“Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello. Questo è il mondo che tu conosci. Il mondo com’era alla fine del XX secolo. E che ora esiste solo in quanto parte di una neuro-simulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix. Sei vissuto in un mondo fittizio, Neo”.
Ricordate, vero? E’ una delle frasi-chiave pronunciate da Morpheus in Matrix. A proposito di distopia, quella della trilogia dei Wachowski è stata, per me, determinante. E non per il vecchio tema uomo contro macchina, l’altro dei grandi incubi distopici dopo quello del corpo artificiale o sorvegliato o manipolato. Ma perchè riprende temi ancora più antichi, arraffa i primordi del pensiero filosofico e li trasforma in una storia. Una bella storia, secondo me: e non perché pone le possibili irrealtà del computer al suo centro, ma perchè tenta di riprendere interrogativi irrisolti. Guardo l’ombra sul fondo della caverna o guardo il mondo reale? Ammetto di star lavorando esattamente su questo: non sono la prima, non sarò certo l’ultima. In fondo tutti i narratori creano ombre.
Lo disse un filosofo, Jean Baudrillard, cui Matrix rese omaggio inquadrando la copertina del suo Simulacres et simulation.
Baudrillard se la prese moltissimo, per inciso. Vi riporto parte dell’intervista che rilasciò dopo l’uscita del film:
” Ci sono già stati altri film che trattavano questa crescente indistinzione fra reale e virtuale. Truman Show, Minority Report o anche Mulholland Drive, il capolavoro di David Lynch. Matrix vale soprattutto come sintesi parossistica di tutto questo. Ma il dispositivo qui è più rozzo e non suscita veramente il turbamento. O i personaggi sono nella Matrice, cioè nella digitalizzazione delle cose. O sono radicalmente al di fuori, cioè a Zion, la città di coloro che resistono. In effetti, sarebbe interessante mostrare ciò che accade sul punto di giuntura dei due mondi. Ma quello che è soprattutto imbarazzante in questo film, è che il nuovo problema posto dalla simulazione qui è confuso con quello, molto classico, dell’illusione, che si trovava già in Platone. Il vero equivoco è qui. Il mondo visto come illusione radicale è un problema che si è posto a tutte le grandi culture e che da esse è stato risolto con l’arte e la simbolizzazione. Quello che noialtri abbiamo inventato per sopportare questa sofferenza, è un reale simulato, un universo virtuale da dove è espurgato tutto ciò che c’è di pericoloso, di negativo, e che soppianta ormai il reale, fino a diventarne la soluzione finale. Ora, Matrix è assolutamente all’interno di questo meccanismo! Tutto quanto appartiene all’ordine del sogno, dell’utopia, della fantasia, qui è dato vedere, “realizzato”. Siamo nella trasparenza integrale. Matrix, è un po’ il film sulla Matrice che avrebbe potuto fabbricare la Matrice.”