Chi conquista chi (su mainstream e il fantastico, ancora)

Su Hypernext trovo un post molto interessante, che parte dal mio vecchio intervento su King e Murakami, e che vi riporto.

“Analizzando su Carmilla due pubblicazioni recenti – 1Q84 di Murakami Haruki (Einaudi) e 22/11/63 di Stephen King (Sperling&Kupfer) – Lara Manni vota come soluzione per traghettare la letteratura del fantastico fuori dal ghetto editoriale l’invasione/intrusione del mainstream:

“[…] Se c’è una via per sfuggire alla nicchia, alle costrizioni editoriali, al malinteso post-tolkieniano, è proprio quella di sfumare i confini, o di contaminare, dall’interno, il mainstream. Facendo colare un mondo nell’altro, ricordava King: come liquido dal fondo di un sacchetto di carta.”

Soluzione che condivido e sottoscrivo.
Ma, a livello operativo, come fare per “conquistare” il mainstream?

In Italia, noi addetti al fantastico siamo malati cronici di scenario e ambientazione. Qualche volta ci riesce bene (uno su tutti, Dario Tonani con Infect@ & Co.) ma è ovvio che non basta. Dimentichiamo, o curiamo poco, i personaggi e le tematiche col rischio di produrre una grande quantità di contenitori e una bassa qualità di contenuti (per non far di tutta l’erba un fascio, a scanso d’equivoci, va citata Clelia Farris con Nessun uomo è mio fratello, romanzo sull’impunità vincitore del Premio Odissea 2009). Spesso sorvoliamo sullo stile e la lingua.

C’è un romanzo – mainstream e italiano – che nei punti deboli storici del patrio fantastico ha le sue fondamenta: Accabadora, di Michela Murgia, Premio Campiello 2010. In una storia che parte a ridosso della fine della Seconda Guerra ci sono personaggi con la “P” maiuscola (profondi, verosimili, tridimensionali), una lingua molto curata senza essere eccessivamente letteraria e grandi temi (morte ed eutanasia, condizione femminile). Lo scenario, la Sardegna e il Piemonte tra i ’50 e i ’60 del secolo scorso, viene filtrato nella descrizione degli spazi domestici, quasi un’estensione della psicologia dei personaggi. E per dirla tutta, c’è anche un pizzico di fantastico – l’intangibile, il misterioso, il sesto senso – declinato sotto forma di gotico rurale un po’ più metafisico di quello di baldiniana memoria.

Al di là dei mostri sacri del passato (Buzzati-Calvino-Levi) e del presente (Evangelisti) – esempi diametralmente opposti, dal maistream al fantastico e viceversa – nel futuro è giusto aspettarsi in “fondo al sacchetto di carta” gli autori mainstream nella veste di salvatori del fantastico o auspicare che l’invasione parta dall’altro lato della frontiera?”

Risposta, per quel poco su cui è possibile ragionare, dal momento che le cose sono in via di mutazione rapidissima. Credo che siano entrambi i fronti a muoversi.  In ambito mainstream ci sono già state le prime avvisaglie. Non solo Accabadora, ma, per citare un altro nome, Marco Mancassola con Non saremo confusi per sempre, che ho appena letto e che lavora proprio sugli interstizi fra i mondi.  Scenari, psicologia dei personaggi e lingua sono, a mio parere, i punti su cui molti stanno lavorando: il che, lo ripeto per la cinquecentesima volta, non significa negare altre strade, più pure e dure e rivolte agli stretti appassionati di fantasy con ambientazioni post-tolkieniane, qualunque cosa si desideri intendere con questo termine, o di tutti i sottogeneri mai concepiti sotto il cielo.  Significa, semplicemente, volerne percorrere un’altra. Senza che  chi ama e pubblicizza il paranormal romance si senta offeso dal semplice fatto che io non ne scrivo, per fare un esempio. Le strade sono infinite e i gusti dei lettori anche: credo sia giusto che ogni autore segua la propria, magari correndo il rischio di scontentare chi vorrebbe, da un libro, solo quel che viene proposto abitualmente come legittimo in un determinato filone.

