6. Fandom: fan fiction, poesie, video

Molti lettori hanno scritto su Esbat e persino su di me. Comincio dalla sezione fan fiction che appare su Efp, e che si trova qui:

Fan fiction su Efp!

Su Esbat era stato indetto anche un contest: il thread è leggibile sempre  su Efp!

***

Poesia

Vincent ha scritto una poesia meravigliosa per Esbat, e per me.

L’impossibile

Solo senza una meta continuo a vagare tra la nebbia oscura
Per ogni passo pesante dato
sembra sempre più fitta.

Intravedo fermo,
uno spiraglio tra le nuvole.
Un cuore mi tende la mano senza conoscermi.

Lei sa che sono ghiaccio
Lei sa che sono aria
Lei sa che sono un soffio

Lo sente sulla sua pelle,
Le parla arriva a toccarla nel profondo della sua anima d’oro.

Così comincia a scrivere
Incide su una tavola di platino la mia immagine,
traccia delle linee fatte con amore
e come fecero gli antichi
da vita a me che sono inchiostro.

Io sono un guerriero,
un essere divino che per sempre veglierà su di lei.

 

***

La fanfiction di Mele.

La prendo da Efp, ne è autrice Mele. Ed è stupenda. E non solo perchè c’è Esbat di mezzo!

S.

Ore 17.30 dell’ultimo venerdì lavorativo prima delle vacanze di Natale.
Per accogliere degnamente il prossimo paziente avrei bisogno di qualche minuto di pausa.
Ne avrei due a disposizione, ma li occupo arieggiando la stanza: S. prova un acuto fastidio per l’odore dell’incenso, delle candele e per quello delle persone che sono state nella stanza prima di lui. Quando è infastidito, potrebbe essere pericoloso.
Il fatto che percepisca l’odore dei miei altri pazienti mi lascia spesso allibito. Capisco la signora che viene prima di lui – che tra l’altro non usa profumi, ma quelli che sono venuti la mattina? Un giorno me ne descrisse uno solo – a suo dire, dall’odore che sentiva. La descrizione era così azzeccata che temetti che lui fosse stato qui di nascosto. Ma, dati i suoi impegni – e le telecamere di sicurezza, eliminai quest’ipotesi.

Dopo aver chiuso le finestre, affilato la matita e controllato l’ordine della stanza (anche il disordine lo irrita), avviso l’infermiera che può farlo entrare.
S. è un uomo alto, dal fisico asciutto e muscoloso. Cura meticolosamente il suo aspetto e indossa solo abiti di alta sartoria, di tessuti costosi. Non fuma, non beve, non ha vizi.
Normalmente, è una persona fin troppo tranquilla, quasi passiva, fin troppo riservata. Patologicamente isolata.
Nessun interesse ad amicizie, a relazioni, ai rapporti con i parenti (ha un fratello, ma non fa parte della sua vita, o non lo considera tale). Addirittura il suo impiego (esattore fiscale) sembra scelto apposta per tenere lontane le persone.
Avrei vergato sul mio taccuino “disturbo schizoide” al primo appuntamento, se non fosse per il motivo che lo ha condotto qui.
Ormai cinque mesi fa, coinvolto in una rapina, rispose ad uno dei malviventi che lo minacciava con un coltello disarmandolo e colpendolo con lo stesso due volte nell’addome, senza ucciderlo. Poi rimase con l’arma in mano ancora nell’uomo fino all’intervento dei paramedici. Successivamente, si lasciò condurre dalla polizia e in ospedale, dove gli consigliarono una visita da uno specialista.

Il mio problema, nelle prime settimane, era decidermi tra “mancanza d’impulsi” e “mancanza del controllo degli impulsi”. Poi la faccenda si fece più seria. Vorrei allegare al suo fascicolo alcuni disegni che feci durante le sue sedute, come esempi di controtransfert.
(A: è quel che sembra, un gatto morto che perde sangue. Non sono sicuro, ma penso si tratti del gatto di casa di quando ero piccolo.
B: un cane che tiene per la collottola un bambino, che chiaramente indica il mio desiderio di abbandonare la seduta, che insegue il gatto.
C: penso, temo sia un coltello. E quella pallina nera a fianco penso, temo sia la testa del gatto.
D: il gatto ed il cane che si rotolano, o litigano, o fanno qualcos’altro.)

Saluta con un cenno e si siede sul divano. So che ha controllato la stanza, anche se io non ho visto la sua testa o i suoi occhi muoversi.
-Bell’acquarello, dottore.-, dice.
È appeso al muro alle sue spalle.
-Grazie, me l’ha regalato mia nipote.-
-S’intona coi cuscini e il copri divano.-
Poi tace e mi fissa. Ha una voce atona, freddamente cortese, e la tiene sempre molto bassa. Ha uno sguardo vigile e opaco allo stesso tempo.
Sbatte le palpebre. –Dottore.-, dice. –Devo raccontarle un sogno. Lo faccio da molto tempo, ma è solo da qualche giorno che riesco a ricordarlo. Nei particolari.-
Scarabocchio sul taccuino. -È un sogno che la lascia inquieto? La turba?-
-No. Quando mi sveglio o quando lo ricordo, al contrario, mi sento tranquillo. Quasi contento.-
Annuisco. Tratteggio un’ombra sul foglio, informe. So che è l’incavo di una pancia. Sarà un sogno di natura sessuale?
-Non ho capito di cosa tratta.-, continua da solo. –Sono sospeso a mezz’aria. Immobile. Si ricorda di quel formicolio al braccio di quando mi sveglio che le dicevo? Che provo a muoverlo e finché non lo guardo mi sembra di avere solo risposte fantasma? Ecco, nel sogno non c’è. È monco, più precisamente. Non lo vedo, ma lo so. Tagliato di netto da una spada.-
-Una spada?-
-Sì. Una spada giapponese.-
La sua precisione e la sua sicurezza mi causano brutte sensazioni e sussulto. –Come mai lo sa?-
-Perché si tratta del mio braccio, dottore. Se qualcuno le mozzasse un braccio con una spada giapponese, lei non lo saprebbe?-
-Giusta osservazione. Chi è lei dunque, nel sogno?-
Alza lo sguardo, ricordando.
-È un guerriero? Un bandito? Un prigioniero?-
-Sono un principe.-
Sospiro. Che si stiano rivelando nuove manie?
-E accade qualcosa, mentre lei è sospeso in aria?-
-Sento odore di sangue. Non umano, e neanche di bestia. È un odore nauseabondo, quasi marcio.-
Gli si deforma la faccia minimamente, ma è così strano che intuisco il disgusto che prova.
-Si mischia all’odore di intestini squarciati, di interiora in decomposizione. Mi fa quasi vomitare, ma in realtà, o meglio, nel sogno, mi esalta. È odore di vittoria.-
-Immagino… che sia la vittoria del suo esercito contro quello nemico.-
-No. Uno solo è morto, ed io non ho combattuto. Sono disarmato. Indosso solo dei pantaloni. Bianchi. Vedo il riflesso che mi circonda. Tutti i colori sono molto vividi. Blu elettrico e rosa intenso. È un tramonto. Non vedo altro che cielo. Sono in mezzo al cielo. Compaiono le prime stelle.-
Ha le palpebre socchiuse, mi sembra quasi ipnotizzato. Nonostante l’immobilità del suo volto, sembra avere un’aria soddisfatta.
-Me ne sto andando.-
-Come?-
-Nel sogno. Sto andando via. Non so. Forse sto morendo.-
Ha un attimo d’esitazione, il suo sguardo cade sugli oggetti sul tavolino davanti a lui.
Allunga entrambe le mani contemporaneamente, sposta le due candele centrali dalla fila, poi quelle in parte, e quelle dopo. Crea due angoli simmetrici di sei candele. Crea un “passaggio” da lui a me.
Appoggia le mani sulle ginocchia. –Mi scusi.-
Faccio un cenno, poi riappoggio la matita sul taccuino. La mia mano si tiene occupata pasticciando mentre lo ascolto.
Si accarezza con l’indice il centro della fronte. È un tic.
-Stavo dicendo…-
-Che forse sta morendo.-
-Sì.- Socchiude ancora gli occhi. –Sì. Qualcosa mi sta portando via. Come… come in un videogioco, ho finito i punti–vita e devo ricominciare da capo.-
-Ed è una cosa… buona?-
-No. Io non voglio una seconda possibilità. Non voglio cambiare.-
Questo era ovvio.
-Poi mi sveglio.-, conclude. Apre gli occhi. –Mi piacerebbe sentire il suo parere.-
Mi schiarisco la voce. –Va bene. Sarò sincero, le spiace? Lei non solo non vuole cambiare, ma è anche spaventato dai cambiamenti. Penso che le sia accaduto qualcosa, qualcosa che non mi ha raccontato, o che ha rimosso, quand’era più giovane, che l’ha sconvolto. Un cambiamento, appunto, che non era preparato ad affrontare, a cui non poteva resistere. Infatti era inerme, completamente disarmato davanti ad esso. E…-
-Non completamente.-
-Come, scusi?-
-Non completamente disarmato. È vero, non ho armi, ma… io stesso sono un’arma. Ho ancora la mia mano. E la bocca. E qualcos’altro.-
Mi cade l’occhio sulla sua mano. L’altro braccio, quello che gli formicola la mattina, è appoggiato mollemente sul divano. Le sue unghie sono un po’ troppo lunghe, limate ad un arco troppo acuto. Sono lucide, bianche e per un momento mi sembrano dure e affilate come artigli. Smetto di guardarle.
Ha sul viso un piccolo sorriso enigmatico che gli solleva appena gli angoli degli occhi.
-Io voglio tornare indietro, dottore. Voglio passare di nuovo per quel tramonto, posare di nuovo i piedi per terra.-
Sospiro. Tornare coi piedi per terra, tornare al momento precedente i suoi disturbi mentali. Mi sembra assurdo, ma ho un paziente che si trova la cura da solo.
-Voglio poter sentire di nuovo l’odore del sangue e delle budella. E questa volta voglio essere io a colpire.-
No, come se non lo avessi pensato. Qui urge un consulto con un esperto di traumi infantili, magari con sedute di ipnosi. E devo prescrivergli qualcosa.
-Signor S. …- Mi sporgo verso di lui, e lui mi imita. Mi fissa negli occhi, torno a poggiarmi alla poltrona. Ha uno sguardo che rimescola.
Abbasso lo sguardo sul taccuino e mi accorgo di aver disegnato un suo occhio. Più allungato, obliquo, sottile. Ma è il suo occhio.
Ma la pupilla che ho disegnato non è umana. È da gatto.
Il gatto ha la zampa di cane, la zampa di cane mira alla pancia.
-C’è un modo, per passare di là, dottore.-
-Sì?- chiedo scioccamente, e mi trema la voce.
-Sì.-
Si alza.
Gli occhi.
La zampa.

 

***

La fan fiction di Rohchan.

Si chiama On frappe. E’ un regalo per l’uscita di Esbat. Ne sono commossa, ma questo era scontato. E’ bellissima. La trovate su Efp, e anche qui sotto.
Dedicata a Lara/Rose.
Grazie di tutto…^_^
*fugge…

– LARA!!! OH LARA, SAPESSI!!!!-

Ti si avvicina veloce, figura sottile, pallida, un gran sorriso.
Enorme massa di capelli rossi sulla testa, un libro , una cartellina da disegno e un thermos tra le mani.
Senti le ginocchia tremare.
La sua voce, la sua presenza.
È troppo.

– LARA, SAPESSI!!! E’ UN SACCO CHE VOGLIO VEDERTI, SAI?? OH LARA…-

Brusio.
Caos.
La gente intorno a te è un cancan confuso di colori, suoni, odori.
Forse, ora comprendi realmente il tuo demone, quando si schifava del contatto umano.

– Signorina Manni, tutto bene? Ha bisogno di qualcosa?-

Lei.
Quella maledetta stanga coi capelli alla Hermione continua a ballarti imperterrita davanti al tavolo.
La piantasse.
Toglietela dalla mia vista.

Lui…
Quell’uomo.
Giacca e cravatta.
Ben pettinato, profumato.
È lui la tua ancora, qui.
A questo tavolo, in questa città che non hai mai visto.

…tavolo…
Dov’è il tavolo…?

Ecco.
La senti, sale.

Sembra un’onda di piena, fredda, collosa, nella testa, nel collo.
Nella pancia.

Gelo.

Di colpo, il mondo è un po’ meno nitido, i rumori più forti, il tuo cuore sembra scoppiare nelle orecchie.
Respirare sembra un’impresa titanica, quasi preferiresti ingoiare chiodi.

Chiudi gli occhi.
Respira.

C’è una bambina, dentro. Una bambina che ti somiglia come una goccia d’acqua, fragile, sottile.
Vestita di chiaro, ma in mezzo a tutto questo caos non riesci a distinguere il colore di ciò che indossa.
Concentrati.
Lasciati scivolare un po’ dentro.
La vedi?
È bionda.
Ha gli occhi sinceri, profondi. Ciglia lunghe, nere.
Magra, un po’ ossuta forse.
Non diverrà mai donna, perché è la parte di te che a volte dimentichi, e che però rimane sempre lì.

È la bambina che eri tanti anni fa, quando parole come ansia e panico non esistevano, e l’unica paura che conoscevi era quella per i temporali.

Ti sorride, e il suo sorriso illumina ciò che la circonda.
Nero intorno a lei, ma almeno per due passi vedi cosa la circonda.
Cotone.
Cristalli di zucchero.
Batuffoli di nuvola al tramonto.
Ecco, anche l’abitino che indossa ha preso colore.
Azzurro pallido, perfetto in contrasto con i capelli biondi, boccoli un po’ ribelli che le incorniciano il viso.

Concentrati.
Il tuo mondo è due passi attorno a te, e in quello spazio c’è aria, luce, calore.
Silenzio.
Tutto ciò che ti serve.

Respira.

La bambina ti sorride. Ti tende la mano, appoggiando con cura per terra il pelouche che aveva in braccio.
Ascoltala.

Ascolta.

“Respira, signora. Sono qui, con te. In te.
Nessuno può dividerci, nessuno può separarci.
Niente e nessuno.
Respira bene a fondo, sorridi un poco.
Così.”

Fuori, forse non capiscono.
Ma la mano destra ti corre sul cuore, il respiro rallenta un poco, il cuore che prima sembrava galoppare impazzito è un po’ più calmo.
Appena un poco, ma già è più facile resistere.
La colla nella gola si sta sciogliendo.

