno?
    Lara poneva l’accento sul problema per quanto riguarda il “fantastico”. Io dico: sì, il problema c’è lì, ma c’è come negli altri “generi” (usiamo le virgolette). Tutto qui.

  16. Lara Manni Says:

    Negli altri generi meno, temo.
    Un qualsiasi libro di narrativa mainstream tende ad avere vita più lunga.

  17. :A: Says:

    @Lara: cito questo articolo di Giuse(ppe Genna) che rileva il problema delle grandi tirature, valido anche per il mainstream:
    “è arrivato, rombando, il gigantismo delle tirature e la richiesta di aumentare la liquidità, cioè il saldo, nelle maggiori case editrici. Si dichiarano vendite stratosferiche false – ma ora non basta più. Bisogna fare soldi, non basta più aumentare il giro di soldi e fare budget, è necessario invece che lo sviluppo sia convertibile all’istante in tassi di guadagno.”

    Il resto dell’articolo qui, spero possa interessare:
    http://www.carmillaonline.com/archives/2008/02/002528.html

  18. Lara Manni Says:

    Grandissimo articolo, Adriano, grazie.
    Cito.

    “Dal bestseller al longseller: bisogna combattere sul piano stesso del mercato, che, se chiamato così, “mercato”, pare un’ipertrofica entità astratta capricciosa e dittatoriale e anche un po’ idiota, mentre di fatto stiamo parlando di una comunità di persone che devono essere libere di scegliere i riferimenti che incarnano il loro immaginario e la quantità di futuro che i testi tendono a irradiare”.

  19. Melmoth Says:

    Ahhhh Malpertius! Dovessi trovarlo mai, anche ciclostilato, fallo sapere…
    E sono (tristemente d’accordo) sul problema del pubblico del (buon) fantastico che in Italia che non c’è. Ti consoli questo: senza volerlo (e senza posa) sei contro-corrente, e primo o poi il mercato e il pubblico cambierà…

    House of Leaves era eccezionale …

    M.

  20. Melmoth Says:

    Post Scriptum
    A parte due ristampe recenti, G. K. Chesterton è come se in Italia non fosse mai stato pubblicato..

  21. Laurie Says:

    Il problema del fuori catalogo si risolve facilmente. EBOOK!
    Da lettrice egoista l’ebook mi viene estremamente utile.
    Lo so, darà tanti problemi agli scrittori… ma risolve il problema delle ristampe.

  22. eleas Says:

    finalmente, finalmente si sposta l’occhio di bue dagli autori alle scelte editoriali ridicole compiute dalle editrici. Sono stufo e arcistufo di dover discutere se un autore sia o meno degno di essere pubblicato, invece mi piacerebbe capire come mai non si trovano determinati libri, perché le ristampe non si fanno e non paliamo di autorucoli. Ecco è vero il kindle mette una toppa. Ma è appunto una toppa. Non risolve il problema, se mi piace un libro che nessuno ha scansito e messo in rete mi attacco pure se ho il kindle. Ne citiamo alcuni? CLive Barker e MZB? Bastano? Sono ormai rari i libri di questi due autori e non tutti si trovano. Girando per lavoro quelli di MZB li ho comperati in giro per l’Italia altrimenti a Torino alcuni non li trovi. E altri me li son fatti passare in pdf che tanto non si trovano.
    Scelte editoriali votate unicamente al profitto e basta se non tiri non ti ripubblicano. Scelte risibili. Cura risibile. Vorrei si arrivasse a parlare di editing una volta e per tutte. Che è l’altro punto incriminato.

  23. mario Says:

    Pazzesco, tanti di quei libri erano nella lista di quelli che prima o poi avrei sicuramente comprato 😦

  24. Lara Manni Says:

    Melmoth: me lo auguro di cuore. Ma, perchè cambi, occorre essere consapevoli di come stanno le cose. Per questo mi sto pubblicamente arrovellando.
    Laurie: ma io scriverei di corsa un ebook. Con chi?
    Eleas: diciamo che le due cose non si scindono. Quanto all’editing: cosa intendi? C’è editing e editing. E c’è un autore, in primo luogo.
    Mario: lo so. Speriamo.