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15 Risposte to “Chi conquista chi (su mainstream e il fantastico, ancora)”

  1. BHS Says:

    Grazie per aver raccolto lo spunto, Lara.
    Giusto: in fondo, chi va verso chi ha un’importanza secondaria. Ma c’è di più: la “migrazione” ha contro le sue ali il vento di una gamma di lobby che spazia dai grandi gruppi editoriali alle pseudo-web-sette dedite alla critica letteraria fatta coi troll e i martelli…

  2. Lara Manni Says:

    Perfettamente d’accordo. Infatti, sarà, a mio parere, una migrazione lenta, faticosa e, almeno per un pezzo, sotterranea. Il che non significa che non valga la pena aprire le ali 🙂

  3. icittadiniprimaditutto Says:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  4. philomela997 Says:

    A mio avviso è tempo che qualcuno faccia del fantasy quello che Philip Dick fece della fantascienza/cyberpunk: prendere un genere e renderlo emblematico del mondo reale, in modo critico e profondo andando oltre il filone della “narrativa d’intrattenimento”.
    🙂

  5. Lara Manni Says:

    Stesso desiderio, philomela. Ma è molto, molto, molto difficile, e piuttosto solitario.

  6. Cecilia Says:

    Richiamandomi al commento di philomela, io sono di avviso opposto per quel che riguarda il fantasy italiano -perlomeno gran parte-. Sarò brutale, ma prima imparino a scriveve buona narrativa d’intrattenimento e poi, molto poi, provino a riempirla di “MessaggiProfondi”. Adesso una grossissima fatta di autori fantasy italiani se ne infischiano della vera storia presi come sono a fare le “Denunce Impegnate et Profondissime” (peraltro dicendo banalità su banalità o addirittura stronzate) col risultato di avere un romanzo che ti dice che lo schiavismo è brutto, il riscaldamento globale è bruttissimo, che senza i dogmi religiosi staremmo tutti meglio… e poi è infarcito di buchi logici che ci passa un camion e i psg si comportano in modo incoerente con sé stessi e l’ambientazione pur di far passare il messaggio dell’autore.
    Ecco, no, grazie. Prima imparino a raccontare storie, poi, se ne avranno le conoscenze, facciano anche riflessioni. Possibilmente non quelle della profondità di un articolo su Focus o Dipiù tv, grazie.

  7. Lara Manni Says:

    No, aspetta, Cecilia. L’equivoco è proprio sul concetto di “messaggio profondo”. Se lo cali dall’alto, prescindendo dalla storia, sbagli. Se l’approfondimento entra nella storia – e a mio parere e per mio gusto deve entrarci: non come manifesto, ma come prassi narrativa personale – ne fa parte e non è un ingrediente staccato dagli altri. Dipende dalla visione del singolo autore.
    L’annosissima discussione su come si scrive, a mio parere, dovrebbe far parte dei fondamentali: la famigerata cassetta degli attrezzi (inclusiva di gestione di dialoghi, pov, coerenza interna) da cui si parte. Non dovrebbe – sempre secondo me – essere il punto d’arrivo ma le basi su cui costruire.
    Posso ammettere che quella cassetta non venga aperta troppo spesso. Ma non ci fermiamo su quella, direi. 🙂

  8. Cecilia Says:

    Cit 1 “L’annosissima discussione su come si scrive, a mio parere, dovrebbe far parte dei fondamentali”

    Cit 2 “Posso ammettere che quella cassetta non venga aperta troppo spesso”

