Archive for febbraio 2012

Quando parliamo d’amore

febbraio 29, 2012

Cerco di non parlare molto dei miei libri, sul blog, perché credo che non sia necessariamente frequentato dai miei lettori, o non solo. Resta valido il colonnino di destra dove aggiorno le pagine con recensioni, segnalazioni e interviste: ogni tanto, se avete voglia, spulciate.
Oggi faccio un’eccezione. Perché è uscito un libro, Riscritture d’amore, che raccoglie gli interventi effettuati durante un seminario della Società delle Letterate.  All’interno del medesimo, c’è uno splendido saggio di Giuliana Misserville che si chiama Amori infernali. All’interno del saggio, c’è Esbat.  E c’è anche la trilogia di Mirta-Luna di Chiara Palazzolo. Leggetelo. Io ne  posto solo un passo che mi ha riempita di orgoglio:

“Palazzolo scrive la parabola del cammino verso la libertà di una ventenne dei nostri giorni e sempre la libertà è uno dei motori di Esbat, la libertà di riscrivere, di rimettere mano alla narrazione, di narrare di nuovo e diversamente la vita dei personaggi e attraverso la loro anche quella di chi disegna (o scrive), la libertà di orientare la propria vita e il proprio desiderio. Nelle due italiane, consapevolmente o no, c’è una articolazione diversa dei rapporti tra i due sessi indispensabile a dare ai personaggi femminili la possibilità, come scriveva Angela Carter auspicandola per tutte le donne, “di aprirsi il varco nella storia e, in tal modo, di cambiarla”.

Questo è il cuore delle mie storie: un cuore inizialmente inconsapevole, ma più nitido man mano che sono andata avanti. Me ne rendo conto in questi giorni di sperimentazione, dal momento che i racconti-premio sono anche un’occasione preziosa di capire a che punto è la notte, e la mente. Il varco nelle storie, oltre che nella storia, è quello che sto cercando. Prima o poi, lettori e lettrici, vi scriverò una lettera per spiegarmi meglio. E per spiegare, anche, il motivo che mi allontana da una certa idea di romantico (ma non dall’amore). Per ora, grazie a Giuliana Misserville, di cuore.

 

Se King non entra in classifica

febbraio 28, 2012

Facciamo una premessa: delle classifiche di Amazon, al momento, mi fido poco.  Basta un minimo spostamento di vendite e si possono scambiare per best-seller titoli che sono stati acquistati, in quel giorno, da due persone. Per non parlare degli eBook.
Facciamone due: la classifica Nielsen risulta prevedibile, con un’eccezione, quella di Wisława Szymborska al primo posto (effetto Saviano più effetto Fazio congiunti, immagino).  E dunque amore-zucchero-cannella-camilleri-schiappa-volo- dieta-anche illustrata.
Detto questo, vi siete accorti che 22/11/63 non è praticamente entrato nella classifica del dieci libri più venduti? E che, nelle parti alte delle classifiche, è rimasto pochissimo?
Questo, nonostante si tratti del romanzo di King fra i più celebrati dalla critica statunitense, e decisamente fra i più belli che abbia scritto. Questione di promozione? Anche. Di certo, Sperling&Kupfer sembra essersi mossa molto più per Damned di Claudia Palumbo che per il suo storico cavallo di battaglia. Questione di costi? Avviene quel che si era previsto, ovvero che è il prezzo di copertina a determinare il successo di un libro e non il contenuto? Damned costa 15,90 euro. 22/11/63 ne costa 23,90. Otto in più. Certo, può fare la differenza.
Però, però, però.
Uno sguardo a questi dati ci fa vedere che il mercato dei paperback “massmarket” è precipitato: meno 41% è la differenza di vendita fra dicembre 2011 e dicembre 2010. Quanto costa un paperback?  Un libro della Kinsella in versione massmarket paperback si trova su Amazon a 7,99 dollari. Allora, è una questione di prezzo? Anche, certo, indubbiamente. Una questione di promozione? Poco ma sicuro. Una questione (nel caso della Kinsella) di saturazione? Può darsi.
Ma non basta ancora.
Ho molte domande e pochissime risposte. La più scontata è che si vada non verso il felice ritorno del romanzo di intrattenimento a prezzo basso: come pure, in un bell’intervento su Carmilla, scrive Marcello Simoni. Ma che si proceda alla cieca, investendo a caso e sbagliando politica dei prezzi (23 euro per King sono, obiettivamente, una follia). Come se ne esce?
Non solo con gli eBook, a mio parere.  Forse, con un soprassalto d’orgoglio da parte di chi fa l’editore. Forse.

