Archive for ottobre 2011

Canoni insidianti

ottobre 31, 2011

Ho visto Insidious. Ho già detto su Facebook che ero prevenuta in positivo dopo la recensione di Paolo D’Agostini. Ovvero:

“Il cinema di paura ha le sue leggi e i suoi rituali. Si dirà che questo vale per qualsiasi “genere” codificato. Vale un po’ di più per questo. Ripetitività, prevedibilità e riconoscibilità di situazioni, snodi, personaggi sono requisiti particolarmente cari allo spettatore appassionato. E proprio per questo, forse, Insidious di James Wan potrebbe risultare non soddisfacente ai fan del genere e contemporaneamente più accettabile a chi fan non è. Non mancano elementi chiave e ingredienti base: a partire dalla maledizione che incombe su una casa. Però se ne accompagnano a loro altri anomali rispetto alla norma, al canone di genere. In particolare un fattore umano che di solito manca. Sia una forte componente di commozione, sia una pista quasi umoristica. Un valore aggiunto per lo spettatore comune, probabilmente una distrazione dallo zoccolo duro agli occhi del pubblico più specializzato ed esigente”.

Se prendiamo le parole del critico cinematografico e le riportiamo alla narrativa, non fanno una piega. E’ vero, la ripetitività del canone è quello che ci si aspetta dal romanzo di genere. Per fortuna, non sempre.  Colgo l’occasione per postare una piccola anteprima di Wu Ming 1 sul nuovo romanzo di Stephen King. Soprattutto, è importante il passo dove il traduttore dice che 22/11/63  “stimola continuamente riflessioni sul tempo, sul corso della storia, su linearità e cicli, sul ricominciare da capo, sul nostro agire ed essere agiti, sul nostro essere soggetti costituiti che si pensano costituenti… e viceversa, in una scorribanda schizofrenogena, tra teoria delle stringhe e allegorie profonde.”
Non so quanto questo libro rispetti il canone: di fatto, King non l’ha mai rispettato fino in fondo, per nostra fortuna.

Ps. Insidious è un buon film, con un finale, a mio avviso, troppo frettoloso. E non così distante dal canone come si vorrebbe: anzi, è fin troppo dentro il canone stesso.

Stupirsi nell’ essere d’accordo con Baricco

ottobre 28, 2011

La spaventa la ripetitività?

E’ molto pesante in tutto quello che sta attorno allo scrivere. Il momento in cui pensi a un libro o lo scrivi la ripetitività non conta nulla. Perché il talento dell’artigiano è di essere nato per fare quel certo gesto. In fondo, se non ci si emoziona nello scrivere vuol dire che non si era portati per fare quello.

Quanto è importante l’ispirazione?

In senso romantico non esiste più l’ispirazione. Era il nome che una certa civiltà dava a quella cosa. E noi non usiamo neanche la furbizia che c’era dietro quel nome. Non serve più. Però è vero che accadono due cose: una è l’attimo di nitore che hai quando scegli di fare proprio quel libro e non i restanti tre che hai in testa. L’altra è che ci sono dei momenti in cui effettivamente scrivi meglio, sei uno stato di felicità narrativa. Come accade a una squadra di calcio. Improvvisamente undici giocatori trovano la mezz’ora in cui giocano divinamente. Ma alla fine la forza di un libro sta nel duro lavoro, è il raccolto di una semina mostruosa.

(Intervista di Antonio Gnoli ad Alessandro Baricco, Il Venerdì)

Un trailer a parole, contro la Siae

ottobre 27, 2011

Colore. Un portatile aperto su quello che sembra un piano da lavoro, in una cucina. Mattonelle. Una tazza di caffè o tè a sinistra, un bicchiere di Coca o Pepsi alla destra del computer, una ciotola con …gomme? Potrebbero essere bustine di zucchero. O cioccolatini. Non importa. Al pc sono collegate le cuffie.
Ah, no. Non è una cucina. E’ un locale. Una tavola calda, per esempio.  Supponiamo con connessione wi fi? Separè deserti sulla destra.  Immaginiamo coppiette che bevono, appunto, Coca o Pepsi.  Studenti in un pomeriggio d’autunno, dopo la scuola. Un impiegato che sfoglia il giornale, magari. Ma non c’è nessuno. Solo luci colorate al centro.  Nessuno. Dov’è l’avventore che scriveva al computer e ascoltava qualcosa con le cuffie?
La camera suggerisce che si sta avvicinando al fondo del locale. Dove c’è…un juke box?  Qualcosa scricchiola. Sono passi, forse? Ma no, è il rumore del disco prescelto quando inizia a girare. Sono fruscii, non scricchiolii. E questo dev’essere…un boogie?
Bianco e nero. Un pavimento a scacchi. Sulla destra, una coppia. Si intravedono solo le gambe: pantaloni morbidi per lui, una gonna a pieghe e décolleté chiare per lei. Suggeriscono un’altra epoca. I due ballano. La gonna della ragazza ruota nell’aria. Sì, un’altra epoca. I separè sono gli stessi.  Il locale è lo stesso. Ma non è un computer quello che vediamo ORA, bensì un quotidiano. Dallas Morning Gazette. Il titolo è THE DAY THAT CHANGED THE WORLD. Sulla destra una fotografia, è tagliata ma potremmo riconoscerla. Ora che la camera allarga l’immagine la riconosciamo, anzi. Ritrae, sembra, la limousine presidenziale sulla quale si accasciò, sì, John Fitzgerald Kennedy.
Ora è tutto nero.
Una scritta: IF YOU COULD GO BACK IN TIME, WOULD YOU? C’è il tempo per rispondere, ma subito dopo arriva un’altra domanda. Giusto, è quella più importante: AND WHAT WOULD IT MEAN FOR THE FUTURE?
Qualcuno deve aver già risposto, in effetti. Ecco un’altra scritta: STEPHEN KING RETURNS WITH A NOVEL SO POWERFUL. EVERYONE WILL REMEMBER WHERE THEY WERE WHEN THEY READ IT.
Tornano le gambe della coppia. La scritta ora è STEPHEN KING. 11.22.63

