Posts Tagged ‘Lavinia’

Corpo a corpo, persona a persona

aprile 29, 2011

E’ uscita una bella recensione di Sopdet su Terre di confine (per ora il link non si apre, ma sono fiduciosa).
Sono ugualmente fiduciosa, ma in perenne lite con la prima persona di Lavinia. Per chi, come me, è abituata a giocare con i punti di vista, la “gabbia” della prima sembra, a volte, soffocante. Eppure, se un romanzo nasce così, si vede che deve essere scritto così. Insisto.

Sempre lavori in corso

aprile 20, 2011

Sto ragionando su questo manifesto. Sì, anche se sono una scrittrice “di genere”, perché il genere non è il recinto in fondo a sinistra dello zoo.
Sto ragionando anche su come conciliare una prima e una terza persona nello stesso romanzo. Fin qui, le due si mostrano i denti, ma non dispero di venirne a capo.
Sto ragionando su “Il passaggio” di Justin Cronin che ho cominciato a leggere.
Prometto che non vi affliggerò con troppi ragionamenti, però, nel futuro prossimo.

Il lato selvaggio

marzo 11, 2011

Questa mattina ho spalancato gli occhi alle cinque e mezza. Il terremoto in Giappone non c’entra niente (almeno credo). Il fatto è che ero sicura di aver sentito una canzone, e la canzone era Take a walk on a wild side di Lou Reed. Non ho la radiosveglia e non ho idea da dove sia venuta fuori la musica: da un vicino insonne, forse, o forse dai miei sogni.
Di fatto, è una canzone che calza a pennello con la me stessa di questo momento.
Ho sempre pensato che la vita sia fatta di cicli che si aprono e si chiudono. Penso anche che la scrittura segua, fatalmente, ogni ciclo. Scrivere non è un dono delle muse, né una gelida faccenda di contabilità delle parole. Rispecchia quel che si è in quel momento, proietta un modo di essere e sentire in una storia.  C’è una magnifica intervista a Jonathan Frenzen al Venerdì che lo dimostra, laddove Frenzen dice “Un libro può essere anche un resoconto di quello che è successo all’autore”. Lui, dichiara, non è più incazzato. Io sono a metà, in quella zona fredda che sta fra la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo.
Anche per questo, non ho ancora trovato la chiave giusta per il romanzo. Il ciclo che è iniziato con Esbat e si è chiuso con Tanit è definitivamente alle mie spalle. La Lara che sono stata non c’è più. Posso guardarla con nostalgia, tenerezza, rimpianto, dolore: ma non tornerà mai. Quella nuova non c’è ancora. Per questo cancello, riscrivo, rifletto. Ogni giorno mi appare una strada diversa davanti agli occhi e provo a imboccarla. Faccio pochi passi, e la via si sfarina.  So cosa devo raccontare, ma non ho ancora nella mani il come. So anche che verrà, a forza di prove e di sentieri laterali. E so che quando verrà sarà rapido e travolgente come è avvenuto la prima volta, con Esbat.
Ma so che devo avere pazienza, perchè non c’è niente di più sbagliato che volersi ancorare alla vecchia voce prima che la nuova abbia preso la sua forma definitiva.
Aspetterò. Prima o poi, il lato selvaggio si farà vivo.

Liste, cos’altro?

marzo 4, 2011

Sì, almeno Calvino c’è. Parlo della lista dei libri che al Salone di Torino celebrerà il 150° dell’Unità d’Italia. Trovate l’elenco qui.  E fra i personaggi letterari c’è Salgari. Mi sembrano due buone notizie: naturalmente, da quanto capisco, le polemiche sono e resteranno infinite.
Passando ad altro: non sto semplicemente “smontando” il romanzo nuovo, lo sto praticamente riscrivendo. Mi piace.