 

La via italiana alla socialdemoeditoria

febbraio 27, 2012

Dunque, Mondadori chiarisce di cosa parliamo quando parliamo di self-publishing. Lo fa Edoardo Brugnatelli in un‘intervista rilasciata ad Antonio Prudenzano.  Cosa dice Brugnatelli?

“Premesso che esistono tanti modelli di self-publishing, negativi e positivi, come ad esempio quelli – molto interessanti – promossi negli Usa da Penguin e HarperCollins, la nostra idea di self-publishing è che tutti, se lo vogliono, possono diventare editori di se stessi. Il tutto all’interno di una community, un’apposita piattaforma online, dove ci si legge e giudica a vicenda con criteri ‘social’…”

L’esperimento di Penguin è Book Country. Più di un self-publisher, siamo una community, si dice orgogliosamente nel sito. Si pubblica genere: science fiction, fantasy, romance, mystery, thriller. Si postano i propri libri, si discute, si danno feedback (sì, somiglia ai siti di fan fiction, che hanno anche – per chi non lo sapesse, una sezione originali). Serve a farsi notare da Penguin per eventuali pubblicazioni con il loro marchio? Neanche un po’. Cosa ci guadagna Penguin? Bella domanda. Fidelizzazione? Reputazione in rete? Altro? Lo vedremo dopo.
Intanto, Brugnatelli smentisce l’ipotesi di pubblicazioni a pagamento:

“Mondadori non venderà mai il proprio marchio a pagamento, il progetto che stiamo studiando non andrà in questa direzione. Anche perché se una casa editrice pubblicasse testi a proprio marchio senza verificarne i contenuti, rischierebbe seriamente a livello legale. Sarebbe una follia, non vogliamo certo andare in galera…”. Sempre a proposito dell’aspetto economico, l’editor aggiunge che in questa fase “si stanno facendo delle valutazioni, ma non lanciamo la piattaforma per sfruttare la sete di autorialità, né per guadagnare con i soldi e le illusioni dei tanti aspiranti scrittori”

Bene, e allora perché?  Non per fare scouting. Anzi, dice ancora Brugnatelli, il modello è il lavoro di Dave Eggers. Ma 826 Valencia è un’altra faccenda ancora. Dave Eggers la fonda nel 2002 come organizzazione non a scopo di lucro per aiutare bambini e insegnanti nella scrittura.  Mondadori si lancia nel self-publishing senza scopo di lucro? Difficile da credere. Bene, e allora perché?

Il perché va ricercato ancora una volta in Book Country.   Non so se Mondadori seguirà l’esempio, ma nella community è possibile usufruire di questi servizi:
Pacchetti per la pubblicazione
: dai 99 ai 549 dollari per trasformare il file in eBook.
E poi, come promesso qui, consulenza di esperti. Che suppongo nient’affatto gratuita.
Tutto legittimo, per carità. Ma se si andasse davvero in quella direzione, resta difficile immaginare che non si punti sulla sete di autorialità.  Il disclaimer, per favore, il disclaimer!

