Per Francesca Lia Block

Francesca Lia Block sta per perdere la casa. Chi è Francesca Lia Block? Una delle tante fregate dall’incubo americano. E dai suoi mutui. Casa svalutata, paghi il mutuo, sempre più alto, e se non ci riesci sono fatti tuoi. Francesca non si arrende. E lo dice sul web. E riesce a far tremare persino la BoA, la terribile Bank of America. Francesca non si è mai arresa. Come suo padre, che lasciò un lavoro caldo caldo come grafico al New Yorker per inseguire il sogno del cinema in California e il suo unico vero amore, una poetessa amica di Sylvia Plath. Che ha scritto la sceneggiatura di classici come Il pianeta proibito e creato la scenografia di centinaia di film di fantascienza anni Cinquanta. Che è stato stroncato da un brutto cancro, così come il suo amore, poi madre di Francesca. Francesca, che quando suo padre stava male ha iniziato a scrivere in una cantina tappezzata dai vecchi disegni del genitore per sfuggire al dolore (o forse, più probabilmente, per dargli un volto). Che è cresciuta per diventare la più amata e apprezzata e premiata autrice young adult americana (ha ricevuto il Margaret Edwards Award, di fatto l’Oscar della narativa per ragazzi), quando young adult non voleva soltanto dire romance  ma tutto quello che la fantasia poteva permetterti (e non ti garantiva un futuro sicuro). Punk. Dark. Magia. Libertà. Los Angeles. Fate cattive e cattivi stregati. La saga di Weetzie Bat, la ragazzina con un pollo di gomma per amico che vuole il suo principe azzurro in giubbotto di pelle alla James Dean, raccolta in Angeli pericolosi. Ed Echo, struggente e autobiogragico. E Pretty Dead, che insegna come dovrebbe essere una storia di vampiri. Tutti disponibili in Italia. E tanto altro per le sue centinaia di migliaia di fan e amici. Che la stanno aiutando, in tutto il mondo. “Non sono un simbolo. Da questo universo voglio solo i miei bambini, il rispetto degli altri e il mio faerie cottage”. La sua casa delle fate, un minuscolo bungalow tra le bouganville a Culver City, nella California che mai è riuscita ad abbandonare “perché qui è possibile il meglio e il peggio di tutto, ma il meglio forse è più potente”. E soprattutto la California la sta abbracciando, mobilitandosi, e il Los Angeles Times le ha appena dedicato un paginone. “Molte favole devono avere un lieto fine”, le ha scritto Neil Gaiman, l’autore di Death e di American Gods, che pretende come tanti altri che giustizia sia fatta. Per lei e per tutti quelli come lei. E non solo negli Stati Uniti.
Se volete aiutarla, firmate.

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5 Risposte to “Per Francesca Lia Block”

  1. G.L. Says:

    God bless America.

  2. Andrea Says:

    Firmato! 🙂

  3. John Blacksad Says:

    “Punk. Dark. Magia. Libertà. Los Angeles. Fate cattive e cattivi stregati. La saga di Weetzie Bat, la ragazzina con un pollo di gomma per amico che vuole il suo principe azzurro in giubbotto di pelle alla James Dean, raccolta in Angeli pericolosi”

    Ma cos’è, uno scherzo tipo
    “Insolvenza” di Bruno Pastrani-Giacometti ?

  4. Monica Says:

    Lara buongiorno,

    da poco tempo frequento il tuo blog: da ottobre-novembre del 2011. Non ho mai lasciato un commento. Non ho letto proprio tutti i post, man mano che li scrivevi, solo quelli che mi piacevano. Certe volte, alla terza riga, mi annoiavo e lasciavo perdere. Raramente, debbo dire. E, in genere, solo quando si intorcinavano su interminabili discussioni riguardanti il tema: fan fiction. Quelli mi divertivano poco, pur facendomi scoprire che anche Moby Dick, ohimè, fan fiction è!
    (Non sono troppo d’accordo, oppure lo sono ma il mio subconscio si rifiuta di ammetterlo. Cambia poco: Moby Dick rimane Moby Dick. Achab rimane Achab. A me continuano a far paura i capodogli).
    Anyway, non si può essere in accordo su tutto, vorrebbe dire avere attitudine alla sudditanza. E non ci piace.
    La prima volta che sono entrata sul tuo blog (era il periodo in cui uscì 1Q84 e tu avevi l’influenza), ho dato subito uno sguardo alle foto (Ossignur, le foto, sempre le foto!).
    Non ho pensato che Lara Manni fosse Lara Manni.
    Non ho pensato che Lara Manni NON fosse Lara Manni.
    Sinceramente non me ne fregava niente. Non mi stupisco di pseudonimi, alias o simili.
    Mi sorprende, e tanto, che ci siano ancora persone che, invece, basiscano (se si stupiscono per davvero).
    Insomma, entri nel blog di Lara Manni, guardi le foto e, come fai, poi, a stupirti, a puntare il dito, a dire “no ma io credevo che…”, “però così non è giusto…”) eccetera?
    Insomma, scendiamo dal pero, reale o immaginario che sia, per favore.

    Ho iniziato a leggere i tuoi post, da novembre in poi, quelli che mi piacevano. Gli altri, nisba.
    Ho iniziato a leggere i tuoi post, quelli vecchi, quelli da maggio 2008.
    Non amo i blog, non leggo i blog, non leggo ebook, non sono su fasbuch e manco su tuitter (sono rimasta al jurassico e mi ci trovo benissimo, pur sapendo usare bene tutti i sacrosanti strumenti tecnologici esistenti sul pianeta), e tutto quello che non produce fruscio, quel suono lieve che mi tiene compagnia, mentre assorbo le parole scritte, inestimabile dono, degli autori che amo, mi fa orrore, di solito.
    Derogare, però, può essere bello.
    Lascio questo commento perché quelle tante, piacevoli, cose che trovo, pescando nel tuo archivio, che risalgo, giorno dopo giorno, partendo dall’inizio, mi piacerebbe (e molto!) che non si esaurissero quando arriverò ad ottobre 2011 (da lì in poi li ho già letti). Vorrei poter andare avanti, e leggere altre cose, solo quelle che mi piacciono, claro.
    Quindi, domando: non si potrebbe riprendere, per cortesia? Non puoi scrivere degli altri post? Non si può fare in modo che le prugne glorifichino di nuovo? (Ma anche che se ne freghino di tutto e di tutti e riprendano a postare, queste benedette prugne?)
    Auspico che le prughe se ne fottano altamente di bla-bla-bla e grrr-grrr-grrr e si rimettano a scrivere cose.
    Ringrazio molto.
    W Mr. King.
    E, poi, W Mozart, sempre W Mozart.

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