Accipicchia come si arrabbia Jonathan Frenzen. Argomento: gli eBook. Questioni sul tappeto: due. Una estetica, una economica.
Numero uno:
“C’è chi ha lavorato duramente per per scivere in un certo modo, esattamente come avrebbe voluto. Ne era così sicuro da stamparlo a inchiostro su carta. Uno schermo dà sempre la sensazione che potremmo cancellare o spostare tutto questo. Per una persona appassionata di letteratura come me, [il testo in versione ebook] semplicemente non è abbastanza permanente… (la permanenza) per i lettori seri è una parte dell’esperienza. Tutto il resto è fluido nelle nostre vite, ma un testo è qualcosa che non cambia”.
Numero due:
“La tecnologia che mi piace è quella dell’edizione tascabile di Libertà (il suo ultimo romanzo, ndr). Anche se la bagno, funziona lo stesso. E funzionerà tra 10 anni. Perciò non è particolarmente strano che ai capitalisti non piaccia: è un cattivo modello di business”.
Tagliente, e con un rischio: quello di scivolare nel passatismo facendo così scivolare in secondo piano gli interrogativi su come il mercato degli eBook (nel modo in cui è attualmente gestito da Amazon) rischi di non apportare novità positive nel mondo dei libri.
Continua…
gennaio 31, 2012 alle 9:42 am |
mortale… direi. E poi sposta il problema da politico a ideologico (o idealista???). Una cosa è la gestione del mercato, un’altra l’innovazione e un’altra ancora la rabbia. Qui c’è rabbia pura. Ma senza un perchè analizzabile…
gennaio 31, 2012 alle 9:45 am |
I perché ci sarebbero, dal momento che gli autori americani molto noti come Franzen rischiano insieme ai loro editori cartacei di perdere in anticipi e forse anche in diritti, a meno di.
gennaio 31, 2012 alle 10:14 am |
Sul primo punto non posso che concordare… Il formato digitale per me rimane un momento di passaggio, correggo gli errori, riscrivo. Ma il lavoro più bello e appagante è quello di correzione con la cara vecchia penna rossa sul manoscritto stampato… Scripta Manent, ma solo su carta.
gennaio 31, 2012 alle 10:15 am |
Mi spiace ripetermi (succede troppo spesso ultimamente), ma ancora una volta vedo che gli autori non si smentiscono mai (e devo dire che io Franzen l’ho proprio adorato, sia per The corrections che per Freedom):
1) la permanenza… dicevo non molto tempo fa in uno di questi commenti che quello dello scrittore è ancora un mestiere mitizzato, perché la letteratura rimane ai posteri…. L’aver pubblicato un libro.. . l’idea che sarà ancora lì fra 100 anni… Peccato che questo non abbia nulla a che fare il fatto che sia stampato su carta o adattato per device. A parer mio, se non altro, è la storia (con la s maiuscola) che rimane nella Storia (con la s minuscola)
2) Franzen è un immenso autore e immensi sono i suoi minimi garantiti e le sue royalties… ma detto in soldoni, lui in quanto immenso non ha che da guadagnare da una distribuzione “diretta” (senza editore) della versione ebook dei suoi romanzi.
Facendo due conti:
Versione cartacea: un romanzo come Freedom costa circa 16 dollari, di cui l’autore prende una royalty che può andare dal 15 al 20% sul prezzo di copertina = quindi circa 2.5 dollari a copia
In poche parole se vende 100.000 copie (una bazzecola per Franzen che ha venduto milioni di copie) parliamo di 240.000 dollari
Versione ebook: facciamo l’ipotesi che Franzen non ceda i diritti ebook al suo editore americano e pubblichi direttamente su ebook (arroccandosi il diritto di usare l’editing fatto dall’editore e la copertina, cosa non difficile per un nome come lui). L’ebook di Freedom costa in US 9,99, ma in questo caso Franzen prende il 70% del prezzo di copertina, pari a 6.99 (circa 7 dollari), che moltiplicato per le 100.000 copie di cui sopra siamo ad un introito di 700.000 dollari, praticamente 3 volte quello della copia cartacea….