  25. eleas Says:

    ecco lara il punto è quello io non sono uno scrittore, ma sento da più parti dire che l’editing del tal libro fa schifo, sento dire che se l’editor avesse fatto il suo mestiere eccetera… poi leggo su wiki che l’editor in realtà è una figura composita, fatta da più ruoli. Siccome però non conosco le realtà editoriali non riesco a capire l’editor fa tutto? Dal talent souting alla correzione di bozze alla revisione logica del testo?

  26. Lara Manni Says:

    Dipende dall’editor.
    Il cosiddetto “editor at large” è anche talent scount, nel senso che valuta i manoscritti. Poi ci sono gli editor che lavorano su testi già scelti, e anche in questo caso dipende: e spesso dipende dall’autore. Ci sono autori che dicono “fai tu” e autori che discutono e a volte rifiutano le proposte di editing, ovviamente motivando.
    La correzione di bozze viene affidata al correttore di bozze, dopo l’editing.

  27. eleas Says:

    quindi parliamo di un team di persone e la cosa mi conforta non poco e allora quando qualcosa nell’editing non va si deve analizzare cosa e chi ne era responsabile.

  28. Lara Manni Says:

    Dipende dall’editore, però. In alcuni casi l’editor concentra in una figura tutte le funzioni, tranne quella della correzione di bozze.
    Certamente, se ci sono problemi di incongruenze o di frasi che non funzionano dal punto di vista della coerenza e della lingua la responsabilità dell’editor c’è, eccome. Oltre a quella dell’autore, certo.

  29. eleas Says:

    Bene a questo punto la domanda successiva è come viene formato un editor? Come viene scelto? Che studi compie? Come valutano i testi? Invece che guardare solo gli autori probabilmente se ampliassimo lo sguardo a comprendere gli editors potremmo ricavare un quadro globale che consenta di far vedere dove stanno le magagne. Se io autore giovane e inesperto scrivo cagate tu editor mi correggi e devi farlo per farmi migliorare. Chiaro che se sono King faccio quello che voglio, ma prima di arrivarci ne passa… 😉

  30. Lara Manni Says:

    No: se sei King non fai affatto quello che vuoi. King ringrazia sempre il suo editor, e mica per formalità. Una persona terza che ti aiuta a renderti conto di cose che puoi non aver visto o a cui ti sei ingiustamente affezionato è necessaria come l’aria.
    Altra cosa è nel momento in cui viene fatta una proposta che tende a “semplificare”: in quel caso l’editor può anche avere assolutamente ragione dal punto di vista della vendibilità, sei tu che devi valutare e decidere.
    Sto parlando, però, di interventi che riguardano l’architettura di un testo. Nel momento in cui ci sono errori d’italiano, temo non ci sia partita.
    Chi sono gli editor? Dipende. In molti casi sono scrittori, in altri lo stesso editore, in altri ancora collaboratori che si sono occupati di letteratura a vario titolo.
    Questo, per quanto ne so io.

  31. Giovanni Says:

    …mmm sugli editor al momento ho un po’ il dente avvelenato per diverse ragioni. Qui di seguito vi incollo un commento che avevo scritto per il sito di Gamberetta- Il problema della mancanza di professionalità deegli editor(che comunque si estende a tutta l’editoria italiana) diventa molto più grave se applicato alla letteratura di ‘genere’ (ammesso che quella ‘fantastica’ lo sia). Il che è la ragione per cui la mancanza di una buona critica sul fantastico daneggia chi pubblica in questo ambito, perchè gli editor -che hannno quasi sempre una formazione critica di tipo marxista o post-crociana- guardano al ‘genere’ con condiscendenza. A questo si aggiunge la scelta editoriale della casa editrice di accorpare varie figure di editing in una sola persona, e di riservare alla narrativa italiana l’ultimo gradino di attenzione della catena di produzione. Il che è piuttosto vergognoso.

  32. Giovanni Says:

    Scusate per l’invio multiplo, il commento era il seguente:

    La statura di un editore la si riconosce non dagli autori stranieri che ‘traduce’ (e spesso male) con relativo successo ma dagli autori Italiani che ‘crea’. Lo so, vista così la situazione è desolante: ma non è così?

