Lara, i massimi sistemi e la lepre mammona

Volevo fare un post sulla paura, dopo aver riletto Schiavi dell’inferno di Barker. Non lo faccio subito ma arriva, promesso.
Poi volevo fare un post su Internet. Ovvero,  i rapporti personali che si intrecciano sulla rete. O anche, la grande differenza che passa, secondo me, tra uomini e donne alla luce della mia esperienza. Nel senso che le seconde sono pazienti e non si incazzano quando sparisco o penso ad altro, sapendo che poi torno, e i primi (salvo eccezioni che si contano sulle dita di una sola mano) no. Anzi, abitualmente si incazzano eccome.
Poi, ancora, volevo fare un post sul manager della Rizzoli, che oggi ha dichiarato a Repubblica che i libri che non vendono sono libri sbagliati. E volevo dargli ragione, perchè è così, ed è inutile recitare il ruolo del genio incompreso dal mondo crudele: non oggi, non nella situazione editoriale in cui siamo, quando  pubblicare E’ FACILE, per lo più. E dire anche, però, che ci sono casi in cui lo scrittore potrebbe non riempirsi le tasche di pietre e avanzare nel fiume  se non ha venduto, perchè magari quella nicchia che si riconosce in lui/lei gli/le basta. Insomma, un post complesso.
Invece, voglio raccontarvi quello che mi è successo ieri notte. Sono andata a fare due passi con il Simpatico Vicino, che è un tipo buffo grande e grosso che sa una marea di barzellette e riesce a farmi fare qualche risata (merce rara, ultimamente).
Non c’era luna. Camminando sul ciglio della strada, abbiamo visto una lepre. E la lepre non è scappata.  Forse era stata spaventata da un’automobile, forse era stata investita (zoppicava, abbiamo visto poi). Insomma, si è fatta PRENDERE. Il Simpatico Vicino l’ha tirata su per le orecchie senza che lei si azzardasse a fuggire.
“Che ne facciamo?”, mi ha chiesto.
E poi ha aggiunto:
“Peserà almeno due chili. E’ buonissima. Potremmo fare a metà”.
A quel punto la lepre ha cominciato a piangere.
Tecnicamente non è così. Diciamo che ha cominciato a gemere. Faceva un verso che non avevo mai sentito e che era a metà tra un belato e il pianto di un neonato. Qualcosa come:
Aaaa, aaa, aaa
“Per favore”, ho detto al Simpatico Vicino.
“Ok”, ha detto lui, lasciandola andare.
Per assurdo che possa sembrare, la lepre non è scappata. Poi abbiamo sentito arrivare un’automobile, che ha inchiodato dietro di noi.
“Che lepre!”, ha detto il guidatore, scendendo e avvicinandosi.
La lepre è fuggita via, perdendosi nel bosco.
“Peccato”, ha mormorato il guidatore.
“Già”, ha detto, mentendo, il Simpatico Vicino.
Io mi sono chiesta se esista una Lepre Mammona, e cosa stia pensando in questo preciso momento.

53 Risposte to “Lara, i massimi sistemi e la lepre mammona”

  1. demonio pellegrino Says:

    Sui libri sbagliati sono abbastanza d’accordo con te. ma sarebbe un discorso complesso, e oggi non ho la testa per farlo.

    Sulla Lepre Mammona, maremma stiappona, con du olivine e ‘r pomodoro ci facevi una mangiata…ma vabbe’. Magari tra qualche anno sarai salvata da una lepre mandata dalla Lepre Mammona per bloccarti mentre stai per camminare su un ponte tibetano che sarebbe crollato sotto il tuo peso.

    Vai a sapere.

  2. Lara Manni Says:

    Ma prima o poi lo facciamo, Demonio, è da stamattina che rimugino sulle parole del signor manager di Rizzoli.
    Quanto alla lepre…vogliamo parlare di pappardelle? Solo che non POTEVO. Non avevo mai sentito gridare una lepre, e se aggiungi la luna nuova e il bosco…sì, penso che la Lepre Mammona esista, da qualche parte…:)

  3. demonio pellegrino Says:

    NOOOOOOOOOOOOOOO, cosa mi hai ricordato!!! le pappardelle alla lepre!!! E ora chi se lo toglie dalla bocca sto languorino…e dove le trovo le pappardelle alla lepre a chicago???

    Ti odio.

  4. Lara Manni Says:

    Posso fare una telefonata alla Lepre Mammona? Casomai avesse qualche adepta traditrice a Chicago? 🙂

  5. G.L. Says:

    Quella del manager Rizzoli l’ho letta anche io. E a costo di beccarmi dello stronzo snob (che, in effetti sono) però, Lara…

    Mieville (China) vende in Italia (i miei dati risalgono a settembre dell’anno scoprso e sono affidabili) 700 copie, più o meno. E’ un libro sbagliato?
    Ma perchè fermarsi al fantasy.
    La prima tiratura di Santuario fu di mille copie (e all’epoca esistevano i Best Seller – nel caso era “Niente di nuovo sul fronte occidentale”) ne vendette meno della metà (e stiamo parlando di Santuario, per la miseria!). Adesso ci sono case editrici che campano su Faulkner. E Moby Dick? qualunque scrittore sano di mente vorrebbe aver scritto Moby Dick, ma all’epoca della sua uscita non se lo filò nessuno. E’ un libro sbagliato?

    Sbagliato è chiedere un parere sui libri ad un manager. E’ come chieder di assaggiare il pane ad un malato di celiachia.