Allora cosa vuole Franzen???
gennaio 31, 2012 alle 10:27 am |
Forse, un editore. Caterina, io non sono affatto convinta che degli editori si possa fare a meno. E di certo ho milioni di dubbi nel mettermi mani e piedi fra le braccia di Amazon. Non sto dicendo “no”, sto dicendo che bisogna essere molto freddi e molto lucidi in questa vicenda. E, al momento, nessuno di noi ha gli strumenti per capire. Perché non abbiamo i numeri reali.
gennaio 31, 2012 alle 10:28 am |
Gli dà fastidio che i suoi libri vengono distribuiti in forma digitale? Ama così tanto il cartaceo che considera “permanente”, al contrario del Kindle, alla stregua di una piastra per capelli? Che andasse dai suoi editori e pretendesse come unica forma di diffusione, per i suoi romanzi, quella cartacea. Decidendo di guadagnare evidentemente un terzo di quanto incassa ora. Perché non lo fa?
gennaio 31, 2012 alle 10:31 am |
Lungi da me l’idea di difendere Franzen. Ma il cartaceo lo ha fatto guadagnare parecchio, Matteo. Ripeto: non sono chiari i termini con cui opera Amazon. Io non condivido le affermazioni di Franzen, ma mi riservo il diritto di capire come esattamente opera il maggior monopolista attuale del mercato dei libri.
gennaio 31, 2012 alle 11:21 am |
Non capisco perché l’opinione di Franzen – un grande romanziere che si esprime liberamente su una questione molto dibattuta – debba essere fraintesa in questi commenti al punto da parlare solo di soldi… siamo su un piano completamente diverso.
Franzen sta parlando da lettore, e insieme da scrittore, per dire che il fascino della carta, del ibro stampato, è per lui di gran lunga superiore a quello di un dispositivo hi tech,
E non solo – sta parlando di memoria. Di conservazione della memoria. E’ un punto delicatiissimo e cruciale quello della permanenza nel tempo della scrittura. E peraltro, finora soo i libri stampati hanno dimostrato di resistere al tempo – i files si cancellano, i fax pure…
Non riduciamo tutto alla contabiità, per cortesia. Franzen non parlava per sè in quanto percettore di royalties. Parlava in nome del piacere del testo.
gennaio 31, 2012 alle 12:01 PM |
Scusami La strega Madrina ma devo dissentire…
Franzen dice:
“Everything else in your life is fluid, but here is this text that doesn’t change,” he continued. “Will there still be readers 50 years from now who feel that way? Who have that hunger for something permanent and unalterable? I don’t have a crystal ball. But I do fear that it’s going to be very hard to make the world work if there’s no permanence like that. That kind of radical contingency is not compatible with a system of justice or responsible self-government.”
Io non credo che, come sostiene lui, la maggior o minor fluidità della buona letteratura sia legata alla sua permanenza su carta o meno. Con questo ragionamento avremmo continuato a scrivere sulla pietra, perché la carta si brucia ed è deperibile (ricordiamolo! Molto più dei file!). La carta brucia, la carta si corrode, la carta non è un bene duraturo. E’ un discorso assurdo. Non puoi legare il contenuto al modo in cui viene diffuso… E’ the text that doens’t change, e non cambia manco se lo scrivi su un file word. Quindi trovo il suo discorso:
a) forse solo un po’ nostalgico (opzione che vorrei sicuramente sposare)
b) forse utilitaristico (per ottenere cosa era la mia domanda e un po’ la mia provocazione
Per Lara invece, anche io sono FORTISSIMAMENTE convinta che degli editori non si possa fare a meno, infatti ho detto, uno come Franzen può tenersi i diritti degli ebook e sfruttare tutto quello l’editore fa per lui (editing, promozione, marketing etc etc), che non significa che degli editori si può fare a meno tout court, anzi. La sua è una situazione specifica, però siccome è lui che si inalbera mi chiedevo quali fossero i suoi obiettivi specifici.