Gradite una tartina, un libro, un assegno?

febbraio 24, 2012

Avete presente le lamentazioni e le accuse che vengono rivolte, in ambito letterario e non solo, a chi si occupa di libri sui giornali e sulle riviste? Immagino di sì, e sono più o meno simili: si recensiscono solo gli amici, si fanno “marchette”, si ricevono somme sottobanco dagli editori. Basta fare un giretto e si leggono migliaia di questi commenti.
E i blog? Ah, per Giove, i blog sono liberi, i blog non rispondono a nessuno, i blog sono indipendenti e non hanno padroni.
Non è proprio così, comincio a pensare. Qualche settimana fa, per esempio, ha fatto il giro della rete (letteraria) un post dello scrittore Christian Raimo, dove si racconta della convocazione da parte di Mondadori di alcuni blogger in un albergo romano. Motivo? Capire come tira l’aria sul web. Insomma, una vera e propria consulenza. In cambio di uno squisito aperitivo.
Sempre qualche settimana fa,  Stefania Auci aveva scritto un’interessante riflessione su blog e libertà di parola, che trovate su Diario di pensieri persi.
Insomma, che si tratti di una tartina o di un libro in omaggio,  la libertà dei blogger è molto spesso oggetto di mercato: anzi, di marketing.
Ieri è capitato a me. Ricevo una mail da una “giovane agenzia web”. Non la cito, per correttezza.  Chiedono se io sono io. Sì, rispondo, sono io. L’offerta è immediata:  pubblicare sul blog “un redazionale” che sembri in tutto e per tutto un post come gli altri. Non importa se parla di cinema, libri, o attualità. Purché contenga un link a un determinato sito. Mi vengono inviati degli esempi: su blog dove si parla di serie televisive, cinema, cronaca. Con link. L’offerta, qualora accettassi, è di ottanta euro.
Evidentemente ho detto no. Non perché sia una pura e dura, ma perché credo che se un blog ha una risorsa, quella si chiama credibilità. E va difesa, per il bene del blogger e dei suoi lettori.  La pubblicità è una nobile arte: ma dev’essere chiara, a mio modesto parere. Anche il marketing è pratica piacevole e divertente: ma dev’essere evidente dove comincia e dove finisce.
Detto questo, nessun anatema su chi accetta: ottanta euro fanno sempre comodo, di questi tempi. Però, ancora una volta, la questione è una: il disclaimer, per favore.

Il bambino, l’acqua sporca e Gian Arturo

febbraio 23, 2012

Gian Arturo Ferrari, già Mondadori, ora direttore del Centro per la diffusione del libro e comunque eminente figura nel mondo editoriale, ha rilasciato ieri un’intervista a L’Unità.
Due risposte mi hanno dato da pensare. Ovvero:

Cambierà il mestiere dell’editore?
«L’editore nasce per una ragione semplicissima: la pubblicazione, con il libro a stampa, è costosa. E poiché l’autore è una persona che ha talento e idee ma in genere non ha soldi, ecco che compare una figura diversa, l’editore appunto, che dice: caro autore mi fido di te, investo io al posto tuo, pago io la stampa. L’elemento centrale della rivoluzione digitale è proprio la possibilità di pubblicare a costo zero. Questo sicuramente influirà sul rapporto tra editore e autore».

Avremo un mondo senza editori?
«Il rapporto tra autore ed editore, per fortuna dei secondi, non si ferma alla copertura delle spese, ma è più profondo, intenso, quasi complementare. Non solo: ma una volta che un autore pubblica un ebook a costo zero, il pericolo è che nessuno o quasi venga a sapere della sua esistenza. E questa, probabilmente, sarà la ciambella di salvataggio a cui si aggrapperanno gli editori del futuro: esperti di marketing e comunicazione che aiuteranno gli autori a farsi conoscere, anche online».

E l’editing che fine fa? Delegato alle agenzie? Al betareading? A consulenti individuali? Voglio dire: non dovrebbe venire prima il testo e poi la comunicazione?
Nella visione del futuro che si va delineando,  sembra un dettaglio trascurabile: eppure, questa è stata una delle ragion d’essere dell’editoria medesima.  Forse sarà giocoforza liberarsene, ma la cosa  non  fornisce particolari motivi di entusiasmo.