  6. Lara Manni Says:

    Eh, per quello dicevo che il discorso è complicato.
    Io penso a oggi più che a ieri. Oggi perchè secondo me c’è più possibilità di accedere alla pubblicazione rispetto anche al passato recente.
    Sbagliato. Ecco, a me piacerebbe riflettere sui modi diversi di interpretare l’aggettivo.
    Per il signor Rizzoli è sbagliato un libro che vende 700 copie. E dal suo punto di vista ha ragione.
    Ma ai lettori di China Mieville va benissimo – forse- essere in settecento. Anzi, mettiamola così: a ME andrebbe bene scrivere per 700 lettori, sapendo che mi seguiranno e aspetteranno nuove storie. Allora, è chiaro che dal punto di vista aziendale chi ragiona come me è sbagliato. Dal punto di vista del narratore, credo, no.
    Cavolo, confusione. Lo so.

  7. Mele Says:

    GL! Ho ancora a portata di mano il forchettone, sai!

    Allora, Larù… sai che qualcuno potrebbe ora saltar su (come una lepre) e chiederti quante copie hai fatto? Qualcuno che non sono io, ovviamente.
    Sui libri non mi esprimo. Cioè. Secondo me sono beni a lungo termine. Oggi no, fra cinquantanni sì. Certo, se fra cinquantanni lo scrittore è morto, sassi in tasca o meno, comunque nel suo piccolo il libro è stato un fallimento.
    Un prodotto (qui, libro) che non vende è “sbagliato” nell’ottica di un manager. Magari no nell’ottica di un… boh, “uomo di cultura” (che schifo.)? “letterato” (doppio schifo.)? “Lettore esperto” (Mah…)?
    Oggi, come dice Larù, siamo nel tempo in cui quello che “tira” va bene e quello che “non tira” è da scartare. E non mi azzardo assolutamente a dire se è giusto o sbagliato (tanto non sono una scrittrice, la cosa non mi tange).

    Larù!! Perché questi incontri capitano solo a te?? Uffa.
    Io l’avrei comunque portata a casa. Se i miei non si sono ancora mangiati uno dei gatti che girano qui, avrebbero persino risparmiato la lepre.
    Che poi rischiano di finire sotto le macchine! (La lapre e i gatti)
    (Scusa, sono molto sensibile all’argomento, dato che la causa di morte della maggioranza dei miei felini è stata “pressatura artistica su asfalto”)
    Comunque, se Lepre Mammona esiste, di sicuro ti ringrazierà con tanti bei soldini! E i tuoi libri saranno sempre “giusti”!

  8. G.L. Says:

    Stare in una stanza affollata è come stare da soli. Ieri come oggi.

    Da lettore di Mieville mi fa incazzare pensare che uno così debba smazzarsi chissà quanti lavori per arrivare a fine mese invece di poter vivere di quello che fa veramente.

    Il signor Rizzoli può andare a farsi fottere. Il suo punto di vista è sbagliato. Punto. Il realtivismo culturale applichiamolo dove serve non su queste cose. Anche perchè il signor Rizzoli, volesse, potrebbe far vendere a Mieville milioni di copie. Lo so io e lo sai tu. Lo sa anche Mieville, immagino. Il suo era un ragionamento in cattiva fede, fatto solo per “stupire” e sottolineare ciò che la vulgata comune già dice in ogni bar della nazione. E i bar della nazione, ultimamente, andrebbero dati alle fiamme.

  9. Lara Manni Says:

    Mele! E’ che io non lo saprò fino a dicembre, quanto ho venduto 🙂 Per quello posso parlare più o meno serenamente. Che poi, tutti vogliamo vendere, intendiamoci. Ma quello che voglio dire io è che se vendo settecento vuol dire che scrivo cose che vanno bene per settecento, probabilmente. Posto che io sia convinta che il mio libro non potesse essere scritto in modo diverso.

    Ps. sono stata tentata di portare a casa la lepre, lo confesso. Ma sarebbe stata una brutta cosa, secondo me. Una lepre deve stare nei boschi, non a casa delle scriventi psicotiche.

  10. Lara Manni Says:

    GL, da quel che ho capito il signor Rizzoli voleva rispondere al signor Laterza che gli aveva detto delle cosacce, e già la cosa diventa poooco interessante.
    E’ vero che se volesse potrebbe far vendere Mieville piuttosto che, boh, Pulsatilla o Scurati. Ma non sono sicura che con tutto il pompaggio del mondo Mieville venderebbe milioni. E qui mi rifaccio al post di ieri: siamo sicuri sicuri che in un paese dove si pubblicano trentamila novità l’anno ci siano lettori per tutto? O non sarebbe più “normale” e forse più utile rivolgersi alle proprie amate nicchie e andare avanti serenamente, senza ansie da vendita?

  11. Uriele Says:

    I casi della vita… Proprio oggi ho trovato il video del Coniglio Mammone (non sarà una lepre, ma ci va vicino)

    Non per essere stronzo, ma qui si sta parlando di eccezioni: se un genio (vedi Herman Melville) scrive un capolavoro, ma non riesce a sfondare subito sfiga.
    Un autore di nicchia potrà avere pochi lettori e magari non è conveninte per una grande casa pubblicarlo perchè non è commerciabile (più che commerciale), almeno prima di diventare un autore di culto: quel genere d’autore che se anche vende un numero basso di copie, quando schiatta diventa così indispensabile che tutti vogliono una copia dei sui libri da attaccare al caminetto (qualcuno ha detto Infine Jest???) . Questa è una strategia cautelativa e giusta.
    Il rischio spetta alle piccole case che magari non si possono permettere per gareggiare sui diritti di autori mainstream (per le traduzioni) oppure non riescono a pubblicare l’autore già affermato (a meno che non abbia incominciato a pubblicare con loro).

