Fuoco e oro. Così finisce la storia. La storia della donna che portava le fiamme, e la storia di tutte le altre che si sono ritrovate nel cammino. Luz e Molly, Roberta e Lara e la sconosciuta dai denti dorati e le altre compagne dai tanti nomi. Hanno importanza, i nomi? Un nome non è una mano, un piede, un braccio, un volto o qualunque parte di un uomo, e ciò che chiamiamo rosa, con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo.
Era Giulietta a parlare, ora. E come lei potrebbero parlare le altre. Quelle che sono nate nei libri, e che nel viaggio, attraversando la nebbia e il vento e il fuoco, si sono ritrovate, le mani dell’una in quelle dell’altra, a guardare Venezia.
Venezia, dove qualcuno voleva che i libri non venissero letti, che venissero tolti dalle biblioteche e dalle scuole.
Sono là, le donne dei libri, fatte di aria, ad ascoltare il rumore dell’acqua e guardare un fuoco che non deve essere acceso. Non appartengono più a chi le ha create. Sono nostre. Come tutte le storie.
Ma non in tutte le storie c’è una fine: come in questa.
L’omaggio di questi cinque giorni si rivolgeva ai libri del ciclo di Eymerich di Valerio Evangelisti, “Manituana” di Wu Ming, “Arrivederci amore ciao” di Massimo Carlotto, “Scirocco” di Girolamo De Michele, “Gli incendiati” di Antonio Moresco. Alcuni dei moltissimi titoli per cui due assessori del Veneto hanno chiesto la messa al bando da biblioteche e scuole nei giorni scorsi. Grazie agli autori per averli scritti e averli donati ai lettori.
Omnia sunt communia.