“Ecco, vedi, signora?
Questo è il mio spazio.
Il mio mondo.
Quello che nessuno può toccare, invadere, cancellare.
Due passi attorno a me, e c’è una poltrona letto, un piccolo bagno, una finestrella con tende di velo trasparente e una porta con una grossa serratura.
I muri sono fatti di libri, così posso leggere quando voglio.
E il tetto, il tetto è di biscotti e cioccolato, così ho energia e dolcezza per vivere.

Lo sai, lo sai, signora? Quando tu da fuori sorridi, il mio mondo si accende di luce.
E allora vedo strade di colore, rosso, giallo, verde, arancio. Blu.
Questo angolo del tuo corpo in cui vivo si riempie di vita, di significato.”

Che sciocca.
Questo forse pensano gli altri.
A guardarti da fuori, sembri un po’ spostata.

Tu tum.
“Calma il cuore, signora. Il suo battere furioso scuote i muri della mia microscopica casa.”
Tu tum.
“Sorridi un poco, signora. Regalami un po’ di luce.”
Tu tum.
“Calma il respiro, signora. Se continui a fare così, le pagine dei miei libri si sfoglieranno da sole, e non riuscirò più a leggere.”

Tu tum
Tu tum
Tu tum
Tu tum tu tum tu tum tu tum.

“Ecco, così signora.
Piano.
Come un’altalena che rallenta.”

Ecco.
La senti, scende.

L’onda di piena, fredda, collosa, nella testa, nel collo.
Nella pancia.

Si è ritirata.

Cede posto a quella bambina dentro, che sorride piano, con leggerezza.

Gelo.
Che diventa tepore.

Quello di una sera primaverile, scalza su un prato, in mezzo alle lucciole.

Lentamente, il mondo torna nitido, i rumori più sopportabili, il tuo cuore ritrova il suo posto nel petto, e si calma.
I chiodi sono spariti. Ora senti succo di pesca scendere nella gola, fresco e dissetante.

Apri gli occhi.
Respira.

– Oh, Lara!!! Accidenti, sapessi come sono contenta che tu sia qui! E nonostante il caldo, poi…lo sai, questa città col calore sa essere insopportabile, ma per fortuna ci sono le montagne…-

“Sorridi, signora. Regalami un poco di luce.”

– Che bel sorriso…è perché sei contenta di vedermi? Ma nooo…figurarsi…AH!! Ecco, mi stavo dimenticando…il tuo thermos.-

La bambina dentro sorride.
Il suo spazio si illumina, poi si allarga di ancora due passi quando vede attraverso i tuoi occhi sgranati cosa c’è nel thermos.
La bambina ride.
Intorno alla casetta di libri, ora c’è un giardino microscopico, di campanelle, margherite, nontiscordardimè e fresie dai mille colori.
Persino una fatina su un piedistallo d’argento.

Camomilla.
Nel thermos c’è della camomilla.

– Avevo paura fossi agitata, sai, ma mi sembra tu stia bene…meno ma…-
– Ciao, Debby.-

Brava signora.
Grazie della luce.

La ragazza ti guarda.
Con quella gonna corta e quella maglietta, i braccialetti a campanelli e le paperine dimostra meno dei suoi anni.
La cosa più buffa è il suo viso.
Ti guarda come se…
Come se…

– Lo sai, Lara? È bello dare un viso, un corpo, a un mito…-

Lei sorride.
Tu arrossisci.

La bambina dentro torna a chinare la testa sul libro che stava leggendo.

“Père Donald Callahan era stato un tempo il sacerdote cattolico di un borgo, Salem’s Lot si chiamava, che non esisteva più su nessuna carta geografica. Gli era indifferente. Per lui concetti come «realtà» avevano perso ogni significato.
Questo ex prete aveva ora nel palmo un oggetto pagano, una tartarughina d’avorio. Le era saltato via un pezzettino del becco e aveva un graffio a forma di punto interrogativo sul becco, ma per il resto era un piccolo gioiello.
Bello e potente. Ne avvertiva la forza nella mano come energia elettrica.”

– Non arrossire, Mito…me lo fai un autografo?-

 

***

La fan fic per l’uscita di Esbat di Avalon

Si en été un rêve
Mettititi comodo.
Ecco, così. Allunga bene le gambe (è meglio, con le gambe distese, no?). Sigaretta; un bicchiere (liquore? Facciamo succo di frutta. Lo stomaco, ricordi?); cellulare staccato.
I piaceri sono pochi -ovvio- e vanno goduti. Appieno.
Ecco; sistema la luce –coooosì; non deve dar fastidio, la luce. Inclinala un po’, senza il riflesso sugli occhiali. Da fastidio vero? No;non va. Spostala un po’. Perfetto!
Lui non verrà a scocciare, giusto? Glielo hai detto -chiaro e conciso-: “Voglio leggere. L.e.g.g.e.r.e”
Scivola un po’; non c’è nessuno e (per una volta) ti puoi concedere il lusso – per una volta.
Rilassati.
Prima di affondare-dentro. Giù- E’ diverso.
Ma la sensazione. La percezione è così simile. Perforare qualcosa. E -strano; ma è normale– gli artigli (lucidi) restano puliti.
“Allora? Com’è aversi in mano?”
Sesshomaru smorza un gemito-frustrato.
Aveva detto: non verrò. Ma con Naraku le promesse – le parole-sono aria. Vento. Ragnatele.
Le fa; e le butta via. Con irritante nonchalance.
“Non avevo detto…- gli occhiali scivolano eleganti (perplassi) sulla punta del naso.
“Avevo”. Naraku arriccia il naso e si concede un’alzata di spalle. “Ma ero troppo curioso”
Sesshomaru sbuffa; il libro riaperto e gli occhi irriverenti di Naraku a sbirciare da sopra la spalla.
“Dovresti mandarle qualcosa” L’indice tanburella sulle cuciture di pelle
“Idee?” Sesshomaru soppesa le parole. Ignorarlo è inutile; assecondarlo pericoloso.
La mano scivola sul mento; tormenta il labbro. “Te stesso?” e la voce ha un songhiozzo  malizioso.
“La tua testa, anche”
Naraku ride; e la gola (scoperta) si alza. “Capito capito” i capelli (onde) si sollevano in composto disordine “Ci penso io: un mazzo di rose”
Sesshomaru grunisce; forse può andare avanti a leggere. Forse.
“Rose nere”  Precisa Naraku; e riannoda con esasperante lentezza il foulard.
Sesshomaru annuisce; occhi stretti e denti (zanne) affondate nel labbro. “Metticene un’altra, nel mazzo. particolare
“Colore?” (ma il mezzo sorriso è già consapevolezza)
Sesshomaru socchiude il libro; l’indice sfiora il il taglio della katana, ridiscende lungo l’arco della luna; riasale al nome (grigio) e accenna un tremito del labbro.
“Blu”
Esbat lo concluse seduto sul pavimento; una pesca in mano, la voce irritante di Naraku nelle orecchie e un sottile piacere a serpeggiare nel corpo. I nomi erano cambiati; la storia era migliorata (rifinita). Ma dentro c’era anche lui.
Sesshomaru sorrise.
Forse l’idea di Naraku non era da scartare.
Forse.
Bastava allontanare quell’irritante petulante gatto fantasma – con i felini no, non ci voleva aver nulla a che fare.
Decise: un mazzo di rose era d’obbligo.
Ma una visita notturna (dalla finestra) era un piacere.
E per Lara poteva (voleva) concedersi.
***

La gift-fic di Avalon.

E cosa abbiamo qui? Ma una strepitosa fan fiction di Avalon9. Una gift-fic per il mio compleanno… Dico solo che se mi capitasse davvero di avere a cena i due cari protagonisti di Esbat e Sopdet PIU’ Stephen King…beh, sarei già morta.
Tutta vostra.

Perché è Lei

Sistema la cravatta.

Prima il nodo; poi stringi. Suo padre non lo sapeva.

(Non c’erano cravatte, allora). Suo padre non lo sapeva.

Io sì.

Lui ha imparato.

E sua madre sfoglia svogliata l’ultimo libro.

E ha quel sorriso appena accennato. Quando non si capisce. Ma anche quello è un rituale.

Ogni anno; lo stesso giorno.

E’ uscito un mostro, una volta, quel giorno.

[Ed era un mostro bianco]

No. Non sono io.

Quello veniva dal mare.

Ci sono tanti rituali, in quella vita uguale.

Il caffè amaro della mattina; le serate con un bianco e un libro che congela la pelle.

(Perché piace a lei, solo per quello).

La libreria ordinata e riordinata. E i libri, quelli vecchi, che si sbriciolano.

Ci sono tanti rituali.

Ma quello c’è solo una volta all’anno.

Ed è…interessante.

“Pronto?”

“Pronto”. Sesshomaru allaccia l’ultimo bottone – di avorio. I gemelli a mezzaluna occhieggiano dalla manica. [Sono d’argento, ma non importa. Sono suoi].

Mai niente di giallo.

Ci sono i miei occhi.

A lei bastano quelli, di oro.

“Stai diventando lento”.

Naraku sogghigna. Il foulard viola in composto disordine. E il solito irriverente mezzo sorriso. Fra il serio e il divertito. Ecco perché piace a mia madre.

“Solo più preciso

E gli artigli mandano un bagliore d’iride. Naraku scrolla le spalle; non fa effetto.

“Lento”. Insiste.

Sesshomaru prende cellulare e chiavi. “Interessato a provare?”

“Mmm…” l’indice – leggero– picchietta il labbro (a bocciolo. Come faccio a sopportarlo?). “Non questa sera”. Naraku inclina la testa. E gli occhi ridono divertiti del pericolo.

Sesshomaru inclina il labbro. Domani

Lascia scivolare il pacchetto – nero– nella borsetta di carta. Nero con il nastro blu.

Controlla le sigarette. Infila i guanti – di pelle.

Naraku tamburella sullo stipite. Gongola.

“La Dea aspetta” cantilena.

“Lo so”. Sesshomaru sfiora la spalla. Storce la bocca e sorride appena. Rimpianto? No. Solo poca abitudine.

Ma anche quello è stato un rituale.

“Nervoso?” Naraku gli pianta in faccia gli occhi ardenti. Maliziosi.

“No”

.

Naraku non ci crede. Fa lo stesso.

Anche quello è un rituale.

E non gli dispiace.

Ci saranno le rose nere di Naraku, in macchina.

E anche quell’irritante autore americano, (il Maestro. Sesshomaru stringe gli occhi) alla cena. Quello che lo tartassa perché si decida a comparirci, in uno dei suoi libri. No. Io no.

Si è concesso una volta sola.

E solo a Lei.

Ma per lei può provare a sopportare.

Per una volta all’anno. E restare con lei.

È un altro rituale.

Ce ne sono tanti, nella sua vita.

Vecchi e senza più un perché.

Quello non ha un perché.

Non per me. Ma va bene lo stesso.

Non lo vuole perdere.

E aspetta nel traffico di Roma che il semaforo scatti, mentre Naraku commenta l’economia stravagante e un vampiro ormai avviato alla gestazione.

Aspetta. Di arrivare.

Aspetta. Lui che non sa cosa sia, l’attesa.

Lui che ha un tempo che scorre come vuole lui.

Aspetta.

Quando vedrà la porta aprirsi e Lara con la treccia mezza sfatta e uno straccio (la casa perfetta non le basta mai).

Quando Lara lo vedrà, e lui (e solo per lei) piegherà appena le labbra (sottili. Ma Dio! Seducenti) e dirà:

“Buon compleanno, mia Dea

 

***

La parodia

Ebbene sì, c’è anche una lunga parodia che incrocia i personaggi di Esbat e Sopdet. L’ha scritta Faffy a cui va tutta la mia riconoscenza.

LA PARODIA!

(ci sarà un limite alla demenza… o no?)

PROLOGO

Donne (e cosa fa davvero paura)

Un applauso fragoroso esplode dal Colosseo.

C’era da aspettarselo. La narratrice aveva promesso: uno striptease al Colosseo, se, infine, fosse stato deciso di trarre un film dalla sua storia.

Anzi la mia storia. Difatti per qualche arcano motivo, diverse femmine trovavano interessante scrivere racconti su di me.

Sono passato di narratrice pazza in narratrice pazza fino a toccare il fondo nella mia situazione attuale.

Dalla giapponese ninfomane che ha messo mano al mio destino per prima, alla narratrice, che tutto sommato mi ha lasciato fare quel che volevo, fino ad arrivare alla folle autrice di questa parodia.

Il problema è che la narratrice andrebbe benissimo se non fosse per la sua radicata, innata, sadica, spietata tendenza a mettermi in casini così complessi che sarei voluto uscire dalla sua scatola per scrivere per farle fare un’amorevole chiacchierata con me e Naraku.

In breve: dopo aver sconfitto demoni e Dei, lottato contro il destino e contro quel toporagno che mi hanno imposto come avversario, la mia potenza ed il mio spirito di grande demone sono stati messi a dura prova da quelle perfide creature che in questo mondo chiamano… fangirls

 

1.

Come crearsi problemi in pochi semplici gesti!

(il sesso è una fregatura)

Se quella notte avessi pensato ad altri metodi di persuasione (una torta al cioccolato? Soldi? Un biglietto per una vacanza? Un Inuyasha imbalsamato dall’onorevole sottoscritto?) forse mi sarei risparmiato tanti guai, nonché l’orribile visione di una giapponesina cinquantenne con un filo di bava alla bocca, che scendeva con una puntualità spaventosa ogni qualvolta mi degnassi di apparirle.

Il caso volle che non mi venisse in mente né la torta al cioccolato, né i soldi, né la vacanza ecc… bensì, accecato dalla (giusta) immensa considerazione del mio perfetto essere, pensai di persuaderla con il mio bellissimo corpo.

Il mio problema era il seguente: quella malefica cinquantenne di pregevole perfidia sognava, grazie ad un misterioso potere, quello che avveniva nel mio mondo, poi disegnava le sue putrescenti storielle apportando modifiche, condizionando, dunque, le mie gloriose gesta.

Avrei anche potuto ignorare tutto questo se non fosse per il fatto che quando la cara vecchia pazza ci dava dentro col Whisky, mi disegnava ballare danza classica con Naraku. Naturalmente conservava per sé quelle eresie, ma ciò non cambiava il fatto che la mia persona fosse stata soggetta a pesanti umiliazioni.

Così trovai lo stratagemma per rivelarmi alla Donna e chiarire la faccenda.

