Lezioni di tenebra

Questo è un post in divenire. Perchè ho intenzione di tornare spesso sull’argomento, come in passato ho già fatto, specie nel passato recente.
Credo che occorra sbarazzarsi di qualche equivoco quando parliamo di fantastico: qualunque sia la declinazione scelta, fantasy, fantascienza, horror e qualche centinaio di sottogeneri a piacere.
Ci sono molti automatismi che scattano quando si pronuncia il nome di ognuna di queste definizioni. Il fantasy contiene magia, la fantascienza contiene futuro , l’horror contiene mostri.
Molto bene, molto giusto.
Il signore degli anelli contiene pochissima magia. La fantascienza ha mandato in crisi l’idea stessa di futuro con il cyberpunk. L’horror può essere tale anche quando non c’è un solo elemento soprannaturale. E la discussione sul racconto di King lo conferma, credo (e prima ancora lo conferma il racconto, e quelli contenuti in “Notte buia niente stelle”, dove il soprannaturale è quasi assente).
Non voglio neanche riaprire la discussione sul fantasy elfico che è seguito a Tolkien. Nè addentrarmi in un terreno minato come quello fantascientifico. Non subito. Parto, dunque, dall’horror.
Questa mattina, in un articolo per Repubblica, Pierdomenico Baccalario sosteneva che il medesimo non fa più paura, o ne fa molto poca.
Ma cosa è, oggi, horror? Perchè ho l’impressione che occorra ridefinire i canoni che vengono usati ancora oggi. Perchè forse non valgono più. Certo che i vampiri attuali non fanno paura: in vacanza mi è capitato di leggere un’antologia paranormal dove i medesimi sono formidabili compagni di letto (è, a quanto pare, la loro virtù principale), ma dove è assente qualsiasi coinvolgimento emotivo che non sia quello erotico (e anche qui avrei qualcosa da dire: perchè scrivere narrativa erotica non significa scrivere di mirabili penetrazioni e basta, credo).
Per coinvolgimento emotivo intendo quello che scriveva Ellison e che ho riportato diversi post fa: quell’empatia che ti fa scendere negli abissi insieme allo scrittore, e possibilmente risalire, con lui. Il racconto di King FA PAURA. Fa molta più paura di qualsiasi cripta cigolante e di qualsiasi mano scheletrica che ti si posi sulla spalla. Nel bosco di Aus di Chiara Palazzolo FA PAURA. Perchè va a toccare corde terribili per qualsiasi donna (perdere se stesse, ma anche veder scorrere la vita senza che nulla accada).
Non è che l’horror non faccia più paura. E’ che stanno mutando i termini. E’ che le nostre paure sono altre, e risuonano su altri toni.
Almeno, io ho questa sensazione. E penso che sarebbe bene ragionarci insieme.

 

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13 Risposte to “Lezioni di tenebra”

  1. Maurizio Vicedomini Says:

    Ammetto di non aver letto i racconti che tu dici facciano paura, ma sono d’accordo sul nostro cambiamento. Alcune cose sono rimaste, ma le paure dell’umanità, o almeno di quella porzione di umanità che legge, sono cambiate, e continueranno a cambiare.
    E l’Horror, che più di tutti è un genere legato all’uomo, perché deve suscitare un sentimento intimo come la paura, deve necessariamente adeguarsi a questo cambiamento, o perderà i propri caratteri di genere. Poi, chi vivrà vedrà xD

  2. Il solito Filippo Says:

    Io ritengo che il creatore (pittore, scrittore, musicista, attore, scultore…) debba porsi la domanda se sia giusto influenzare la realtà o narrare di essa. Gli scrittori sono trend-setter o trend-surfer? Noi lettori siamo ancora in grado di farci trascinare nell’abisso, o la soglia della nostra attenzione si è così ridotta che non riusciamo a trarre la minima emozione dalla scrittura? Leggo, negli ultimi romanzi che spopolano sugli scaffali, periodi brevi, descrizioni televisive, zero immaginazione. Di cosa abbiamo paura oggi’ C’è forse una paura diffusa e sorda che copre tutte le altre paure? Vale la pena urlare, od ormai la rassegnazione ci ha fatto capire che la fuori nessuno ti sentirà urlare? La paura è la fine della speranza od è la speranza che occhieggia ironicamente flebile a qualche centimetro dalla tua mano?

  3. flaviopintarelli Says:

    Le nostre paure sono altre, è una frase su cui riflettere. Perché le nostre paure sono altre? Forse perché, ipotizzo io, l’orrore ce lo mostrano impudentemente tutti i giorni? O forse perché a furia di proteggerci dalle nostre paure siamo diventati più spaventati che mai?
    Di certo la paura, ora come ora, è la compagna di ogni giorno.