    A questo proposito una volta che l’editor di una casa editrice di grande magnitudo mi fece notare che scremare gli invii degli esordienti “non era il loro vero lavoro”. Dunque. Io capisco che line-editor ed editor siano due mestieri diversi. Ma non si sta parlando di una eccessiva specializzazione, all’americana; il contrario. Qui l’editor voleva dire che molto spesso (anche presso un editore consolidato) non esiste un ruolo professionale per gestire gli esordienti. Lo fanno editor a tempo pieno, nei ritagli di tempo.

    Ora. Immaginate qualcuno che oggettivamente si fa un mazzo così tutto il giorno e che nei week end e la sera legge manoscritti il cui livello è (per certo) molto basso. Immaginate anche che in mezzo al marciume si trovi di tanto in tanto un sassolino grezzo (per non dire perla) di relativa coerenza (per non dire bellezza). L’editor a questo punto cosa fa: lo segnala. La segnalazione risponde a un’esigenza precisa: in fondo sono editori italiani. E’ vero che pubblicano il 90% di autori stranieri, e che solo con quelli vendono, ma sono pur sempre italiani.

    Insomma, qualche titolo italiano ci deve pur essere. E hai visto mai che ci scappi il nuovo/la nuova (Troisi, Brizzi, fate voi). Dunque si passa all’editing. Ma anche questo non è il vero lavoro dell’editor. Il quale/ la quale si occupa principalmente di compra-vendita di stranieri (dove l’editing è stato già fatto), rapporti con agenti stranieri (o italiani), e con i traduttori. L’editing di un autore esordiente italiano, ‘da far crescere’ NON E IL SUO LAVORO. E lo fa praticamente a tempo perso. Dunque: alla svelta (perché tutto avviene nei ritagli di tempo del vero lavoro, la traduzione/correzione di bozze/party di benvenuto dell’ultimo tomo di King): si correggono i refusi (se pure) pacche sulla spalla, copertina, e si manda in stampa [EDIT: so bene che non è sempre così, ma è troppo spesso così]. E ci si lamenta che gli scrittori italiani non sanno scrivere, che non sono umili, che non sanno imparare dai loro errori: ma se nessuno glieli fa notare? (il livello di professionalità degli editor statunitensi è talmente alto che se pubblichi per un buon editore o impari o muori).

    Ma la cosa veramente, veramente grave è un’altra. L’editor e l’editore che ti pubblica l’italiano lo fanno quasi sempre per ricalco. Gli/Le ricorda qualcosa. Molto spesso qualcosa di commerciale, che pubblicano (pardon, traducono) loro. Quindi, quando poi ti fanno esordire un italiano dello stesso tipo di autore in cui loro vanno bene e l’autore italiano si rivela essere estremamente inferiore al modello straniero la soluzione può essere solo una: di quel genere e di quell’autore (del cui successo vivono) non capiscono una beneamata nerchia.

    Wilde scriveva che il compito dello scrittore è educare il critico. Io credo che si debba andare un po più oltre e sostenere che (dal momento che in Italia non avviene il contrario) il compito dello scrittore italiano sia educare gli editori (e gli editor) italiani a prendere il loro lavoro un po’ più seriamente.

    Melmoth

  33. Lara Manni Says:

    Wilde era un ottimista, e comunque il suo mercato editoriale era enormemente più piccolo di quello attuale 🙂
    Allora, io ho una conoscenza molto parziale: nel senso che posso raccontare quel che è capitato a me. Personalmente ho lavorato bene con i miei editor (due), ma è stato un lavoro sul testo e solo sul testo.
    Una delle tue frasi, che io ritengo fondamentale, l’autore “da far crescere” non compete solo all’editor, almeno secondo me, ma un po’ a tutto lo staff che lo circonda.
    Poi. Che almeno da quel che risulta a me non ci siano competenze specifiche di editing del fantastico, è vero. E qui siamo al punto, però: ovvero, la svalutazione del fantastico letterario in anni e anni.
    Ogni tanto mi chiedo: e caspita, ma noi siamo il paese che, in tempi moderni ha inventato il genere. Al cinema: Sergio Leone, Bava, Fulci. I quali a loro volta hanno influenzato fortemente gli SCRITTORI di genere.
    Che caspita è successo?