Mah…
gennaio 31, 2012 alle 12:07 PM |
Strega madrina, tu hai molta ragione ed è verissimo quello che scrivi. C’è un però, e il però riguarda la battaglia durissima che si sta svolgendo negli Stati Uniti in questo momento fra editori tradizionali e Amazon. E molti scrittori (se non erro, anche in precedenza Franzen si era schierato su questo punto) stanno prendendo posizione. Io non arriverei a dire che gli ebook sono un danno: ma che a fronte del troppo spazio dato a personaggi come Konrath e compagnia, è giusto che si senta anche l’altra campana. Franzen, appunto.
gennaio 31, 2012 alle 12:08 PM |
Ricordo che per un qualche migliaio di anni la letteratura e il mondo delle lettere sono andati avanti benissimo anche senza editori (e lo dico anche a moi sfavore).
A me l’intervento di Franzen è sembrato pura ideologia, un vero e proprio neo-luddismo digitale che investe molti strati dell’establishment culturale.
Mi piace ricordare che Socrate non scrisse nulla perché era fermamente convinto che la scrittura avrebbe rappresentato la fine della cultura: mi sembra evidente che anche i più grandi a volte non riescono a comprendere il cambiamento.
gennaio 31, 2012 alle 12:15 PM |
TI quoto al 99% Giacomo Brunoro, tranne che sugli editori. Nel senso che, nel mondo di oggi, gli editori siano ancora un elemento fondamentale nella nascita dei libri, perché un libro non è solo un testo (written on the stones come vorrebbe Franzen), ma è molto altro.
Sono convinta che potrebbe esserci una svolta, ma prima che uno scrittore sappia fare anche l’editor e il grafico e il posizionamento sul mercato credo che passerà un po’ di tempo.
Chi lo ha già fatto (Murakami), ha comunque una piccola azienda (sua) alle spalle, e non è un esordiente, è un affermato scrittore da 20 anni. Quindi il posizionamento sul mercato è già ben chiaro a tutti…
gennaio 31, 2012 alle 12:18 PM |
@Caterina
Nel mondo di oggi probabilmente si, ma nel mondo di domani? Il punto di fondo è che la realtà muta, cambia, evolve, e nell’analizzare fenomeni così complessi è assurdo non farlo anche in una dimensione storica di più ampia portata.
gennaio 31, 2012 alle 12:37 PM |
Siamo però al punto di ieri: accettare che la realtà muti (spesso secondo regole decise dal mercato, che non vuole certo il bene degli individui, o non sempre almeno) o passare per conservatori? Ripeto che per me le cose sono molto più sfumate di così.
gennaio 31, 2012 alle 12:42 PM |
@Giacomo
Hai ragione, e sono d’accordo con te, in una prospettiva di più ampio raggio (seppur sempre a breve, perché viviamo nel Secolo brevissimo, altro che secolo breve per buona pace di Hobsbawm), l’evoluzione del mondo editoriale sarà in termini praticamente apocalittici. Non escludo quello che tu prevedi (autori grossi con alle spalle validi collaboratori o cooperative di scrittori che si avvalgono di buoni e fidati consulenti). Ma il “lavoro” dell’editore non sparirà, scomparirà il modo in cui viene affrontato, quello che noi oggi definiamo (con le sue regole e i suoi paletti) una casa editrice, ma il lavoro in sé (ripeto editing e marketing editoriale) non è destinato a sparire perché fa parte del processo di scelta del lettore.
Non so se mi sono spiegata, ma in un ipotetico futuro dove chiunque avrà accesso al self publishing, esisterà ancora il lettore e come tale il suo limitato tempo per informarsi, scambiare opinioni ed infine scegliere cosa comprare.
