Fra le 16 e le 16.30 Luigi Irdi del Corriere della Sera è a corso Vittorio, che si è riempita di curiosi e manifestanti che non possono raggiungere piazza Navona. Davanti a sè, Irdi vede un gruppetto di ragazzi che si è rifugiato davanti al cancello di un istituto religioso. Vede la jeep che passa, vede il candelotto che raggiunge il ragazzo solitario “poco sotto la nuca”. Assiste al pestaggio. Comincia a pensare che “la polizia abbia ricevuto l’ordine di disperdere ogni piccolo assembramento, non riparmiando lacrimogeni”.
Alle 16.15 Filomena vede i poliziotti in borghese a piazza della Cancelleria. Li vede avanzare “con le pistole spianate”: ne nota uno, che è importante per questa storia. Ha una maglia bianca con una striscia blu. Li vede anche Carla, che sta andando a casa con un’amica.
Sono le 16.30. Gli autobus sono intrappolati a largo Argentina. L’aria è satura di fumi tossici. Dieci persone a bordo della linea 87 vengono portate in ospedale: la diagnosi è intossicazione.
Anche Silvia, rinchiusa nello stesso negozio di accessori per il bagno di corso Vittorio (dove viene medicato il ragazzo pestato) vede gli agenti in borghese. Sono armati di pistole e bastoni. Anche lei nota l’uomo con la maglia bianca e la striscia blu.
Alle 17, un ragazzo è a piazza Farnese. Nota che davanti alla trattoria “La Carbonara” ci sono due blindati della polizia. Nel gruppo c’è un agente in borghese, travestito da manifestante. Prima parla con i colleghi in divisa. Poi si allontana, si mescola a un altro gruppo di ragazzi (stavolta veri manifestanti) e avanza di nuovo, ma “mascherato”, verso la polizia facendo con la mano il gesto della pistola (il segno della P38, all’epoca utilizzato dagli autonomi). Il testimone non ha tempo di vedere altro. Perchè in quel momento qualcuno spara e viene colpito al polso e alla spalla.
Anche Marco sta passando in piazza della Cancelleria. In quel momento sente un colpo d’arma da fuoco. La macchina accanto vibra. Il proiettile trapassa il sedile anteriore e quello posteriore, si ferma nel portabagagli. E’ il panico. Quasi tutti cercano di scappare verso piazza Farnese.
O verso via Arenula.
Alla Camera, Francesco Cossiga riferisce di “nuovi incidenti avvenuti tra le ore 17 e le 19.30” e di “aberranti bravate” compiute dai manifestanti.
Il peggio deve ancora venire.
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novembre 18, 2010 alle 8:04 PM |
Quando leggo testimonianze come questa (ero perfettamente ignorante in merito a tale episodio della storia italiana) comincio a pensare che non conoscere la verità sia l’unico modo per continuare a vivere…
Poi mi chiedo se vivere nell’oscurità sia vita, o se un temporeggiamento.
Ho letto questi ultimi post d’un fiato, ed ho la pelle d’oca. Attendo ormai la prossima parte, prima di fare una ricerca personale.
Non penso solo a quanto sia diabolica una strategia simile, ma a quanto siano meschine anche quelle persone che l’appoggiassero e ne fossero coinvolte direttamente. Anche quei “falsi” manifestanti. Ingannare così tutti, con quale dignità? Con quale coraggio? Solo e soltanto codardia e “desiderio di spaccare”. D’altronde è sempre stato più facile distruggere che costruire.
novembre 18, 2010 alle 8:07 PM |
Il problema, Ilya, è che probabilmente quello era un momento che nè tu nè io possiamo capire davvero: anni in cui si intrecciavano strategie sotterranee, in cui si preparavano colpi di stato, in cui tutto sembrava legittimo pur di ripristinare “un ordine”. E in effetti, a pensarci bene, questo “ordine” apparente è stato ripristinato. Chissà cosa è stato detto a quei poliziotti, e chissà cosa è stato detto ai poliziotti che hanno massacrato centinaia di ragazzi innocenti a Genova. Il problema è che, quasi mai, pagano i responsabili. Non Cadorna, non il comandante SS. E, purtroppo, non Cossiga.
novembre 18, 2010 alle 8:23 PM |
Ripristinare un ordine, si, però a quale prezzo? E oltretutto, che quest’ordine sia davvero un bene? Eccessivo ordine, col tempo, può portare a dittature nascoste da un bel sorriso fotogenico.
Hai ragione, non solo non potremo mai capire cosa davvero accadde allora, ma forse non possiamo capire nemmeno cosa stia accadendo adesso. Forse nessuno lo capisce, perchè anche chi sta giocando la partita conosce la propria parte. Mentre non potrà mai conoscere appieno la parte dell’avversario. Nè forse ne sarebbe interessato.
novembre 18, 2010 alle 9:07 PM |
Forse gli scrittori possono servire, almeno un pochino, a questo? E’ poco, ma io ci spero.
novembre 19, 2010 alle 9:48 am |
Forse per questo un tempo chi sapeva scrivere era considerato quasi uno stregone? O un ecclesiastico XD
La scrittura è sicuramente potente, ma la cosa più importante è che può tramandare qualsiasi cosa. Forse la libertà di scrittura è una delle poche vere libertà che ci sono rimaste. E ci sono scrittori che la sfruttano al massimo.
novembre 19, 2010 alle 10:12 am |
Sì. Faccio il distinguo prima che mi piombino addosso i sostenitori della “buona storia e basta”. A fare buona una storia è quel che racconta, io credo. E quanto quel che viene raccontato ci parla di noi. Parere mio e personalissimo e senza pretese dottrinali 🙂