Titolare

La questione del titolo è interessante e controversa. Per esempio, quando ho pensato a Esbat per il primo romanzo,  mi sono anche messa in testa di proseguire  una sorta di gioco: trovare titoli che finissero tutti con la lettera T.
A dire la verità, si sono fatti trovare abbastanza facilmente.
A volte il titolo nasce per puro divertimento linguistico, come in questo caso. Altri hanno idee folgoranti, che vengono magari da una canzone, o da un’atmosfera. Sono i titoli che amo di più. Mi piacciono meno i titoli lunghi, tipo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, anche se ha indubbiamente funzionato moltissimo.
Quando mi arrovello, per esempio, su Lavinia, è perchè ho paura dei fraintendimenti. Inizialmente ho pensato a “Il gioco di Lavinia”. Continua a piacermi, ma ci sono due negatività: somiglia troppo a “Il gioco di Gerald” di Stephen King, per prima cosa. In secondo luogo, sembra alludere a un romanzo sentimental-sessuale. Il sesso, nel romanzo, c’è. Però non è centrale. C’è come c’è nella vita.
“Mietitura” pone altri problemi. Evoca, come avete detto giustamente, atmosfere gotico-rurali. Che non ci sono. Allora, più correttamente, dovrebbe essere “La mietitrice”. Che però non mi convince del tutto. Sembra andare sulla scia suggeritore-ipnotista, e questo non è un noir.
Sogno un lampo di genio.

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24 Risposte to “Titolare”

  1. zeros Says:

    Beh, a me “Mietitura” piace. Cosa mi avoca? Ok, per prima l’idea rurale. Ma poi c’è il resto: il concetto di raccogliere i frutti (reali o metaforici) di qualcosa, ma anche “il tetro mietitore”, meglio noto come “la morte”. E’ l’ampiezza di possibili significati e rimandi, che mi piace. Stimolante ma non spiattella subito tutto. Insinua possibilità e pone domande.
    “La mietitrice”, per contro, non mi piace. Mi fa venire in mente un’enorme mietitrebbia che gironzola per le pagine del libro… brrr… Ce ne sono già troppe, da queste parti, quando è ora di mietere il riso, no grazie! 😉
    E concordo su “Il gioco di Lavinia”, suona male… ^_^’ Povera Lavinia, l’oltraggio di essere presa per la protagonista di un romanzo sentimental-sessuale 😉 Anche se ancora non la conosco bene, credo si sentirebbe un filo insultata…

  2. Lara Manni Says:

    Insinua. Conta che la prima parola sarà “Mietitura”, appunto. 🙂

  3. Laurie Says:

    I titoli semplici semplici mi piacciono, approvo scegliere una sola parola. Lavinia lo trovo molto bello perché mi piacciono i nomi: un titolo così mi ispira una romanzo su una donna, un po’ introspettivo. Mietitura mi fa venire in mente qualcosa di horror, siamo sempre in zona gotica insomma. La mietitrice… peggio, mi evoca qualcosa di splatter XD
    …detto questo auguri per trovare il titolo giusto XDD

  4. Laura Says:

    Ti capisco io impazzirei! in effetti i titoli monoparola (serie l’ipnotista ecc) non sempre convincono, perché mi sembrano poco evocativi, la mietitura però porta con sé un bel bagaglio di significati e simbologie che lo rendono decisamente interessante, la mietitrice perde già un di potere evocativo e fa un po’ fiera agricola^_^!!mentre i titoli fatti con il nome del protagonista sinceramente non mi fanno impazzire, però forse non sono un buon campione perché adoro i titoli lunghi o “quelli frase colta al volo” per farti degli esempi adoro Cronaca di una morte annunciata di Marquez o i titoli di Grossman “Qualcuno con cui correre” o “Che tu sia per me il coltello” e anche quelli un po’ surrealisti alla Flaiano tipo “Autobiografia del blu di prussia”, insomma mi sa che sui titoli potremmo aprire una tre giorni di dibattito!!

