Oggi segnalo due post e un articolo, che per strade diverse toccano, secondo me, lo stesso punto.
Il primo post è di Mirya, e riguarda i generi, specie il fantastico, e la classificazione dei medesimi come diversi dalla literary fiction.
“È che il canone è qualcosa di dinamico e non di stantio; perfino il canone religioso, il riconoscimento dei quattro Vangeli sinottici al posto di quelli apocrifi, perfino la stesura completa della Bibbia come la ritroviamo oggi è passata sotto un lungo setaccio fatto da menti umane e non certo divine e nulla ci assicura che un domani non muterà ancora: d’altronde uno dei fattori vincenti del cattolicesimo è la capacità di adattamento garantita da una presenza forte come quella del Papa che può ancora decidere di cambiare le cose.”
Il secondo è di Stefania Auci. E’ su Diario di pensieri persi e stronca la nuova versione di Carmilla a cura dell’astuto discendente di Le Fanu.
“Brutto. Non ci sono se e ma. E’ un’operazione commerciale, condotta in maniera spregiudicata e a dir poco discutibile, che non merita alcun tipo di assoluzione, specie se si va a massacrare un capolavoro della letteratura gotica che ha influenzato schiere di VERI scrittori e che rappresenta altresì una critica della condizione di infelicità delle donne in un secolo assai crudele per la loro libertà. ”
L’ultima segnalazione è un’intervista all’amministratore delegato Mondadori, Maurizio Costa. Dove, incredibile ma vero, si parla di crisi editoriale, in mezzo a tanti “va tutto benissimo, il resto sono bla bla degli sfigati”:
“Serve un salto culturale autentico da parte di chiunque lavori nell’editoria. La sfida è rifuggire da atteggiamenti autoreferenziali e capire che tutto ciò sta già avvenendo, che non cambiano solo i processi distributivi e i modelli di business: variano la natura e la produzione dei contenuti e il rapporto con il lettore-cliente. Guardi i grandi player del digitale. Non a caso con Google, Amazon, Apple ci scontriamo su questo, sul fatto che da noi vogliono i contenuti però, da monopolisti, i dati di chi ci compra nei loro “negozi” se li tengono stretti. Non ci pensano proprio, a condividerli”.
Ora, dove porta il salto culturale, però? Quale sarà il rapporto con il lettore-cliente? Che tipo di “prodotti-libro” gli verranno sottoposti? Quelli che si presume il lettore voglia, tutti uguali con piccole varianti, o possibilità di altre esplorazioni? La vampira sporcacciona e la saga liceale oppure si andrà nella direzione che, dopo e insieme a Murakami, altri stanno percorrendo?
Non ho risposte.
Tag: Carmilla, Eowyn Ivey, Maurizio Costa, Mirya, Stefania Auci
novembre 30, 2011 alle 11:36 am |
Parlando di testi religiosi, nonostante la staticità delle istituzioni religiose, nel corso di secoli piccoli mutamenti ci sono stati, anche se lenti, come a esempio adesso si sono accorti che nei vangeli ci sono stati errori di traduzione.
Buone le parole dell’amministratore di Mondadori: bisogna vedere se di circostanza o se a esse seguiranno anche dei fatti.
L’augurio è che la nuova strada da intraprendere (o riprendere) sia quella dei Murakami, King e tutti quegli scrittori che cercano profondità nella scrittura.
novembre 30, 2011 alle 11:49 am |
Non so se definirle buone, M.T. Dipende. Dipende se si offriranno prodotti che presumibilmente vanno incontro ai gusti del pubblico e quindi saranno “fatti in serie”.
Sui testi religiosi, rinvio alla lettura integrale del post di Mirya.
novembre 30, 2011 alle 12:01 PM |
Buone se intese a produrre libri dello stampo di quelli di Murakami 🙂 (lo so, è unico, ma è per rendere l’idea).
Sui testi religiosi ci sarebbe tanto da dire, soprattutto sulle interpretazioni, ma il discorso è lungo e sono altri i lidi di cui parlarne, altrimenti si va ot.
novembre 30, 2011 alle 12:38 PM |
Ah, allora sì. Ma per ottenere quel tipo di scrittura occorre tempo: tempo per l’autore, fiducia da parte dell’editore, scarsa attenzione al “mercato”, nel senso a cosa tira nel determinato momento. 🙂
novembre 30, 2011 alle 1:10 PM |
Quando si ha fretta ci vuole calma. Pertanto, si lascino i frutti maturare e si sarà ricompensati 🙂
novembre 30, 2011 alle 1:52 PM |
Ma siamo davvero sicuri che ‘cosa tira’ sia proprio quello che gli editori continuano a propinare? Lungi da me certe affermazioni come ‘facciamo decidere al lettore ciò che vuole leggere’, perché è chiaro che uno ha le sue abitudini e alla fine ripiega su quelle; perché invece non provare a sedurlo con altre cose e vedere come vanno? Perdonami il paragone terra-terra: se io sono abituata a prendere il croissant crema, panna e ciliegia non è detto che il pasticcere non mi possa proporre qualcosa di nuovo e magari, se mi fido di lui, faccio un assaggio; se poi non mi piace nulla mia vita di tornare al mio croissant, ma se il pasticcere non mi consiglia io continuerò a mangiare sempre e solo il croissant.
novembre 30, 2011 alle 1:53 PM |
(era: ‘nulla mi vieta’… troppe ora al lavoro…)
novembre 30, 2011 alle 2:14 PM |
Riguardo al digitale Mondadori è meglio se si mette il cuore in pace. Se in futuro i libri saranno quasi esclusivamente digitali allora la Monda non esisterà più, se non come semplice marchio o etichetta che dir si voglia.
novembre 30, 2011 alle 6:52 PM |
Su questo, Valberici, non metterei la mano sul fuoco.
Francesca, infatti. Anche perché siamo un paese di non lettori: è sciocco pensare di adescare chi non legge semplificando la scrittura e chiedendo agli autori di adeguarsi al filone presunto vincente. Presunto. Ricordarsi la parola.
novembre 30, 2011 alle 7:28 PM |
il libro di eowin ivey sarà mio
novembre 30, 2011 alle 7:53 PM |
Anche mio 🙂 Ne sono felice.
novembre 30, 2011 alle 8:19 PM |
leggendo la scheda e approfondendo ho scoperto che Snegurochka è anche la base di Storia di Neve di Corona, che poi ci ha aggiunto un bel carico dark. Spero lo abbia fatto pure la Eowin 🙂