Parte il manuale del perfetto masochista ingenuo:

1) Entra di soppiatto in casa di una cinquantenne facendole rischiare l’infarto;

2) Uccidile il gatto (stai certo che dopo averlo fatto la carissima asseconderà ogni tua singola richiesta);

3) Spero si sia colto il sarcasmo della parentesi della seconda voce… OPS!;

4) Minacciala facendola sentire una schifezza (si faccia il copia incolla della parentesi della seconda voce);

5) Tanto per spezzare con l’antipatico atteggiamento precedente facci sesso, così la carissima cinquantenne farà saltare quelle poche rotelle ancora funzionanti nella sua misera scatola cranica.

Fatto? Bene!

Congratulazioni! Hai segnato l’intero corso della tua esistenza!

Quello che mi aveva maggiormente sconvolto durante la mia infelice gita nel mondo della Donna fu quello che mi accadde dopo l’accoppiamento: girando per il quartiere della vecchia avevo visto un misterioso marchingegno chiamato “giostra” salirvi fu una delle cose che rimpiango maggiormente in vita mia!

***

Sesshomaru abbracciato al cavallino rosa e con gli occhi rossi sgranati: “FATEMI SCENDEREEEEEE!!!!”

***

Cosicché dopo essermi prodigato nel succitato elenco di acutissime e soppesate azioni, per me ebbe inizio l’inferno.

Nel senso letterale: Naraku.

Infatti era stato il Toporagno a suggerirmi quel contatto con la femmina ninfomane. La cosa che non mi ero impegnato a domandarmi era: perché il carissimo, il quale ci faceva la figura del Billy Elliot quanto me, manda il sottoscritto in missione “Esbat”?

Poiché questa domanda non trovò immediata risposta dalla mia mente onnipotente, pensai di ignorarla.

Poiché io e Toporagno avremmo dovuto lavorare insieme decidemmo di affittare una casa in comune, questo per un confronto più regolare con colui che, per breve tempo, sarebbe stato mio complice.

C’era solo un problema: Toporagno non era esattamente il compagno con cui avresti volentieri diviso la cella.

Tanto per cominciare girava nudo per casa: inutile citare le mie reazioni.

(E invece no! Ve le citerò io: il nostro amatissimo demone di fronte a simili eventi reagiva lanciando contro il caro Naraku ogni genere di oggetto nelle vicinanze, tutto ciò con un’inquietante somiglianza a Kagome, almeno in questa situazione… O_O)

Anche Faffy morirà, prima o poi. Bene, ora che conoscete le mie reazioni agli atteggiamenti indegni di Toporagno posso procedere (sguardo minaccioso a Faffy).

Dicevo… ma non era solo quello il difetto del mio putrescente compagno: questi, difatti, aveva una passione maniacale, orribile, terrificante, inimmaginabile, obbrobriosa, morbosa, disgustosa, fatale, infinitesimale, logorante, scioccante, folgorante, abominevole, ributtante, nauseante, repellente, turpe, infame del découpage.

Attaccava fiorellini, gnomi, stelline, frutta, casette, visi di bimbi e animaletti praticamente ovunque. Vi siete mai chiesti perché un grande demone assetato di sangue come me vesta a fiori? Be’ il mio kimono è stato sottoposto allo scellerato operato del malefico.

Passerò oltre queste piccolezze e procederò nella mia aulica narrazione.

Ebbene: la casa in comune servì a ben poco, poiché il malefico vi alloggiava molto di rado, in compenso pagava la sua metà di affitto e questo bastava.

Nel frattempo la Donna si era decisa a concedermi un minimo di libertà in più: avevo potuto cacciare quella disgustosa cosina che era Rin, con un lieto calcio nel sedere, eppure tutto ciò aveva il suo prezzo. Il suo terribile prezzo.

La Donna aveva cominciato a farsi a fettine solo per richiamarmi, tramite l’Esbat e convincermi ad assecondare le sue immonde perversioni.

Infatti mi costringeva ad aiutarla a preparare i bigliettini di Natale.

Piccoli quadratini rossi su cui dovevo spargere porporina, o scrivere mielose frasette col pennarello dorato. Mai mi fu proposta cosa più oscena, mai il mio orgoglio fu costretto a piegarsi sotto un così duro colpo. Ebbene il fato aveva solo iniziato a prendermi per il sacro fondoschiena.

2.

Ivy (un’adolescenza segnata)

Ivy aveva un problema: sua madre.

La venerabile donna, difatti aveva avuto il cattivo gusto di chiamare la povera pargola Evelina.

“Donna, hai idea di cosa significhi per un’adolescente come me chiamarsi Evelina?”

Ecco: la dolce Evelina non era poi così dolce. Diciamo pure che aveva la delicatezza di un trattore che passa ripetutamente su un alluce.

Ma come darle torto? L’amata madre non faceva altro che cercare di sembrare più giovane della figlia: la vestiva come Biancaneve e l’aveva chiamata Evelina.

La signora madre, invece, si chiamava Alice.

“Scusa cara hai detto qualcosa?” cinguettò l’augusta genitrice alle accuse furibonde dell’amata figlioletta.

La venerabile madre stava giusto dando gli ultimi ritocchi al trucco davanti allo specchio vicino all’ingresso.

“Scusami, tesoro, non ho tempo di ascoltarti, devo uscire con le tue compagne di classe, ho appena finito di chiacchierare su quel forum che frequenti! A proposito BabyMoccia4ever dice che non ti può sopportare. Oh quasi dimenticavo, oggi va a dormire da qualcuno fuori casa, non so, vedi sull’elenco telefonico, cerca una zia che ti possa ospitare per stanotte, perché oggi vedrò quel ragazzo, quello che ti piaceva, ti ricordi? Frequenta la tua scuola, comunque vorrei la casa libera, non so se capisci cosa intendo!… Oh che sciocca! Naturalmente no! Goodbye gioia!” così dicendo le mandò un bacio con fare da diva Holliwoodiana e uscì di casa, lasciando dietro di sé un’Ivy sconcertata.

La ragazza tentò di aggiustarsi la mascella che le era precipitata a terra, si girò e andò sconsolata al computer.

Quella sera si sarebbe scaricata le solite scan del suo fumetto preferito ingozzandosi di gelato al cioccolato per risollevarsi un po’.

Ma per risollevare Ivy ci sarebbe voluta più di una pasticceria, difatti, a dire il vero, la ragazza non aveva solo un problema. Ne aveva centinaia.

La prima cosa era sua madre, la seconda era che la fanciulla cara era emo e questo le procurava molti problemi con l’autrice della parodia:

“Torna qua miserevole emoooo! Ti piace tagliarti le vene? Vieni qui che ti taglio io!”

La fuga di Ivy, come potete immaginare, era completamente vana.

Il terzo problema era la sua socializzazione: la dolce e gaia ragazza, difatti, non godeva esattamente di una grande popolarità e la sua considerazione da parte delle vispe compagne era la stessa che costoro dispensavano ad un reggiseno non imbottito.

Una buona dose di sfiga purissima, infine, completava l’opera sulla nostra cara eroina.

Il suo risveglio ogni mattina avveniva nel seguente modo:

Si alzava ed inciampava nelle ciabatte, rotolava fino alla porta dove la madre aveva sadicamente messo un secchio d’acqua, poi la genitrice apriva la porta facendo sbattere la testa a Ivy, la quale col secchio ancora in testa, si alzava barcollando, finendo contro la scrivania, trovandosi con una capriola nuovamente a terra. Tentando di alzarsi scivolava nell’acqua caduta prima dal secchio, il quale le saltava via dalla testa sbattendo contro il lampadario che le cadeva addosso, poiché la nostra Ivy era ancora bagnata prendeva la scossa.

Ecco non era quel che si dice una ragazza baciata dalla fortuna, o nata sotto una buona stella, o nata con la camicia, o con culo, o favorita dalla sorte, insomma era sfigata.

Non chiedo al lettore di immaginare in che modo procedesse il resto della giornata di questa infelice ragazza, penso che questo snerverebbe non poche persone.

Quando Ivy scaricò le scan dell’ultimo numero uscito in Giappone di “Inuyasha” rimase sbalordita: il fulgido e maestoso Sesshomaru-sama stava cacciando Rin in un villaggio, a calci nel sedere, con grazia immensa, è ovvio, ma la stava cacciando!

Che strana piega stava prendendo la storia.

Che la Sensei stesse passando un periodo difficile? Forse in realtà Sesshomaru le si era presentato attraverso il rituale chiamato Esbat, per modificare l’ovvio finale, ma in realtà la donna innamoratasi di lui aveva deciso di allungare il brodo approfittando del grande demone ricattandolo con la questione del finale, richiamandolo lei stessa con gli Esbat sacrificando i suoi fun, fino ad impazzire completamente ed infine ucciderlo, a meno che una ragazza con gli stessi poteri della Sensei non lo salvi, infine, una volta morta anche la donna, vittima di un suo fun distrutto dai delitti di lei.

Ivy si stupì del suo stesso ragionamento, eppure il fattore sfiga volle che la ragazza ignorasse i suoi pensieri proprio quell’unica volta che poteva averci azzeccato.

Così tornò tutta soddisfatta al suo gelato pensando con gioia all’indomani scolastico:

“Se mi rompono di nuovo le palle li apro dall’ombelico al naso col taglierino”.

Fu pensando a questo che la dolce ragazza raschiò gli ultimi rimasugli di gelato dalla vaschetta, la buttò e si infilò sotto le coperte.

Ivy non si era svegliata, nonostante il chiasso che aveva fatto la sua venerabile madre, così, la mattina dopo la sua adorata genitrice le aveva preparato un panino ipercalorico (cioccolato fondente, nutella, noccioline, carne di maiale, patatine fritte, bacon) nella speranza di vedere la figlia ingrassare, mentre lei rimaneva magra.

Ivy uscì di casa, buttò il panino in un cassonetto, si comprò uno yogurt in un supermercato per strada e raggiunse quello splendido luogo che era la sua scuola.

“Ehi signora collaboratrice, li hanno aggiustati i bagni delle femmine?”

“Ma stai scherzando? Mi sa che anche quest’anno non se ne fa niente!”

… comunque Ivy entrò a scuola e come immaginava tutti erano presi dalla ragazza nuova: Chris. solo Ivy sembrava essersi accorta che non era un’adolescente, ma Britney Spears fuggita dal manicomio e camuffata da studentessa.

“Ops! I did it again!” cantava, mentre tutti i suoi compagni l’accerchiavano ammirati.

Ovviamente sempre per il dannato fattore sfiga nessuno credeva alla povera Ivy quando rivelava ai compagni la vera identità della beniamina.

La nostra sfigatissima giovane protagonista osservò disgustata la scena, fin quando Chris non la notò.

“Ivy! Honey! When possa vederti dassola cara friend?” le gridò con un forte accento americano.

“… boh! Quando vuoi… credo” balbettò Ivy, colta alla sprovvista.

“Ok, honey! Allorua alle quacchro o’clock, ok?”

Ivy grugnì in risposta, cosa che doveva averla fatta assomigliare più che mai a un maialino, dopodiché andò a lezione.

Il professore faceva battute sulle sue tette: regolare.

I compagni le lanciavano palline di carta: regolare.

I compagni vedevano che le palline non funzionavano e le lanciavano le sedie: perfettamente regolare.

Doveva andare in bagno, ma il gabinetto era guasto da un anno: regolare.

Le lettere del libro di storia si erano mosse disegnando un demone dai lunghi capelli e il vaporoso kimono: ok, questa cosa non è normale.

Lunghissimi capelli bianchi stavano uscendo dalle pagine del suo libro: oh merda!

Ivy chiuse il libro di scatto terrorizzata, cosa che provocò uno schiocco sonoro udibile in tutta l’aula.

“Oh ma bene, miss tette, qui, pensa di poter fare a meno del libro nel pieno della spiegazione! Ma bene signorina, perché non si alza e ci parla dell’argomento che stavamo trattando?” sibilò il suo saggio professore con un sorrisino sadico.

Ivy obbedì tentando di ignorare la chioma argentea, che ormai stava toccando terra.

“Napoleone… ehm venne sconfitto a Waterloo…” improvvisò, mentre i capelli serpeggiavano tra i piedi dei suoi compagni.

“Signorina, stiamo parlando della Rivoluzione Americana” sghignazzò il professore.

Ormai i ciuffi candidi avevano completamente ricoperto il pavimento dell’aula.

“Devo andare in bagno!” gridò Ivy, correndo via dalla classe, chiudendo la porta alle sue spalle.

Se non l’avesse fatto avrebbe visto quel tappeto candido trasformarsi in una bocca mostruosa che divorava compagni e professore.

Stanno succedendo cose strane!

Ivy era allarmata: prima le scan di Sesshomaru, poi la sua bizzarra intuizione, ed infine il suo libro di storia aveva cercato di ucciderla.

Quando lo rivelò ai suoi compagni, naturalmente, tutti quanti le risero in faccia.

Ivy rimase sola a piangere la sua sfortuna, quando la raggiunse Britney Spears.

“Mia Darling, I know che sto anticipando, but ti devvo parlarue con you! Tu mi capisce, vero? Eh? Yes? Benne!” esclamò gioviale Brithney-Chris facendo ondeggiare la chioma bionda.

“I ti amo te Ivy!”

Ivy sgranò gli occhi. Vi ricordate quello che vi ho detto sulla sua delicatezza? Sì? Bene!

“Brutta schifosa lesbica zoccola, che cazzo vuoi? Mi stai prendendo per il culo? C’è un tuo amico dietro di te che mi riprende col cellulare per vedere la faccia idiota che probabilmente ho in questo momento? Fottiti schifosa, io…”

“Mannooo Ivy I ti love per really siccura!” esclamò indignata Brithney-Chris.

Ivy la fissò perplessa.

“Oh…”

“Io voglio marry you for sempre, do you cappito me?”

“Ma anche no!” esclamò Ivy sgranando gli occhi.

“Io lo immaginava Ivy” così dicendo Britney-Chris schioccò le dita e subito fu raggiunta da due compagni enormi che afferrarono Ivy per le braccia trascinandola dietro Chris, che rideva come una pazza.

“My love! Avremo un matrimonio Wicca!”

3.

Una rossa sotto un casco (Sesshomaru istruzioni per l’uso)

Abbandoniamo per un secondo la nostra dolce sfigatissima pulzella e passiamo al venerabile, il quale prenderà ben volentieri la parola!

 

*Sesshomaru’s pov*

 

Molto bene.