Bene. Secondo la Siae, questo è il trailer che è possibile diffondere gratuitamente in rete.  Quella che avete appena letto è infatti è la cronaca del trailer del nuovo romanzo di Stephen King che ho postato nei giorni scorsi.
(Questa è una protesta. Se qualcuno vuole unirsi con altrettante cronache da trailer, lo segnali pure qui sotto)

“Tanto mi pubblico il libro su Amazon”

ottobre 26, 2011

(da una discussione su Facebook con Giovanni Arduino)

Jeff Bezos non è il vostro miglior amico. Amazon non è un’opera pia. Vuole fare soldi, come qualsiasi impresa. Se li fate con lui, bene, altrimenti via andare e avanti un altro. Non è così strano (non è bello, forse, ma non è strano). La novità è che di fatto sta sostituendo, o cercando di sostituire, tutta la filiera editoriale, e non solo. Vuole essere (o  già è) agente, editore (di ebook e libri cartacei), distributore e venditore. Criticate tanto il regime di monopolio dell’editoria tradizionale (spesso innegabile) e poi vi gettate tra le braccia di Amazon? Ma fateci il piacere. Vi piace perché vi permette (quale gentilezza: si paga, poco, ma si paga) di mettere su rete il vostro ebook all’interno del suo bazar o perché –addirittura!- acquista a mansalva i diritti di libri self-published e sperate che in mezzo ci finisca pure il vostro? Se lo fa, è soprattutto per riempire il più in fretta possibile lo spazio virtuale disponibile (anche questo non è infinito, proprio per nulla). Stipare i “virtual shelves”, così come i grandi editori lottano per lo spazio nei tangibilissimi scaffali delle librerie fisiche, “brick and mortar”. Anche qui: può andarvi bene, ma  non è il cavaliere bianco che sta salvando il vostro parto dall’oblio (anzi, è assai più probabile che il suddetto parto vada solo a far numero).

Lo stracitato, spesso a sproposito, J.A. Konrath  rappresenta un’eccezione alla regola. Ha sempre investito tantissimo in autopromozione, dal 2004 in poi, con tutti i mezzi e in ogni modo possibile. E’ più un uomo di marketing (apprezzabile, per certi versi) che uno scrittore. Non va preso come esempio, almeno non per i numeri. Anche su Amazon.com, l’ebook di un autore medio, con una buona backlist, già pubblicato negli anni dall’editoria tradizionale, può avere cifre di download pressoché irrisorie. Guardate i ranks di massima del Kindle Store (i cui algoritmi di base sono misteriosissimi, peraltro) e poi sappiateci dire. E’ difficile diventare miliardari o anche solo camparci.

Amazon.com sta reclutando editoriali, agenti, traduttori,  autori, guru della comunicazione e del marketing (anche attraverso i suoi meeting esclusivi, i suoi Amazon Campfire, di cui guarda caso in Italia non parla nessuno, e pure negli USA sono roba che è meglio tenersi per sé). La parola spin doctor vi fa venire in mente qualcosa? No, non siamo paranoici. Questa è  il simbolo della vera trasparenza di Amazon, non il suo proposito di condividere con gli autori le vere cifre di vendita (“perché gli editori tradizionali le hanno sempre tenute nascoste, bastardi”, il commento che da una settimana gira di più in rete).

Siamo stati il più sintetici possibile. Il meno tecnici possibile. Su Amazon ci sarebbero da dire mille altre cose. Ad esempio, sull’effetto che avrà (che già sta avendo) non solo nel piccolo universo degli editori, per di più in un momento di forte crisi mondiale. E anche sulle colpe (o, meglio, le imperdonabili disattenzioni) dell’editoria tradizionale che fino a pochi anni fa lo guardava come un  cugino un po’ scemo (e adesso talvolta dimostra un comportamento esattamente opposto). Però, non è questo il momento e non è questo il punto. Questo è solo un avvertimento, nel senso buono della parola, nato da una discussione su Facebook. Ricordate la vecchissima Pubblicità Progresso? Bene. Qualcosa del genere.

