Perchè imitare Tolkien non ha senso

Verlyn Flieger è una delle massime studiose di Tolkien e sarà a Modena il 25 e 26 novembre, per chi fosse di quelle parti. Sul sito dell’Associazione Romana di Studi Tolkieniani c’è una sua intervista. Sottraggo due punti della stessa.

Nel suo saggio Tolkien On Fairy-Stories lei e l’altro autore Douglas A. Anderson scrivete che l’analisi che Tolkien fa dei racconti di fate «anticipa il pensiero modernista e post-modernista della sua epoca e quello successivo» (pag. 20). Può spiegarci cosa intendete?
«Posso comparare Il Signore degli Anelli alla Terra Desolata di T.S. Eliot, un classico della letteratura modernista, in quanto entrambi descrivono un mondo frammentato, un mondo in decadenza, afflitto dalla guerra e incerto sulle sue verità. Quando Aragorn dice a Éomer: “Bene e male non sono cambiate rispetto al passato”, Tolkien sta parlando del e al suo secolo travagliato, che non era per nulla sicuro di esser nel giusto. È proprio quel che stava facendo Eliot. Tolkien è uno scrittore post-modernista in quanto il suo testo interroga sé stesso, parla di sé, è conscio di sé stesso come testo. Nella scena tra Sam e Frodo sulle scale di Cirith Ungol, Sam si domanda in che tipo di storia si trovano, e come la gente in una storia reagisce diversamente dalla gente che la ascolta. Egli vuole essere in “un grande librone con lettere rosse e nere”. Quando Frodo dice, “Perché Sam, ascoltarti mi rende allegro come se la storia fosse già scritta”, il lettore realizza che il racconto è già scritto, lo sta tenendo in mano in quel momento e che Sam non lo sa. Questa è la quintessenza del post-moderno. Non ci può avere più meta-narrazione di questa».

Quale è stata, secondo lei, l’influenza di Tolkien sulla letteratura fantastica nel suo complesso?
«Tolkien ha permesso di far considerare seriamente la fantasy. Se Tolkien non avesse scritto Il Signore degli Anelli, George Lucas non avrebbe potuto produrre Guerre Stellari. Il suo impatto è stato enorme, e non ha generato il genere Fantasy più di quanto non ne sia un’espressione. Gli scrittori che si sono ispirati a lui, sono per lo più semplici imitatori, che hanno replicato gli elementi superficiali delle sue opere – un piccolo eroe o un anti-eroe, una quest, un oggetto magico, una mappa con luoghi esotici, alcune parole in corsivo per rappresentare un’altra lingua. Ciò che non hanno saputo riprodurre è l’umanità di Tolkien, il suo senso profondo che ci si trova in un mondo caduto, con le gioie e dolori che segnano le caratteristiche della sua Terra-di-mezzo».

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7 Risposte to “Perchè imitare Tolkien non ha senso”

  1. Paolo E Says:

    Boialadra il venerdi ho un compleanno. Ma sabato ci vado senz’altro. Ma al di la di Tolkien o della bibbia, la domanda che mi pongo è sempre la stessa: TU CI SARAI? XD

  2. Lara Manni Says:

    Purtroppo non posso venire a Modena, anche se mi piacerebbe da pazzi. Ma sono in pieno re-editing.

  3. Cecilia Says:

    “Gli scrittori che si sono ispirati a lui, sono per lo più semplici imitatori, che hanno replicato gli elementi superficiali delle sue opere – un piccolo eroe o un anti-eroe, una quest, un oggetto magico, una mappa con luoghi esotici, alcune parole in corsivo per rappresentare un’altra lingua. Ciò che non hanno saputo riprodurre è l’umanità di Tolkien, il suo senso profondo che ci si trova in un mondo caduto, con le gioie e dolori che segnano le caratteristiche della sua Terra-di-mezzo»”

    Mi stamperò queste frasi. Troppa, troppa, troppa gente ha fatto così e ha rovinato la fama del fantasy “classico”. Senza contare il manicheismo che è stato inserito da tutti questi emuli e che viene attribuito a Tolkien. Ora io vorrei sapere chi è l’imbecille, scusate il termine, che sostiene che i personaggi di Tolkien fossero buoni-buoni o cattivi-cattivi. Sauron e Morgoth per costoro sarebbero “signori del male perché sì!!!”, dio mio. *sbatte la testa contro il muro*

    Ps: “sono in pieno re-editing.”
    Tanit, sì? *occhioni luccicanti*

  4. Lara Manni Says:

    Vorrei saperlo anche io, Cecilia 😦 Se c’è qualcuno che ha affrontato con enorme delicatezza e sapienza la questione del male è Tolkien. E ti confesso che i suoi emuli, anche molto lodati e amati, non riesco a leggerli: sarà un mio limite, ma mi annoiano a morte.
    Ps. Sì! 😀

  5. Cecilia Says:

    Ps. Sì! 😀

    Evvai! Attendo per dopo Natale?
    .

  6. Wu Ming 4 Says:

    Ciao Lara,

    siccome hai riportato alcuni passi dell’intervista a Verlyn Flieger e l’appuntamento con lei per il Tolkien Seminar a Modena, volevo dirti che la sua relazione è stata dirompente. Densa e certo rivolta agli specialisti, quindi bisognerà fare opera non soltanto di traduzione linguistica ma anche di divulgazione per i non adepti.
    Per fartela breve, la Flieger ha rilevato un principio storicistico, e di conseguenza relativistico, nel legendarium tolkieniano: “Nothing in the legendarium should be taken as absolute. All the stories are tied to point of view”. Inclusi i miti cosmogonici e sulla morte.
    Parecchia gente in sala ha fatto un salto sulla sedia (soprattutto i tomisti!). Di fatto questa interpretazione farebbe cadere tutte le letture confessionaliste e tradizionaliste.
    Dopo lo speech mi sono avvicinato e le ho detto che le cose che avevo ascoltato mi erano suonate un po’ come una rivoluzione. Lei ha risposto che proprio quello volevano essere.
    Be’, insomma, io sono già sposato e lei è sempre accompagnata dal suo boyfriend ottuagenario, per di più vive oltreoceano… ma al secondo appuntamento sono già mezzo innamorato di questa ragazza classe 1933. 🙂

    Besos,
    WM4

  7. Lara Manni Says:

    Voglio la traduzione, Wu Ming! 🙂

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