  4. Maurizio Vicedomini Says:

    Flavio, non credo che il sentire notizie di omicidi, furti e incendi possa sconvlgere il nostro subconscio a tal punto da non averne più paura. Proprio su questo non credo c’entri il degrado del mondo, la politica, o chi per esso ^^ Penso piuttosto che il cambiamento sia d’abitudine, si, ma al sovrannaturale. Forse erro, ma credo che un racconto “reale” faccia più paura di uno pieno di mostri, proprio perché potrebbe accadere davvero. Magari mi sbaglierò ^^

  5. Federico Berti Says:

    ‘Sarebbe interessante ragionarci insieme’: OK, lo prendo come un piacevole invito, condivido gran parte delle tue considerazioni e provo ad aggiungere qualche tesserina mancante al tuo mosaico; la prima cosa da fare è secondo me dare alle parole il loro significato. Oggi siamo abituati a considerare ‘fantastico’ ciò che non è ‘reale’, ma questa definizione davvero non è corretta: se per esempio un sogno non fosse reale, perché mai il nostro corpo dovrebbe reagire diversamente ai differenti sogni? Le creature fantastiche sono ‘reali’ per il fatto stesso che qualcuno è lì a pensarle, sono fatte di impulsi nervosi e questo le rende assolutamente concrete, persino misurabili. Ma allora, cos’è il ‘fantastico’? E’ fantastico tutto ciò che mette il lettore di fronte a ciò su cui egli non può avere il controllo, o che si presume non sia di questo mondo e che invadendo questo mondo può solo generare scompiglio, disordine. Un fantasma, un diavolo dell’inferno, ma anche una sirena, un centauro, un drago. La domanda è: come può metterci paura un mondo che la scienza positiva ha sistematicamente distrutto? Ricordo quand’ero piccino, se mi capitava di piangere davanti a un film dell’orrore i miei familiari esordivano col fatidico: “Ma dai, che è solo un film!”, cosa che nessuno si sarebbe mai sognato di fare per esempio all’epoca di Dante Alighieri se un bambino si fosse spaventato davanti alle immagini dei diavoli nell’Inferno. Verrei dunque al secondo problema conseguente al primo, quello del genere ‘horror’ ovvero le letture che suscitano ‘orrore’: ti suonerà strano eppure m’è capitato di leggere un libro assolutamente realistico, addirittura un diario storico, e di trovarvi molto più terrore che in tutti i romanzi di Lovecraft (che invece non mi hanno mai spaventato, nemmeno da bambino). Il libro in questione era “Se questo è un uomo” di Primo Levi e il motivo di questa mia reazione è che m’ha colto in un momento di particolare sensibilità rispetto al tema della violenza degli uomini su altri uomini, per motivi di vissuto personale: a suscitarmi quel panico interiore e quel senso disgusto, oltre che di ‘paura’, non fu tanto il libro quanto l’atteggiamento con cui l’ho letto, il momento storico e la situazione emotiva in cui mi trovavo in quei mesi. In sintesi, è vero che la razionalità porta naturalmente a dissolvere i ‘fantasmi’, ma è pur vero che la stessa ragione non è in grado di neutralizzare quelle che Giordano Bruno chiamava le ‘ombre delle idee’ ovvero ciò che sta dietro i fantasmi: le intenzioni, i presupposti da cui vengono generati, le funzioni che di volta in volta assolvono. Il problema che tu poni credo si risolva abbastanza facilmente se usciamo dalla logica dei generi letterari, una logica strettamente funzionale all’industria libraria, e torniamo a ragionare in termini di cultura: fantascienza, horror, grottesco, cyberpunk, fantasy, non sono che le forme esteriori assunte al oggi dai racconti mitologici di un tempo, che avevano a che fare con ciò su cui l’uomo non aveva il controllo, racconti che il pensiero unico del monoteismo giudeo-cristiano si sforzano da almeno tre millenni di ‘demistificare’ (salvo poi sostituirli con le proprie mistificazioni teologiche), ma la cultura del ‘superuomo di massa’ che da quelle mistificazioni s’è gradualmente sviluppata non può indietreggiare davanti a niente. Tornando al problema iniziale, può far paura Stephen King esattamente come Primo Levi, perché entrambe vanno a scavare negli angoli bui dell’animo umano: quelli che sconfinano nell’oltremondo, anche se l’uno lo fa in modo squisitamente narrativo, l’altro in modo razionale, addirittura ‘scientifico’. La paura è dentro di noi, non nei libri che leggiamo, se non siamo ‘timorati’ non possiamo provarla; spero queste mie note possano esserti utili in qualche modo cara, buon lavoro.

