Codici a barre

Me lo sono copiato tutto, ma ne valeva la pena. Richard Russo su Repubblica di oggi:

“Sono venuto a conoscenza per la prima volta della nuova “promozione” di Amazon da mia figlia Emily, che fa la libraia, attraverso un´e-mail che aveva per oggetto: “Riesci a sentire come urlo a Brooklyn?”.
Nel link che Emily mi mandava, leggevo che Amazon sta incoraggiando i suoi clienti ad andare nelle librerie il sabato e a usare la sua applicazione per controllare i prezzi online (che consente a un acquirente di vedere, in un negozio, tramite la lettura del codice a barre, se può ottenere un prezzo migliore online) per ottenere un credito del 5% sugli acquisti fatti su Amazon (fino a 5 dollari per articolo, e fino a un massimo di tre articoli). I libri, la cosa è piuttosto interessante, sono esclusi, ma uno può usare il proprio credito Amazon online per comprare altre cose che le librerie vendono in questi giorni, come la musica e i dvd. Se controllate il codice a barre, per esempio, della biografia di Steve Jobs recentemente uscita, sarete indubbiamente informati che rischiate di pagarla troppo.
Mi sono chiesto che cosa i miei amici scrittori pensino di tutto questo, così ho subito spedito un´e-mail a Scott Turow, presidente del sindacato scrittori e, per conoscenza, a Stephen King, Dennis Lehane, Andre Dubus III, Anita Shreve, Tom Perrotta e Ann Patchett.
Tutti questi scrittori incassano considerevoli rendite dalla vendita dei loro libri su Amazon, ma quando hanno cominciato ad arrivare le risposte alla mia domanda è stato chiaro che il programma di Amazon non troverà dei paladini tra i nostri ranghi. «Un capitalismo che fa terra bruciata», lo ha definito Dennis. «Non sono contenti se non distruggono la concorrenza infierendo poi su di essa». Andre è indignato dal tentativo di Amazon di trasformare i suoi clienti in robot che spiano le etichette. Come Dennis, interpreta questa mossa come un rozzo tentativo di monopolizzare il mercato, il cui effetto, alla fine, sarà quello di «svalutare ulteriormente, come necessità umana e culturale, il libro stesso». Stephen mi ha scritto: «Amo il mio Kindle». E ha aggiunto che Amazon ha lavorato bene per lui, in quanto a vendite di libri. Anche lui, tuttavia, ritiene che la nuova strategia sia «invasiva e scorretta» al tempo stesso. Secondo lui, molti vedranno la nuova promozione come un semplice confronto di prezzi tra confezioni di steroidi ma, in effetti, «è un po´ troppo».
Scott vede le cose sotto un profilo legale: «La legge ha chiarito da tempo che i negozi non invitano il pubblico ad entrare per fare qualsiasi cosa. Non è previsto che un rivenditore funga da luogo per riscaldarsi per i senzatetto o diventi un luogo dove fare le prove con la tua band. È giusto, quindi, chiedersi se sia legale, da parte di Amazon, incoraggiare la gente ad entrare in un negozio con l´intenzione di raccogliere informazioni sui prezzi per Amazon, per poi comprare attraverso il gigante di Internet invece che presso il rivenditore. Legale o no, questo è un esempio dell´approccio “senza guantoni” di Amazon».
Dichiarazioni come questa dovrebbero indubbiamente far apparire tutti noi, ai devoti di Amazon, come un mucchio di privilegiati, spocchiosi ed ingrati. Privilegiati, glielo concedo. Ma mentre ci scambiavamo le e-mail, è subito diventato chiaro che la vera fonte del nostro sgomento collettivo era in realtà la gratitudine, non l´ingratitudine. Durante la promozione del mio primo libro, fui invitato alla libreria Barbara´s Bookstore di Chicago. Gli impiegati avevano ottimisticamente preparato sette sedie pieghevoli, e poi ci si erano seduti loro stessi non essendosi presentato nessuno alla lettura.
