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Oltre il cancello

luglio 4, 2011

Dove si attraversa il cancello? D’accordo, l’esistenza di un varco che segna il confine tra il mondo degli uomini e l’Altrove è una costante millenaria delle narrazioni: comunque si chiami quel luogo (che sia Ade o Oltretomba, che conduca nel regno dei morti, dall’altra parte dello specchio, nel Sopramondo o in un buco nero), quello è il punto che ci interessa. In un certo senso, tutta la letteratura fantastica è costruita su quel passaggio.
E non solo quella, in effetti. Visto che si parlava di Jung, ecco qui, da Ricordi, sogni e riflessioni: “Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra immaginazione e la nostra sensibilità non potrebbero concepire nemmeno approssimativamente…Prima o poi, i morti diventeranno un tutt’uno con noi; ma , nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di quel modo d’essere. Cosa sapremo di questa terra, dopo la morte? La dissoluzione della nostra forma temporanea nell’eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri di un unico corpo”.
E’ banale, me ne rendo conto, ridurre la dimensione che non è quella umana a Finis Terrae, al luogo che si raggiunge dopo la morte: ma non è improbabile che i nostri debiti di narratori non siano altro che l’obolo che si offre al traghettatore.
Dunque, per tornare ai due testi paralleli, il varco esiste, ed è fra gli alberi. In Twin Peaks ci sono due luoghi Altri: la Loggia Bianca e la Loggia Nera.  Sono luoghi soprannaturali, dove il tempo, il potere, l’esistenza, sono diversi. Dove i vivi incontrano i morti. Vi si accede da un portale nella Foresta del Ghostwood.
In Mucchio d’Ossa c’è una Strada che costeggia il lago. C’è una betulla sul lago. E improvvisamente, in un pomeriggio di luglio, appare un arco di legno. Oltre quell’arco, c’è il passato. O meglio, ci sono i morti che appaiono come vivi, e consentono al viaggiatore di vederli e ascoltarli.  Un portale, ancora.
Nei due casi, Dale Cooper e Mike Noonan incontrano spettri o doppi di spettri: malevoli per natura o vogliosi di vendetta. Nei due casi, la loro stessa esistenza umana è messa in pericolo.
Nei due casi, quell’incontro non sarebbe dovuto avvenire. Perché i due mondi non devono, mai, entrare in contatto. Il punto è proprio questo. La forza delle due storie, per me, è che in modo ancora più marcato rispetto ad altre quella proibizione viene violata.

Ps. E questo riporta al dialogo a distanza con Zauberei, che oggi mi onora di un bel post. Dove scrive fra l’altro:

“Ora, Lara io so che non ti arrabbierai, se alla tua domanda ti rispondo con un’altra domanda. Ma sei proprio sicura che oggi nella cultura generale, e ancora di più nella cultura dei lettori forti, ci sia un principio in cui fantastico è infantile, e razionale è adulto? Perché io questo non lo vedo, non lo vedo proprio. Men che mai nel pubblico colto satollo di vulgata psicoanalitica, la quale sono cento anni che rivendica lo statuto imprescindibile dell’immaginario onirico. Certo c’è un passaggio nella vita per cui il fantastico smette di essere reale e diventa appunto fantastico, smette di essere mondo esterno e diventa mondo interno, per cui è ragionevole pensare che oggi, la mia priorità prima delle fate siano purtroppo le bollette scadute, ma al di la dei clichet in zona mary poppins io credo che il problema sa altro.
Lo dirò brutalmente – il problema del lettore forte non è il fantastico come categoria di mercato, è il giovane come categoria di mercato. Perché non so tutti, ma buona parte dei lettori forti, me stessa compresa – è cresciuta scalando libri ben scritti, e libri che implicitamente nutrivano delle aspettative verso di te lettore la cui giovinezza non era assolutamente tenuta in conto. Che non contemplavano scorciatoie o sconti sintattici, che se uno scriveva gli indifferenti ad anni 27 era perché era un genio e faceva un lavorone, non perché era bravino e faceva una cosa che potevano leggere i bravini e anche i meno bravini. La sensazione che il lettore forte ha allora è che il fantasy più di altri generi (ma insomma – si potrebbe scrivere molto per dire sui libri rosa – non escludo di farlo in seguito) sia stato immolato all’altare del mercato culturale per palati coi denti da latte. Che il fantastico – arsenale magico di cose meravigliose e significati vertiginosi – sia schiacciato in una sintassi ovvia. Che alcuni di questi libri non portino chi li legge un passo dopo averli presi.”

E su questo, chi può darle torto?

Riaprire i cancelli

luglio 1, 2011

Questa mattina ho una domanda, da porre non come interruzione, ma come parentesi rispetto agli appunti dei post precedenti, perchè la pertinenza, come si vedrà, esiste. Su Repubblica, ho letto una recensione di Elena Stancanelli al romanzo di Giulia Besa, Numero sconosciuto (in lettura). E c’è un passaggio che mi colpisce molto:

“Giulia Besa, per meriti di età, ha quella disinvoltura nell´aprire e chiudere il cancello che ci separa dall´ignoto, nel trattare la metafisica come fosse geografia, che riconosco in alcuni esperimenti di questi anni. Qualcosa che somiglia molto di più a Superman che non all´Iliade. Le divinità, che secondo Jung avevamo già trasformato laicamente nelle nostre malattie, non sono più neanche memorie archetipiche, figure del nostro inconscio che corrispondono a mancanze, nostalgie”.

Mi interessa, questo punto, perchè richiama anche quanto ha scritto una blogger che ho conosciuto da poco, Zauberei, in un post di qualche giorno fa dove si interroga sul fantasy e il suo rapporto con stati mentali preadolescenziali e giovanili.  Elena Stancanelli, scrittrice a sua volta, sembra sostenere la stessa cosa.
Io non voglio in alcun modo entrare nel merito dei singoli pareri: mi incuriosisce, però, l’idea del fantastico come stadio precedente, onirico – non razionale? – rispetto a quello adulto, ergo logico. Come mai questa convinzione si è andata, volenti o nolenti, radicando? Come mai quel cancello è stato chiuso?
Risposte da cercare: non le ho, o non le ho chiarissime.

Ps. Sulla vicenda Curcio-Writer’s Dream di cui ho parlato qualche post fa, un intervento di Curcio e di Francesco Falconi, su Fantasy Magazine.