Dunque, Tanit è in libreria. Pazientate se questo sarà un post di segnalazioni e recensioni: lo avevo anticipato e così è.
Sono usciti due articoli, e ve li copio qui sotto. Un grazie è poco. Siate comprensivi: anche le blogger si emozionano.
IL VENERDI’ di Repubblica.
GRAN FINALE PER LA NOSTRA LARA MANNI
“Ivy lascia cadere il pennarello. Rimane a guardare le ultime parole. Si sofferma sul disegno del demone che ha appena tratteggiato: Hyoutsuki è soltanto carta. Deve restare nel suo mondo, dove il tempo non trascorre e non trascorrerà”. La giovanissima disegnatrice di manga Ivy ci accompagna in un nuovo viaggio a metà strada fra l’universo parallelo dei demoni Hyoutsuki e Yobai e quello, assai più tetro, della ferocia umana e del sottile confine tra maternità e perdita, tra vita e morte. Un istinto che conduce all’autodistruzione e all’annientamento dei propri simili, fino all’estremo dell’orrore dell’infanticidio compiuto da Davide, che uccide la figlioletta appena nata per poi suicidarsi. Questo prodigioso romanzo conclude la trilogia iniziata col successo dei primi due volumi Esbat e Sopdet. Con Tanit, La bambina nera, la romana Lara Manni conferma un’eccezionale maestria nell’individuare connessioni fra il regno dell’oscuro e l’oscuro quotidiano, costruendo un cosmo dove il surreale diventa iperreale. Dimostrando che esiste terreno fertile per lo sviluppo del genere fantasy/noir made in Italy” (Silvia Pingitore)
IL MESSAGGERO
MANNI: IL MIO TANIT RUOTA TRA DUE MONDI di Leonardo Jattarelli
“Tanit è ambientato nel 2008, mentre le prime avvisaglie della grande crisi economica seminano paura e rabbia a Roma. Non è un bel mondo, quello dove passeggiano demoni e dei. E’ un mondo di risentimento e rancore, di piccole meschinità…”. Con il suo nuovo libro Tanit in uscita oggi (Fazi editore, 370 pagine, 18,60 euro) la scrittrice romana Lara Manni chiude una trilogia fantastica iniziata con Esbat e proseguita con Sopdet, tra leggende orientali e miti mediterranei legati alla Grande Madre. Ma più che negli scritti precedenti, qui l’autrice compie un vero salto di scrittura intima, intensa e immaginifica insieme che la porta indiscutibilmente al di là del genere per volare verso altre mete.
Nel suo libro due mondi che cercano un contatto. Ci sono i demoni e una sorta di giovane angelo, Ivy, artista che attraverso i suoi disegni può modificare storie e destini. Da dove è nata l’ispirazione?
Da almeno due considerazioni. Nell’intera trilogia, ma soprattutto in Tanit, mi interessava raccontare il rapporto che esiste fra creazione e distruzione. Non è solo la vecchia pulsione che porta a uccidere ciò che si ama, come pure avviene nel primo libro, Esbat: è l’idea che narrare significhi aprire porte fra un mondo e l’altro e che, una volta spezzato un equilibrio, riportare ordine comporti pagare un costo molto alto. Da una parte, una metafora della scrittura stessa. Dall’altra, un doppio romanzo di formazione: visto dalla parte della protagonista, Ivy. E da quella del principale personaggio non umano, il demone Hyoutsuki,
Tanit è La bambina nera. «La bambina del mondo nuovo». Ha un significato preciso la scelta di affidare ad una bambina di colore il futuro di una nuova specie?
Da una madre nera siamo venuti e una bambina nera può azzerarci. Ho pensato questo quando ho immaginato Tanit, una figlia divina, un messia rovesciato che porta distruzione invece di salvezza. Il nero è anche questo, nel suo caso: la fine di ogni possibilità.
L’iconografia ha un ruolo fondamentale attraverso una ricerca raffinata di fascinazioni scultoree, dipinti, figure mitologiche. Come nasce questa ricerca?
Più che una ricerca, è una restituzione. Per molti anni sono stata soltanto una lettrice: quando ho iniziato a scrivere, nel 2007, sono affiorate le immagini, le storie, le musiche che ho amato. Un discorso a parte va fatto su Axieros, la dea che è al centro di questo romanzo. Il nome Axieros viene da Samotracia: è una delle tre entità che permette l’iniziazione al culto dei Cabiri. Apollonio Rodio la identifica con Demetra. Ma Axieros è anche Inanna, la dea dei Sumeri che governa l’amore e la guerra. E’ anche Ishtar, la dea della Mesopotamia che governa l’amore e la guerra, scende agli inferi e può risalire soltanto quando ha lasciato, al suo posto, il proprio sposo. E’ la dea delle tempeste, dei sogni, dei presagi, dell’amore. Come la fenicia Astarte. Come, in Tracia e Anatolia, fu Ecate. Axieros, insomma, è una delle Grandi Madri. Signora dei luoghi. Signora della vita. Signora delle Storie. La Dea è femmina, ci ricorda Robert Graves. Almeno finché un dio geloso non si impone come unico, e onnipotente. E persistente.
Uno degli aspetti più affascinanti di Tanit è il suo andare oltre il genere per ancorarsi molto all’oggi: c’è Internet e una Roma da fine del mondo, ci sono i Suv e la Cinquecento, i Pan di Stelle e i 30 Seconds to Mars. Nei suoi progetti c’è l’affrancamento dal Fantasy o Urban Fantasy?
Ho sempre preferito parlare di fantastico: anche per cercare di svincolarmi dall’identificazione tra fantasy e high fantasy, caratterizzato da ambientazioni medievali e fortemente debitore nei confronti di Tolkien. La mia opinione è che, pur amando appassionatamente Il signore degli anelli, e considerandolo uno dei capolavori della letteratura del Novecento, occorra svincolarsi da Tolkien. Si è creato, sempre a mio parere, un filone posticcio, e raramente raccontato con la stessa forza del modello (farei un’eccezione per il solo George Martin e le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco). Giustamente, già nell’introduzione alla saga della Torre nera, King ha scritto che bisogna andare oltre (e lo ha fatto). Ora, non so se le mie storie siano classificabili come Urban Fantasy. Probabilmente sì. Però la strada che vorrei percorrere è quella battuta da, per fare un nome eccelso, Murakami Haruki. Due piani di realtà che si incontrano e si sovrappongono.
«Non ci sono sogni nell’odio di questi mortali» si legge ad un punto. La pensa davvero così Lara Manni? Vale anche per la letteratura di oggi?
Non per tutta, non sempre. Forse c’è una parte del mondo editoriale che, soprattutto in tempi di malinteso boom digitale, coltiva sogni piccoli. Forse ci sono autori che identificano scrittura con pubblicazione e pubblicazione con successo. Ma attorno a me ne vedo molti altri che continuano a sognare in grande. Ovunque questi sogni portino.