Chi conquista chi (su mainstream e il fantastico, ancora)

febbraio 22, 2012

Su Hypernext trovo un post molto interessante, che parte dal mio vecchio intervento su King e Murakami, e che vi riporto.

“Analizzando su Carmilla due pubblicazioni recenti – 1Q84 di Murakami Haruki (Einaudi) e 22/11/63 di Stephen King (Sperling&Kupfer) – Lara Manni vota come soluzione per traghettare la letteratura del fantastico fuori dal ghetto editoriale l’invasione/intrusione del mainstream:

“[…] Se c’è una via per sfuggire alla nicchia, alle costrizioni editoriali, al malinteso post-tolkieniano, è proprio quella di sfumare i confini, o di contaminare, dall’interno, il mainstream. Facendo colare un mondo nell’altro, ricordava King: come liquido dal fondo di un sacchetto di carta.”

Soluzione che condivido e sottoscrivo.
Ma, a livello operativo, come fare per “conquistare” il mainstream?

In Italia, noi addetti al fantastico siamo malati cronici di scenario e ambientazione. Qualche volta ci riesce bene (uno su tutti, Dario Tonani con Infect@ & Co.) ma è ovvio che non basta. Dimentichiamo, o curiamo poco, i personaggi e le tematiche col rischio di produrre una grande quantità di contenitori e una bassa qualità di contenuti (per non far di tutta l’erba un fascio, a scanso d’equivoci, va citata Clelia Farris con Nessun uomo è mio fratello, romanzo sull’impunità vincitore del Premio Odissea 2009). Spesso sorvoliamo sullo stile e la lingua.

C’è un romanzo – mainstream e italiano – che nei punti deboli storici del patrio fantastico ha le sue fondamenta: Accabadora, di Michela Murgia, Premio Campiello 2010. In una storia che parte a ridosso della fine della Seconda Guerra ci sono personaggi con la “P” maiuscola (profondi, verosimili, tridimensionali), una lingua molto curata senza essere eccessivamente letteraria e grandi temi (morte ed eutanasia, condizione femminile). Lo scenario, la Sardegna e il Piemonte tra i ’50 e i ’60 del secolo scorso, viene filtrato nella descrizione degli spazi domestici, quasi un’estensione della psicologia dei personaggi. E per dirla tutta, c’è anche un pizzico di fantastico – l’intangibile, il misterioso, il sesto senso – declinato sotto forma di gotico rurale un po’ più metafisico di quello di baldiniana memoria.

Al di là dei mostri sacri del passato (Buzzati-Calvino-Levi) e del presente (Evangelisti) – esempi diametralmente opposti, dal maistream al fantastico e viceversa – nel futuro è giusto aspettarsi in “fondo al sacchetto di carta” gli autori mainstream nella veste di salvatori del fantastico o auspicare che l’invasione parta dall’altro lato della frontiera?”

Risposta, per quel poco su cui è possibile ragionare, dal momento che le cose sono in via di mutazione rapidissima. Credo che siano entrambi i fronti a muoversi.  In ambito mainstream ci sono già state le prime avvisaglie. Non solo Accabadora, ma, per citare un altro nome, Marco Mancassola con Non saremo confusi per sempre, che ho appena letto e che lavora proprio sugli interstizi fra i mondi.  Scenari, psicologia dei personaggi e lingua sono, a mio parere, i punti su cui molti stanno lavorando: il che, lo ripeto per la cinquecentesima volta, non significa negare altre strade, più pure e dure e rivolte agli stretti appassionati di fantasy con ambientazioni post-tolkieniane, qualunque cosa si desideri intendere con questo termine, o di tutti i sottogeneri mai concepiti sotto il cielo.  Significa, semplicemente, volerne percorrere un’altra. Senza che  chi ama e pubblicizza il paranormal romance si senta offeso dal semplice fatto che io non ne scrivo, per fare un esempio. Le strade sono infinite e i gusti dei lettori anche: credo sia giusto che ogni autore segua la propria, magari correndo il rischio di scontentare chi vorrebbe, da un libro, solo quel che viene proposto abitualmente come legittimo in un determinato filone.