Quando quella vecchia perversa che era la Donna mi chiamò per la quinta volta, compresi una cosa: agli occhi del mondo femminile il venerabile sottoscritto era visto con in allegato un libretto di istruzioni alquanto meschino, che, però, sembrava essere preso molto sul serio dalle odiate fangirls.

Seguono le sopraccitate istruzioni:

 

 

Questo prodotto è nato all’unico scopo di soddisfare le vostre esigenze, possiede le seguenti caratteristiche:

– Procura un’immediata soddisfazione sessuale;

– È ottimo per combattere il normale corso del tempo sul vostro corpo;

– L’uso prolungato può portare a tendenze al cannibalismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La cosa può sembrare vagamente divertente, ma se nel mio stato più ottimista pensavo di riderci su, ne veniva fuori un suono vibrante e isterico, che probabilmente terminava in un ringhio minaccioso. Ne seguivano ovvie stragi in qualche futile villaggio, ma questo credo sia più che comprensibile, ad ogni modo dopo la quinta chiamata della Donna infame mi accorsi che durante gli accoppiamenti precedenti i movimenti bruschi dovevano averle fatto salar via le rotelle dalle orecchie.

Era l’unica ipotesi plausibile, dato che la maledetta era rimasta con metà testa rasata, senza un paio di dita dei piedi e riusciva a trovare la forza di sfoggiare un sorriso angelico.

“Altri trecentoventisette bigliettini Sesshomaru-sama” cinguettava, poi perdeva i sensi per via del sangue che le sgorgava dalla metà d’orecchio salvatasi.

Di solito a quel punto alzavo gli occhi al cielo e mio malgrado tentavo di rianimarla.

“Stolta!” esclamai in quell’occasione fatale.

“Puoi scegliere di non sacrificare parti del tuo futile corpo, bensì coloro che amano te e ciò che fai”

Si chiariscano i punti più importanti della scelta di istruirla in questo modo: la futile era purtroppo necessaria, mi serviva per ripristinare l’onore che costei aveva osato scalfire nella sua folle folle pazzia pazza.

Ma non era l’unica cosa che esigevo dalla Donna: io volevo che concludesse la storia per lasciarmi finalmente padrone delle mie azioni. Era una vita che non cambiavo il mio kimono, era da un’eternità che non potevo permettermi di tramare contro mio fratello. Erano lontani i tempi in cui gli rubavo i vestiti mentre si faceva il bagno e gli facevo le treccine mentre dormiva. Ma presto sarebbe finita. Certo la donna aveva preteso un po’ di tempo, almeno finon quando sarebbero finiti quei maledetti biglietti natalizi.

“Ogni mio fan deve avere un bigliettino da me hiiiiiiii!!!”

Sì era impazzita!

Dopo aver sfoggiato la mia espressione-Sessho-perplessa mi accinsi a metter mano ai bigliettini. È più che immaginabile che la malefica pretendeva subito dopo che mi unissi a lei.

Data la mia immensa potenza di demone avanzava sempre del tempo, prima che il passaggio dell’Esbat mi richiamasse. Tempo che solevo dedicare a silenziose e rilassanti passeggiate dalle parti della Donna.

Talvolta, però, la cosa si rivelava non troppo gradevole.

Il mio fondamentale problema era che ero… troppo bianco. Addirittura trasparente, cosa che mi condannava a situazioni insopportabili come…

“EHI TU! ATTENTO!”

Il mio bellissimo volto venne colpito in pieno da una palla da rugby.

Il mio regale corpo cadde con grazia inverosimile sull’asfalto, il quale commosso dalla mia bellezza mi strappò il nobile kimono all’altezza del venerabile sedere.

“Ma porca…” ma non feci in tempo a concludere, perché un casco raggiunse il mio serafico volto.

“E insom…” nuovamente le mie nobili parole vennero smorzate da un qualcosa di ancora più pesante che mi colpì in pieno. Questa volta era un giocatore di rugby.

Io mi alzai in piedi furibondo pronto a uccidere per l’ingiusto affronto.

Il giocatore di rugby si alzò in piedi si sfilò il casco mostrando lunghi capelli rossi

Una donna?

Oh…

No, piano, aspetta: un’altra donna? E che cacchio!

Le donne erano già troppe e mi infastidivano a sufficienza.

“Lontana, femmina infima!” ordinai. Solo per il suono della mia voce così tagliente e micidiale la ragazza avrebbe dovuto cessare di esistere per senso di decenza, invece, pensate un po’, sorrise! Maledetta.

“Me lo sento quest’anno la vittoria è nostra! Ciao fratello!” così dicendo la rossa mi diede una pacca sulla schiena così forte da mandami in avanti.

“Come osi?” ringhiai. A quel punto il mio solo tono di voce avrebbe dovuto affliggerla fino alla morte, invece la donna continuò a vivere.

“Scusami se ti sono piombata addosso! Mi chiamo Adelina! Faccio parte della squadra di Rugby! Noi siamo i Sincempompli e ci stavamo allenando! Sì!! Vinceremo!” disse saltellando tutta contenta.

“Non mi interessa, fatti da parte, deprecabile!” la minacciai.

Gli occhioni della rossina si spalancarono tanto che le caddero per terra, lei li raccolse e se li rimise nelle orbite.

“Ehi no, scusa, tesoro caro, bello della mamma! Dico a te pupazzo di neve! Io non mi chiamo “deprecabile”. Capito? Io sono Adelina, anche chiamata Ade, Lina, Delina, Lillina, Adina, Ada, Alie, Aduccia, Alina, Adelillina, Adella, Ada-bella, Adadadada! Capito adesso?” Ade-cosa incrociò le braccia indignata. Non riuscii a trattenere una sinistra terribile risata.

“La mia divina persona non può certo scendere a interessarsi al

patetico suono con cui vieni chiamata”

Alle mie sprezzanti parole la spregevole tentò di colpirmi, io naturalmente le feci il grande onore di afferrarle il polso. Con sommo orrore mi accorsi che il passaggio dell’Esbat mi stava richiamando indietro e con me la miserevole ragazza. Fu in quel momento che capii che forze oscure stavano convergendo allo scopo di polverizzarmi i nobili gingilli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.

La sfiga non conosce limiti (perché non posso fare normali sogni sconci come tutti gli altri?)

Britney-Chris era pazza. Su questo non c’erano dubbi! Proprio no! La povera infelice sfigatissima Evelina era stata portata in uno stanzone poco illuminato col pavimento pieno di scorpioni.

“In realtà il nostro don’t saruà un machrimonio Wicca, I sono convertita a una new religione: il BritChrisesimo! Oh yes! Tu you’ll love it a te!”

Britney pensando di aver convinto Ivy ebbe la brutta idea di liberarla, così la nostra amatissima eroina passò al contrattacco prendendo a pugni la spregevole Chris.

“MUORI MALEDETTAAAA!”

Come vedete la poveretta era sconvolta e impacciata, eppure riuscì ad azzardare deboli forme di difesa:

“Prendi questo! E questo! E anche questo!” Ivy non si fermò neanche quando a Chris saltarono via i crudeli dentini.

“Ivy I ho cappito, stop please! Bastaaa!” implorava la perfida, così Ivy si fermò, si girò verso la porta, lanciò un urlo e corse via da lì.

La nostra beniamina, infatti, era sconvolta dalla terribile esperienza, ma quello che aggiunse Chris avrebbe cambiato le sue notti da quel giorno in poi.

“Allorua friends come prima, veruo?”

“Mi sta minacciandooooooooooo!” strillò terrorizzata Ivy senza smettere di correre, fino a quando raggiunse la sua accogliente dimora.

“Mamma! Quante volte devo dirti di non lasciarmi i preservativi sul cuscino!”

… dicevo… arrivata a casa non riuscì ad impedirsi di pensare alle terribili minacce della spregevole compagna di classe.

“Mi ucciderà, mi ha detto che mi ucciderà!”

“Mannòòò Ivy! Ho detto friends comme prima yes!” le gridò Chris dal balcone di casa sua proprio davanti alla finestra della cameretta di Ivy.

La nostra eroina terrorizzata abbassò la tapparella in tutta fretta.

Era il colmo: si stavano susseguendo troppe stranezze! L’unica cosa immutata era sua madre che rimaneva una maledetta strega.

“Ivy tesoro ti ho preparato la cena! Un tacchino con patate al forno, patate fritte, patate bollite, uova, bacon, prosciutto, hamburger, pesce-spada, maialino allo spiedo, torta ai mirtilli, torta al cioccolato, panini con la nutella, pasticcini, e poi la tua barretta energizzante! E questo è solo il primo! Tesoro stai dimagrendo devi mettere un po’ di peso cara!”

Ivy chiuse la porta della cameretta. Maledetta: era una tortura, quella donna la odiava!

Ivy guardò sconsolata il soffitto. Improvvisamente sul bianco dello stesso cominciarono ad apparire delle lunette turchesi. Ivy sgranò gli occhi incredula, le lune erano sempre di più e si stavano muovendo, sì stavano scrivendo qualcosa…

Ivy puzza

Ivy aveva un problema. Sbagliato. Ivy aveva centinaia di problemi. Era una sfigata cronica odiata da tutti, maltrattata persino dalla madre, un po’ bruttina e fissata con i fumetti, ricordiamoci che tanto per aggiungere schifo allo schifo era anche emo. Insomma era la classica sfigata, però diamine! Non le era mai successo di vedere delle lune turchesi che le dicevano che puzzava. E che caspita!

Le lune avevano ripreso a muoversi:

Cosa cacchio guardi?

E continuavano!

 

Smettila!

 

E ancora:

 

Morirai tra sette giorni…

Niente da fare! Le stranezze non volevano cessare…

La nostra povera, dolce, delicata eroina decise di dormirci su. Si infilò sotto le coperte attendendo che il sonno la portasse via da quei turpi misteri che stavano costellando la sua vita.

(momento di compassione per la dolce cara Ivy)

Eppure la fanciulla non immaginava chi avrebbe mai incontrato nel suo sogno, non poteva prevedere, la delicata pulzella, in che modo gli eventi della sua vita sarebbero stati inevitabilmente mutati da quella notte in poi, portandola su una strada inverosimile di avventure, amori e inganni! Costei sognò…

Naraku che cantava “If you wanna be my lover” delle Spice Girls con un completo leopardato.

Dopo un secondo di perplessità l’immagine sfumò e a Ivy apparve un ciliegio.

La nostra carissima corse sotto lo splendido albero.

“Che beeeello”

Purtroppo Madama Sfiga non l’abbandonava neanche nei sogni, così l’albero le cadde addosso. Una volta riuscita a rialzarsi, benché evidentemente acciaccata, Ivy vide il magnificente, splendido, grandioso, maestoso, nobile, sommo, supremo, imponente, magnifico, luminescente, fulgido, glorioso, monumentale, letale, crudele, divino, ancestrale, sovrannaturale, atavico, candido, argenteo, luminoso, impermeabile, tenere-lontano-dalla-portata-dei-bambini-leggere-attentamente-il-foglietto-illustrativo-se-il-sintomo-persiste-consultare-il-medico Sesshomaru-sama!

“Oh mio Dio no ci posso credere! Sei proprio tu! Il mitico, unico irripetibile leggere-attentamente-il-foglietto-illustrativo…”

“Se-il-sintomo-persiste-sconsultate-il-medico” concluse il venerabile per lei.

“Proprio io! Il grande Sesshomaru!”

Ivy cadde in ginocchio per lo stupore e Lord Sesshomaru sembrò gradire.

“Oh me infelice!” gemette Ivy.

La fanciulla non era riuscita a catturare l’attenzione del demone come sperava, aveva, in effetti, l’impressione che lui fosse distratto da un enorme sacco da cui spuntava un ciuffo rosso. Il sacco si dimenava, lui diedi un calcio all’involucro e rivolse nuovamente la sua attenzione a Sfiga-Sfiga-Ivy.

“Oh me infelice!” ripeté lei.

“Che hai?” si degnò di domandarle, lui (ma con un tono così piatto che il punto interrogativo quasi non si sentì).

“Una mia compagna di classe vuole uccidermi! Vive davanti a casa mia!” pianse la dolce delicata fanciulla.

Il gelido Sesshomaru si perse in sconosciuti inarrivabili pensieri, dopodiché rivolse il suo sguardo alla nostra tenera sfigata eroina.

L’afferrò per un ciuffo di capelli e si alzò in volo.

La dolce e cara Ivy gridò invano per il dolore fin quando l’aggraziato splendido demone la lasciò cadere su un pavimento di…

“Diamanti?”

“Taci” la rimproverò Sesshomaru. Ivy si accorse di essere nella splendida cameretta di Chris.

Proprio in quel momento la sopracitata biondina entrò in camera.

“Oh my God Ivy cariscima! Se you tornatta! I’m so felicce! Vorruei scioltanto che rimanuessimo ammiche!” esclamò sorridente Britney.

“È vero, ti sta proprio minacciando!” considerò l’acuto demone, dunque afferrò Britney lanciandola dal balcone in un gesto aggraziato e al contempo micidiale, poi si strofinò le mani soddisfatto, aspettò che Ivy rubasse un paio di cosucce dalla cameretta e la riportò a casa sua, sempre afferrandola per i capelli, come potete perfettamente immaginare!

Sesshomaru ormai stava per andar via e si voltò per dire solo alcune poche parole alla nostra carissima.

“Sottaci sottaceto!”

Sesshomaru muoveva la bocca, ma non era la sua la voce, una seconda si era sovrapposta impedendo a Ivy di cogliere le meraviglie che il candido Sesshomaru stava dunque pronunciando.

“Emo-globinaaaaaa!

Ma quella voce era… di FAFFY!!!!

“Emo-filiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”

“NOOOOOOOOO” Ivy si svegliò al suo stesso urlo. Era mattina.

Sua madre le aveva preparato il suo solito panino ipercalorico. Era stato tutto un sogno e ora Ivy sarebbe tornata alla vita di sempre. Pensò questo con un tocco di dispiacere. Dopo il suo solito tragico risveglio si incamminò verso scuola, ma inciampò subito in qualcosa. Ivy non poteva crederci: era il cadavere di Britney-Chris!

 

 

 

5.

I numerosi validi motivi per odiare Adelina (e per amarla)

 

Ci sono momenti nella vita in cui ci si dedica alla riflessione e alle cosiddette domande esistenziali:

Riuscirò a liberarmi del potere che la Donna ha su di me?

Riuscirò a sfruttare la bizzarra ragazza che riesce ad avere un contatto con la mia fulgida persona come la Donna?

