Incipit

Cominciare è anche una questione di ritmo. A mio parere, fra gli incipit più difficili ci sono quelli che in apparenza sembrano scivolare via come l’acqua: ovvero, quelli che ti portano immediatamente, senza tanti complimenti, nel cuore dell’azione. Addirittura fornendoti qualche lampo: presagi sottili e nascosti che si possono cogliere a fondo solo quando la storia è andata avanti. Uno degli incipit che amo particolarmente, in questo senso, è quello che Richard Matheson ha immaginato per Duel (lo sapevate, vero, che il film di Spielberg viene da questo racconto?)

“Alle 11 e 32 del mattino Mann superò il camion.
Era diretto a ovest, lungo la strada che portava a San Francisco. Era giovedì, e per essere aprile faceva un caldo eccessivo. Si era tolto la giacca, allentato la cravatta e aveva allargato il colletto della camicia, arrotolandosi le maniche. Il sole gli picchiava sull’avambraccio sinistro e su parte delle gambe. Ne sentiva il calore attraverso i pantaloni scuri mentre guidava lungo la statale a due corsie. Negli ultimi venti minuti non aveva notato nemmeno un veicolo, in una direzione o nell’altra”.

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29 Risposte to “Incipit”

  1. Metti online il primo capitolo del tuo libro Says:

    […] Incipit « Laramanni's Weblog […]

  2. Mele Says:

    Ah-beh.
    In fondo è come dire: guarda che la storia è già iniziata, sei tu che l’hai incrociata ora.
    Che poi è vero.

  3. Luciana Says:

    A me invece piacciono gli incipt “tranquilli”, mi piacciono quelle storie che ci mettono un paio di capitoli a decollare e dove le prime pagine sono più che altro introduttive, senza niente di che (ma saperle scrivere è un dono che in pochi anni).
    De gustibus 🙂

  4. Lara Manni Says:

    Esatto, Mele.
    Vero, Luciana, è una questione di gusto: devo dire però che Matheson è un maestro nel farti entrare nella storia senza dirti troppo nè troppo poco.

  5. Vale Says:

    Paura.

  6. Lara Manni Says:

    🙂

  7. Stregatto Says:

    non scrivo libri ricreativi, ma… l’incipit è anche per me un problema!
    Personalmente cerco di farlo in modo tale da catturare l’attenzione del lettore e “costringerlo” ad arrivare alla seconda frase!!!

  8. Andrea Says:

    Un famoso manuale di sceneggiatura statunitense consigliava caldamente di mostrare, nei primi quindici minuti del film, una sequenza molto avvincente, qualcosa che catturasse immediatamente l’attenzione dello spettatore. Questo spiega il perché degli “inizi col botto” di molti film americani: forse, in qualche misura, la regola è passata anche alla letteratura…

  9. Lara Manni Says:

    O forse, Andrea, è dalla letteratura che è passata al cinema…

  10. Ele Says:

    Io più che altro so quale genere di incipit odio: quello che ti dice com’è il tempo e com’è il sole che filtra dalla finestra. Oh mio Dio! Basta!

  11. zeros Says:

    E’ sicuramente una questione di gusti, ma l’incipit giusto è una gran goduria da leggere. Credo che quello che ti fa trovare nella storia senza aver capito come esattamente sia accaduto sia il migliore.
    Mi viene in mente un primo capitolo che amo: è quello del primo libro della saga del Belgariad, Il segno della profezia. La serie non è il top dell’originalità, ma quel primo capitolo lo adoro, perché senza che riesca mai a capire come, dalla prima riga sono alla fine del capitolo e ho visto tutta l’infanzia di Garion (il protagonista). L’ho riletto più volte e ogni volta mi faccio prendere e perdo di vista l’analisi razionale di come Eddings materialmente abbia costruito quel capitolo.
    Credo anche io che sia la letteratura ad aver insegnato al cinema ha iniziare col botto, gli inizi in medias res (anzi, a metà di una storia, in un momento di calcolato caos) sono molto più antichi dei fratelli Lumiere 😉

  12. Lara Manni Says:

    Ele: anche io detesto quel tipo di incipit. Per intenderci: “la pioggia si rifletteva nell’asfalto bagnato”. Ecco.
    Zeros: oltretutto, non esiste un unico modello di incipit. Pensa al citatissimo – ma strepitoso – Chiamatemi Ismaele, che è un pugno nello stomaco. Per me.