  5. Lara Manni Says:

    E’ un problema, perchè il nome semplice può indicare tutto e nulla, e il Senzanome è un horror. Anche. Con una protagonista femminile. Il titolo poetico è bello, l’effetto si coglie sempre, ma, non so come, a me piacciono in fondo i titoli secchi e brevi.
    It. Ecco, avete presente? 🙂

  6. Fabio Says:

    “Lavinia”

    sì, leggerei un libro con questo titolo…
    😛

  7. Fabio Says:

    Che poi mi rievoca alla mente grandi nomi come “Medea” o “Fedra” (brividino lungo la schiena)

  8. Paolo E Says:

    I titoli lunghi non i piacciono. sono dispersivi. Però se deve essere una parola sola, secondo me è meglio che non sia un nome. Fa molto ottocentesco, per intendersi.
    Tanto per dire, scoprire cosa sia un Esbat è stato intrigante.
    P.S.

    T R O V A T O!!! Libbreria Monndadori. Sassuolo (MO)

  9. Laura Says:

    beh trovare una parola italiana che abbia la stessa forza di It non sarà facile, anche esteticamente, ad esempio, per restare in Italia, penso che parte del successo di XY di veronesi sia dovuto anche alla veste grafica e al gioco cromatico che il titolo permetteva di fare, dico questo senza entrare nel merito del libro (che a me comunque è piaciuto)

  10. Andrea Says:

    Ok, non avrei voluto, ma qualcuno (quella Laura che commenta qui sopra…) mi ha minacciato di non farmi più rientrare in casa se non la postavo quindi eccovi la famigerata, incredibile, strabiliante e del tutto inutile, “colonna infame dei titoli”. Scorrete l’elenco e (non) troverete la risposta a qualsiasi dubbio sulla titolazione di quasi tutto quello che si trova in libreria (commessi esclusi):
    – Il titolo più ovvio: nome del protagonista (niente di meglio se vuoi cominciare una serie tipo Nicolas Eymerich)
    – Il titolo un po’ meno ovvio: nome dell’antagonista e/o di qualche personaggio secondario o oggetto particolarmente importante (“L’uomo della sabbia”, “Il signore degli anelli”)
    – Il titolo da mettere dopo: una citazione tratta dalla storia, una frase, un passaggio particolarmente importante
    – Il titolo (inflazionato) all’americana: è necessariamente preceduto da un articolo (“Il grande Gatsy”, “Il giovane Holden”, ecc…)
    – Il titolo old-school/conservatore (il mio preferito… sì, lo so, non vi interessa…): è una citazione da una poesia (Hemingway usava spesso Shakespeare), da un proverbio o un modo di dire (“Tempesta imminente”, “Rosso di sera”, “Mala tempora”, ecc…) o da un testo sacro (la Bibbia va alla grande: “Tempo di uccidere” docet)
    – Il titolo old-school riformato: è una citazione da una canzone (meglio se di un cantautore degli anni ’50/’60/’70, mai degli anni ’80: avete presente che musica facevano in quegli anni?)
    – Il titolo straniero: da usare con cautela e in soli due casi (1-sei un autore straniero, 2-sei perlomeno bilingue), può avere effetti indesiderati molto spiacevoli ma se ci sta non c’è niente di meglio
    – il titolo straniero da sputare: mette a dura prova gli italiani e Lara ne sa qualcosa, ho quasi lavato la commessa della Mondadori per chiederle “sopdet”! 😉
    – Il titolo didascalico: è per personcine serie e tutte d’un pezzo, dichiara subito qual’è l’argomento principale del romanzo (“La nausea”, “La peste”, “la sepoltura prematura”, ecc…)
    – Il titolo sospeso: è uno stralcio di un discorso diretto (“Non ti muovere”, “Lasciami entrare”, ecc…) bello ma, di recente, è diventato un po’ di moda
    – il titolo animalesco: semplice e di grande effetto, usa i nomi delle bestie (la mantide religiosa, l’orso bruno, il cobra, ecc…). Uno scrittore dovrebbe usarne al massimo uno in tutta la sua carriera se non vuole essere scambiato per un biologo.
    – il titolo scaramantico: qualcuno (Dario Argento) pensava, su suggerimento di una cartomante, di dover inserire in ogni titolo un animale per evitare il fiasco… non è andata tanto bene (ma forse è tutta colpa di sua figlia!)
    – il titolo ingannatore: non ha alcun legame col romanzo ma il lettore passa l’intera storia a domandarsi perché diavolo l’autore abbia scelto quel titolo e, alla fine, si convince che l’autore è un genio irraggiungibile
    – il titolo anagrammato: non lo usa nessuno (chissà perché?!), consiste nell’anagrammare il vero titolo e nel fornire suggerimenti per la soluzione durante tutto il romanzo (ma contro la Settimana Enigmistica non c’è gara…)
    – il titolo concettuale: prendete un concetto (“La fame”, “La sete”, “Il freddo”, ecc…), non vi serve altro ma poi vi sentirete in colpa per essere stati troppo pigri.
    La colonna infame dei titoli prosegue, questo è solo un estratto, ma non vorrei offendere troppo la vostra sensibilità. L’averla rivelata mi costerà caro: l’ho sempre saputo che le donne sarebbero state la mia rovina! 😦