    Quello del genio che vende poco, il fuori dal coro con l’occhio lungo e la Vera Arte nelle mani è un caso raro. Come diceva il buon vecchio Mordecai:

    “Molto si è scritto, forse troppo, sullo scrittore ingiustamente negletto, braccato dai commessi di tribunale ma trascurato o spregiato dai critici durante il corso amaro della sua vita, seppellito in una fossa comune ma ora considerato genio, un classico, indispensabile alla nostra conoscenza dell’uomo occidentale. Pochissimo, invece, si è scritto su animale letterario molto più comune, lo scrittore negletto a ragion veduta, che ha sacrificato salute e famiglia a una musa decisamente capricciosa e scompiacente. L’uomo che ha dedicato la vita all’arte, ma ahimé senza frutto”

  12. Lara Manni Says:

    Appunto!
    Ma aggiungo anche, in chiosa a Mordecai. L’uomo che dedica la sua vita a raccontare, accontentandosi di chi lo ascolta. Non è proprio pochissimo, eh.

  13. G.L. Says:

    Vabbè, questa è l’ultima poi sparisco.

    Relativismo, mai sopportato in queste discussioni. Non è questione di genio o non genio, di eccezioni e Wallace e Pynchon. Qui si parla di un manager cioè un mercante che dice che quando una roba non vende è sbagliata. Un manager tipo quelli che consigliavano di scommetere sui bond argentini o in Lehman Bros. Per di più uno che si arroga il diritto di dire che ciò che la vox populi sbraita è vera. Il problema di fondo è che chiunque sia un minimo addentro al Dorato Mondo Dell’Editoria sa perfettamente che la vox populi libresca è facilmente comandabile. Basta pochissimo.

    Lara: sono convinto che Mieville potrebbe vendere milioni di copie se il terreno fosse adeguatamente preparato. Traduco: se invece di intervistare degli ipocriti come il tizio in questione giusto per blandire le masse e dar man forte ai pregiudizi più banali (su cui un manager CAMPA! Dio non voglia che la gente si stufi di leggere Grisham!), si parlasse di Mieville e di tanti altri (penso a Vollmann che è un futuro Nobel ma che da noi non vende una cippa), le cose cambierebbero. E guarda che non li dico io.
    Lo diceva Gramsci.

  14. Mele Says:

    GL, non trovi ironico essere coinvolto in un discorso su “mercanti”? (ci sono arrivata solo ora, pensa te che sveglia…)

    Larù, hai inaugurato un’altra mischia! Brava ragazza!

    Però, potevi portarla a casa per quella sera, farla vedere ad un veterinario (perché zoppicava), rifocillarla e poi liberarla nel bosco, possibilmente lontano dalla strada.
    Sì, ragiono come una bimbetta che quando vuole qualcosa lo deve avere. Ma non ho trentanni e posso permettermelo, gnégné!

    Occielo. Sai chi mi ricorda, così all’improvviso? Mr. Jingles.

  15. G.L. Says:

    Mele: è la prima cosa che ho pensato quando ho paerto il giornale stamattina…

  16. G.L. Says:

    …aperto. Sorry, ma sono di fretta.

  17. Uriele Says:

    L’editoria alla fine è un industria e deve rientrare delle spese: se le vendite non coprono le spese più una percentuale di guadagni, vendere un prodotto diventa sconveniete.

    Per quanto riguarda ad esempio Mieville… sei sicuro che con una buona pubblicità venderebbe milioni di copie? Non è un autore subito accessibile per il casual reader, come Shepard richiede una certa diligenza e del tempo da parte del lettore.

  18. G.L. Says:

    Uriele: è esattamente quello che vorei. Che si comportasse come un’industria con una reale mentalità imprenditoriale. L’industria, per fare soldi, deve puntare sulla qualità. E fare in modo che la qualità si trasformi in quantità.

    Sì, ne sono certo. Esempio vicino: ho visto un ragazzino iperattivo di undici anni divorare Oliver Twist. Esempio in grande: il noir. Da nicchia, con la giusta preparazione del terreno (che non è solo pubblicità) è diventato il filone più redditizio dell’editoria italiana. Gli esempi sono centinaia. Ma per farlo serve lavoro e fatica, ma costa meno sudore lisciare i bassi istinti e continuare a fare i soldi con la solita minestra che di anno in anno diventa più insipida.

  19. Uriele Says:

    Ok, mettiamola così. Io adoro i miti e le leggende. Mi sono fatto il mazzo per trovare “Viaggio in Occidente” (quasi il 60% del romanzo Cinese) tradotto da Balduzzi per Rizzoli. Il libro ora è fuori catalogo e comunque veniva sui 30-35 euro per volume. Ottima traduzione, note fantastiche: un libro di qualità, di nicchia ed un ottima edizione. Penso che se Rizzoli ha raggiunto le 1000 copie vendute in Italia sia stato un miracolo.
    Passiamo ora a le Nebbie di Avalon (comunque un gran bel libro per me, traduzione discreta, edizione economica, tutto sommato facilmente leggibile anche dal lettore occasionale), più “commerciabile” vendute uno sbanderno di copie, disponibile a 6-9 euro pubblicato dalla TEA.

    Il primo è una formula1, si punta sulla qualità del lavoro e sull’ edizione (per prenderlo rinunci a due-tre pizzate con gli amici e sai che ti dovrai mettere di impegno per seguire tutto), il secondo è un gran bel romanzo, ma più smerciabile.