  34. Melmoth Says:

    Bava e Fulci facevano film per il pubblico italiano? No. Sì. Anche.
    Questo risponde alla tua domanda: come faccio a uscirne? Pubblicando all’estero. Se poi di rimbalzo il tuo libro tornasse in Italia, allora e solo allora gli editori/critici si accorgerebbero di te. Anche al di là del genere. Non vedo altre vie di uscita, non nell’immediato futuro almeno. E te le auguro.

    Nota Bene: uno dei segni inoppugnabili che un romanzo è ‘fentesi’ e non ‘fantasy’ (o fantastico) è l’assoluta improbabilità che esso venga tradotto all’estero per il basso livello dell’editing testo e la mancanza di originalità della storia.

    Melmoth-Giovanni (sono su un computer condiviso)

  35. Lara Manni Says:

    Ma Leone sì. 🙂
    Non sono sicura di essere d’accordo, Melmoth-Giovanni. La traduzione di un testo all’estero dipende da una miriade di fattori, e non sempre costituisce un valore di ritorno.
    Per me la via d’uscita è una sola: alzare il tiro, insistere con narrazioni fantastiche che si rivolgano ad un pubblico più eterogeneo e non solo young adult, sbatterci le corna dieci volte.
    Ma forse, alla fine, qualcosa cambierà.
    Questo per quanto riguarda gli autori. Il mercato è pigro. Basta che un solo autore con queste caratteristiche si apra il varco e il resto vien da sè. Pensa a cosa è successo con il giallo-noir italiano…

  36. Melmoth Says:

    Sì, è vero, ma forse non mi sono spiegato. Non è che la strada del “fuori” sia in contraddizione con l’idea di mutare il mercato dall’interno. Ma perchè si creda in un autore un editore deve averne avuto un riscontro che rimetta in discussione le sue conoscenze e le sue competenze (quanto poco lo fanno). Uno di questi riscontri sono i dati di vendita. Gli altri sono il riscontro estero e quello di critica.

    Io sinceramente sono molto pessimista proprio sul pubblico. Sono pessimista perchè sono gli intermediari tra pubblico ed autori a non permettere. Il fenomeno del giallo in Italia è molto compless, e ci sono molte concause al suo successo. Il nome della rosa, certo, ma anche Scerbanenco, e quasi 100 anni di gialli mondadori. Esisteva insomma un mercato di massa già da prima, si è solo accresciuta la qualità dell’offerta.

    Per il fantastico non è così. Il fantastico Italiano (di autori italiani per un pubblico italiani) è un fenomeno di nicchia dove è proprio l’offerta ad avere un livello bassissimo (per le ragioni che sappiamo). Non so speriamo bene, anche io sono nelle tue stesse condizioni e anche io mi sto scervellando per trovare una via di uscita e di non deprimermi.

    Melmoth

  37. G.L. Says:

    Dico la mia: non troppo tempo fa parlai con Pezzo Grosso Mondadoriano di Barker. Perchè a me Barker piace e mi piacerebbe che altri potessero goderselo. Perchè penso che sia un grande scrittore. Perchè per la mia copia di Imagica ho sborsato fior di quattrini e quando mi è arrivato mi sono sentito felice come raramente capita. Più altre mille ragioni. La risposta è stata secca: i diritti di Barker costano un sacco, le vendite italiane di Barker sono state ridicole. Ergo: nisba.

    Le CE fanno spesso scelte discutibili, ancora più spesso idiote. Ma il coltello dalla parte del manico ce l’ha il pubblico. E’ il pubblico che sceglie X piuttosto che Y, le case editrici agiscono di conseguenza. Sono delle lenti d’ingrandimento, nel bene o nel male. Se Fanucci avesse un euro per ogni volta che Mieville viene citato sarebbe la più grande casa editrice italiana. Ma Mieville non vende. Come non vende Barker. Come quel capolavoro che è Casa Di Foglie non ha venduto una mazza. Come il mio amato Vollmann.

    E’ ora che sia il pubblico italiano (fatto di allenatori del lunedì – quanti sanno come funziona davvero un editing? quanti sanno come funziona una redazione? e che fa una casa editrice? e il marketing? e quali sono le pressioni cui un autore viene sottoposto?) a farsi un esame di coscienza.