Appunti molto sparsi

febbraio 21, 2012

Appunti per tutti coloro che intendessero scrivere un romanzo con protagonista una sirena (ultima tendenza del momento al di qua e al di là dell’Oceano). Rileggere La sirena di H.G.Wells.  Lo stupore dell’immortalità. L’alterità. La natura ferina e divina. Rileggere Heine e i suoi canti per Lorelei. Rileggere Jung e le sue parole sull’Ondina e sull’Anima. Inoltre.  Temete le sirene. Non addomesticatele. Non rendetele graziose e innamorate. Fanno paura. Non sono giocattoli. Non cantano come nei film Disney e non hanno gli occhioni da cerbiatto. Uccidono.
Appunti per me.  I due vincitori del contest per Tanit (inserisco le fan fiction nella sezione fandom, come detto)  mi hanno inviato i propri desiderata per i racconti che dovrò scrivere per loro. Eccoli.
Da Andrea Cattaneo:

“Ciao Lara,
la storia che vorrei tu scrivessi per me parla di una donna di 35/40 anni, un genio della scienza e della tecnica e una frana totale nei rapporti umani. Questa donna si è innamorata del fattorino che consegna la posta al suo ufficio ma non riesce a dichiararsi. Un giorno, con una scusa, si infila con lui nell’ascensore, ha con sé una macchina del tempo di sua invenzione. Il suo piano è semplice: da soli, in ascensore tentare il primo approccio e, se va male, riprovare, tornando indietro nel tempo al momento in cui si infila nell’ascensore con lui. Le “prove” possono virtualmente essere infinite e le reazioni del fattorino possono variare parecchio virando la storia nella direzione che tu preferisci (comico, romantico, horror, erotico) oppure essercitando tutte le opzioni possibili (be’, tutte direi di no… sono infinite!).
Il fattorino non ha ovviamente ricordi dei salti temporali ma, se vuoi complicare ulteriormente la cosa e divertirti di più, potresti fargli avere dei déjà vu. Inoltre, lascio a te la decisione, se e quando l’ascensore arriverà al pianterreno, non è detto che questi continui viaggi nel tempo (che richiedono una quantità enorme di energia?) abbiano lasciato immutato il continuum spazio-temporale del mondo al di fuori dell’ascensore.
Insomma, in parole povere vorrei che scrivessi una storia di Fantascienza con un loop temporale. Forse ti ho dato più elementi del necessario: cambia, modifica, aggiungi e leva quello come preferisci. E’ solo un canovaccio, sta a te interpretarlo!”

Da Valentina Graziani:
“Ti darò cinque elementi, servendoti dei quali dovrai costruire un racconto. Il genere lo decidi tu. I protagonisti, anche.

1 – “I roghi non illuminano le tenebre”. Questa è una citazione di Stanislaw Lec. Che tu la usi come epigrafe, o citandola, o anche solo prendendone ispirazione, lo deciderai tu.

2 – Tempo: Notte.

3 – Luogo: Campo de’ Fiori. La statua di Giordano Bruno. Ho un debole per lui, lo sai.

4 – Gatti. Può essere un micio solo, possono essere una colonia, l’unica indicazione: non uccidermeli.

5 – http://www.youtube.com/watch?v=KQpnpet0V84
Come sopra: ascoltala e prendi quello che vuoi.”

Sono affari miei, temo.

Strade da percorrere, e non da oggi

febbraio 20, 2012

“Libri elettronici al popolo, come sempre. Stare con chi sta nelle strade. Meglio essere la crème della feccia che la feccia della crème“, scrivono i Wu Ming su Giap!, aggiornando la pagina dove offrono in download (lo fanno da quando sono nati come collettivo, peraltro) i propri libri.
Mi sembra una delle strade più sensate e coerenti che si possano percorrere oggi, per svicolare dalle sirene di molti – troppi, temo – editori digitali improvvisati. Massimo rispetto, davvero.