Come mai l’Esbat ha richiamato insieme a me, anche la femmina rossa che di femminile, però, ha molto poco?

Perché la Donna è ossessionata dai bigliettini natalizi?

Bau? (dietro questo suono c’è una profondissima riflessione)

Ma soprattutto: perché Naraku mi nasconde sempre lo spazzolino?

“Porco Plinio il giovane!”

Ecco: Toporagno era entrato a casa. Io lo raggiunsi, mi misi le mani sui fianchi e lo fissai furioso.

“Dove sei stato?”

Toporagno doveva aver frainteso molto probabilmente, perché aveva sollevato un sopracciglio (io avevo provato a farlo mille volte, senza successo).

“Cara sono appena tornato da lavoro” osò provocarmi il malefico.

“Intendo dire che non mi convinci” dissi tentando di mantenermi paziente.

“Continui ad andare avanti e indietro, tu stai tramando qualcosa”

Naraku prima mi guardò serio, poi sghignazzò.

“Non dovresti pensare troppo: ti fa male ai venerabili neuroni”

Non rimasi al lungo a riflettere su cosa fossero i neuroni, perché era chiaro che Toporagno mi aveva appena insultato, piuttosto scattai in avanti per onorarlo di una morte per mia nobile mano.

Eppure.

Eppure la grazia del mio gesto venne frammentata, bloccata, smorzata dall’immondo suono della voce della stupida Adeprecabile, che era riuscita ad emergere dal sacco ove l’avevo saggiamente chiusa.

“TUUUUU! Come hai osato trattarmi in un modo così… così… maleducato! Maledetto! Chiudere una signora anzi, anzi…” farfugliò l’indegna.

“L’asso nella manica della mia squadra di rugby… in un”

***

In un tempo diverso gli altri membri della squadra brindano alla scomparsa di Adelina.

“HURRAAAAAA!! Lo straniero misterioso e bianco è riuscito a metterla nel… ”

***

“SACCO!” gridò in ultimo facendo vibrare i vetri che avevo appena lavato.

“Taci! Incrini i miei preziosi vetri” le concessi un rimprovero del venerabile sottoscritto.

“Tu sei un… un… un…”

Io e Naraku eravamo in attesa dell’offesa che la maledetta avrebbe osato rivolgermi.

“PUZZOLENTE!” gridò, infine, poi scappò via.

Toporagno questa volta sollevò entrambe le sopracciglia, poi puntò il dito nella direzione verso cui Ade-cavola era scappata.

“È amica tua?”

Io mi battei la mano sulla fronte.

“Lascia perdere” ringhiai.

La maledetta non poteva sopravvivere: aveva messo in serio pericolo i miei bellissimi vetri. Era troppo pericolosa, doveva morire, così la raggiunsi.

La rossa malefica si era nascosta nella mia sacra camera. Sacra, seppur indegna di me.

“In questi pochi secondi…” aveva proferito l’immonda.

“Ho realizzato una cosa: tu sei un DIAVOLO!!”

Non avevo uno specchio per verificarlo, ma sono sicuro che in quel momento riuscii a sollevare un unico sopracciglio.

“Prego?”

Senza alcuna motivazione logica la deprecabile mi lanciò addosso uno stivale. Ovviamente lo afferrai con somma eleganza e facilità. Osservai per qualche secondo l’oggetto, poi lo scagliai contro la putrida, la quale, miserevole, venne colpita in piena fronte dallo stivale, con mia discreta soddisfazione.

A quel punto la rossa mi parve quasi ingigantirsi, sarà stato per il colore dei capelli, ma mi parve che stesse per prendere fuoco.

“Ma come ti permetti? Dì un po’: te la prendi con le povere persone perché tua madre ha fatto qualche casino con la lavatrice al tuo primo bagnetto e ne sei uscito come l’omino bianco? Eh?”

Naturalmente la cosa non mi toccò in alcun modo.

“Stai andando a fuoco, donna” dissi in tutta calma. Infatti Ade-epentesi-quantitativa era andata in autocombustione.

Dopo aver gridato come una pazza provocando la profonda indignazione dei miei Sessho-timpani la fanciulla era corsa in bagno bagnandosi la testa infuocata sotto il getto del lavandino. Sperai che lo spavento l’avesse minimamente calmata.

E invece no.

“Io-ti-ODIOOOOOOOO!!!!” i miei preziosi vetri si ruppero e fu in quel momento che persi il controllo.

Presto la donna sarebbe morta in modo orrendo, ma per la seconda volta, in quel giorno, la gloria immensa del mio operato venne macchiata da interferenze esterne.

“Ciaooooooo”

Davanti ai miei occhi apparvero strani omini: uno verde, l’altro giallo, l’altra rossa, l’altro viola.

“Noi siamo i Teletubbies! Vieni con noi in un mondo di pace coccole e amore! Taaaaante coccoleeee”

Così fecero per lanciarsi verso il mio mirabile essere.

***

Dling Dlong! Informazione di servizio: la scena a seguire contiene scene di indicibile violenza, pertanto nei prossimi secondi trasmetteremo alcuni spot pubblicitari.

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Ristorante Naraku

Un matrimonio? Una comunione? Venite a festeggiare il vostro evento in questa meravigliosa tenuta.

Ristorante Naraku

Un incantevole posto dove pranzare ed essere pranzo potrebbero essere la stessa cosa.

Fine pubblicità

La terribile strage compiuta dal nobile sottoscritto (chi conosce Happy Tree Friends può immaginare…) sconvolse a tal punto Ade-come cavolo si chiamava, tanto che ora se ne andava in giro ripetendo: “Doghe in legno”, “Non di manco” e “Altresì”

Questo mi diede il tempo di pensare. In compenso, riflettei, è l’unica donna che non ha approfittato di me… probabilmente una parte di lei riconosce la mia indiscutibile, ovvia superiorità.

Magari potevo anche scegliere di ucciderla in modo indolore! Cominciai a stilare una lista dei difetti dell’immonda per capire se ne valeva o meno la pena:

1) Era immonda

2) Esisteva, nonostante fosse al cospetto di un essere che dovrebbe farla vergognare della sua infima natura

3) Non si è ancora scusata per le prime due voci

4) Parla troppo di sport

5) Era uscita dal venerabile (ma non quanto me) sacco, senza chiedere il permesso

6) Aveva tentato di lanciarmi addosso uno stivale

7) Aveva rotto i miei bellissimi vetri

8) Soleva insultarmi

Molto bene e ora le cose positive:

1)…

1) Ehm… Ah giusto! Non ci prova ripetutamente con me

2) Sta preparando la cena con quel poco che resta dei brandelli dei Teletubbies

3) … improvvisamente mi sta venendo fame e, dannazione, Ade-Doghe in legno in questo momento assomiglia in modo impressionante ad un gelato al Dog-BAU!

 

 

 

 

 

6.

Johann e lo strano chip costruito dagli emo (PORCO PLINIO TAPPARELLA!)

Molto bene: i sogni di Ivy non erano solo sogni. Questo era chiaro, ormai.

Il punto era: per quale motivo lei riusciva a sognare il carissimo? Come potevano quei sogni avere a che fare con la realtà?

Ivy ovviamente non ci capiva un cavolo, un po’ per via di Madama Sfiga, e un po’ perché il suo unico emo-neurone era impegnato a tagliarsi le vene.

Ebbene a parte il nervo ottico di Britney-Chris, che si era attaccato alla suola della sua scarpa, Ivy non incontrò intoppi di alcun genere nel suo tragitto fino a scuola. Naturalmente una volta entrata le cadde in testa una trave, rotolò fino in palestra venendo bombardata di pallonate, poiché proprio in quel momento la squadra di pallavolo della scuola stava collaudando i palloni nuovi. Sospinta, dunque, dalle crude crudeli pallonate, la fanciulla si ritrovò in una classe, le cadde addosso la lavagna che proprio quel giorno era stata messa davanti all’ingresso dell’aula, così Ivy barcollò fino a cadere addosso al ragazzo che le piaceva che nel migliore dei casi le metteva il tappo della penna in un occhio e scappava via.

Dopo essersi liberata del tappo infame, la nostra cara carissima pulzella addolorata si diresse verso la classe, ma poiché, come ricorderete, questa era stata sterminata del mostro dai bianchi bianci capelli candidi, venne trasferita. Per sua somma orripilante sfiga era in una classe dove tutte le fanciulle erano belle come angeli e lei come lo schienale della sua sedia, dove qualcuno aveva scritto:

“Santa Prima Deca di Tito Livio in una padella in bilico sul fiordo della selva oscura”

Dato che Ivy era emo la frase le sembrò molto intelligente.

Quando le chiesero di presentarsi lo disse ad alta voce. Risultato: anche quest’anno ti lanceranno le sedie mia cara!

Dopo la scuola e la sua tragica uscita dal tristo edificio, Ivy tornò a casa rotolando, come tutti quanti avrete previsto.

La nostra amata fanciulla aprì la porta e…

“BUON COMPLEANNO!”

No, no, no! Frena! Sua madre le aveva preparato una festa?

“Carissima Ivy, oggi è il tuo compleanno! Guarda ho invitato tutti i tuoi amici!” esclamò sfoggiando il suo sorriso più luminoso.

“Ma la casa è vuota” constatò Ivy.

“Appuuuunto cara! Come ti senti? Depressa? Perché se è così ho per te uno splendido gelato al cioccolato, alla frutta, al caramello con dentro biscotti, cioccolatini, una fetta della tua torta, gelatina, budini di tutti i gusti e tipi, frattaglie, lardo, nutella, patate, pollo, manzo, pesce, uova e cocco!” esclamò portando davanti agli occhi di Ivy una montagnetta cremosa e verdognola sa cui sporgevano ossa di pollo e, Ivy ne era sicura, c’era qualcosa di vivo, che si muoveva in quella schifezza.

“Ho giusto voglia di vomitare” fu l’unica risposta che Ivy reputò consona alla situazione. Questo provocò nell’ammirabile madre una smorfia di puro terrore.

“Nooooooooo! Figlia, non osare rigettare le preziose calorie che hai nel tuo corpicino! Perché non vai a farti un bel bagno caldo, ci pensi e poi torni qui a mangiare la mia sorpresa di compleanno?”

Ivy sbuffò, diede un calcio alla madre che schizzò, esile com’era, fuori dalla finestra.

Si sarebbe fatta una doccia, pensò.

Dopo essersi lavata e aver cercato di dimenticare l’odiata orrenda madre, la nostra cara dolce Ivy si accinse ad asciugarsi i capelli col phon dell’augusta genitrice.

Eppure i suoi pensieri erano rivolti altrove, costei faceva dolci, impagabili pensieri colmi d’affetto, rivolti ai suoi amati compagni di classe:

“Domani brucio i capelli a quella maledetta che è seduta davanti a me, così vediamo se le sembrerò ancora un maialino, quando lei sembrerà un maledetto topo! Sì, e poi a quello spregevole che mi ha messo il tappo della penna nell’occhio… sì gli infilo non il tappo della penna, ma tutto l’astuccio nel… AAAAAAH!!!!”

Improvvisamente lo spregevole phon aveva risucchiato i capelli della nostra cara Ivy la quale adesso gridava e cercava di tirarsi via dalla testa il dannato arnese, prima che le risucchiasse anche il cervello.

Ma la nostra Ivy non doveva essere poi tanto intelligente: aveva cominciato a girare su sé stessa attorcigliandosi il filo attorno al corpo, infine inciampando staccò la spina e i suoi capelli vennero infine lasciati in pace. Quando si rialzò guardandosi allo specchio la ragazza scoprì di avere i capelli bianchi.

“Wow, sembro bionda! Tutto sommato non è poi così male” si disse rincuorata. Ebbene forse la madre era riuscita a farle un regalo di compleanno, seppur senza volerlo. Però… ora la malefica madre era via di casa, in peregrinazione eterna nello spazio sconosciuto, quindi lei poteva usufruire del suo guardaroba!

E per mangiare? Beh con tutto quello che sua madre aveva messo nell’enorme gelato, le bastava metterci una mano dentro e afferrare a caso per avere un pasto completo bastante per tutta la giornata.

Sì! Tutto sommato non le era andato male quel compleanno. Doveva festeggiare con i grandi “My Chemical Romance”.

Accese lo stereo e aspettò, ma all’inizio della canzone la stessa si interruppe senza alcun evidente motivo. Ivy riprovò, una, due, tre volte, ma niente da fare: il fenomeno si ripeteva.

Tutti voi ormai avrete capito che era la sottoscritta a giocarle quello scherzetto, così infine Ivy si arrese e andò a scaricarsi le scan di “Inuyasha”.

Ivy sgranò gli occhi: che le prendeva a quella pazza di una fumettista? C’era un personaggio nuovo, dai tratti occidentali e un nome italiano! Possibile? Si chiamava Adelina, ma che diavolo stava combinando la Sensei? Ivy non volle vedere altro e spense il computer, sorpresa.

Ormai era chiaro: attorno a Sesshomaru-sama cominciavano a muoversi forze NON normali.

Ivy, però, non voleva avere niente a che fare con quella storiaccia! La sua vita era già abbastanza complicata senza che elementi sovrannaturali ammazzassero l’ultimo neurone sopravvissuto (benché emo).

Così la nostra prode, dolce, amatissima eroina si alzò in piedi. Decise di fare una passeggiata per mostrare al mondo i suoi nuovi capelli e i nuovi vestiti.

Naturalmente per strada non attirò la benché minima forma di attenzione maschile, ma almeno nessuno le metteva il segnale di divieto di sosta sulla faccia.

La sua passeggiata sarebbe stata assolutamente perfetta, se non fosse stato per un tizio con uno scatolone tra le braccia che gli impediva la vista che, correndo, la prese in pieno.

Ivy stava già per preoccuparsi con dolci e affettuose parole:

“TU! Brutta testa di…”

Quando la sua dolce voce fu interrotta dalla meraviglia: il ragazzo era di una bellezza straordinaria.

“Ciao! Mi chiamo Johann!” sorrise lui tutto contento.

“Porco Plinio tapparella!” concluse smorzando appena il sorriso ebete sulla faccina di Ivy.

“Ehm… sì… cosa portavi nello scatolone, mio bellissimo, splendido pazzo?” chiese Ivy con una voce zuccherosa alla fu-Teletubbies.

Johann il pazzo fece un enorme sorriso.