    Con Oliver Twist il discorso è diverso, come per Moby Dick: sono dei classici. Io forse sono più giovane di te, ma nella mia generazione e in quella dopo sono entrati nel bagaglio comune libri come Farenheit 451, 1984, La fattoria degli animali e anche Il mondo nuovo. Sono libri non certo facili, ma che sono entrati nei classici, come Verne, come Salgari, come Dickens, come Dahl,… Sono quel genere di libri che quando hai dei buoni genitori o dei buoni insegnanti ti vengono messi davanti perché sono i “classici”. Sospetto che ai miei figli “toccherà” leggere Dantec, King, Vonnegut,… I libri che guadagnano lo status di classici hanno un trattamento a parte (oppure sono solo io che ho avuto dei genitori particolari fissati con classici che mi hanno dato un certo indirizzo di lettura fino ai 14 anni, più alcune personali variazioni sul tema che ho molto apprezzato :D)

    Per quanto riguarda il noir, è una variante del giallo tradizionale e le detective story sono un genere che ha sempre acchiappato molto (guarda anche a un sottogenere particolare come le detective novel “gonzo” di Lansdale con la serie di Hap&Leonard).
    Se prendi ad esempio branche del Fantasy e della Fantascienza (considerati da molti un sottogenere per bambini) vedi che la storia è diversa, purtroppo. Il noir è più facilmente “commerciabile” dello Steampunk o del Cyberpunk o del New Weird

  20. demonio pellegrino Says:

    GL, io vorrei sfatare questo mito che “l’industria, per fare soldi, deve puntare sulla qualita’”. A volte e’ vero, ma a volte proprio no: ci sono business model di grandissimo successo costruiti SOLO sul prezzo basso. Ho esempi a bizzeffe: da walmart, a bestbuy, a Ikea.

    Per restare nel campo editoriale, un esempio di casa nostra sono (erano?) i Miti Mondadori: edizioni a 3900 lire, la prima volta che uscirono. Io li comprai non perche’ di qualita’: ma per che’ costavano 3900 lire.

    Poi. Sono assolutamente contrario a che si cerchi d’imporre criteri assoluti tipo “questo libro e’ capolovoro”, questo libro non vale la carta su cui e’ scritto. Io brucerei tutto Svevo. E se i presunti coltissimi vengono a dirmi che e’ perche’ non lo capisco o non ho la sensibilita’ giusta, brucio anche loro: perche’ reputo che Svevo sia una cagata pazzesca.

    Parliamo di Moccia, che tutti prendono a pesci in fascia: scrive libri brutti? Si’. Pero’ facciamoci un’altra domanda: Scrive libri che pero’ avvicinano i ragazzini alla lettura? Si’. Bene, allora i suoi libri sono giustissimi, e SIANO BENEDETTI. Perche’ mi compiono il miracolo – come Twilight – di far leggere ragazzine di 14 anni, che, perdonami, Oliver Twist lo userebbero solo come zeppa sotto a un tavolo (e io con loro).

    Vorrei poi ricordare che molte delle opere del teatro classico romano che ora osanniamo all’epoca erano considerate berciate popolane.

    Per cui calma e gesso. Che di corazzate Potjemkin ne abbiamo abbastanza.

  21. G.L. Says:

    Uriele: ho trent’anni, non centocinquanta. Oliver Twist non è un capolavoro è solo un libro che – in quel caso – è stato “venduto” bene all’usufruitore. Usufruitore, ribadisco, con grosse difficoltà. E ha funzionato.

    Non parlo di nicchie, sono sempre esistite e sempre esisteranno. Siano benedette, spesso sono il brodo di coltura di organismi belli tosti che poi, magari diventano Classici. Parlo di pigrizia editoriale (e narcisismo da parte dei lettori – la sindrome del “Lo conosco solo io allora è figo, lo conoscono gli altri (o, peggio, si studia nelle università) allora fa schifo) e di scarsa critica da parte del pubblico.

    Noir. Quando nacque, penso a Manchette, era un sistema per veicolare una critica strutturale al sistema. Poi è diventato altro. Divertente e piacevole (a me Hap & Leonard piacciono molto), ma altro.

    Demonio: che palle. Bisogna sempre puntualizzare anche le virgole? Okay, facciamolo.
    Qualità = pesantezza (tra l’altro, permettimi, la Corazzata Potjemkin è molto meno pesante di quel che si pensi)? mai detto. E non è nemmeno così. Alle volte, ma non sembra.
    Svevo non è una “cagata pazzesca”, Svevo è importante per quello che ha fatto in quel periodo lì. Ciò fa di Svevo un Grande? non credo, ma fa di lui uno che bisogna studiare, poco ma sicuro.
    Ho detto che l’industria per fare i soldi deve puntare sulla qualità. Non ho detto che è quello che sta facendo (e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, penso).
    Per quanto riguarda il teatro classico romano. Erano berciate popolane e sono importanti per quello. Così come i tragici greci sono importanti per altro. Anche Shakespeare riempiva le arene, ma non è questo il motivo per cui lo si studia o è importante.
    Ultimo.
    Per quel che dici di Twilight e Moccia, mi sono preso svariate parolacce per aver detto lo stesso che tu hai scritto – parlavo di Twilight. E proprio in questa sede da parte di una sapientina che puzza di fritto misto (e supponenza).

  22. demonio pellegrino Says:

    GL, ma io contesto proprio quello che dici sull’industria. E cioe’ ripeto, l’industria non necessariamente deve puntare sulla qualita’ per fare soldi: tutt’altro.

    Sulla corazzata potjemkin e svevo abbiamo, evidentemente, opinioni molto diverse. Su Moccia e Twilight no. Per cui, come disse il buon Trapattoni, siamo completamente d’accordo a meta’.

