Qualcosa di fragile, qualcosa di forte

Qualcuno già definisce anime belle quanto ipocrite chi si addolora per quanto accade in Giappone. Ma come, viene detto, con tutto quello che avviene nel mondo, e in Italia, e in Nordafrica? E’ vero, verissimo. Però, questa volta molti di noi hanno almeno un’altra motivazione per guardare con orrore (e una strana, masochistica fascinazione) le immagini delle onde che debordano dai muretti, invadono le strade, spezzano i tralicci della luce, diventano un immenso fiume fatto di acqua e automobili.
Amiamo quel paese. Ci ha donato storie meravigliose, ci ha permesso di incantarci e sognare con i romanzi, con i manga, con le decine di modi in cui si può raccontare di mostri e di sogni, di fato e di nostalgia. Alcuni di noi, e anche io, hanno narrato a propria volta ispirandosi alla grazia e alla rassegnazione che in molti di quei  racconti arrivavano fino a noi.  Qualcosa di così fragile e così forte che permette di intrecciare, ogni volta, la bellezza e la tenebra.
Questa è la storia delle isole che non torneranno più, letta su Repubblica. E racconta la bellezza, appunto, e la sua fine.  Quella che risuona anche nel nostro cuore.

“Lo tsunami dell’11 marzo passerà però alla storia per aver sottratto al mondo l’arcipelago di Matsushima Kaigan.
Erano 260 piccole isole, decine di penisole verdi tuffate nel Pacifico, tra gli scenari naturali più stupefacenti del Giappone. Rocce nere, torri di tufo, sabbia come neve, sorgenti di acqua bollente, borghi antici e una miriade di templi buddisti e scintoisti invasi dalla pace. Dalla costa oltre Sendai occorreva un’ora di barca per entrare nel paradiso delle scimmie e dei cervi, popolato di oltre duecentomila persone. Dalla terraferma non si scorgono più isole e i pescatori assicurano che l’arcipelago è stato sommerso. A Ishinomaki, sull’isola di Miyato, abitano 166 mila persone, di cui non si ha notizia. Metà della città risulta distrutta. I pescatori dell’isola di Kinkazan, il “fiore d’oro” dell’Honshu, non trovano più decine di altre isole, rimaste sotto il livello del mare. Il censimento del disastro è ostacolato dalla distruzione dei porti e di migliaia di imbarcazioni. L’arcipelago di Matsushima è totalmente isolato da venerdì e anche il laboratorio marino dell’università di Tuhoku, nella città di Onagawa, non dà segni di vita. Di certo la penisola di Ojika, l’isola di Oshima e Fukuura, si trovano oggi sotto il livello dell’acqua ed è impossibile sapere quanti siano riusciti a mettersi in salvo, come abbiano potuto riuscirci. Le isole hanno fatto da frangiflutti contro la forza del mare, proteggendo un tratto di terraferma, ma autocondannandosi a scomparire”.

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9 Risposte to “Qualcosa di fragile, qualcosa di forte”

  1. Elfo Says:

    Non mi sono laureata in Giapponese per caso. E non li sento neanche, quelli che mi accusano di ipocrisia o di superficialità perchè le immagini che giungono in questi giorni dal Sendai mi toccano. Ho alcuni amici a Tokyo, che per fortuna sembrano stare tutti benissimo.
    …e non credo che qualcuno possa dire a qualcun altro che cosa è degno di provocare sofferenza o meno.
    Questo per quanto riguarda l’introduzione, perchè anche a me certe parole hanno lasciato un po’ di amaro in bocca.
    Per il resto, l’articolo rispecchia benissimo il senso di perdita. Grazie Lara. 🙂

  2. Lara Manni Says:

    Grazie a te, Elfo. Credo che altre storie verranno, e che sapranno raccontare quel che è accaduto in questi giorni.

  3. Laura Costantini Says:

    Non sono laureata in giapponese, non sono un’amante dei manga. Ma soffro per quanto successo in Giappone. E provo tenerezza e rispetto per la dignita’ e la grazia con cui quel popolo, unico su questo pianeta, affronta la sciagura ancora una volta. Un inchino al grande popolo giapponese e rimpianto per la bellezza che lo tsunami ha distrutto. Ma rifiorira’, come i ciliegi a primavera.

  4. Luthien Says:

    La crudelta’ del mostro che ha colpito il Giappone ci tocca nel profondo, perche’ in un certo senso, tocca le certezze di noi occidentali, rapiti dalla bellezza e dal sereno ordine di un paese e di un popolo. Certe polemiche sono strumentali a chi le fa. A me resta, amarissimo, il dolore per le vite e tutto il bello distrutto.

  5. Lara Manni Says:

    E’ vero. E credo che sia anche quel terrore profondo che suscita in noi il constatare quando neanche l’ingegno umano possa opporsi alle forze naturali. Hybris, dicevano i greci.

  6. Kagura Says:

    Purtroppo sono più terra-terra: sto guardando le liste.
    Sto cercando i nomi di chi a tutti quei sogni meravigliosi in qualche modo ha dato vita.
    Sto sperando di vederli ancora vivi.
    Mi sto illudendo che lo siano tutti.
    Quelli che mancano…!

  7. Valberici Says:

    Rumiko Takahashi è ancora dispersa 😦

  8. Lara Manni Says:

    COSA?

  9. Valberici Says:

    La si considera dispersa perchè non si hanno più sue notizie in rete, ma c’è da considerare che in tali occasioni le comunicazioni si interrompono, quindi ci si preoccupa ma probabilmente è viva e vegeta… io almeno me lo auguro.

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