In modo diverso (davanti ad una tastiera invece che in un luogo fisico come la libreria?) sicuramente, ma il processo interno di scelta del “consumatore/lettore” rimane lo stesso. Non credi?
gennaio 31, 2012 alle 1:38 PM |
@Caterina
assolutamente si, sottolineo che io lavoro (e tanto anche) per un editore digitale e sono straconvinto che per il 99% degli esordienti o comunque degli scrittori “deboli” (da un punto di vista della potenza di fuoco) è utilissimo avere un editore con cui lavorare, e sarà così ancora a lungo. Però oggi come oggi avere un editore non basta più, bisogna anche saper promuovere attivamente il proprio lavoro
@Lara
Il così detto “mercato” è fatto dalla somma dei singoli individui 😉
gennaio 31, 2012 alle 1:55 PM |
Un po’ facile come definizione, non trovi? Quanto meno, farebbe piazza pulita di qualche centinaio di pensatori degli ultimi due secoli. O il mondo cambia a tal punto che sono tutti spazzatura? 🙂
gennaio 31, 2012 alle 1:40 PM |
Beh non è che io sia particolarmente convinta delle motivazioni riportate dall’autore.
Non dico che abbia torto (o ragione), dico che non mi sembrano convincenti al punto tale da sposare una filosofia anti e-book.
Ciò detto io ne ho ricevuto uno in regalo per il matrimonio (era in lista, quindi era un regalo scelto da me).
Al momento si sta rivelando un ottimo metodo per riprendere a mano i grandi classici che sono disponibili a meno di 1 euro, mentre per quanto riguarda le uscite più recenti per ora è un vero e proprio fiasco: sono tutte costose (diciamo dai 10 euro in su), e quindi tanto vale rivolgersi alla biblioteca o attendere l’edizione economica.
Personalmente non sono così ferrata nel meccanismo editoriale da riuscire a farmi un’opinione forte sul futuro dell’e-book, ma seguo con interesse la sua evoluzione, così come tutti i post e le opinione ch emi possono aiutare a prendere posizione.
gennaio 31, 2012 alle 2:09 PM |
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
gennaio 31, 2012 alle 2:47 PM |
Scrive Caterina: “Non puoi legare il contenuto al modo in cui viene diffuso”.
Mi permetto di dubitarne fortemente. Citando McLuhan: il mezzo è il messaggio,
Nel senso che fa libro e ebook c’è uno scarto, e quello scarto muterà probabilmente il genere romanzo, facendolo evolvere in qualcosa di diverso.
Chiarito questo punto, io non ho mica detto che ha ragione Franzen. Ho solo sostenuto, a livello di metodo, il senso delle sue argomentazioni. Sul merito della questione non provo nemmeno a esprimermi, E’ troppo presto – stiamo a vedere che succederà.
gennaio 31, 2012 alle 6:16 PM |
Ciao Lara! ^_^
Ho pensato di nominarti per il Versatile Blogger Award.
Buon proseguimento e grazie dei sempre interessanti spunti di riflessione.
gennaio 31, 2012 alle 7:03 PM |
Due questioni assai risibili.
Ne pongo io un’altra: Amazon riuscirà ad avere il monopolio quasi assoluto delle vendite nei prossimi 10 anni o lo spartirà con una mezza dozzina di altre case editrici?
febbraio 1, 2012 alle 9:25 am |
Grazie dalailaps! Valberici, questione da poco, eh? Non sono in grado di rispondere, anche se allo stato delle cose propenderei per la prima ipotesi.