  23. Mele Says:

    MISCHIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! Dai, ragazzi, strappatevi le maglie e pestatevi a sangue! Vado a prendere qualcosa da sgranocchiare!

    (Lara: graziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegraziegrazie!)

    Poi mi verrebbe voglia di entrare nel vivo della battaglia (Ah, anche le tragedie greche erano “cibo per il popolo”, eh!), però, siccome so che voi maschietti tenete il broncio all’infinito per ogni sciocchezza, non vorrei inimicarmi Demonio (che è l’unico qui che condivide le mie idee su quella cosa innominabile che inizia con p e finisce con a) e GL (perché voi scrittori siete i peggiori! C’è un tizio, da te chiamato “tizio qui”, che per farmi dispetto ha fatto finta di non capire un periodo ipotetico e credere che io, miss metro e una mela potessi essere una minaccia alla sua incolumità fisica. Roba da “che fai, sfotti?”), che *tra l’altro* ha un lavoretto in sospeso che io sarei anche piuttosto ansiosa di veder finito, quindi non vorrei distrarlo troppo (e se io mi strappassi la maglietta pronta a combattere, anche se non sono un fiore, qualcuno distrarrei). E anche Uriele, nuova scoperta di grandiosa fonte d’informazioni, con cui, ora che so possiede Viaggio in Occidente, più che battaglia devo iniziare un’intensa azione di lecchinaggio, sai mai che si possa combinare qualcosa *.* (Ma scusa, quella è Chibiusa?)…

    Comunque voi continuate e fate come se io non ci fossi, con tanta cara violenza e sudore e sangue.

    (PS, per GL: ho letto una cosuccia della sapientona al fritto misto su di te che… ne discutiamo da un’altra parte… anche perché la tizia qui bazzica, eh…)
    (PS2, per Lara: Non so se prima sono stata chiara. GRAZIE! Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!!)

  24. demonio pellegrino Says:

    Mele, viaggio in occidente ce l’ho anch’io…se ti strappi la maglietta se ne puo’ parlare. A me papi mi fa un baffo.

  25. Mele Says:

    Ora indosso molto padanamente una canottiera, è uguale?
    (Mmh… no, perché è di quelle che non si strappano neanche se rimani impigliato ad un ramo… cercherò una soluzione alternativa!)

  26. demonio pellegrino Says:

    ammazza, oh, pure padana? Il mio ego di leghista puro se ne rallegra. Dici che la canotta non si strappa neanche se si prova a tirarti addosso un paio di volumi stile Oliver Twist?

  27. palanmelen Says:

    Sì, poi mi portate in giro per i capelli tipo donna delle caverne… A parte che quel libro non c’è bisogno di tirarlo: stende già nel tentare di leggerlo.

    Ma… ma… che fine hanno fatto tutti? E’ già finito il litigio?
    ç_ç NOOOOOOOOOO!
    Adesso bisogna assolutamente trovare qualcosa che riaccenda gli animi!
    Però forse è un po’ tardi…
    Larù! Domani ricordati di segnalarci un altro di questi articoli di Repubblica!

  28. G.L. Says:

    Demonio: il Trap è sempre il Trap.

    Mele: sai come contattarmi. E può andare a farsi fottere, qui o lì, o su e giù. Dopotutto il peggiore sono io.

    Palanmelen: Oliver Twist non stende, è bellissimo. E se non fai “sì sì” con la testa te lo tiro dietro.

  29. uriele Says:

    @ Mele: ok, mettiamo giú le cose come stanno. Io libro l’ho comprato alcuni anni fa, ma anche allora esisteva una copia digitale solo che era solo il txt e rtf e formattata da schifo (e quando dico da schifo intendo che era illeggibile).
    La versione stampata copre il 60-70% del libro originale (ed era la traduzione piú completa: Lo scimmiotto é una traduzione peggiore di circa il 30% del romanzo). La versione digitale era illeggibile, ma INTEGRALE resa disponibile da Rizzoli e sempre tradotta da Balduzzi. Adesso, grazie a Dio, hanno messo finalmente online una versione ben formattata in pdf che puoi trovare qui:

    http://www.liberliber.it/biblioteca/w/wu_cheng_en/index.htm

    Onestamente non ho mai capito perché Rizzoli non abbia mai pubblicato la versione integrale. Non avendo grande mercato (ne hanno vendute relativamente poche copie e i costi sono stati coperti solo perché era un edizione di lusso: la domanda non era abbastanza alta, ma la nicchia era disposta a spendere una cifra considerevole) hanno deciso di distribuire gratuitamente il volume.

    PS: probabilmente per la mancanza di buoni traduttori dal cinese, il testo é una traduzione della traduzione francese

    @GL: vorrei che la qualitá di un prodotto portasse a un maggior guadagno, purtroppo dalla mia esperienza lavorativa (parlo nel campo della progettazione industriale, ma anche dell’editoria specialistica come Zanichelli o Pitagora) ho visto solo che una qualitá maggiore implica costi maggiori. Solo quando la domanda e il prezzo che il compratore é disposto a spendere per quel prodotto sono sufficienti a coprire le spese, e garantire un certo margine di profitto, é conveniente investire su un prodotto di qualitá maggiore.
    Tu ragioni da creativo, da ricercatore, ma non da manager o copo progetto (adesso sto lavorando ad un progetto che é appena passato dalla fase di ricerca a quella industriale e le semplificazioni, le limature, la diminuzione della qualitá e dei tempi di lavoro per rientrare nei costi e rispettare le scadenze si vede). Mi piace il tuo modo di vedere l’editoria, ma non penso sia cosí facile da riprodurre nel mondo reale: un libro che non vende, che non ha un indice di penetrazione del mercato alto é un libro sbagliato per un grande editore (che avrá comunque nel suo catalogo una serie di questi libri “sbagliati”), mentre é ottimo per uno piccolo che cerca di crearsi uno spazio nel mondo dei libri