“Sto portando in Giappone dei microchip costruiti da scienziati emo! È una commissione del mio amato padre! Santo Plinio frittella!” rispose il luminescente ragazzo.

Ivy prima rimase abbagliata, poi comprese che quello che aveva detto il ragazzo non aveva senso, e riconfermò a sé stessa che il giovane era un po’ fuori di zucca.

“Ooooh e a cosa serve questo chip?” chiese Ivy incantata, solo per sentirlo parlare.

“Non lo so!” rispose Johann senza smettere di sorridere.

Ivy rimase ancora qualche secondo a fissare il meraviglioso.

“Ora devo andare, se faccio anche un solo minuto di ritardo mio padre Naraku mi uccide! Per tutti i tuberi di Plinio!” esclamò Johann, allargando ancor di più il suo sorrisone idiota, poi riprese a correre col suo scatolone.

“Un attimo! Hai detto Naraku? Ehiiiii!!!!”

Ma ormai era inutile chiamarlo e strillare, era inutile anche fuggire dai passanti che le stavano lanciando i semafori. C’era qualcosa che Naraku riusciva a fare nel Giappone del presente e che comprometteva il grande, meraviglioso leggere-attentamente-il-foglietto-illustrativo-se-il-sintomo-persiste-consultare-il-medico Sesshomaru-sama! E lei doveva fare qualcosa.

Come?

Dormendo naturalmente. Ivy tornò a casa, si imbottì di sonniferi e cadde addormentata.

Come la volta precedente prima sognò Naraku ballerino, poi il ciliegio le cadeva addosso ed infine le apparve il grandioso.

Per qualche motivo, però, Se-kun stava fumando una sigaretta con aria compiaciuta.

“Oh grande Sesshomaru!” invocò Ivy.

Sesshomaru spostò la testa di qualche millimetro: in pratica le concesse di parlare.

“C’è qualcosa che è accaduto nel mio mondo e che condiziona il vostro! Un adepto di Naraku sta portando una cassa di centotrenta microchip in Giappone! C’era scritto tutto sulla scatola: “adepto di Naraku trasporta centotrenta misteriosi microchip in Giappone””

Sesshomaru si degnò di muoversi di tre centimetri.

“Stai scherzando immonda umana albina?”

“No, Sesshomaru-Sama, nessuno scherzo, è tutto vero!” piagnucolò Ivy.

“In realtà adesso tu capirai che ti servo e posso avere poteri utili per salvare la tua vita messa in pericolo dalla follia della donna, così penserai di legarmi a te allo stesso modo della Sensei, ma in realtà la mia vigliaccheria farà sì che tu sia abbandonato in balia della crudelissima, la quale infine ti ucciderà in un modo che tu considereresti umiliante, ma alla morte della crudele io disegnando nell’ora d’arte scoprirò quanto io e la Sensei siamo simili ma incredibilmente diverse perché io… ti restituirò la vita!”

Ivy aveva gli occhi che le brillavano eccitata dalle bellissime parole che aveva pronunciato.

“Naaaa” fece Sesshomaru, scettico.

“No, no, no! Tutto sbagliato, ti dico io come finirà questa parodia: la Donna capirà di essere indegna di me e si toglierà la vita, A-de-li-na lascerà la squadra di rugby e mi dedicherà la sua intera esistenza, tu senza la mia interferenza nella tua vita ritornerai alla mediocrità dei tuoi pochi anni, Naraku si lascerà uccidere perché mi è inferiore, stesso dicasi per Inuyasha e il resto del mondo, infine io sarò signore incontrastato di un ordine regolare e superiore che governerà tutto ciò che mi circonda. Sì accadrà proprio questo”

A tali ultime parole l’immagine del grandissimo Sesshomaru sfumò, mentre Ivy tornava in lacrime alla desolazione della sua esistenza.

 

7.

Speciale Halloween

La ribellione dei personaggi della parodia (QUALCUNO SALVI FAFFY!)

Dopo il mio speciale trattamento, A-de-li-na era rimasta alquanto sconvolta. Immagino in senso positivo, la sua faccia era così:

 

 

Ora non diceva più “Doghe in legno” e “Non di manco”e aveva smesso di parlare di sport. A dire il vero era diventata piacevolmente silenziosa.

Questo andava bene, più che bene. Quello che invece NON andava era Naraku. Quello che aveva detto la ragazza mi aveva preoccupato, nonostante le mie rosee previsioni. Bene la cosa stava prendendo una piega sgradevole, parlare con Toporagno non mi avrebbe certo portato alla confessione di lui, quindi avrei risolto facendo capo all’unica vera fonte di quei terribili eventi.

Senti Fuffy…

(MI CHIAMO FAFFYYYYY!!!)

Sì… certo… ascolta Fuffy! A me e a A-de-li-na non sta andando più bene come sta proseguendo quest’assurda parodia.

“Io veramente non ho niente in contra…”

“Fa silenzio A-de-li-na. Dicevo… questa parodia osa mettere in pericolo la mia aurea persona”

(Senti pulcioso qui chi scrive è la sottoscritta e tu sei il personaggio. Io scrivo, tu agisci. Chiara la relazione?)

Come osi rivolgerti a me in questo modo indegno, tu che dovresti esser grata di avere il permesso di aprire bocca in mia presenza!

(io non sto aprendo bocca, mio caro, mi limito a schiacciare un tasto della tastiera alla volta, ironico vero?)

“Ti stai prendendo gioco di me?”

(Chi? Io? Mai!)

Mentre A-de-li-na mi fissava (chiedendosi probabilmente perché stessi parlando da solo) repressi un ringhio e avvicinai l’ex deprecabile, cominciando a confabulare e cospirare.

***POV DELLA GRANDE FAFFY***

Poiché quell’ingrato di un personaggio stava tramando, maligno, con la sua concubina, decisi di spegnere il computer per prendermi una pausa e dimenticare l’ingratitudine di questi malevoli personaggi.

Era ormai tardi: sembrava, infatti, che scrivere di notte fosse un vizio difficile da perdere e, nonostante fosse un po’ strano l’effetto di lavorare a una parodia dopo aver visto il Moulin Rouge, anche quello era diventato normale. Ebbene gli occhi mi bruciavano e avevo un gran sonno, così spensi il portatile che era già riuscito a svolgere la sua funzione di scaldaletto e mi addormentai quasi subito.

Avrei fatto splendidi sogni insensati come al solito e probabilmente la mattina dopo mi sarei svegliata esausta come sempre odiando la malefica luce del sole quasi quanto un vampiro. Invece, quando aprii gli occhi non c’era nessuna alba a svegliarmi, era ancora buio se non per la luce della luna che brillava splendente e bianca… cavolate! Se non per il dannato lampione che puntava esattamente verso la finestra della mia infelice cameretta. Ma non era solo quella luce pallida ad aleggiare come un fantasma nella stanza: mi alzai di scatto dal letto e trovai nella mia umile dimora i personaggi della parodia.

“Porca pu…”

“Io ti avevo avvertita ningen” sghignazzò quella meraviglia di demone.

Ma non c’era solo Sesshomaru: in qualche modo il malefico aveva radunato lì Naraku, Johann, e Britney-Chris tornata dal mondo dei morti.

Io mi alzai con un sorriso alquanto ebete.

“E ora ti ucciderò” concluse Sesshomaru.

“Cioè, vuoi dire…tu ucciderai me?” chiesi avvicinandomi al carissimo.

Sesshomaru aspettò un po’ prima di rispondere: non era, la mia, la reazione più normale che ci si aspetterebbe, dato che continuavo a sorridere.

“Sì”

“Ma…” feci io con gli occhioni giganti.

“CHE CARINOOOO!”

A quel punto Sesshomaru era davvero perplesso.

Ero alquanto colta da un attacco oltremodo acuto di fangirlite. A quel punto, forse, dovevo aver fatto un po’ pena a Sesshomaru, dato che lui stava lucidando gli artigli senza aggiungere altre frasi sprezzanti. Probabilmente sarei stata spacciata se non fosse stato per una mirabile persona che in qualche oscuro modo era entrata con un salto in camera mia dalla divina finestra. Costei era la grandiosa, venerabile LARA!!!

A quel punto i miei occhi divennero ancor più grandi e luccicanti di felicità.

“Posso morire felice: ho Lara e Sesshomaru nella stessa stanza!”

La nostra cara narratrice di storie pensò bene di non far caso al mio farfugliare, piuttosto si rivolse a Sesshomaru: “Mio caro che razza di figure mi fai fare? Te l’ho detto che dovevo prestarti per una parodia, avevamo un contratto, inoltre ti lascio fare sempre quello che vuoi nelle mie storie, per soli dieci capitoli puoi anche assecondarmi!”

“Sciocchezze” sibilò il grande leggere-attentamente-il-foglie… sì insomma lui!

“Come puoi credere che io possa accettare certe umiliazioni, nonché di essere messo in pericolo a tal punto?” protestò.

“Non mi lasci altra scelta: dovrò tramortirti” disse, infine, la nostra Lara facendo spuntare dal nulla la sua spadina (chiamasi katana -___-‘ ndLara)

La sottoscritta fissò ammirata l’intera scena. Potevo vedere, dietro i due duellanti, Britney-Chris tirare i capelli a Naraku, il quale, per qualche motivo sconosciuto, stava cercando di staccare gli alluci a Johann. Ma subito tutta la mia attenzione fu catturata da Lara e Sesshomaru che si apprestavano a duellare. Essendo, infine, Lara ad avere un particolare controllo sul nostro demone e le sue azioni, riusciva a indebolirlo fino, addirittura, a metterlo in difficoltà (la nostra amata stava lanciando contro Sesshomaru tutti gli oggetti presenti nella cameretta con la spada, usandola come una mazza dal golf e centrando spesso e volentieri la fronte del venerabile, il quale rispondeva con espressioni indignatissime). Infine lui, seccato, si fermò e sogghignò come se avesse appena avuto un’idea brillante.

“Giusto” disse.

“Io conosco il tuo punto debole”

“Punto debole?” ripeté la nostra amata eroina.

“Costantemente, ripetutamente, spasmodicamente”

Lara sgranò gli occhi e cadde in ginocchio premendosi le mani sulle orecchie.

“NO! Gli avverbi nooo!”gridò col volto contratto dal dolore.

“E invece sì: vagamente, potenzialmente, politicamente, normalmente, vanitosamente, gloriosamente”

“NO… sono… troppi…peccato mortale…”

“Oh no! Lara non ascoltarlo! Non lo fare!” gridai terrorizzata: così Sesshomaru avrebbe anche potuto danneggiare il suo equilibrio psico-fisico per sempre! E chi avrebbe scritto Tanit? No, non potevo permetterlo!

(informazione di servizio: questa scena va vista a rallentatore)

Individuai l’oggetto che mi avrebbe portato alla salvezza, sulla scrivania e corsi sperando di fare in tempo, saltai evitando Naraku che stava cadendo proprio davanti a me, schivai Johann che stava girando come una trottola e infine mi lanciai in avanti per salvarmi dall’esplosione di Britney-Chris, saltata in aria, per qualche motivo. Tesi il braccio, la mia mano era vicinissima alla scrivania, ancora qualche millimetro, mancava pochissimo, era lì, ancora poco e…

PRESA!

“Ah ah! Sesshomaru anche tu hai un punto debole!”

“Volgarmente, malinconicamente… eh? Dici a me? Ehi ma quella che hai in mano è una…”

“Esatto Sesshomaru, è una pallina rimbalzante acquistata al negozio di animali è un giocattolino per cani!” fu il mio turno di compiacermi nel vedere una goccia di sudore scendere lungo il viso del venerabilissimo.

Lanciai la pallina contro il computer che la inglobò direttamente nella pagina word.

“Ma… maledetta, è… impossibile… resistere!” senza poter far nulla per impedirlo il divino si mise a quattro zampe e in pochi salti ritornò nel computer seguito dagli altri personaggi.

Passò un secondo di silenzio, poi…

“Grazie al cielo è finita, Lara, ma dimmi, come hai fatto ad arrivare a casa mia e a far comparire la spada?”

“Ehmmm… la forza dell’amore?”

Fissai scettica la nostra narratrice di storie.

“Ok, lo ammetto io ho poteri sovrannaturali” confessò, infine.

“… Wow” i miei occhi, ora, erano nuovamen… di nuovo enormi e luccicanti di commozione.

“Bene! È ora che io vada! Addio! E ricorda: devi finire questa parodia, o potrei arrabbiarmi e sai cosa significa!” mi minacciò.

Io deglutii terrorizzata.

“Sì: la morte di Sesshomaru nel momento esatto in cui riacquista la memoria, lo sai che farò qualsiasi cosa per impedirlo! Prometto di concludere la parodia!” dissi terrorizzata.

“Molto bene! Ciao”

E così dicendo Lara sparì con la magia della sua katana magica e io cominciai a pensare al capitolo 8…

 

8.

Un biglietto per il Giappone e Sopdet

(quando i conigli con un otto sulla schiena possono diventare pericolosi)

Più Ivy viveva, più la sua orripilante vita sociale peggiorava come il resto della sua vita. Più Ivy sognava, più diventava dipendente dal carissimo. Insomma le cose andavano male, ma alla nostra prode eroina non importava, lei doveva salvare l’amato Sesshomaru e solo questo era importante. Frugò in tutti i cassetti e tasche dei jeans della madre e finalmente trovò i soldi per pagarsi un viaggio in Giappone. Così avrebbe incontrato la Sensei e il folle bellissimo ragazzo per svelare il mistero dei microchip. Nel frattempo sarebbe andata su internet per scoprire le modalità di viaggio che avrebbe potuto adottare. Come al solito, non appena si connetteva, Messenger eseguiva l’accesso automatico e Max il maniaco la contattava . Max il maniaco era l’unico contatto di Ivy. Era un quarantenne pedofilo che la contattava minacciandola, frustrato dal fatto che la nostra eroina sorvolasse su quello che diceva.

Max il maniaco era entrato in possesso del contatto di Ivy grazie alla madre della stessa, la quale sperava che se fosse stata traumatizzata, la cara figlioletta avrebbe perso i rimasugli miseri della sua vita sociale, cosicché la cara adorabile madre potesse avere per amiche le coetanee dell’amata figlia.

 

Max_Ivy_ti_ucciderò… scrive:

Ciao biscottino, come sei vestita?

Ivy _..-**Emo stellina**-.._ scrive:

Max, non ho tempo: devo andare in Giappone e non so come fare!

Max_Ivy_ti_ucciderò… scrive:

Oooh, perché non vieni qui da me invece? Piccola prostituta giapponese!