  13. Ele Says:

    Sììì, tremendissimo! Mi piace che mi si dia l’atmosfera, ma bisogna SEMPRE cominciare con ste descrizioni meteo? E’ così stantio! Comunque devo dire che personalmente, tengo più alle chiuse che agli incipit, sia leggendo che scrivendo. Forse in effetti l’incipit mi viene più naturale, mentre ci tengo a fare delle belle chiuse e quindi ci rimugino su tantissimo. Ovviamente ho riscritto anche incipit un sacco di volte, chiaro, ma sì, voto più per la difficoltà delle chiuse (sarà perché sono l’ultima cosa che ti rimane in mente?).

  14. zeros Says:

    @ Ele: il meteo è oggettivamente orrendo (l’unica eccezione è quando il meteo è dannatamente importante per la storia, tipo che sta nevicando nel Sahara!), se voglio chiacchierare di meteo salgo in ascensore con uno sconosciuto, mica leggo un libro O_O
    Però sono d’accordo anche sulle chiuse, sono difficli pure quelle, mai sottovalutarle. Spesso inizio un libro e poi corro a leggere le ultime due o tre parole. a volte mi rovino la lettura (d’ho!) ma mi piace sentire come l’autore ha deciso di chiudere la storia.

    @ Lara: indubbiamente non c’è un modo solo di iniziare, e ogni lettore ha le sue preferenze. Però ce ne sono alcuni (il meteo di cui sopra) che sono abominevoli 😉 Sull’inizio di Moby Dick non mi esprimo: ho provato a leggerlo e il primo capitolo mi ha tagliato le gambe, abbandonato a tempo record. Rimane il fatto che “Call me Ishmael” è forse la frase più nota del libro e a suo modo, come frase, è un discreto inizio (meglio di certe presentazioni orride che i protagonisti fanno di sé stessi in certe opere di alto tenore romantico).

  15. Andrea Says:

    Ho scordato un pezzo al mio commento precedente, scusate…. Sì, naturalmente avete ragione voi nel ristabilire le gerarchie temporali: la letteratura – a partire da Omero fino ai giorni nostri – ha fornito molti esempi di “inizio col botto” al cinema. Quello che volevo segnalare è che esiste una scuola americana di letteratura applicata al cinema (leggi sceneggiatura) che ha razionalizzato questo genere di meccanismi: esistono schemi temporali molto precisi che indicano quanto tempo (in minuti) lo sceneggiatore ha per rompere l’equilibrio iniziale, quanto dedicare al protagonista, all’antagonista, alla ricomposizione dell’equilibrio, ecc… Ecco, quest’impostazione rigida e schematica (non so se si è capito: a me non piace!) alla scrittura (l’incipit “col botto” è solo un esempio…), passando attraverso il cinema, temo sia tornata (coi suoi pro e contro) alla letteratura (non a tutta la letteratura, intendiamoci!). L’avete notato anche voi?

  16. zeros Says:

    @ Andrea:
    Oddio, non sapevo dell’esistenza di un così preciso ricettario per la composizione di una sceneggiatura, fa un po’… paura! Okay che un film è un grosso investimento, che non vuoi spender soldi per fare una porcata che nessuno vedrà mai, ma arrivare al ricettario minuto per minuto, è inquietante!
    Avendo scoperto solo ora l’esistenza di questa pratica, non so pronunciarmi sul contagio alla letteratura; spero tanto che non sia vero, già certa letteratura mi inquieta/schifa così, se hai ragione vuol dire che devo inorridire con più vigore!

