A proposito de La bambina che amava Tom Gordon. Si può raccontare in una frase, giusto? Bambina di nove anni si perde nel bosco, si sente osservata e seguita, infine incontra la presenza e la vince. La stessa sintesi si può applicare a molte buone storie. Ingiustamente calunniato, perde l’amore e le speranza, torna ricchissimo e compie terribile vendetta. Voilà Il conte di Montecristo. Padre e figlio cercano di sopravvivere dopo un disastro che ha cancellato la vita sociale come la conosciamo. Ed ecco La strada di McCarthy.
Bene, io non riesco mai a sintetizzare le storie che scrivo. Ci ho provato ieri in un messaggio, a proposito del romanzo nuovo, e veniva fuori qualcosa di contorto e poco chiaro. C’è un luogo che si nutre di infelicità. Sì, e poi? C’è una donna che è predestinata a quel luogo. Bene, e dunque? Questa donna è innamorata fino all’ossessione, ma lui…e poi, ecco, c’è una strana venditrice di abiti. Ah, e c’è una rosa canina. Sì, c’è anche Andrea Zanzotto.
So che questo potrebbe bollarmi come scrittrice contorta (o peggio). Ma annuncio pubblicamente di non avere il dono dell’auto-sintesi.
Torno alla cornacchia.
Tag: Dumas, Il gioco di Lavinia, King, McCarthy
agosto 4, 2010 alle 11:12 am |
Non sei la sola. Non è sintomo di cattiva scrittura o di niente. Dipende dal tipo di storie, e da che punto si è nella stesura. A mio modesto parere parlare del proprio lavoro quando esso è in fieri è mortale; un po come quella scena in Roma di Fellini in cui gli scavatori della metropolitana scovano una camera sotterranea piena di affreschi romani e quelli a contatto dell’aria si dissolvono (scrivere con la porta chiusa, direbbe S. K.). SI scrive anche per capire che cosa si sta scrivendo. Ma davvero, dipende.
agosto 4, 2010 alle 1:13 PM |
la strana venditrice di abiti mi ricorda qualcosa…o sbaglio???
agosto 4, 2010 alle 4:29 PM |
Non sbagli, messer toscano. E’ proprio madame Souza.
Melmoth, io non sono capace neanche quando parlo del mio lavoro pregresso. Comunque sì, ho capito due giorni fa cosa sto scrivendo, in realtà…
agosto 4, 2010 alle 4:51 PM |
Non sei una scrittrice contorta in quanto non scrivi storie contorte (almeno credo). Nella sintesi non devi infilarci tutti i partcolari della storia, ma solo l’essenziale. Altrimenti anche nel caso del libro di King avresti dovuto aggiungere che i genitori della bambina sono divorziati, che la bambina è ossessionata da un giocatore di football ecc.
“Una donna innamorata fino all’ossessione di uomo, che non la ricambia, è predistinata a visitare un luogo che si nutre dell’infelicità delle persone”.
agosto 4, 2010 alle 4:52 PM |
Spud, sei assunto. Giuro.
agosto 5, 2010 alle 9:39 am |
Io, molto semplicemente, e magari ingenuamente, credo che sia sempre difficile riassumere la propria opera. Proprio eprché è propria.
agosto 5, 2010 alle 9:48 am |
Io di primo acchito non sono capace nemmeno di dire di cosa parla, il romanzo che sto scrivendo. Altro che dirlo in una riga.
agosto 5, 2010 alle 10:24 am |
Verrà, Vale. 🙂
Voce, forse. Conta che io sono un’insicura nata.