Ps. Nota di servizio. Il contest su Tanit è terminato.  I vincitori sono due: Andrea Cattaneo e Valentina Graziani. Dunque, non appena mi faranno pervenire le linee guida, scriverò non uno ma due racconti. Che pubblicherò sul blog, naturalmente: ma di cui i vincitori restano gli esclusivi committenti e dedicatari.
Nella sezione “fandom” di Tanit ho cominciato comunque a pubblicare le fanart che hanno partecipato al concorso. A seguire, fan video e fan fiction. Grazie a tutti!

Il Venerdì e Il Messaggero su Tanit

febbraio 17, 2012

Dunque, Tanit è in libreria. Pazientate se questo sarà un post di segnalazioni e recensioni: lo avevo anticipato e così è.
Sono usciti due articoli, e ve li copio qui sotto.  Un grazie è poco. Siate comprensivi: anche le blogger si emozionano.

IL VENERDI’ di Repubblica.
GRAN FINALE PER LA NOSTRA LARA MANNI

“Ivy lascia cadere il pennarello. Rimane a guardare le ultime parole. Si sofferma sul disegno del demone che ha appena tratteggiato: Hyoutsuki è soltanto carta. Deve restare nel suo mondo, dove il tempo non trascorre e non trascorrerà”. La giovanissima disegnatrice di manga Ivy ci accompagna in un nuovo viaggio a metà strada fra l’universo parallelo dei demoni Hyoutsuki e Yobai e quello, assai più tetro, della ferocia umana e del sottile confine tra maternità e perdita, tra vita e morte. Un istinto che conduce all’autodistruzione e all’annientamento dei propri simili, fino all’estremo dell’orrore dell’infanticidio compiuto da Davide, che uccide la figlioletta appena nata per poi suicidarsi. Questo prodigioso romanzo conclude la trilogia iniziata col successo dei primi due volumi Esbat e Sopdet. Con Tanit, La bambina nera, la romana Lara Manni conferma un’eccezionale maestria nell’individuare connessioni fra il regno dell’oscuro e l’oscuro quotidiano, costruendo un cosmo dove il surreale diventa iperreale. Dimostrando che esiste terreno fertile per lo sviluppo del genere fantasy/noir made in Italy” (Silvia Pingitore)

IL MESSAGGERO
MANNI: IL MIO TANIT RUOTA TRA DUE MONDI di Leonardo Jattarelli

Tanit è ambientato nel 2008, mentre le prime avvisaglie della grande crisi economica seminano paura e rabbia a Roma. Non è un bel mondo, quello dove passeggiano demoni e dei. E’ un mondo di risentimento e rancore, di piccole meschinità…”. Con il suo nuovo libro Tanit in uscita oggi (Fazi editore, 370 pagine, 18,60 euro) la scrittrice romana Lara Manni chiude una trilogia fantastica iniziata con Esbat e proseguita con Sopdet, tra leggende orientali e miti mediterranei legati alla Grande Madre. Ma più che negli scritti precedenti, qui l’autrice compie un vero salto di scrittura intima, intensa e immaginifica insieme che la porta indiscutibilmente al di là del genere per volare verso altre mete.

Nel suo libro due mondi che cercano un contatto. Ci sono i demoni e una sorta di giovane angelo, Ivy, artista che attraverso i suoi disegni può modificare storie e destini. Da dove è nata l’ispirazione?