Ivy _..-**Emo stellina**-.._ scrive:

Oh ecco, ho trovato un sito interessante: un viaggio così costa solo cento euro e prevede viaggio in carrozza, poi a cavallo, poi su cammello, pullman, traghetto, canoa, nuoto, ancora carrozza, dromedario ed eccomi in Giappone!

Max_Ivy_ti_ucciderò… scrive:

Ma hai capito cosa ho detto?

Ivy _..-**Emo stellina**-.._ scrive:

Sì penso che farò così! Grazie per il consiglio Max!

Max_Ivy_ti_ucciderò… scrive:

Aaaah! Maledetta ti odio! Ti ammazzo, ti farò a pezzi!

 

Ivy spense il computer tutta contenta e lieta del raggiungimento del suo obiettivo. Un viaggio da cento euro fino in Giappone, niente male!

E così la nostra Ivy si diresse alla stazione delle carrozze.

Pronti, partenza e… via! Il viaggio fu più lungo di quanto Ivy si aspettava, Madama Sfiga fece sì che la ruota della sua carrozza schizzasse via dal suo posto uccidendo il cocchiere. Poi il suo cavallo mise per sbaglio le zampe anteriori in una friggitrice del Mc Donald diventando un Happy Meal, il suo cammello morì per essersi nutrito di tale Happy Meal, Il pullman saltò in aria appena lei salutò l’autista che gli si stava avvicinando col mezzo, il traghetto si schiantò contro un iceberg (parte musica del Titanic), i remi della canoa vennero divorati dai piraña, mentre nuotava venne accerchiata da un branco di squali, salendo sull’ultima carrozza, venne attaccata da un gruppo di emo che prima uccisero cocchiere e cavalli e poi, resisi conto che lei era una di loro, la lasciarono in pace.

Infine il suo cammello si suicidò perché aveva scordato a casa i suoi psicofarmaci.

Eppure, eccola lì! Ivy era arrivata in Giappone! Il posto dove i suoi amati fumetti nascevano.

C’era solo un problema ora: trovare la perfida Sensei!

Ma la nostra cara, povera Ivy era spaesata in quel luogo a lei sconosciuto. Che fare, dunque?

Ma prima che la nostra amata eroina potesse allarmarsi venne raggiunta da una ragazza bruna che Ivy conosceva molto bene: Kagome!

“Ciao, cara! Tu sei quella nuova, giusto? Seguimi!”

Colma di stupore Ivy obbedì seguendo l’eroina del suo amato fumetto in un edificio, salirono le scale (Ivy cadde ben sette volte, rotolando fino al piano terra, proprio mentre stava per salire l’ultimo scalino di quel grattacielo a dieci piani senza ascensore) giunti in un ufficio tutto rosa Kagome fece accomodare la nostra cara Ivy su una poltrona, mentre lei si sedette dietro la sua scrivania, tra merletti candidi e tessuti fuxia.

“Molto bene cara, come ben sai ogni scuola del Giappone ha una ragazza con super poteri, che ogni giorno impedisce l’orrenda catastrofe della distruzione del mondo” disse Kagome tutta sorridente.

Per qualche motivo Ivy trovava la situazione mooolto inquietante.

“Ma… ma io non capisco perché lo dici a me” disse stupidamente la nostra amata e molto emo protagonista.

“Be’ mia cara Evelina, questo è una specie di ufficio di collocamento: io sono l’addetta a stabilire la zona e se necessario il periodo storico in cui opererai: non vorrai trovarti in conflitto con le altre super eroine, guarda Sailor Moon e Doremì, per esempio”

Kagome indicò col pollice la finestra cui dava le spalle, Ivy si sporse appena in avanti dalla poltrona e vide le due eroine accapigliarsi e picchiarsi nella maniera più cruda.

“Al piano di sotto Licia, invece, deciderà se sarai la campionessa mondiale di pallavolo o cambierai aspetto con un fiocco magico!”concluse Kagome.

Ivy tacque per un secondo, aspettò che il suo emo-neurone si togliesse le cuffiette per elaborare le parole della ragazza dietro la scrivania e ovviamente prese la decisione più idiota:
“No! Assolutamente no! Perché dovrei desiderare di essere una bellissima e simpatica studentessa con super poteri, un fidanzato splendido, amiche magiche fedeli in maniera irreale e incondizionata e col compito giornaliero di salvare il mondo?” protestò alzandosi.

Kagome per un attimo sembrò sfoggiare uno sguardo di pura perfidia, invece tornò a sorridere.

“Riflettici cara, grazie alle nostre svariate promozioni hai diritto ogni mese a un viaggio in dimensioni e tempi diversi grazie al servizio “Sopdet”” disse Kagome raggiungendo Ivy, la fece alzare e l’avvicinò alla finestra indicando il cielo oltre la finestra.

“Vedi quella stella? Quello è l’astro Bau Bau, anche chiamato Sopdet, quando è nella posizione che vedi puoi richiedere il servizio Sopdet! Osserva”

Kagome fischiò e dalla stellina che aveva indicato scese un treno bianco, madreperlaceo e scintillante.

Dal treno Harry Potter salutò Ivy.

“Wow” fu la sola cosa che riuscì a dire.

“Convinta, mia cara?” cinguettò Kagome suadente.

Ivy si riscosse, c’era qualcosa di anormale: sulla finestra del treno bianco c’era un lembo del kimono, Ivy avrebbe potuto giurarlo, del grande Sesshomaru-sama!

Cosa poteva essergli successo?

***

Sesshomaru scappa da una mandria di dinosauri

 

***

 

“NO! Rifiuto l’offerta, sono qui per salvare il mio unico amore ed è quello che farò! Non mi interessa tutto il resto!”

Ivy si alzò pronta alla fuga, stavolta lo sguardo perfido scintillava palesemente sul volto di Kagome.

“Nessuno sfugge all’ufficio di collocamento “Axieros”, cara, molte sono morte nel tentativo!” così dicendo mise sulla scrivania una gabbia con dentro un coniglio con il numero otto sulla schiena, aprì la gabbia e attese.

“Grazioso” commentò Ivy con un filo di voce.

Ma Madama Sfiga la perseguitava.

Gli occhietti rossi del coniglio scintillarono di malvagità e l’orrenda bestia si lanciò contro Ivy attaccandosi come un koala alla faccia della nostra povera eroina.

La povera, dolce, carissima fanciulla si dimenò cercando di scrollarsi l’orrenda bestia di dosso, sbattendo la faccia contro una parete per fargli male o ucciderlo direttamente, ma niente da fare, la bestia feroce non demordeva e aveva cominciato a strappare lunghi ciuffi di capelli a Ivy.

La nostra poveretta cadde a terra, rotolò fuori dall’ufficio precipitando giù dalle scale, sempre con l’infame coniglio sul volto, man mano che scendeva le scale rotolando come un barile, dalle varie porte degli uffici uscivano conigli con altri numeri che si univano al maledetto otto.

Infine arrivata al piano terra Ivy capì come salvarsi dall’attacco e cominciò a cantare. I conigli fuggirono immediatamente, terrorizzati. Ivy era libera, ma lo sarebbe stata ancora per poco, pensò. Doveva correre, correre a salvare il suo Sesshomaru. E così inciampò e rotolò per l’ennesima volta in direzione della crudele casa della terribile Sensei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9.

Sesshomaru a spasso nel tempo (l’ultima chiamata della Sensei)

Le stranezze purtroppo si susseguivano, orrende, a intervallo sempre più breve nella mia divina vita.

Io, Sesshomaru, ero vittima di un complotto. Era più che chiaro. Naraku avrebbe dovuto essere mio complice nell’ostacolare la Donna, ma non era mai in casa, piuttosto aveva assoldato un ragazzo affinché portasse certi oggetti nel Giappone del futuro. Stava forse aiutando la Donna? E se sì a quale scopo? Forse era per il nervosismo o forse per Adelina che mi mordicchiava le orecchie, ma il mio impagabile cervello non riusciva a trovare alcuna risposta. Erano tanti i miei dubbi: eppure sapevo di essere in balia di numerose forze e che la ragazzina con i capelli bianchi ormai non mi sarebbe servita a niente. Era mediocre in quanto diversa da me.

“Adelina, lasciami le orecchie sto riflettendo sulla mia grandezza la quale mi fa essere vittima di orribili macchinazioni a me sconosciute”

Ebbi la conferma dei miei pensieri quando un enorme oggetto bianco scese dal cielo, (mi parve proprio dalla stella chiamata Sopdet)

Incuriosito mi avvicinai per annusare lo stranissimo oggetto.

“Oh ma questo è un treno!” esclamò Adelina.

“Ti prego Sesshomaru saliamo, saliamo, saliaaamooo!” implorò facendomi gli occhi dolci.

“Con me non funzionano certi trucchi sciocca donna!” dissi sprezzante.

“Guarda che se mi porti sul treno io…” e cominciò a bisbigliarmi all’orecchio le cose più incredibili. Cose che desideravo con tutto il mio essere.

“Due… ciotole di Dog-BAU! ?” chiesi ancora incredulo.

Lo sguardo di Adelina si fece provocante.

“Ben tre mio caro”

A quel punto mi era impossibile rifiutare, così io e la mia concubina salimmo sullo strano oggetto bianco.

E di quella cosa me ne sarei pentito amaramente. Quando l’oggetto fermò la sua corsa (come aveva fatto a muoversi da solo? Eh? Eh? EH???) io e Adelina scendemmo trovandoci in una foresta, non c’era odore di uomini, né di demoni. Piuttosto enormi creature mi si piazzarono innanzi, sfacciate, osando addirittura essere più alti di me. Con sommo fastidio afferrai Adelina per i capelli e mi alzai in volo fino a trovarmi faccia a faccia con le belve. Che strano: perché tutte le umane gridavano quando le portavo in volo con me? Erano così spaventate dall’altezza? Comunque la bestia (di-no-sau-ro) non gradì il mio svolazzargli vicino al naso e cominciò a correre dietro me e Adelina.

Avevamo coperto parecchi chilometri sempre in volo con la dannata donna che mi implorava di smetterla di tenerla per i capelli. Chissà cosa intendeva.

“Insomma Sesshomaru! Hai i tuoi artigli no?”

Adelina continuava a dire cose insensate, mentre volavo tentando di fuggire alla creatura, quando mi venne un’idea brillante.

Avevo i miei artigli giusto? Solo io potevo avere un’idea così grandiosa.

Quando finii coi dinosauri, di loro non rimasero che brandelli. In seguito si sarebbe parlato di “estinzione”. Succede a volte, no?

Il treno bianco tornò. Dovevo pur salirci se volevo tornare nel mio tempo, e così, stizzito per aver accettato quel viaggio, salii sul mezzo che questa volta lasciò me e Adelina in Europa. Eravamo in Italia e incontrammo uno strano tipo dal brutto naso e la veste rossa.

“Che ci fate, oh voi stranieri, in questo posto?” chiese.

“Qui non siamo in Italia?” mi degnai di domandare.

“Che tu dici? Qui siamo all’inferno ove le immonde tenebre e le fiamme eterne tormentano quell’anime che in vita fuor operatori di gran mali”

Il buffo tipo parlava in maniera un po’ troppo strana per i miei gusti. Forse avrei dovuto ucciderlo, a dire il vero Adelina me lo sconsigliò.

“Lui è Dante! Non possiamo ucciderlo: lui, come Lara, ha poteri sconosciuti” bisbigliò all’orecchio.

“Come facciamo ad uscire da questo posto?” chiesi innervosito al dannato Dante.

“Seguendo un sentiero di virtute, partendo dalla più bassa feccia dell’umane anime, arrivando al più grande scalino che l’uomo possa raggiungere: la contemplazione di colui che è grande, nel luogo ove sì può quel che si vuole e più non dimandare!” aggiunse indignato.

Stavo giustappunto per mandarlo prima a quel paese e poi all’altro mondo, quando il treno ritornò a me. Io e Adelina fummo lieti di fuggire all’uomo che ora ci gridava contro agitando il pugno: “Dipartitevi da me! Dipartitevi da me!”

Il treno finalmente partì.

Innumerevoli furono le tappe, molte delle quali misero a serio pericolo amia vita e quella di Adelina.

Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, per esempio, Hitler mi scambiò per una donna e si innamorò perdutamente di me, inseguendomi dappertutto.

Insomma alla fine di quella orripilante avventura nei tempi più orribili (la prospettiva dell’immortalità cominciava a preoccuparmi parecchio, a quel punto) ritornai finalmente nel mio tempo.

“Oh my God!” esclamò Adelina tornata a casa, con immenso sollievo.

“Oh my-self” le feci eco lasciandomi cadere sulla mia nobilissima poltrona.

“Mi aspetto ben cinque ciotole di Dog-Bau! cara la mia Adelina!” esclamai furioso.

“Hai capito? Cinque”

Adelina sospirò e cominciò a prepararmi le ciotole del mio amatissimo cibo.

“Non è stato poi così male, però” commentò la fanciulla. Non sapeva quel che diceva, dovevo perdonarla.

“Sì, per esempio quando volevano che diventassi la stella del Moulin Rouge è stato divertente!” esclamò. Io non riuscivo a capire come era possibile che per quel seppur poco tempo in cui aveva fatto impazzire centinaia di ragazzi non aveva capito che in realtà si sarebbe dovuta prostituire.

“Poi mi piaceva farmi chiamare Satine” aggiunse tutta contenta.

“Sarà” sbuffai. Io di bello in quel casino non c’avevo trovato un bel niente, ma la ragazza era strana.

Ad un certo punto mi accorsi con orrore di una cosa: la Donna mi stava richiamando attraverso l’Esbat. Dannazione! Non avevo ancora mangiato le mie cinque ciotole di Dog-BAU! NO! Non era giusto! Maledetta!

Adelina doveva aver visto la mia espressione, perché si precipitò verso di me.

“Amore mio! Cos’hai? Dimmelo!” gridò saltandomi addosso. E inevitabilmente il passaggio richiamò anche lei.

Quando mi ritrovai nel maligno mondo della Donna vidi che la maledetta aveva sacrificato la sua piantina di salvia preferita.

“Altri centotrenta bigliettini Sesshomaru-sama!” cinguettò la perfida.

Strano… dovevo aver già sentito il numero centotrenta di recente. Un’impressione? Be’ non sarebbe stata l’unica stranezza visto che proprio pochi momenti prima avevo fatto un viaggio nel tempo che mi aveva quasi ucciso.