Forti di queste esperienze, i miei amici scrittori ed io abbiamo preso come un fatto personale l´assalto di Amazon nei confronti dei negozi che vendono direttamente i nostri libri da prima che qualcuno ci conoscesse, addirittura da prima che Amazon o lo stesso Internet esistessero. Come ha detto Anita, perdere le librerie indipendenti sarebbe come «tagliare dalla vita americana una parte critica della nostra cultura».
In quanto proprietaria di una nuova libreria indipendente a Nashville, forse Ann aveva più da perdere di tutti noi, e per questo ho trovato particolarmente interessante la sua risposta calma e rassegnata. «È inutile lottare contro di loro o spiegargli che dovremmo essere capaci di coesistere civilmente sul mercato», mi ha scritto. «Non credo che gliene importi niente. Penso, invece, che valga la pena di spiegare ai clienti che un prezzo più basso non sempre equivale al miglior affare. Se vi piace andare in una libreria, tocca a voi sostenerla. Se vi piace vedere che le persone della vostra comunità hanno un posto di lavoro, se pensate che la vostra città ha bisogno di incassare delle tasse, se volete comprare i libri da una persona che legge, non usate Amazon».
A qualche miglio dalla strada dove abito, sulla costa del Maine, una giovane libraia, Lacy Simons, ha aperto una piccola libreria che ha chiamato Hello Hello e, nel suo blog, ha scritto del suo rapporto con «chiunque entri nel mio negozio. Se me lo consentirete, imparerò a conoscervi attraverso le vostre letture e mi sforzerò di trovare dei libri in consonanza con voi. Amazon vi chiede di approfittare delle mie conoscenze e dei miei studi e di trattare lo spazio che affitto, il luogo di incontro che offro, i libri e la cultura libraria in cui credo così tanto da averci scommesso tutto» come se fosse «un luogo dove si espongono dei beni che potete trovare a miglior prezzo da loro».
Scott mi ricorda che cosa avvenne l´ultima volta che qualcuno affrontò Amazon. Poco meno di due anni fa, il gruppo editoriale Macmillan adottò un nuovo modello di vendite che sarebbe costato alla Macmillan nel breve periodo, ma che avrebbe consentito ad altre imprese di entrare o di rimanere nel mercato dell´e-book senza perderci su ogni vendita. La risposta di Amazon a una maggiore concorrenza? Rifiutarono di vendere non solo gli e-book della Macmillan, ma tutti i libri anche cartacei pubblicati dalla Macmillan. Amazon alla fine ha ceduto, ma la sua risposta iniziale ci ha aiutato ad avere la netta sensazione che immagini un mondo in cui non ci saranno altri librai o editori, un mondo in cui, come suggerisce la storia, Amazon potrebbe non usare il suo potere in modo benigno o a vantaggio della cultura letteraria.
Secondo me, il problema con Amazon nasce dal fatto che, anche se è nata come una libreria, ormai non lo è più, non è più questo in realtà. Oggi vende di tutto e lo fa in modo aggressivo. Forse ad Amazon non importa niente del più ampio universo dei librai semplicemente perché è troppo ampio per preoccuparsene. Come tutti quelli con cui ne ho parlato, in un primo momento ho attribuito l´applicazione di Amazon per paragonare i prezzi all´arroganza e alla malevolenza, ma c´è anche qualcosa di stranamente grossolano e inesatto in questo. Chi la critica può apparire debole, oggi, ma potrebbe non esserlo domani, e se il vento gira, la maldestra strategia di Amazon potrebbe dar vita a un massiccio movimento Occupy Amazon. E anche se la società sarà fortunata e questo non accadesse, che cosa ci avrà guadagnato, in fondo? L´incostante gratitudine di quelli che saranno tanto fedeli ad Amazon domani quanto lo sono oggi a Barnes & Noble, il prepotente dell´anno scorso? È un buon affare? Forse è una mia impressione, ma è come se i dirigenti di Amazon avessero deciso di trascorrere le vacanze ai Caraibi affidando l´azienda a un computer perdutamente innamorato dei suoi algoritmi. In altre parole, tieni duro, Lacy.