    Sinceramente, come scrittore (quante volte ne abbiamo parlato, Lara? :-)) tiro dritto, ho i miei lettori e con i miei lettori cerco di crescere. Altro non mi interessa. E se un giorno i miei libri non dovessero essere più pubblicati in Italia, condivido quello che dice Melmoth, mi dispiacerà per i miei lettori italiani (con cui potrei trovare altre forme di pubblicazione, comunque) ma, amen. Quello che mi interessa è scrivere, e basta.
    So che suona antipatico, ma tanto, si sa, si preferisce il rimming, no?

  38. selerian Says:

    Perdido Street Station :S? Sigh :S. Queste son brutte notizie :S.

  39. Lara Manni Says:

    Melmoth: infatti, per quanto riguarda il “mistery”, Il nome della rosa fu un apriporta. Ma la stagione del giallo italiano si deve ad altri due nomi: Lucarelli e Camilleri. Da quel momento, i gialli sono più visibili e anche autorevoli rispetto al “libro da treno”, come erano considerati prima in Italia. Secondo me sono proprio gli intermediari la chiave di tutto: ma non perchè la critica consenta di cambiare le cose di per sè, ma perchè se la critica comincia a occuparsi seriamente di fantastico FORSE anche i gusti del pubblico, lentamente, mutano.
    GL. Sì, ma al pubblico occorre arrivare, e la rete non basta. Come ci si arriva? La libreria da sola? No. I giornali? Anche. E’ vero, c’è un sacco di pubblico che si accontenta del famoso monnezzone: ma c’è anche un bel po’ di pubblico che legge i Wu Ming ed Evangelisti…e questo, a me, fa sperare.
    Selerian. Pessime notizie, sì.

  40. :A: Says:

    La situazione di cui parla G.L. nel mondo del fumetto italiano è già avvenuta: disegnatori italiani che non trovavano lavoro in Italia lo hanno trovato in USA (per Marvel e DC Comics, mica pizza e fichi) e/o in Francia. Io stessp ho realizzato storie a titolo gratuito per antologie italiane, e le stesse storie inviate a editori esteri (USA) me le hanno acquistate e pubblicate.

    Con questo non sto dicendo che ci si debba rassegnare, ma solo, molto banalmente, che alla fine ciascuno si ritroverà ad elaborare le proprie strategie di sopravvivenza: per fare un altro esempio nelle interviste agli editor europei in “New Weird” si cita un autore di lingua inglese, il cui nome mi sfugge, che pubblica solo per il mercato polacco; molto meglio che non pubblicare.

  41. Lara Manni Says:

    Posso capire e capisco. Diciamo che mi ostino a voler tentare la strada italiana. 🙂

  42. :A: Says:

    Grande.
    Come diceva Robert Frost:

    I shall be telling this with a sigh
    Somewhere ages and ages hence:
    Two roads diverged in a wood, and I—
    I took the one less traveled by,
    And that has made all the difference.

  43. Lara Manni Says:

    Il che, tradotto, significa:

    Fra qualche anno ritroveranno le ossa spolpate di Lara nella stradina che ha intrapreso nel bosco. Date loro sepoltura, grazie 😀

  44. G.L. Says:

    Lara: la rete… no, la rete è uno dei motivi per cui non si arriva al pubblico.

  45. Lara Manni Says:

    E allora, come? Lo chiedo sinceramente.

  46. G.L. Says:

    Non mi interessa. Io faccio lo scrittore, non l’esperto di media/informazione o che. Ognuno faccia il suo. Posso dire solo che la rete è una trappola. Premia il mediocre (idee mediocri, scrittura mediocre, marketing mediocre….) e aizza le folle. Tutti gli autori italiani che hanno esordito dopo l’avvento del web 2.0 sono stati sistematicamene smantellati. Pensa al fantasy italiano. L’ultima a vendere molto è stata Licia, uscita subito prima del w2.0. Quello che doveva essere uno strumento democratico si è trasformato in Masaniello armato di testata nucleare. La cosa buffa è che chi vende sul serio (tipo Faletti) sul web c’è pochissimo. Ergo: non è il web che fa arriuvare il pubblico, anzi, è il contrario. E guarda che il mio non è un generico conservatorismo anti-web, il web è uno strumento. La mentalità di chi il web lo usa, è troglodita.
    Tu mi chiedi come fare ad arrivare al pubblico? ci ho riflettuto parecchio e ti dico: non mi interessa. Perchè non è il mio mestiere. Perchè non mi va di fare da cavia. Non mi va di fare il venditore di me stesso. Perchè, soprattutto, non esiste un pubblico: esistono persone, è il web che li rende massa.
    Mi spiace, non è il mio campo.