  30. G.L. Says:

    Uriele: forse hai ragione (perchè sul lungo periodo saremo tutti morti), ma permettimi una considerazione a cui tengo molto (perchè so che ci sono molti scrittori in erba all’ascolto). Mi sono trovato, sulla mia pelle, a scoprire che le piccole case editrici non vogliono ritagliarsi uno spazio, non vogliono osare, non vogliono fare – quello che si chiama – scouting (che poi è la base di qualsiasi mercato): vogliono stare nella scia dei Grandi Carrozzoni. Vogliono qualcosa che sia facilmente inquadrabile e smerciabile. Possibilmente che sia la fotocopia della fotocopia di qualcosa che vende. Con mio grande (davvero grande) stupore ho capito che sono i Grandi Carrozzoni a osare, non i piccoli. E il Signor Rizzoli di cui sopra lo sa benissimo, ecco perchè quel tizio mi ha fatto imbestialire.
    Detesto chi è in cattiva fede.

  31. uriele Says:

    Ok , ho finalmente capito cosa vuoi dire. Hai ragione. Ma io dubito che queste piccole case che non osano riescano a ritagliarsi un mercato: combattono per stare a galla, ma prima o poi affagano se non riescono a trovare qualcosa di nuovo.
    Per quanto riguarda i grandi… bhé loro si possono permettere di rischiare, hanno le spalle coperte ma, giustamente, non rischiano troppo. Una delle cose che mi aveva stupito in questo periodo era Esbat: la Feltrinelli non é mai stata famosa per essere una casa “coraggiosa” che puntava su esordienti italiani, specialmente su libri di genere. Era un operazione rischiosa (Mondadori ed Einaudi in questi hanni sono state le piú temerarie fra le grandi)

  32. G.L. Says:

    Uriele: esatto. Andiamo a farci una birra?

  33. palanmelen Says:

    GL! Linki il mio blog e non ti ricordi che io sono Mele?
    Ma insomma!
    Niente maglietta strappata, per te.
    (Allora, io Oliver Twist ho tentato di leggerlo quando ancora stavo nel carrello della spesa – sì, ok, non nel seggiolino, ma pur sempre nel carrello -. Ero partita in quarta – era il mio momento magico “dedichiamoci ai classici”- e infatti mi sono fermata alla quarta pagina – o poco più in là-. Probabilmente non riuscivo a cogliere la graziosa ironia Dickens -che mi piaceva tantissimo dopo Canto di Natale- però mi ricordo che era luuuungo, non arrivava mai al punto, e continuava a morire un sacco di gente e mazza che sfigato…
    Ora che ci penso, quello è stato uno dei momenti più deludenti della mia storia di lettrice, ma per colpa mia, immagino, perché poi ho tentato di leggere Robinson Crusoe e… non mi ricordo, mi sembra L’isola del tesoro. E Il corsaro nero. Occielo, ho un vuoto. Vabbeh. Ho concluso che fossero libri “da maschi” e me ne sono tornata colla coda tra le gambe alla Pitzorno e a Pollyanna.)

    Uriele! Tu sei una specie di dio in terra, vero? (Adesso cosa vuoi in cambio, un tempio, una statua, un sacrificio?)
    Guarda, penso che siano milioni le persone (ragazze, soprattutto) che considerano Wu Cheng-en l’incarnazione della genialità o lo venerano anche solo per essere una così ENORME fonte di ispirazione.
    Purtroppo sono quasi tutte in quella fascia d’età che 30-35 euro a volume se li possono permettere solo se la danno in giro. O vendono un rene. O minacciano il suicidio.

  34. G.L. Says:

    PalanmeleneMele: il problema è che sono vecchio & rincoglionito (per citare l’immortale sergente Chappy “Sono vecchio, incazzato e stanco”) e affetto da una gravissima malattia: detesto i nick. Ciononostante aspetto tue che sono curioso.

    Libri da maschi.

    Libri.

    Da.

    Maschi.

    Okay, Leopardi era un inguaribile onanista, Pascoli andava a letto con la sorella, Poe era un alcolizzato, GL si droga, e tu dividi i libri in libri da maschi e libri da femmine.
    Poteva andarti peggio, in fondo.

  35. uriele Says:

    direi che Pascoli vince a mani basse 😀

  36. Mele Says:

    Ehi, adesso leggo anche i libri da maschi ( e visto che sei “vecchio” ti ricordo che ho scritto che anche il tuo è un libro da maschi)!

    Che ci potevo fare? A sette anni giocavo colle barbie, avevo una bellissima consolle di plastica dove tenevo tutti i miei gioielli e i miei trucchi (di plastica), avrei voluto chiamarmi Aurora (come la Bella Addormentata) e l’uniche cose da maschio che facevo erano giocare a calcio a scuola e lottare con i miei cugini. Poi i miei hanno fatto sparire la consolle per far posto alla scrivania e… è stato un trauma terribile. Ho iniziato ad odiare la scuola, per quello. E a comportarmi da maschio (per quanto sia difficile con un grembiulino col pizzo sul colletto e gli orsetti sulle tasche). Però i libri da maschio proprio non li sopportavo.
    (Occielo, mi sono commossa.)

    Ma scusa! Tu regaleresti La piccola principessa ad un bambino?
    Insomma, ci sono libri da maschio e libri da femmina!