  11. Laura Says:

    @andrea certo che anche tu ti sei messo contro due donne, come potevi pensare di averla vinta?!Eh per questa volta non cambierò la serratura^_^
    comunque io quoto il titolo old school/conservatore (anche se mi suona strano vedermi come una conservatrice) perchè impazzisco per “Per chi suona la campana”.
    mentre La mietitura, se non sbaglio, entrerebbe nei titoli didascalici, quindi Lara sei ufficialmente una personcina seria e tutta d’un pezzo, fammi sapere come ci si sente?! comunque sei in ottima compagnia tra Sartre e Camus! ops ora che ci penso vale anche Saramago con “La cecità”?

  12. demonio pellegrino Says:

    A me mietitura non fa venire a mente atmosfere gotiche. Anzi: mietitura e’, insieme a maggese, una delle piu’ belle parole della lingua italiana, per sonorita’ e significati. Non ho letto Sopdet, quindi magari dico una cavolata, ma mi fa venire a mente un momento di raccolta di quello che si e’ preparato nella vita. Il momento di tirare le somme e di fare in fretta quello per cui si e’ lavorato ed atteso a lungo.

    Che gotico???

  13. Il solito Filippo Says:

    Usiamo il latino (che fa figo più dell’inglese): Falx!
    1) Ricorda la mietitura
    2) E’ un’arma
    3) E’ una parte del cervello che si calcifica con l’età
    4) Son quattro lettere
    5) I grafici ti ameranno: già ci vedo la “F” o la “L” falciformi.

  14. Andrea Says:

    Filippo scorriamo insieme la “colonna infame”:
    – il titolo in una lingua morta: ok, l’aramaico e l’ittita sono state delle bellissime lingue e anche il latino è ok, ma se si sono estinte ci sarà un perché. Se tu come autore vuoi riesumarle assumiti tutta la responsabilità: necromante!
    – il titolo grafico: per una misteriosa coincidenza la forma delle lettere che compongono il titolo scelto richiama una rappresentazione grafica che (colpo di scena!) ha a che fare col libro (“Spiral” con la sua “S” a spirale, “XY”, ecc…). Il grafico se è pigro vi sarà grato, se è permaloso si sentirà sminuito (e farà un lavoro di *$%£a).

  15. Laura Says:

    a me Falx non dispiace!! però niente lettere falciformi!!
    scusa ma che parte del cervello sarebbe?che funzioni ha?E i grafici ne sono muniti anche loro oppure no?^-^

  16. Paolo E Says:

    Falx mi piace davvero!

    P.S. Sopdet trovato! Libreria Mondadori a sassuolo (MO).

    sei davvero penetrante Lara!

  17. Lara Manni Says:

    Falx….momento di assoluta riflessione.
    Aiuterà sapere che dopo la parola “Mietitura” scorrono sul televisore le immagini dello Tsunami. E giuro che non avevo ancora visto il film d Eastwood. 🙂

    • Il solito Filippo Says:

      Allora è destino!
      Eastwood? In “per un pugno di dollari” o in “Callaghan”?
      lo so Lara, sto abbassando il livello del blog…

  18. Il solito Filippo Says:

    Andrea, ti ricordo che il latino non è affatto una lingua morta, chiedilo ai cittadini dello stato vaticano.
    Laura, serve più che altro a separare i due emisferi cerebrali e non ci sono prove che i grafici non ne siano provvisti (ma neppure il contrario) 😉

  19. Andrea Says:

    @Filippo: Advocatus diaboli! (naturalmente scherzavo nel mio commento precedente… 🙂

  20. Ayame Says:

    A me ”Il gioco di Lavinia” piace; ”Mietitura” mi evoca l’immagine di un campo di grano e un fossato, con il cielo pieno di nubi scure…

  21. Lara Manni Says:

    Rimugino. Per fortuna c’è ancora moltissimo tempo: certo è che questo titolo si fa desiderare.

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