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12 Risposte to “Codici a barre”

  1. hetschaap Says:

    Complimenti per lo sforzo da amanuense ma -hai ragione- ne valeva davvero la pena. Purtroppo il fenomeno è complesso e non riguarda solo i libri e la cultura ma riguarda tutto il mercato. La scomparsa dei piccoli negozi, della vendita al dettaglio, sembra ormai inarrestabile. E’ chiaro che sul fronte culturale fa più male perché siamo più sensibili a questo aspetto ma sarebbe un errore non valutare la cosa da un punto di vista globale. Perché solo facendo così, secondo me, potremo trovare la strategia per comprenderla, affrontarla e combatterla.

  2. Valberici Says:

    Ok, ora vedremo chi sarà il primo scrittore che dirà “no” alla pubblicazione dei suoi libri su Amazon, quantomeno a partire dai nuovi contratti che firmerà col suo editore.

  3. G.L. Says:

    Val: non sarebbe legale.

  4. icittadiniprimaditutto Says:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  5. Ema Says:

    Aggiungo. Amazon ha maggiore esperienza con le nuove tecnologie quindi può usare tutta l’arroganza del “c’ero prima io”. Ma non dubito che, potendo, ogni grossa casa editrice o meglio casa venditrice di libri farebbe la stessa cosa. Sono almeno 15 anni che se ne parla (ricordate il film “C’è posta per te”, Tom Hanks e Meg Ryan?) ed è un discorso parallelo ai supermercati che “mangiano” gli alimentari.
    Paradossalmente, da come la vedo io i lettori più incalliti (e quindi i maggiori potenziali fruitori di bookshop) sono anche coloro che amano di più girare per i corridoi di una libreria, meglio se antica, polverosa e a conduzione familiare. Li (ci) convinceranno mai a fare tutto dalla poltrona di casa?
    Io personalmente credo che anche qualora un giorno il rapporto tra ebook/cartacei che leggo dovesse sbilanciarsi a favore dei primi, non rinuncerei mai ad andare in libreria.

  6. Lara Manni Says:

    Da questo articolo, io evinco anche un’altra cosa, che è il mio chiodo fisso: la capacità degli scrittori di altri paesi di unirsi per obiettivi comuni.

  7. la strega madrina Says:

    Sì Lara, però stiamo parlando degli scrittori più ricchi del pianeta. E anche più potenti. Voglio dire, anche se King o Turow parlano da soli contro Amazon – o contro qualsiavoglia potere editoriale, commerciale e via dicendo – le loro opinioni hanno un peso, anche economico.
    In Italia la situazione è molto differente.
    Ciò non togle che la tua rifllessione è la prima che è venuta in mente anche a me. La mancanza di un “fare comunità” al di là degli intenti letterari di ciascuno – e anche dei filoni, beninteso – salta agli occhi.

  8. Giovanni Arduino Says:

    A chi interessasse, il discorso prosegue qui in un’agile sintesi (in inglese, sorry)
    http://therumpus.net/2011/12/more/
    La premessa di strega madrina, ahimé, secondo me è molto giusta.

  9. Valberici Says:

    G.L.: e quindi nessun nuovo contratto…per quelli già in essere, amen.
    Ah, comunque stavo già pensando ad Amazon come ad un “secondo” editore (digitle e non), per questo parlavo di pubblicazione, riguardo alla vendita sono d’accordo con te, non è legale impedire ad una libreria, virtuale o no che sia, di vendere un libro.

  10. marco barsotti Says:

    Articolo molto interessante, che penso si presterebbe a lunghissime considerazioni.

    Intanto, per chiarire, sono andato a vedere cos’e’ questa applicazione: si chiama “PriceCheck”, c’e’ per ora solo nello store USA (così’ l’imbalsamata Italia può’ stare ancora tranquilla).