Da almeno due considerazioni. Nell’intera trilogia, ma soprattutto in Tanit, mi interessava raccontare il rapporto che esiste fra creazione e distruzione. Non è solo la vecchia pulsione che porta a uccidere ciò che si ama, come pure avviene nel primo libro, Esbat: è l’idea che narrare significhi aprire porte fra un mondo e l’altro e che, una volta spezzato un equilibrio, riportare ordine comporti pagare un costo molto alto. Da una parte, una metafora della scrittura stessa. Dall’altra, un doppio romanzo di formazione: visto dalla parte della protagonista, Ivy. E da quella del principale personaggio non umano, il demone Hyoutsuki,

 Tanit è La bambina nera. «La bambina del mondo nuovo». Ha un significato preciso la scelta di affidare ad una bambina di colore il futuro di una nuova specie?

Da una madre nera siamo venuti e una bambina nera può azzerarci. Ho pensato questo quando ho immaginato Tanit, una figlia divina, un messia rovesciato che porta distruzione invece di salvezza. Il nero è anche questo, nel suo caso: la fine di ogni possibilità.

L’iconografia ha un ruolo fondamentale  attraverso una ricerca raffinata di fascinazioni scultoree, dipinti, figure mitologiche. Come nasce questa ricerca?

 Più che una ricerca, è una restituzione. Per molti anni sono stata soltanto una lettrice: quando ho iniziato a scrivere, nel 2007, sono affiorate le immagini, le storie, le musiche che ho amato. Un discorso a parte va fatto su Axieros, la dea che è al centro di questo romanzo. Il nome Axieros viene da Samotracia: è una delle tre entità che permette l’iniziazione al culto dei Cabiri. Apollonio Rodio la identifica con Demetra. Ma Axieros è anche Inanna, la dea dei Sumeri che governa l’amore e la guerra. E’ anche Ishtar, la dea della Mesopotamia che governa l’amore e la guerra, scende agli inferi e può risalire soltanto quando ha lasciato, al suo posto, il proprio sposo. E’ la dea delle tempeste, dei sogni, dei presagi, dell’amore. Come la fenicia Astarte. Come, in Tracia e Anatolia, fu Ecate. Axieros, insomma, è una delle Grandi Madri. Signora dei luoghi. Signora della vita. Signora delle Storie. La Dea è femmina, ci ricorda Robert Graves. Almeno finché un dio geloso non si impone come unico, e onnipotente. E persistente.

 Uno degli aspetti più affascinanti di Tanit è il suo andare oltre il genere per ancorarsi molto all’oggi: c’è Internet e una Roma da fine del mondo, ci sono i Suv e la Cinquecento, i Pan di Stelle e i 30 Seconds to Mars. Nei suoi progetti c’è l’affrancamento dal Fantasy o Urban Fantasy?

Ho sempre preferito parlare di fantastico: anche per cercare di svincolarmi dall’identificazione tra fantasy e high fantasy, caratterizzato da ambientazioni medievali e fortemente debitore nei confronti di Tolkien. La mia opinione è che, pur amando appassionatamente Il signore degli anelli, e considerandolo uno dei capolavori della letteratura del Novecento, occorra svincolarsi da Tolkien. Si è creato, sempre a mio parere, un filone posticcio, e raramente raccontato con la stessa forza del modello (farei un’eccezione per il solo George Martin e le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco). Giustamente, già nell’introduzione alla saga della Torre nera, King ha scritto che bisogna andare oltre (e lo ha fatto). Ora, non so se le mie storie siano classificabili come Urban Fantasy. Probabilmente sì. Però la strada che vorrei percorrere è quella battuta da, per fare un nome eccelso, Murakami Haruki. Due piani di realtà che si incontrano e si sovrappongono.

«Non ci sono sogni nell’odio di questi mortali» si legge ad un punto. La pensa davvero così Lara Manni? Vale anche per la letteratura di oggi?

Non per tutta, non sempre. Forse c’è una parte del mondo editoriale che, soprattutto in tempi di malinteso boom digitale, coltiva sogni piccoli. Forse ci sono autori che identificano scrittura con  pubblicazione e pubblicazione con successo. Ma attorno a me ne vedo molti altri che continuano a sognare in grande. Ovunque questi sogni portino.

Una riga

febbraio 16, 2012

Napster non ha insegnato nulla a nessuno.