Concludendo: se volete servirvi di Amazon, fatelo, ci mancherebbe, e magari potrà andarvi di lusso. Ve lo auguriamo. Però: non è la versione buona e modello web 1.0 o 2.0 dell’editore cattivo che vi ha sempre rifiutato i dattiloscritti. Non è un angelo (e neanche un diavolo, perché demonizzare non serve mai a un fico secco e non porta da nessuna parte). Vuole fare soldi, come tutte le imprese, lo ripetiamo. Come è normale, e anche qui lo ripetiamo.

Buona fortuna, a voi e a noi, perché la barca in fondo è sempre la stessa.

Stay tuned

ottobre 25, 2011

Domani, qui e sul blog di Giovanni Arduino, post a reti unificate. Intorno alle 10.30

Non morti

ottobre 25, 2011

Il fatto che in Occupy Wall Street militi anche una zombie mi piace assai (a proposito di scrittura, impegno, bla bla).

 

Ma va’?

ottobre 24, 2011

Avviene che Granta, raffinata rivista letteraria inglese, abbia chiesto a Stephen King una storia (per Halloween, va da sè).  Detto, fatto. Il racconto è di tredici pagine, si chiama “The Dune”, racconta di un giudice novantenne (“un sacco pieno di polvere e indignazione”), in pensione, che custodisce un segreto a proposito di un’isola sulle coste della Florida.
Avviene anche che, dandone notizia, ci si stupisca che nel racconto non appaiano “mostri e violenza” (ma va’?), ma che ci sia “orrore psicologico” (ri-ma va’?).
Ma è interessante leggere cosa sostiene John Freeman, top editor di Granta:

“‘L’horror è più di un genere. E’ un modo di relazionarsi con il mondo. Siamo inorriditi davanti alla violenza, alla morte, alle cose che consideriamo indecenti. E, naturalmente, davanti a ciò che ci spaventa. Quando estendi il concetto di horror in questo modo scopri che è un’emozione che guida i nostri migliori narratori, non solo coloro che operano nel genere”

Ergo, “Stephen King non è solo un grande scrittore di racconti, ma un importante pianeta nel nostro universo letterario. C’è una ragione per cui David Foster Wallace lo cita”.

Ma va’?, di nuovo.

Ps. Su Satisfiction, per gli interessati, altro inedito kinghiano.

Per Ursula

ottobre 21, 2011

Metti, una sera, Michael Swanwick, N.K. Jemisin, Ellen Kushner, John Wray, con lo spirito di Robert Heinlein. Metti che l’incontro fosse dedicato a Ursula K. Le Guin, e che di lei Heinlein abbia detto (a uno dei presenti, ai tempi) “é la migliore scrittrice della sua generazione”, e che Swanwick abbia ribadito che cercare di misurare l’importanza di Le Guin nel fantastico sia come cercare di immaginare quanto sale ci sia nel mare. Metti che si sia sottolineata, di Le Guin, la “molteplicità” della scrittura (ne avevamo parlato, giusto? La capacità di passare da un genere o sottogenere a un altro).
Metti tutto questo, e leggilo qui, e sappi che il rispetto e la passione non sono accessori, ma fondamenta.

Una pioggia come questa, e un tombino

ottobre 20, 2011

E’ una giornata di quelle strane: oggi una barchetta di carta potrebbe inabissarsi in un tombino, e nel fondo del tombino potrebbero esserci pon pon arancioni.
Per non pensarci, o invece per pensarci bene, il trailer di 11.22.63. Arriva l’8 novembre, anche in Italia.

Scream-winners

ottobre 19, 2011

Poca voglia di scrivere un post serio, per varie ragioni. Così, mi diletto con gli Scream Awards 2011, i premi dedicati a film (e non solo) di genere: horror, fantasy, fantascienza.
Il super-riconoscimento The ultimate scream è andato a Harry Potter e i doni della morte (parte seconda: anche miglior sceneggiatura, miglior attore fantasy – Daniel Radcliffe –  e altro). Super8 è il miglior film di fantascienza, per la categoria fantasy vince  X-men:  first class, per l’horror Let me in (in italia Blood story, ahimè). Ancora: Game of Thrones vince nella categoria televisione. Il miglior regista (esulto) è Darren Aronofsky per Black Swan, che premia anche Natalie Portman come miglior attrice “fantasy”). Miglior attrice nella categoria fantascienza, Milla Jovovich  per Resident Evil Afterlife,  miglior attore Matt Smith per Doctor Who. Per l’horror: miglior attrice Chloë Grace Moretz in Let me in, miglior attore Alexander Skarsgård per True blood.
Infine.  Il villain dei villain? Ralph Fiennes-Voldemort in Harry Potter. Altri, gustosi premi, sul sito di Spike Tv.