febbraio 1, 2012 alle 9:26 am |
Cara strega madrina, credo che tu stia un po’ travisando il messaggio di McLuhan. Avendo studiato comunicazione mi sento di sostenere che con il medium (del il medium è il messaggio) McLuhan non facesse esattamente riferimento alla differenza tra il libro su carta e il libro su ebook. Stava considerando l’adattamento del messaggio tra un medium e l’altro (in particolare rispetto all’avvento della televisione)… da qui la divisione tra media caldi e freddi… Ammesso che l’ebook sia un nuovo medium (e se l’ipad come device potenzialmente può diventarlo, sull’ebook, così come lo conosciamo, ho dei dubbi che lo sia), qui stiamo parlando del libro di Frenzen, cacchiarola. Apriamo Freedom su carta e su ebook: il romanzo è lo stesso: non ci sono neanche arricchimenti nella versione digitale che ho davanti. Non possiamo parlare di messaggio differente. Se diciamo che quando leggo I promessi sposi su carta passa un messaggio e se li leggo su ebook ne passa un altro… va beh alzo le mani e invito tutti a leggersi un classico su ebook e dirmi che messaggio diverso ha avuto…
E qui non si sta parlando di gradevolezza dell’esperienza! Io adoro l’odore della carta, i libri e le librerie non virtuali.
Ma da qui a dire che il ebook (puro e semplice, non sto parlando di app) è un nuovo medium e per questo passa un messaggio differente… beh forse sono io che vivo in un universo parallelo, ma i romanzi che ho letto fino ad ora su ipad han mantenuto la loro significanza, te lo assicuro..
E non tiriamo fuori i pensatori della comunicazione, altrimenti torniamo alla teoria dell’ago ipodermico e noi siamo 4 scemi passivi che ci facciamo portare in giro da qualunque cosa dica uno un po’ meno scemo in TV…
Provare per credere.
Voglio credere a tutta la buona fede di Franzen, che adoro, ripeto, come romanziere, ma sta facendo del suo nome una battaglia politica… Parole sue “That kind of radical contingency is not compatible with a system of justice or responsible self-government.”
Se non è politica questa… e dietro la politica ci sono gli interessi, e lui sta difendendo i suoi, come molti altri scrittori…
febbraio 1, 2012 alle 9:31 am |
Dipende dal significato che diamo alla parola politica, cara Caterina. Io non sono per nulla convinta che si difendano gli interessi di una categoria. Non solo. Non sono per nulla convinta che non si difenda anche un modo di scrivere, pensare, essere. Anche, ripeto. Mi fa paura l’entusiasmo acritico: in qualsiasi campo.
febbraio 1, 2012 alle 2:46 PM |
A me fa paura sia l’entusiasmo acritico che il bastiancontrarismo acritico, nello stesso modo, “hanno fatto più danni della tempesta nelle zucche” come diceva mia nonna.
Il mio era un sondare cosa ci fosse “davvero” dietro le parole di Franzen e non una facile sostegno dell’ineluttabilità della carta nella significanza della letteratura….
Ma forse sono io che mi faccio troppi problemi e forse solo perché è Franzen e non uno qualunque, e forse perché ho amato il suo The Correction e adesso non mi ritrovo in questa (perdonami se lo penso) sua “campagna”. E non mi ritrovo non perché, acriticamente, inneggio alle nuove tecnologie (se vuoi ti faccio una lunga lista di tutto ciò che non va, a mio parere), ma perché mi sembra che il nostro Franzen si nasconda dietro ad un mare di belle parole sul persistere della letteratura, quando non stiamo parlando del fatto che ottimi autori sono tagliati fuori dal mondo del pubblicato per motivi non letterari (e evviva alle campagne allora, scendo in piazza anche io), ma quando stiamo parlando di un supporto… un supporto… Non è su quello che si misura la storia… non è quello che rimane nella Storia.