  37. G.L. Says:

    Mele, virilmente (visto che sono autore di libri da maschi) lascio cadere il discorso. Dopodichè, ruttando e grattandomi sotto le ascelle, fischiettando l’Inno Di Mameli, vado a parlare di calcio con i miei amici pelosi e tatuati. Tutti talmente virili che se passi nel raggio di dieci metri da noi e dal nostro bar (il famoso “Due Palle Così”) ti crescono baffi a manubrio tipo baffuto del circo.

  38. Laurie Says:

    mmmmm

    Sai che anch’io avrei cucinato la lepre? °_°

    Sui libri sbagliati: dipende a chi si dà la colpa. Allo scrittore che ha scritto male o al pubblico che non era pronto (o all’editore che non ha saputo valorizzarlo)? Da noi psico-psico si chiama locus of control.

    Poi noi psico-psico ormai adoriamo la multicasualità per cui mi sa che è un po’ questo un po’ quello un po’ quell’altro per cui un libro vende e un altro non vende.

  39. Roberto Says:

    Multicasualità! Ecco le parole attraverso le quali la scienza riscopre il senso comune xD mi piace

    Schivo il Vaso Ming scagliatomi dalla Somma (bentrovata, Somma!), notando, tra l’altro, come dal discorso sull’editoria (interessantissimo!) si sia passato a quello sui sessi, che pure era argomento del post, dimostrando così una volta di più che tutte le cose sono connesse …

    Da ragazzo avevo l’abitudine di dire “si conta sulle dita della mano di un monco” per esprimere un ristrettissimo ventaglio di eccezioni (e chi sono mai questi maschietti eh?-eh?? 🙂 )

  40. Lara Manni Says:

    Tu, per esempio, o Saggio 🙂
    Accidenti, ma mi distraggo più spesso se le discussioni diventano così interessanti, eh.

    Comunque, tanto per: secondo me non esistono i libri da maschi e da femmine, scherziamo????

  41. Vale Says:

    C’entra poco, ma sono felice per la lepre.
    Ora sono impossibilitata – sto in ufficio – ma appenariesco, leggo tutti i commenti…

  42. Rohchan Says:

    Urca! Che bel discorso….*_*
    Allora…*Rohchan si scrocchia le dita*

    Editoria: non ci sono dentro, non credo ci sarò mai. Ma personalmente mi infastidisce terribilmente quando un libro costa un botto di soldi allucinante, e se lo voglio devo fare la cresta su ilcielosa quante spese di famiglia. *sigh* che poi tanto, gira e rigira, il libro lo compro uguale…borbottando certo, ma uguale. E’ sempre la legge del mercato, che vuoi farci. Per quanto basso sia, alla fine son più quelli che si piegano che quelli che restan saldi sulle loro convinzioni. =.=
    E anch’io all’epoca sono rimasta piacevolmente stupita dal coraggio di Feltrinelli nel pubblicare il libro diLlara (anche se aveva già pubblicato Ligabue, e ‘la neve se ne frega’ non è esattamente un libro facile. Incredibile vero, che un cantautore rock sia anche un più che discreto scrittore…?)

    Libri da maschi e da femmine: certo che esiste la distinzione, almeno per tutta la scuola elementare, quando le bambine sono ancorate a Barbie, Winx e compagnia briscola e i maschi vivono di Gormiti, Uomo Ragno e simili. Poi la faccenda si complica, perchè si inizia a mettere il naso dall’altra parte della barricata e si scopre che in realtà, quei libri che da bambine facevano un po’ schifo perchè ‘insomma, non fanno che picchiarsi’ hanno anche dei meriti. Certo, bisogna avere una certa età per avere lo ‘scatto’ e capire che distinguere tra letture da maschio e da femmina è una cosa un po’ inutile, oltre che controproducente. Se avessi dato retta a questa distinzione, non credo avrei mai letto Tolkien…insomma, l’unica storia d’amore è sacrificata nelle ultime dieci pagine! Però ad un certo punto lo scatto arriva, ed ecco che mio fratello legge il primo libro di Piccole Donne ed io leggo Il Richiamo della Foresta. E belli che belli che sono. ^.^

    E sono felice per la lepre…mi sarebbe spiaciuto sapere che te l’eri mangiata, bestiola. Già pensava di averla scampata con quel matto che l’aveva mezza investita, e poi arrivi tu che parli di cucinarla…ç.ç sissì, quoto Mele: sarebbe stato bello se l’avessi curata, nutrita e liberata, ma capisco che la mia nuvola rosa è solo mia…^^”’

    I rapporti che si intrecciano in rete tra scrittore/scrivente e lettore? Ahiahiahi Lara…spero tu sappia che è un campo minato…>.>
    Comunque, tutti sogniamo il nostro quarto d’ora di celebrità, che lo ammettiamo o meno. Che sia nella musica, nelle lettere, nello sport o nello spettacolo, tutti quanti vorremmo per una volta essere *qualcuno*. Cambia la misura, da persona a persona. C’è chi si accontenta di sentire per caso due persone in strada che parlano del suo scritto e chi si dispera perchè ha prenotato un salone da 700 posti e si sono presentati in 15. E 10 sono suoi parenti. Ma spesso, il miglior giudice è il tempo, come è già stato detto.
    E, tanto per citare il mio amico Oscar: non esistono libri belli o brutti. Esistono solo libri scritti bene o scritti male.