Titolare

febbraio 17, 2011

La questione del titolo è interessante e controversa. Per esempio, quando ho pensato a Esbat per il primo romanzo,  mi sono anche messa in testa di proseguire  una sorta di gioco: trovare titoli che finissero tutti con la lettera T.
A dire la verità, si sono fatti trovare abbastanza facilmente.
A volte il titolo nasce per puro divertimento linguistico, come in questo caso. Altri hanno idee folgoranti, che vengono magari da una canzone, o da un’atmosfera. Sono i titoli che amo di più. Mi piacciono meno i titoli lunghi, tipo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, anche se ha indubbiamente funzionato moltissimo.
Quando mi arrovello, per esempio, su Lavinia, è perchè ho paura dei fraintendimenti. Inizialmente ho pensato a “Il gioco di Lavinia”. Continua a piacermi, ma ci sono due negatività: somiglia troppo a “Il gioco di Gerald” di Stephen King, per prima cosa. In secondo luogo, sembra alludere a un romanzo sentimental-sessuale. Il sesso, nel romanzo, c’è. Però non è centrale. C’è come c’è nella vita.
“Mietitura” pone altri problemi. Evoca, come avete detto giustamente, atmosfere gotico-rurali. Che non ci sono. Allora, più correttamente, dovrebbe essere “La mietitrice”. Che però non mi convince del tutto. Sembra andare sulla scia suggeritore-ipnotista, e questo non è un noir.
Sogno un lampo di genio.

Ricordare, ricordare

febbraio 16, 2011

“Perché gli scrittori ricordano tutto.  Specialmente quello che fa male. Denuda uno scrittore, indicagli tutte le sue cicatrici e saprà raccontarti la storia di ciascuna di esse, anche della più piccola. E dalle più grandi avrai romanzi, non amnesie. Un briciolo di talento è un buon sostegno, se si vuol diventare scrittori, ma l’unico autentico requisito è la capacità di ricordare la storia di ciascuna cicatrice2.

So di aver già citato questo passo di Misery, ma ogni volta che riprendo in mano Lavinia, o Mietitura che dir si voglia, mi si riaffaccia alla mente. Specie nelle giornate di pioggia, come queste.

Ossessione

Maggio 12, 2010

Una delle chiavi su cui sto lavorando si chiama IAD. Internet Addiction Disorder.  Se vi interessa, questi sono i tipi di dipendenza fin qui studiati.
Non sto assolutamente scrivendo un romanzo a sfondo sociologico, che la dea ci preservi.
Mi interessa semmai capire come grazie a un’ossessione possa aprirsi un varco.
Mi interessano, se non si fosse capito, le ossessioni: tutte le mie eroine passate erano possedute da un pensiero dominante. Naturalmente la Sensei. Ma anche, per chi conosce le versioni 1.0 di Sopdet e Tanit, Adelina e Nadia. Ossessioni amorose che passano attraverso altre ossessioni.
Ossessioni che diventano chiavi.
Diventano ispirazioni, anche.
Ispirazione significa “il respiro del dio”.
Non dico altro (per ora).

Tre carte e due libri

marzo 12, 2010

Concentrare una storia in 420 parole è dura, altro che. Mancano tre carte alla fine delle avventure di Lavinia e mi rendo conto che i colpi di scena dovranno susseguirsi a ritmo serratissimo.
Però è dannatamente utile. Insegna, a proposito di editing, a riconoscere il superfluo e a eliminarlo: possessivi, aggettivi doppi, metafore. Quando servono davvero, li riconosco e li tengo: il più delle volte taglio.  Esercizio prezioso, per il presente e per il futuro.
Letture. Ho finito un altro “gotico italiano”, ovvero Sangue del suo sangue di Roberta Borsani. Non se sia davvero un gotico, di certo è stata una lettura che non mi ha lasciata indifferente. Punto di forza: pescare nella tradizione cattolica e nell’iconografia delle sante. Fiocchi di manna, agnelli e gigli a profusione. Bello. Punto di debolezza: l’investigazione con sensitiva non mi convince molto. Ma è trascurabile, direi.
Ora ho iniziato Blood di Anne Rice. Con un po’ di paura. Un po’ tanta.