  17. Lara Manni Says:

    🙂
    Esiste, ahi, anche in narrativa. Vedasi i manuali di scrittura o alcuni corsi di scrittura o…meglio che mi fermo.
    Dunque, io riscrivo sempre l’incipit. Perchè quando comincio una storia, è effettivamente verso la fine che tendo (perchè so come va a finire, sempre, mentre non so mai cosa succede durante il viaggio). Riscrivere l’inizio avendo già concluso la vicenda mi torna utile: sia per l’eventuale frase a effetto, sia per la questione dell’entrare “nella storia” da subito.
    Quanto al meteo, singhiozzo sempre quando mi imbatto nel medesimo: era una notte buia e tempestosa, appunto.

  18. palanmelen Says:

    Avete mai fatto teatro? La tempistica è fondamentale, durante la recitazione. Non confondiamo le acque, ad ogni media il suo.

  19. Andrea Says:

    @zeros: L’autore del manuale di cui parlavo (solo uno dei tanti manuali usati dagli sceneggiatori di Hollywood) è Syd Field. Alcuni suoi libri li puoi trovare (è difficile, ma non impossibile) anche in Italia: se ti capita sfogliali, ti troverai di fronte inquietanti grafici e schemi visivi su come organizzare la storia di qualsiasi tipo di film (ovviamente i generi influenzano la scansione temporale: in un horror – cito a memoria quindi sicuramente mi sbaglierò – lo sceneggiatore deve scatenare la tensione entro i primi 15 minuti, a metà film circa e sul finale… e magari pure dopo il finale per la serie “be’ siamo salvi ora, anzi no…”). Pensiamo a quanto il cinema americano di genere (io generalizzo, ma voi non fate come me, mi raccomando!) abbia influenzato la letteratura moderna e contemporanea… Non è che questo genere di testi sia totalmente negativo, aiuta a razionalizzare (per quanto possibile) la creatività e quindi ha anche i suoi pro. Certo bisogna leggerli con spirito critico.

    @Lara: E’ una specie di malattia virale questa della manualistica!

    @palanmelen: Temo siano già piuttosto confuse le acque, oggi i confini tra un media e l’altro sono molto sottili.

  20. zeros Says:

    @ palanmelen: la tempistica è importante in tutto, però… brrr, l’idea dei grafici come li descrive Andrea, mi inquieta e mi terrorizza… Siamo così prevedibili, come spettatori, da poter essere soddisfatti da una ricetta meccanica che preved al minuto 15 un colpo di scena forte ma non quanto quello del minuto 85 e un ribaltamento inaspettato al minuto 98? Spero di no, però è inquietante come prospettiva… Spero veramente che lo spirito critico ci sia, perché l’idea di un’applicazione cieca e becera fa tristezza ^_^’

    @ Lara: Mi fa piacere sapere di non essere l’unica che quando scrive (o scribacchia nel mio caso) non sa dove esattamente arriverà a parare quando parte a scrivere una storia! 😉 E’ sempre rassicurante! ^_^

  21. Lara Manni Says:

    Rassicurati ulteriormente perchè anche King fa così: conosce la meta ma non il percorso. 🙂

  22. Giobix Says:

    mmh la sceneggiatura è solo una porzione che entra a far parte di qualcosa di molto più complesso che è un film. Spesso cambia strada facendo. Di solito una cartella dovrebbe corrispendere a un minuto di girato, secondo gli standard. Ma è un genere di scrittura che richiede per forza di fare i conti con tantissimi fattori tecnici. In genere, gli sceneggiatori giovani propongono cose che si possono realizzare con pochi soldi.

  23. Giobix Says:

    Uno degli incipit più belli che ricordo è di Lansdale, l’umorismo aggressivo con cui ti fa entrare subito in una situazione limite: http://www.incipitmania.com/incipit-per-titolo/m/il-mambo-degli-orsi-joe-r-lansdale/

  24. debby Says:

    ciao lara…
    avrei un’ideina piccina piccina…
    perchè non t’inventi un’incipit….e noi scriviamo il resto??
    potrebbe essere divertente….no?
    senza scadenza….
    e magari ogni tot tempo lo cambi giusto da stimolare un pò tutti…che ne dici??
    forse è una cavolata…però….
    ciao
    debby

  25. Lara Manni Says:

    Debby è una bella idea. 🙂

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