Venerdì scorso, postando l’ultima delle riflessioni su Camus, contagio, rabbia, non avrei mai immaginato che sarebbero divenute l’ouverture teorica e letteraria alla cronaca. Alla tragedia della e nella cronaca. Ne ho discusso a lungo, su Facebook: una discussione complessa, animata e persino dolorosa, dal momento che mi è costata in termini di amicizie. Non poche. Però, penso sia stata e sia una discussione importante. Provo a riassumerla per punti, con la promessa di ampliarla nei prossimi giorni.
Tutto, come è intuibile, nasce dall’orrore di Oslo e di Utoya: e si dipana in questo modo.
La Waterloo del giornalismo.
Venerdì, tardo pomeriggio. Rientro a casa, accendo il computer e accendo, contemporaneamente, la televisione. Apertura del Tg3. La direttrice, Bianca Berlinguer, esordisce dicendo “Sono tornati. Il terrorismo internazionale è tornato”. Consulto il sito di Repubblica. La pista della jihad è quella data quasi per scontata. Ora, io non sono certo un’esperta in terrorismo: ma l’idea di un jihadista che compie una strage atroce, in un isolotto norvegese, mi ha richiamato alla mente più Columbine che Aldgate. Così, in rapida successione, mi sono collegata con il sito della Bbc e con quello del Guardian: su quest’ultimo venivano pubblicati aggiornamenti continui dalle agenzie di stampa norvegesi. Già all’ora del Tg3, la pista del terrorismo islamico veniva esclusa. Ho tenuto la televisione accesa fino alla fine di Linea Notte, sempre Tg3. A quell’ora, si sapeva già (nei siti d’informazione inglesi) che l’attentatore era norvegese e legato a gruppi di estrema destra (che dal 2009 crescono nei paesi scandinavi). Alla fine di Linea Notte, quando era ormai già sabato e il mondo anglofono sapeva da parecchio, è stato detto che, appunto “forse” l’Islam non c’entrava nulla.
Tardi, per alcuni giornali. La mattina dopo, “Il Giornale” usciva con una doppia prima pagina, incluso articolo furibondo contro il pericolo islamico.
Come reagisce Facebook? In parte, allo stesso modo de “Il Giornale”. Rabbia, furia, uccideteli, Pisapia gli costruisce le moschee a questi maiali. Una scrittrice fantasy, dal suo blog, usa le stesse parole del killer norvegese. Le stesse. La nostra civiltà è in pericolo. Per colpa dell’Islam la civiltà cristiana verrà annientata. E anche se non è stato l’Islam a uccidere cento persone in Norvegia, fa niente: è colpa loro ugualmente. Di qui, il punto due.
La responsabilità degli scrittori
E’ la seconda riflessione, più controversa, che ho lanciato su Facebook. Cosa mai avranno a che fare, gli scrittori, con quanto è avvenuto? Molto poco, direi, a dispetto della frenesia con cui i giornali hanno frugato nella libreria dell’attentatore per comprenderne le letture (di cui al punto tre). Ma proprio il blog di quella scrittrice, che mi agghiaccia non da oggi, mi ha fatto pensare. E anche discutere animatamente. A me, come ho detto altre volte, l’idea che la stessa scrittrice che incita alla guerra santa vada a parlare nelle scuole medie a bambini di undici anni fa venire i brividi. Per altri, impedirlo sarebbe censura, o limitazione della libertà di opinione. Mi chiedo dunque: qual è il discrimine? Non sto parlando dei suoi libri: tutti i libri devono circolare liberamente. Sto parlando della possibilità che una persona che usa la stessa violenza verbale, in peggio, dell’ultima Oriana Fallaci, abbia come interlocutori dei bambini. Mi rendo conto di essere in minoranza, e mi tengo il dubbio. E tu, che sei estremista nel tuo blog?, mi è stato detto in pubblico e privato. Posso solo dire che su questo blog ho semmai parlato di fatti che riguardano la storia del nostro paese: nel caso della Scuola Diaz, a cui si riferisce l’ultimo post, citando testimonianze fatte nel corso di interrogatori. E dopo una sentenza di secondo grado che conferma quel che è avvenuto dieci anni fa a Genova.
Se io, da questo blog, incitassi alla violenza, dovreste segnalarmi. Se io, dalla mia pagina Facebook, incitassi a gettare bombe su chi, sabato, manifestava pacificamente a Genova, dovreste denunciarmi. E’ censura? E’ limite alla libertà d’opinione? Io penso di no. Penso che ci sia una gigantesca confusione, un enorme irrisolto, su cosa significhi democrazia. E, a proposito di confusione, il punto tre.
Fascisti su Mordor
Tolkien. Non ho ben capito da dove sia venuta fuori la notizia, dal momento che molti articoli sostenevano che Breivik, il killer norvegese, leggesse Kafka. Ma qualcuno, su Facebook, ha pensato bene di tirare fuori Tolkien, magari per regolare vecchi conti. Tolkien genera mostri? Naturalmente no. Ma il Tolkien malinteso esiste, anche fra i suoi lettori (per inciso, date un’occhiata a quanto scrive Wu Ming 4, e leggete i suoi saggi e romanzi su Tolkien, per cercare di capire meglio). Ed esiste, ancora oggi, nel vasto mondo della lettura (e, ahinoi, dell’insegnamento) chi identifica il fantastico con la destra. Alt. Non parlo della destra partitica. Parlo del pensiero e della cultura di destra. Fantasy=conservatori nostalgici che sognano di abbattere il Male con gli spadoni. Chi legge questo blog sa che non è così. Ma siamo proprio sicuri, noi che scriviamo e leggiamo fantastico, di poter e dover fare a meno di chi è ancora prigioniero dentro questo stereotipo?
Questa è la domanda.
Su tutto il resto, non ho le risposte, o almeno non risolutive. Se non vi dispiace, concludo ancora con Camus. E con una delle sue frasi che amo di più: “le grandi idee arrivano nel mondo con la dolcezza delle colombe”. La forza della Norvegia, in questi giorni, è stata in questo pensiero: a dispetto di chi, sui social network e in rete, continua ad accendere roghi virtuali per bruciare interi popoli.