    Esatto, in tutti e due i casi. Io non dico “non si mettano delle riflessioni nei fantasy”: non è giusto ed è un ragionamento “per scatole chiuse” (che poi porta a dire “Dante non aveva nessun diritto di parlare d’amore, è uno scrittore, si occupi solo di quello” -forse sai chi l’ha detto-) che non condivido affatto e quando raggiunge certi estremismi lo considero assolutamente idiota.
    Tornando al mio esempio, un fantasy in cui è presente una denuncia al riscaldamento globale va bene -quel che io penso di tale argomento è irrilevante- non va bene che: a. la tematicha sia uguale nel nostro mondo e in quello fittizio, perché è troppo antisgamo, troppo “gezzo” come metodo. b. che il MP sia anteposto alla buona qualità della storia.
    Dal punto b salta fuori la mia protesta. Prima si usino gli attrezzi del mestiere, si impari a usarli come si deve, e poi si potrà anche inserire altro (e per inserire intendiamo la stessa cosa, unire storia e messaggio in modo che non si possano separare e che uno non sembri l’aggiunta posticcia dell’altro).

    Anche “La fattoria degli animali” è un libro di denuncia. Meglio per certi italiani che non faccia paragoni.
    Ma, per fare un esempio meno impietoso, anche “L’ultimo drago” -colgo l’occasione per consigliarlo, e con lui tutta la produzione dell’autore- di Jasper Fforde contiene dei messaggi “per noi”, diciamo così. Multinazionali infami, potenti vili, televisione ipocrita. Che a primo acchito sono delle banalità ma inserite come sono nella storia, non solo non pesano e non suonano pretenziose, ma la migliorano.
    Ma Fforde, prima dei messaggi, è originale, divertente, e sa scrivere.

    Piccolo OT, a titolo personale: ho appena comprato Amazon di Zuddass, appena riedito, e ho visto che l’introduzione -stupidissima, spoilerosa al massimo- è di tal Gianfranco Turris. E’ per caso quel tipo amico di Casseri di cui si parlò un po’ di tempo fa?

  9. Lara Manni Says:

    Parto dal fondo. Certo che è lui, lo sdoganatore di Tolkien. Hai fatto benissimo a segnalarmelo, Cecilia, grazie.
    Sul resto concordo: pensa solo a come Ursula Le Guin sia riuscita a intrecciare racconto e anaisi del reale, o come lo faccia King, e lo stesso Murakami Haruki, tanto per citare i grandissimi.
    Naturalmente, per farlo: bisogna saper scrivere. 🙂 E prima ancora saper leggere 🙂

  10. Dario Tonani Says:

    Ciao Lara e ciao a tutti,
    ho letto il post e gli interventi successivi con grande interesse. Concordo sulla necessità di dominare i propri strumenti (e le proprie ali) prima di lanciarsi in voli pindarici sui grandi temi dell’uomo e del mondo. E sono convinto che l’ibridazione, la contaminazione e la compenetrazione tra generi sia una via maestra (se non l’unica) per allargare i propri orizzonti di autore coniugandoli con le aspettative (alte) di chi da una storia vuole plot, divertimento, ma anche contenuto, riflessioni, impegno… La narrativa di genere, specializzandosi, può essersi inaridita e sicuramente la ripetività di certe formule non ha giovato ad alimentare la curiosità dei lettori. Migrare verso il maistream può essere una via, certo.
    Ciao
    Dario

  11. Cecilia Says:

    Premessa: mi scuso per i refusi nei precedenti interventi, non ho riletto abbastanza.

    “Naturalmente, per farlo: bisogna saper scrivere. 🙂 E prima ancora saper leggere :)”

    Basta, abbiamo detto tutto ^^.

    Come mai ho fatto bene a segnalarlo? Rant in arrivo? ^^

    • Lara Manni Says:

      Ci stavo ripensando. Il problema è che adesso la scrittura è divenuta più gioco sociale che mestiere. Prima o poi ne scrivo 🙂

  12. Lara Manni Says:

    Non migrare, ibridare, Dario 🙂
    Cecilia: volevo capire quanto ancora De Turris si intrecciasse con il fantastico italiano, e come. 🙂

  13. Dario Tonani Says:

    Ciao Lara,
    intanto ho trovato questo spazio e ti seguirò! 😀
    Au revoir

  14. Lara Manni Says:

    Benvenuto!

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