  6. Giobix Says:

    il futuro mi fa molta paura. Personalmente negli ultimi anni mi hanno fatto paura diversi prodotti artistici non prettamente horror: mi fanno paura buona parte dei film dei fratelli Coen, per il cinismo feroce e il tipo di colpi di scena che sembrano fatti apposta per insinuarti il dubbio che l’universo sia privo di senso.
    Mi fa paura il manifesto futurista di Vasco, con quell’attacco sibilato tipo uncino arrugginito che ti entra nella carne “ho l’impressione che, la cosa più semplice, sarebbe quella di non essere mai nato”. Due cose collegate e troppo personali forse, o magari no.

  7. M.T. Says:

    “Ma cosa è, oggi, horror?”
    La realtà.

  8. In_mezzo_alla_segale Says:

    Non credo che le nostre paure siano cambiate. Non quelle profonde, almeno. Il buio, la morte, il dolore, il tuono, la fame tengono ancora banco. La perdita, la solitudine, l’abbandono idem. In fin dei conti siamo molto più animali di quel che siamo disposti ad ammettere. Lo ha fatto capire bene Desmond Morris: scimmie nude, ecco cosa siamo, niente di più.

    Le paure nuove, quelle che si sono aggiunte quando abbiamo perso i peli, non reggono il confronto: che ci rubino l’iPhone non ha esattamente lo stesso peso del trovarsi persi nella notte.

    Mi viene un dubbio: che, semplicemente, non siamo più capaci di raccontare l’orrore?

  9. Ilya Nightroad Says:

    La realtà si evolve. Ma così come si evolve, alcune cose restano identiche a loro stesse.
    Insieme alla realtà, si evolve la sensibilità ed inevitabilmente qualcosa che un tempo creava una determinata reazione, oggi ne crea un’altra.
    Se nel Medioevo le persone vivevano nella paura, forse la causa principale era l’ignoranza. Non c’è nulla di cui aver più paura rispetto a ciò che non si conosce. E proprio per questo motivo, alcune paure sono comuni a tutte le epoche dell’uomo. Perché certe cose sono semplicemente inconoscibili, e dunque insinueranno sempre timore.
    Oggi forse si ha ancora più paura di ciò che si conosce bene. Le conseguenze sono chiare nella mente, e la prospettiva di poterle vivere ci frustra sin nel profondo.
    Condivido la sensazione diffusa che la sensibilità però col tempo si sia “intorpidita”. C’è sempre meno attenzione ai particolari, ai significati nascosti. Bisogna colpire, e colpire forte, altrimenti si perde il lettore a mezza pagina. Per fortuna, esiste sempre la controtendenza.

  10. Lara Manni Says:

    La nostra paura numero uno è sempre quella: la forma sotto il lenzuolo, come la chiama King. La “nostra” forma sotto il lenzuolo. Se riusciamo a raccontare quella, prendiamo per mano il lettore e la costringiamo a toccarla. E, forse, a sopportarne il terrore.

  11. morayplace12 Says:

    allora. anche io ho letto quell’articolo e credo che parta da un presupposto sbagliato. Cita come esempi di horror la saga della Kate o quella della L.J.Smith. Ma queste NON sono horror. A tirarla per i capelli, sono supernatural. Sono Young Adult, nel senso che più young-di-così-non-si-può.
    Questi testi, coe twilight, come le antologie paranormal romance, come la Cole, la Showalter, la Singh e molte altre NON sono horror. Sono frutto di una commistione tra romance e fantasy, dove gli attori possono essere vampiri, o demoni, o lycan, ma non sono horror e lo ripeterò fino alla nausea. Il paranormal romance viene visto come l’erede dell’horror o del fantasy da parte di alcuni. Si tratta in verità di un genere assolutamente differente, che ha il suo addentellato nel romance e che, grazie a una commistione felice, ha generato un sottogenere apprezzato e prolifico (sulla qualità sorvoliamo…). IL pr non nasce per spaventare, per esercitare quella funzione catartica che invece ha la paura letteraria. Nasce per eccitare e divertire. Non per tirar fuori la paura atavica del diverso che muove la letteratura orrorifica.
    Fino a che ci saranno articoli che confonderanno generi e autori non andremo molto avanti. Inoltre, l’autore parte dal presupposto che l’horro sia letto solo da ragazzi, e dunque, in maniera implicita, effettua un parallelismo tra young adult e paranormal romance. Nulla di più sbagliato: questo genere è letto sopratutto da donne adulte. Che vi sia la classificazione ya è una cosa, ma è ben diversa la reazione dei lettori.
    Insomma… vi dirò che sono parecchio sconfortata perchè, a mio avvio, la strada per smantellare i pregiudizi è lunga, molto.
    stefi

  12. Federico Berti Says:

    Lara Non capisco che intendi con “la nostra forma sotto il lenzuolo”.

  13. Lara Manni Says:

    La nostra morte, Federico: che è l’argomento centrale non solo per l’horror.
    Morayplace: confondere le acque, in questo momento, è facile e comodo.

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