  47. Lara Manni Says:

    D’accordo.
    Solo una cosa: per me la causa prima non è il web. E’, per paradosso, l’affermarsi di casi-monstre che riportano tutto a quei parametri.
    Ad ogni modo, forse è vero che chiederselo non porta da nessuna parte.

  48. G.L. Says:

    Lara: non ho detto che è colpa del web.

  49. Lara Manni Says:

    Sì, mi sono espressa male. Non intendevo dire che lo indicavi come causa, ma pensavo alla coincidenza dei due fenomeni, tutto qui.

  50. eleas Says:

    Del web come veicolo ho quasi paura a parlare visto che sto scrivendo insecta sul web, ma vabbè… In tutto questo discorso non si sta considerando la variabile non controllabile dei pirati.
    Tu casa editrice non pubblici Barker? Bene io ho 19 libri di Barker già pronti per il kindle. e lo stesso dicasi per i vecchi libri di MZB e gli esempi potrebbero moltiplicarsi a dismisura. Miopia io la chiamo. Forte miopia generale. E io lettore mi arrangio perché finora ho pagato soldoni e sono stato muto.

  51. Lara Manni Says:

    E io scribacchina, Eleas?
    Ritorniamo sempre al Kindle. Ma io non sto parlando di supporti. Sto parlando di panorama editoriale.

  52. eleas Says:

    Il tuo libro è reperibile, il mio cruccio è che nel momento in cui i libri di un certo genere diventano irreperibili, si crea di fatto un mercato pirata bello fiorente. Gioco forza. La mia non è una questione di mezzo tecnico Lara. Il Kindle è come dire incidentale potrebbe essere lo strumenti “ciripicchio” se preferisci.
    Tu editore non mi pubblichi unc erto genere di testi? Io uso il ciripicchio per poter porre rimedio alle tue lacune in nome del soldo. Poi però tu editore ti incazzi perché non guadagni e allora ti concentri sempre più SOLO su quei titoli che portano soldoni lasciando sempre più indietro gli altri e io userò sempre più il mio ciripicchio per fotterti.
    Un meraviglioso circolo vizioso ai danni alle volte di onesti scribacchini 😉

  53. Lara Manni Says:

    Allora diciamo meglio: è chiaro che tu parli da lettore e io da autrice. 🙂

  54. eleas Says:

    eh mi piacerebbe parlare da autore ma ancora c’è parecchia strada davanti 😀

  55. Lara Manni Says:

    Però Eleas…quello che tento di fare qui, e credimi è difficile, non è un discorso individuale ma generale. Al di là dei singoli desideri, sogni e aspirazioni, esiste un panorama oggettivo. A me interessa interrogarmi su questo, soprattutto. Altrimenti, si finisce nei personalismi, che penso siano poco interessanti per tutti, no?

  56. Melmoth Says:

    SI ma (se posso) a lungo andare il Kindle potrebbe essere una soluzione anche per gli autori. Se molte decina di migliaia di lettori possono arrivare a me e scaricarmi con un ritorno del 50% sui diritti di autore, e bypassando (o quasi) i mediatori, io ho risolto. Solo che temo questo non avverrà così a breve termine. Il libro, inteso come oggetto fisico, è innanzitutto un’abitudine, e le abitudini sono dure a morire.

    C’è poi un’altro problema, che è legato alla permanenza di un testo. Un testo digitale secondo me è per certi versi molto più deperibile di un testo stampato. La rete ha memoria più breve del cartaceo. E poi il vero problema: come fanno gli utenti a distinguere il mio libro da centinaia di migliaia di altri? Chi li informa? Mi piacerebbe credere nel lettore che si scartabella quintali di monnezza sul web per trovare il mio romano: ma non ci credo. Di nuovo, l’informazione è tutto, soprattutto adesso dove le possibilità di scelta aumentano e così la spazzatura.