Me ne sto zitta, meglio
Baci
febbraio 1, 2012 alle 3:32 PM |
“ottimi autori sono tagliati fuori dal mondo del pubblicato per motivi non letterari ”
Mi faresti qualche nome Caterina, per favore? Sono molto curioso.
febbraio 1, 2012 alle 3:58 PM |
Mi spiace G.L., io ci lavoro in questo mondo…
febbraio 1, 2012 alle 4:12 PM |
Niente nomi? Peccato.
febbraio 1, 2012 alle 4:17 PM |
a me il kindle è comodo perchè mi porto dietro tutto discwordl tutto Anderson e molto altro. la casa è piccola 7000 libri occupano molto spazio
febbraio 1, 2012 alle 6:38 PM |
Ma Claudio, nessuno dice che non sia comodo! Questa non è una guerra santa conservatori cattivi contro le innovazioni. Semplicemente, l’idea stessa che venga vissuta come una contrapposizione a me dà da pensare. Da quel che so, nessun medium ha mai davvero soppiantato l’altro: sono sempre andati a integrarsi. Il fatto che venga posta come “il nuovo avanza e distrugge” (non da te, nè qui, ma molto spesso ci si imbatte in questa affermazione) è il segnale di come venga vissuta/ venga fatta vivere in modo inquietante questa trasformazione.
Caterina, io non volevo affatto zittirti. Però non vorrei neanche che il mito del self-published (mi riferisco agli autori tagliati fuori) si affermi prescindendo sia dai dati reali sia per volontà amazoniana. Insomma, ci vado con i piedi di ultrapiombo.
Quanto a Franzen: secondo me – ma è una mia ipotesi di lettrice – fifty-fifty. In parte credo che ci sia davvero un’idea estetica dietro le sue dichiarazioni. In parte, no. 🙂
febbraio 1, 2012 alle 6:39 PM |
Ps. Quanto agli autori tagliati fuori: sensazione per sensazione, se si continua così saranno pochissimi quelli che rimarranno dentro 😀
febbraio 3, 2012 alle 11:12 am |
La carta sarebbe molto più deperibile di un file????
Caterina lavorerà anche per il mondo editoriale, ma su alcuni argomenti ha le idee parecchio confuse.
P.s: le argomentazioni di Franzen (tal Valberici) per qualcuno sarebbero risibili? Caspiterina, mi verrebbe da dire…
febbraio 3, 2012 alle 12:12 PM |
HHH: poffarbacco, mi verrebbe da replicare… 😀
febbraio 3, 2012 alle 12:16 PM |
Franzen starà tremando…immagino.
febbraio 3, 2012 alle 12:23 PM |
HHH. Magari chiarire il proprio pensiero prima di schernire questo e quello?
febbraio 3, 2012 alle 12:40 PM |
Punto 1, in breve): spiegare per quale motivo la carta sia più duratura di un file è come spiegare perchè l’Oceano Atlantico sia più esteso della pozzanghera sotto casa mia.
Punto 2: cos’è l’e-book? E’ un file di testo che necessita INEVITABILMENTE di un oggetto (tablet, e-reader, PC…) che lo decodifichi, affinché lo si possa leggere. In parole povere: niente device? Niente lettura.
Cos’è il libro cartaceo? Un testo che può essere letto DIRETTAMENTE, senza alcuna intermediazione (termine
che piace molti ai tech-addicted) da parte di alcuno strumento (a parte i propri occhi, naturalmente) e che dura nel tempo molto più di qualunque giocattolino di plastica e microcircuiti .
Domanda: quale dei due è più avanzato? Quale è, invece, più “cool”?
P.S.: tutto ciò, com’è ovvio, trascurando l’esperienza meramente estetica dei due soggetti in questione.
febbraio 3, 2012 alle 1:07 PM |
@HHH
ma siamo sicuri che la durata nel tempo sia la cosa più importante e qualificante di un testo letterario? No perché allora non capisco per qualche motivo non si usino le tavolette di pietra o i papiri.
Mi sembra che, purtroppo, la discussione si sia trasformata in uno scontro ideologico a priori che mette di fronte carta e digitale. Un neo-luddismo digitale, appunto. Del resto Franzen argomenta in maniera poco convincente e molto pretestuosa il suo “odio” verso il digitale. Io personalmente non odio nulla e sono abituato ad utilizzare i supporti in funzione della loro praticità.