    Svevo. Ugh. Non ricordo chi l’ha tirato in ballo, i suoi estimatori mi perdonino, ma ugh.
    E penso che il verso basti…

    Su Moccia e Twilight. Li ho letti, li leggo. Vero, non sono alta letteratura, ma hanno il pregio di rimettere della carta stampata in mano ad adolescenti lobotomizzati da tv, telefono, pc e playstation. E, meglio ancora, ogni tanto imparano qualche parola nuova, oltre che sentirsi toccati da un valore (o ‘senso’ del valore) che prima non avevano, che sia morale o materiale. Alleluja alleluja.
    Già solo per questo, secondo me, meritano un sorriso e una pacca sulla spalla. Una volta iniziato a leggere, poi i gusti si modificano e girando tra gli scaffali tentatori un bel libro che non si credeva di poter leggere lo si trova sempre…^^

    Mmmh…ho detto tutto? spero…semmai ripasso…>.>

  43. uriele Says:

    Azz… bello e completo questo commento. Condivido praticamente tutto.

    Unica cosa é il discorso Ligabue: era famoso giá di per sé. Feltrinelli era cosí conservatrice che prima di pubblicare Luttazzi questo é passato prima per Cuore e poi, come grande editore, per Mondadori. Ha pubblicato per Feltrinelli solo dopo che il suo nome era diventato conosciuto. E non c’era neppure niente di morboso riguardante l’autrice (vedi quei cani della Fanucci e la cavalcata dello scandalo con la Panarello)
    Feltrinelli non la vedevo rischiare cosí dai tempi del “giovine” Giuseppe Tomasi (rimbalzato da Einaudi e Mondadori, molto prima che queste case divenissero due facce dello stesso editore).

  44. Rohchan Says:

    …quindi Lara è ancora di più l’eccezione che conferma la regola….^^

    su Ligabue…io intendevo proprio nel senso di scrittore; insomma, è famoso, ma il suo mesteiere è un altro. Riempie gli stadi con la musica, non le grandi librerie con i suoi scritti. Di solito.
    Anche se è vero che se tutti fan del Liga hanno comprato il libro, la Feltrinelli è rientrata eccome delle spese di pubblicazione…>.>

    Cavoli come sei informato sulle case editrici…!

  45. uriele Says:

    La storia del Gattopardo é una vecchia nenia.
    Fin da piccolo ho sempre amato i libri anche come oggetto (la rilegatura, l’impaginazione, eccetera…). I miei erano molto amici di persone che lavoravano da Zanichelli e Malipiero (una piccola casa che pubblicava libri per ragazzi come “Il tesoro della Capraia” e libri per la scuola, adesso penso sia fallita) e mi sono fatto raccontare un po’ come funzionavano le cose per i testi specialistici (purtroppo di case editrici che pubblicano narrativa so molto poco).

    Per quanto riguarda la famigerata Fanucci… é un odio personale per le pessime rilegature e le traduzioni ancora peggiori (ed é una cosa che odio, specialmente quando il libro mi piace. Alle volte sono talmente scadenti che acquistano un senso solo quando le ritraduci letteralmente in inglese con il primo significato del vocabolario)

  46. Rohchan Says:

    …sì. Decisamente sì. Ti faccio amico…^_^

    Ricordo la Malipiero…ho dei vechi libri di quando ero bambina pubblicati in quella casa, ma credo anch’io che sia fallita…>..>

  47. Rohchan Says:

    …sì. Decisamente sì. Ti faccio amico…^_^

    Ricordo la Malipiero…ho dei vechi libri di quando ero bambina pubblicati in quella casa, ma credo anch’io che sia fallita…>.>

    La Fanucci…la conosco, sì. E la detesto, come la Fazi. Traduzioni terrificanti. Io ti dico solo di Twilight…ho letto i libri prima in italiano, li ho regalati ad una mia cugina e me li sono ricomprati in inglese. Il linguaggio ha delle piccole sfumature che il traduttore s’è perso per strada.
    Ma ovviamente, tradurre non è il mio mestiere, quindi il mio giudizio immagino lasci un po’ il tempo che trova…>.>

  48. Lara Manni Says:

    Giuseppe…Tomasi?
    Ugh.
    Uno dei libri amatissimi dell’adolescenza, peraltro. Però Feltrinelli ha rischiato anche con Giulia Carcasi, per esempio. O con Vanni Santoni. Mi sono documentata, eh, sugli esordienti di casa. Negli ultimi tempi, almeno, mi pare che ci sia parecchia apertura.
    Quanto a Fanucci, mi unisco a voi. La detesto anche io. E non solo per Valentina F. xD

  49. Uriele Says:

    Ne avevi parlato anche sul sito dei Gamberi quando era saltata fuori la cosa. Ma per me vedere un giovane esordiete che scrive “urban fantasy” pubblicato da Feltrinelli è stato come accendere la Tv e vedere al telegiornale mia nonna arrestata perchè aveva violentato il panettiere… una cosa che non mi sarei mai aspettato da lei.

  50. Lara Manni Says:

    Ah, in questo senso è vero 🙂
    Che io sappia, Feltrinelli ha pubblicato solo un altro fantasy italiano, molti anni fa: Magia rossa di Gianfranco Manfredi. Che però non si trova più….

  51. Uriele Says:

    Ecco per esempio il “nonno che caga sulla volante della polizia” mi era sfuggito e mi hai fatto venire voglia di leggere questo Magia Rossa

  52. Lara Manni Says:

    Se lo trovi fammi un fischio, voglio leggerlo pure io!!!

  53. Uriele Says:

    dovrebbe averlo alessandro di Buoni Presagi

    http://buonipresagi.splinder.com/post/19536729/I+libri+di+dicembre

    o comunque potrebbe sapere dove trovarlo. Mi sa che sei più vicina tu a Bologna di me adesso come adesso

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