    (P.S. Faletti non è sul web per motivi generazionali, credo, non per un rapporto di causa-effetto tra il suo successo e la mancanza di una presenza su intenet)

  57. eleas Says:

    mi trovi d’accordo la mia era una battuta infatti, il panorama è oggettivamente tale da spingere ad arrangiarsi e instaurare il circolo vizioso del tu mi freghi io ti frego col ciripicchio. È sull’oggettività della miopia editoriale che ci stiamo interrogando.

  58. Lara Manni Says:

    Oh ecco Melmoth: hai toccato un punto fondamentale, ovvero l’informazione. Io non ho il pallino dei critici, ma questo discorso forse spiega il motivo per cui ho preso parte con passione alla famosa polemica sui monnezzoni.
    Gli intermediari: in questo, sono fondamentali. Per questo è sul fronte critico/informativo che bisogna agire per prima cosa, secondo me.

  59. eleas Says:

    melmoth dipende da quanto soggetti come amazon saranno intelligenti. Se io Amazon sono furbo e mi becco gli scrittori, bypasso le editrici e poi per loro sono cavoli amari e non poco perché a quel punto sia io che gli autori guadagnamo di più.

  60. Melmoth Says:

    @ Eleas: il problema rimane. Abbattendo i costi di stampa Amazon può ‘rendere scaricabili’ decine di migliaia di testi. Anzi, visto quanto è facile piratare un testo, è probabile che lavoreranno sui grandi numeri. Ergo, immensa quantità di spazzatura. Ergo, il lettore non arriva al romanzo di qualità se non attraverso i canali di informazione. Il problema si è solo spostato, ma gli intermediari sempre là stanno.

  61. Lara Manni Says:

    Melmoth ha ragione. Facciamo un esempio diverso ma forse avvicinabile: come faccio io a distinguere quali titoli interessanti ci sono su Lulu.com? Io so, per esempio, che proprio Genna ha pubblicato un testo su Lulu. Quanti altri di notevoli ce ne sono? Chi mi informa su questo? Chi mi evita il rischio di ritrovarmi nella stessa situazione di chi pubblica a pagamento e viene letto solo da familiari, colleghi d’ufficio e eventualmente visitatori del blog?

  62. eleas Says:

    per carità capisco tutto allora o si elimina la pubblicità (impossibile) o si fa in modo che vi sia una critica plurale ed equa (dubbi forti)

  63. Lara Manni Says:

    A proposito. Segnalo questo blog che sta elencando titoli in cerca di ristampa, fin qui quasi tutti mainstream. Ma se avete segnalazioni da fare, è il posto giusto:

    Mille e non più mille… libri da ristampare!/2

  64. samgha Says:

    Grazie Lara, inseriremo anche le tue segnalazioni nel prossimo aggiornamento che andrà on-line a Marzo. Per chi volesse fare segnalazioni il post più adatto è questo: http://samgha.wordpress.com/2010/01/19/mille-e-non-piu-mille-libri-da-ristampare3/

    …che altro non è che l’ultimo aggiornamento andato on line ieri della nostra (e vostra) lista di libri da ristampare che abbiamo cominciato a compilare tre mesi fa. Trovate tutti i post compreso il primo sul nostro blog.
    Potete segnalare QUALSIASI libro, ci tengo a dire, anche inediti non ancora tradotti.

  65. Lara Manni Says:

    Grazie a voi, Samgha. L’iniziativa mi sembra bellissima!!! Vi aggiungo ai link!

  66. Quale critica? Atto terzo: il ritorno der Monnezza del monnezzone Says:

    […] mi raccontava di come una grossa libreria della sua zona fosse sprovvista di Fanteria dello spazio; QUI invece Lara Manni aggiunge altri libri). Non ha quindi senso scannarci tra di noi, perché è […]

  67. simone battig Says:

    Segnalo se non lo sapete già che I Misteri di Udolpho è appena stato ristampato da Bur…..

  68. Lara Manni Says:

    Gran notizia, Simone: grazie!

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