Ragionare in termini di “avanzato”, “cool”, “bello” o “brutto” non ha senso in un contesto del genere. La partita in gioco è un’altra e mi sembra che si fatichi a comprendere il nodo della questione: quando c’è uno step evolutivo (chiamiamolo così) il motore della storia non si ferma, è un qualcosa di insito nell’animo umano e che si ripete inevitabilmente da millenni. Quello che spaventa a priori è il cambiamento in quanto tale, non la cosa che cambia. Purtroppo invece sui giornali e in giro ci si riduce sempre ad una guerra tra poveri, e cioè tra chi è entusiasta a priori dell’ebook e chi invece lo odia a priori, atteggiamenti sterili che non servono a nulla.
@Lara
Tu dici che “nessun medium ha mai davvero soppiantato l’altro”: infatti l’ebook non è un nuovo medium, è semplicemente un nuovo strumento che permette di leggere in modo diverso un medium tradizionale. Esempio: la televisione non ha fatto scomparire il cinema, ma il dvd ha fatto scomparire le videocassette e i videoregistratori.
Infine una riflessione di carattere generale: forse qualcuno non si è accorto che, negli ultimi 50-60 anni, il mondo editoriale ha di fatto smesso di avere come obiettivo quello di produrre cultura. Tranne rare eccezioni l’obiettivo è uno solo: dare vita a prodotti letterari che vendano il più possibile. Tutto questo con la “letteratura” intesa in senso tradizionale non c’entra un bel niente.
Per quanto riguarda gli aspetti meramente di mercato poi vi ricordo che gli scrittori che in Italia vivono grazie ai diritti d’autore dei loro libri saranno sì e no una ventina (dai, facciamo 30 per esagerare), quindi mi fa sorridere tutta questa preoccupazione degli scrittori italiani per come “sta cambiando il mercato”.
febbraio 3, 2012 alle 1:24 PM |
Veramente sto cercando di dire proprio che non ha molto senso il pro/contro: semmai, distinguere le luci e le ombre nei due ambiti.
Ps. Scrittori che vivono di diritto d’autore. Se sono dieci esagero. Quanto alla preoccupazione: faccio questo mestiere, non mi sembra peregrino cercare di capire. Il che non significa gridare all’Apocalisse o all’Eldorado.
febbraio 3, 2012 alle 1:27 PM
😉
febbraio 3, 2012 alle 1:45 PM |
Che sta per?
Aggiungo: non trovo particolarmente utile la semplice presa d’atto del mondo che cambia. La storia, appunto, dovrebbe insegnarci che non tutti i cambiamenti sono andati nella direzione del miglioramento. Non osteggio, ma provo a esercitare un minimo di sguardo critico.
febbraio 3, 2012 alle 1:55 PM |
che mi sembra che sotto sotto ci capiamo (almeno credo).
febbraio 3, 2012 alle 1:56 PM
🙂
febbraio 3, 2012 alle 1:50 PM |
“Step evolutivo”??????? (dove? come? quando?)
Tavolette e papiri???
Si è dimenticato anche di far riferimento ai “polverosi e obsoleti” , nonché “pesanti e ingombranti” volumi…
febbraio 3, 2012 alle 1:52 PM |
Detto questo, non sono neanche d’accordo con te, HHH. Ripeto: non si tratta di una guerra tra fazioni, ma di analisi di quel che sta avvenendo. Possibilmente in modo lucido, eh.
febbraio 3, 2012 alle 2:22 PM |
Assolutamente d’accordo su HHH su quanto afferma sulla deperibilità di file, testi elettronici e quant’altro.
Cfr sul tema: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/05/20/eclisse-della-memoria.html
Sul tema della difficoltà della conservazione della memoria al tempo del digitale si consiglia l’esaustivo saggio “L’eclissi delle memorie”, a cura di T. Gregory e M. Morelli, Bari, ed. Gius. Laterza e Figli, 1994.