    Non so come l’articolista si sia inventato che Amazon incoraggi i suoi clienti ad andare “nelle librerie il sabato”.

    Infatti l’applicazione funziona anche tutti gli altri giorni della settimana, ed inoltre e’ presentata con l’esempio di … una macchina fotografica (e quindi mi tocca direttamente, ma su questo torno dopo).

    Dunque: in qualunque negozio (non solo nei templi della cultura, anche dove si vende l’effimero) si può’ scansionare un bar code, ed accedere ad una pagina con una completa descrizione del prodotto (cosa utile visto che in genere nei grandi negozi non c’e’ mai nessuno disponibile a dare informazioni).

    Dopodiche’ — occhio a questo punto — se il prezzo e’ più’ alto che su Amazon, viene proposto l’acquisto direttamente da Amazon.

    Dunque e’ molto “peggio” di quanto dice l’articolista tradotto da Repubblica: non e’ che danno il 5% di sconto su tutto tranne i libri, permettono proprio di fare l’acquisto immediato sul posto.

    Io non ci vedo nessuno svantaggio per il consumatore. Forse siamo tutti abituati a pensare come i tassisti (intoccabili) più’ che come consumatori.

    Scrivo questo, un po polemicamente forse, essendo uno dei potenziali danneggiati da questa cosa.

    Sono infatti co-proprietario di un piccolo negozio di fotografia a Nizza (come dicevo prima, e’ proprio nel mondo della fotografia – semmai – che Amazon invita i “suoi clienti” a fare questa pratica dubbia (vedere qui: http://itunes.apple.com/us/app/price-check-by-amazon/id398434750?mt=8 )

    E, proprio in questa stagione Natalizia, ci capita ben spesso la versione “un po’ meno high tech” dello stesso fenomeno.

    Questa settimana, ad esempio, ho cercato e trovato un’apparecchio compatto con un (raro) grandangolare spinto (21mm) per un cliente….che poi l’ha comprato alla Fnac (ed e’ venuto a farmelo vedere).

    Piu’ o meno la stessa cosa di Amazon, solo non così’ automatizzata.

    Ma…ma….ma quando ha dovuto poi capire come funziona l’apparecchio, o ha voluto che le foto si sincronizzassero automaticamente con l’iCloud per ritrovarle in tempo reale anche sull’iPad dove e’ andato il cliente ? Nello specifico e’ tornato da noi, a pagamento (e il margine sulla consulenza e’ il 100%).

    E’ inutile competere con chi e’ stato in grado di prendere capitali “venture” con un’ottima idea, andare in borsa, e lavorare ogni giorno all’ottimizzazione dei suoi processi (possiamo al massimo dire “perché’ non lo ho fatto io?”).
    A mio avviso, compito di noi “piccoli” e’ lavorare sulla verticalizzazione dell’offerta e sulla qualità’, ovvero su ciò’ che ci dara’ il rapporto personalizzato col cliente che mai Amazon (o un qualunque sito, e perfino il grande retailer) potranno avere.

    Nota finale: Dieci giorni fa abbiamo acquistato su Amazon una bizzarra pinza che permette di tagliare in automatico le foto delle carte di identità’. Da quel giorno, la home page di Amazon continua a propormi l’acquisto di analoghe altre pinze, di vario colore e dimensione: non gli viene il dubbio che, acquistata la prima, il mio interesse per le pinze si possa essere esaurito.
    No, non può’ essere questo genere di competitor a ucciderci.

  11. Lara Manni Says:

    Solo una nota, poi ognuno, naturalmente, ha le proprie opinioni. L’autore dell’articolo non è un giornalista ma uno scrittore: un Premio Pulitzer, se non sbaglio. Per questo concordo anche io con la strega madrina sulla potenza di fuoco del gruppo di “ribelli” americani rispetto ad eventuali emuli italiani. Particolare non trascurabile: Turow, da presidente dell’associazione scrittori, difende anche i colleghi più piccoli e meno venduti. 🙂

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