“Centotrenta” ripetei soprappensiero.

Adelina era rimasta sorpresa, non sapeva che ero costretto a lavorare per quella donna infame e vecchia che mi costringeva a lavorare a quei maledetti bigliettini natalizi.

Mi limitai a dire alla concubina di aspettare che finissi il lavoro, poi saremmo tornati indietro fino all’ultimo Esbat. Il finale della storia era ormai vicino alla fine e presto sarei stato liberato dell’orrenda influenza della vecchia.

Mi sedetti al fianco della Donna, prendendo tra le dita gli orrendi cartoncini a cui avrei dovuto lavorare. L’idea quel giorno mi disgustava ancor più del solito, ma avrei dovuto sopportarla, mio malgrado, ormai mancava poco, dovevo resistere.

I primi venti bigliettini volarono via con facilità. Ma al fatidico ventunesimo accadde una cosa: dal crudele bigliettino partì una scarica elettrica che colpì me e la donna insieme. Il dolore era lancinante.

NO!, pensai.

Non potevo morire così! Senza aver mangiato quel cibo che mi era stato promesso… io non potevo! NO!

E furono i miei ultimi pensieri prima dell’oscurità.

 

10.

La tanto attesa conclusione (il monologo del cattivo)

Troppo tardi.

Ivy è caduta in ginocchio, senza più forze: ha aperto la porta dell’oscura e tenebrosa dimora della Sensei solo per vedere la morte della donna e del suo amato Sesshomaru.

Ma c’è una seconda donna, una rossa, sì Ivy non si sbaglia, è il nuovo personaggio del manga.

“Sesshomaru! Amore mio! NO! NON MORIRE!” grida… come si chiamava? Adelina?

Aveva cominciato a scuotere il corpo esanime del demone, per poi lanciarlo da una parte all’altra della stanza, picchiando, anche, il misero corpo.

“SVEGLIATIIIII” gridava.

E Ivy cosa avrebbe potuto fare? Non era stata in grado di salvarlo e sicuramente non aveva il diritto di piangerlo. Non come quell’angelica ragazza che stava sbattendo la candida testa di Sesshomaru per terra sempre nel tentativo di rianimarlo.

Ad un tratto una terribile, glaciale risata rimbombò nella stanza facendo rabbrividire le nostre due eroine.

La risata si prolungò, terribile, improvvisamente si fece acuta come quella di una donna, rompendo l’effetto spaventoso. Dopo un attimo di imbarazzo generale la voce tossicchiò e riprese col macabro suono di prima, e dall’ombra decisamente innaturale al centro della stanza emerse il terribile, crudele, perfido, orribile, orripilante, terrificante, spregevole, spietato, immondo, maligno, malefico, malvagio, feroce, sanguinario, astuto Naraku.

“Voi tutti, infine, siete caduti nella mia trappola” sghignazzò il perfido.

“E siete sconfitti”

Le nostre due eroine non capivano, o meglio Ivy come al solito non aveva capito un cavolo, Adelina era almeno arrivata a concepire che un quasi sconosciuto e molto hippy individuo probabilmente aveva a che fare con la triste fine del suo amato Sesshomaru.

“E ora, mie care, morirete anche voi, ma questo solo dopo il famosissimo classico, monologo del cattivo, durante il quale vi spiegherò senza alcun motivo tutti i miei piani nel dettaglio” disse il cattivissimo.

Ivy scattò in piedi terrorizzata: “NOOO! Tutto, ma il monologo del cattivo no! Uccidimi subito, ti prego!”

Naraku si mantenne paziente e ignorò le cretinate della ragazzina.

“Quei bigliettini natalizi su cui la Donna riversava tanto impegno contenevano dei chip che mio figlio Johann le faceva avere, che hanno il potere di indurre i fan a leggere continuamente i manga della donna nonostante la monotonia spossante degli episodi. Ho fatto costruire questi chip da scienziati emo, essendo tali, sapevo che ne avrebbero fabbricato almeno uno difettoso che avrebbe ucciso chiunque avesse avuto la sfortuna di toccarlo. Con poco impegno sono riuscito ad uccidere due persone: la sciocca mangaka e il nobile Sesshomaru. Da ambedue queste morti ho tratto più di un beneficio: finalmente, infatti, la Donna non ha più alcun potere su di me e sul mio mondo, ma è dalla dipartita del nostro caro demone che ho tratto più vantaggi”.

Ivy cercò di trattenere Adelina che stava cercando di lanciarsi, furibonda, contro Naraku.

“Infatti non solo mi sono liberato di un pericoloso avversario: la casa che dividevamo in realtà era mia e la metà d’affitto che lo sciocco pagava ogni mese finiva nelle mie tasche. Ma non è certamente solo questo, il terzo motivo è mia sorella Axieros”

“Axieros?” chiese Ivy, ricordando quel nome, era…

“Esatto: Axieros fondatrice del rinomatissimo ufficio di collocamento delle super eroine giapponesi e promotrice del famoso servizio “Sopdet””

Dalla zona oscura al centro della cucina uscì una donna bellissima, alta, con lunghi capelli azzurrini e con un seno da far uscire gli occhi dalle orbite alle ragazze. Dopo aver cercato i propri occhietti a terra, attente a non scambiarseli, le due fanciulle attesero che Naraku proseguisse nella spiegazione.

“Axieros era innamorata di Sesshomaru, ma sapeva che lui non l’avrebbe mai ricambiata perché è… trans”

“Sapevo che il mio era un sogno impossibile” sospirò Axieros con una voce che assomigliava spaventosamente a quella di Naraku.

Ivy e Adelina rabbrividirono e Naraku continuò.

“Axieros decise di ucciderlo pur di non vederlo tra le braccia di un’altra donna e così ha avuto inizio il nostro piano, la creazione di Johann e così via, ma non bastava certo un piano perfetto per mettere nel sacco un grande demone pieno di risorse come Sesshomaru, ci voleva un altro fattore che potesse favorirci: la sfiga. In pratica tu, cara Ivy. Durante la tua festa di compleanno Axieros si è nascosta nell’enorme gelato che ti ha preparato tua madre e da lì, grazie ai suoi poteri, ti riempiva di sfiga in modo tale che nei tuoi sogni tu potessi passarla a Sesshomaru indebolendo le sue risorse e permettendo la realizzazione del nostro piano malvagio. Non ti sei mai chiesta, cara Ivy, il motivo per cui mi vedevi ballare prima che ti apparisse Sesshomaru? Ebbene quella è l’antichissima danza rituale con cui permettevo i vostri incontri, cara mia. Nel bel mezzo dell’esecuzione del nostro piano, purtroppo, Axieros ha avuto dei ripensamenti: non voleva che Sesshomaru morisse a causa di stupidi bigliettini natalizi, voleva che trovasse una morte onorevole, e ha tentato di metterlo in pericolo facendolo viaggiare col servizio “Sopdet”. Tutto inutile naturalmente, questo a causa di Adelina, che è il tuo opposto Ivy: il suo compito è quello di portare fortuna a Sesshomaru. Quando sei partita per il Giappone io e Axieros eravamo convinti che la tua scorta di sfiga si fosse esaurita, dato che non ti sei portata il gigantesco gelato, da cui Axieros ti stregava, così abbiamo cercato di trattenerti nell’ufficio di collocamento. Ma ci siamo sbagliati. Pare che a prescindere dall’operato di Axieros tu sia sfigata di tuo, infatti nell’esatto momento in cui sei entrata Sesshomaru ha trovato il bigliettino fatale che l’ha ucciso”

A quel punto Ivy stava già piangendo da un pezzo.

“È colpa… è colpa mia?” chiese in lacrime senza riuscire a capacitarsi della cosa.

“Ebbene, mi sembrava di essere stato chiaro: è TUTTA colpa tua! Sei sfigata e porti sfiga! Mwahahahahahahahahahahahahah!”

Adelina decise che non avrebbe ascoltato un’altra singola parola di quel discorso: quel mostro aveva ucciso il suo cagnolino e non l’avrebbe mai perdonato per un così grave crimine.

Saltò cercando di colpire con i piedi Naraku in pieno viso, ma come è più che ovvio, il malefico si spostò, così i piedi di Adelina finirono nella dispensa distruggendola e facendone schizzare via un pacco di Dog-BAU! Che finì proprio vicino all’angelico volto del venerabilissimo.

Ivy non ne poteva più! Era il suo turno di agire e lo fece usando l’unico potere che aveva:

“POTERE DELLA SFIGAAAA!!!” evocò, facendo una giravolta e usando per scettro il cadavere della Sensei.

Proprio in quel momento la madre di Ivy, fino ad allora in peregrinazione eterna nello spazio, piombò come un fulmine addosso ad Axieros che esplose in mille pezzettini di carne che si spiaccicarono sulle pareti della cucina. Purtroppo, però per l’onda d’urto dell’esplosione Ivy cadde all’indietro sbattendo contro un mobile, da cui schizzò via il cassetto dei coltelli per il pesce che finì proprio addosso alla nostra Adelina.

In quel preciso istante Sesshomaru si svegliò grazie all’aroma del suo amato Dog-Bau, proprio in tempo per vedere la sua concubina ridotta a un graziosissimo scolapasta.

“Adelina” disse con una leggera nota di sorpresa nella voce, poi si chinò sulla nostra cara giocatrice di rugby chiedendosi se la carissima stesse in effetti morendo.

“Oh amore mio! Muoio felice: so che sei vivo” così la nostra amata eroina se ne andò gaia all’altro mondo con grande orrore del nobile Sesshomaru.

“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO” gridò allargando le braccia guardando verso l’alto.

Nessuno sembrava essersi accorto che nel frattempo Naraku era indietreggiato lentamente per poi darsi alla fuga e ritornare nel suo mondo sul Sopdet-treno.

“Mi dispiace” pianse Ivy mortificata.

Sesshomaru parve accorgersi solo in quel momento della presenza della nostra cara emo-protagonista.

“Ma tu…”

Ivy si immobilizzò pronta a pagare per tutti i guai che aveva provocato.

“Tu hai sacrificato i tuoi capelli per usare il potere dell’Esbat non come passaggio ma come arma assassina per uccidere… be’ sì quella roba che sta sulle pareti di questa stanza”

Ivy apprese solo in quell’istante che i conigli che le si erano lanciati addosso all’ufficio di collocamento “Axieros” le avevano accorciato i capelli.

“oh… ehm…”

Ricorda Ivy: se scopre la verità tu sei morta!

“Sìììììì” disse.

Sesshomaru alzò le spalle, prese Ivy per i pochi capelli e la trascinò via con sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EPILOGO

Ancora donne (e il romanticismo di Sesshomaru)

Alla fine di questa lieta avventura il Sopdet-treno venne bruciato da quelli delle Ferrovie dello Stato per la troppa concorrenza, i Giapponesi cominciarono a sparare alle super eroine che volavano nel cielo nipponico riscoprendo il piacere della caccia. Sesshomaru si ricordò di avere una spada con cui poter resuscitare i morti e riportò in vita Adelina, piantando Ivy perché non gli comprava il Dog-Bau!.

Naraku decise di concedersi una meritata vacanza in Transilvania.

Ivy da emo divenne metallara e la sua sfiga cessò di colpo, sposò Max che si rivelò una gran brava persona.

E Sesshomaru e Adelina?

“Oh Adelina, non trovi che questo paesaggio notturno illuminato dall’argentea luce della luna sia meraviglioso, seppur indegno della mia nobilissima persona?”

“Sì, tutto quello che vuoi, ma smettila di volare prendendomi per i capelli”

“Stai zitta”

“Ma io…”

“HO DETTO ZITTA!”

 

FINE

 

 

 

 

(per Lara che ha creato una storia meravigliosa, con tanto affetto)

 

***

Il video.

Lo ha fatto Erika, ed è molto più di quel che mi merito.

 

***

Francesco ha scritto una bellissima fan fiction in due parti su Esbat.

La fan fic di Francesco

Parte 1

Il cerchio magico si illuminò.
Al centro giaceva una vittima sacrificale, un novizio della gilda che aveva accettato di farsi togliere la vita per evocare il demone.
La luce rossa proveniente dal cerchio magico sembro prendere forma, volume e massa fino a formare una figura, alta, snella e longilinea.
Hyoutsuki era apparso nel centro del cerchio, aveva i capelli sciolti ed era completamente nudo, ma non per questo sembrava indifeso.
Gli appartenenti a quella gilda oscura avevano pensato di mettere qualche sigillo per impedire al demone di ucciderli e potergli chiedere ciò che volevano; niente di più sbagliato.
Non erano stati certo 4 pezzi di carta incantati a fermarlo, e dopo aver raso al suolo la gilda scappo nella foresta circostante.

Yobai senti un brivido, come mezzo demone aveva ereditato da sua madre un sesto senso molto acuto, ma non così tanto da fargli prevedere lo scontro imminente.
Hyoutsuki apparve dagli alberi, non portava con se Sakabato, la sua spada leggendaria, probabilmente alla sua morte l’aveva persa, ma aveva conservato gli artigli affilati con cui gli aprì una lunga ferita sulla schiena.
Yobai soffocò il dolore, fece un breve girò su se stesso per portarsi di fronte a Hyoutsuki, lo scontro era aperto.
Si scrutarono valutando l’uno le abilità dell’altro, poi prima che uno dei due potesse attaccare una luce verde pervase la radura, immobilizzando i due.
Quando Yobai provò anche solo a muovere la testa una serie di fitte dolorose gli trafisse le tempie, dovevano rimanere immobili.
Dalla foresta emerse una donna, doveva avere meno di trent’anni, portava un elegante kimono rosso e sorrideva, facendo intravedere i denti affilati, simbolo della sua appartenenza all’Ordine delle Streghe.
-A quanto pare anche un demone forte come Hyoutsuki non riesce a resistere ai miei poteri, forse da quando sei morto non sei più potente come prima.-
-C…cosa vuoi?- disse Hyoutsuki.
-Beh… pensavo foste semplici intrusi, quindi vi ho immobilizzato con il mio incantesimo. Ma ora anche se so che siete voi non posso liberarvi, la mia magia è potente ma probabilmente non così tanto da difendermi. Aspetterò, su di voi ho posto l’Incantesimo segreto delle streghe della foresta.
-I…incantesino segreto delle streghe della foresta?- chiese Yobai
-Si, è lento ad agire, nel giro di 24 ore verrete trasformati in alberi- la streghe fece un ghigno feroce.
-Alberi?- Yobai sgranò gli occhi -è una cosa assurda!-
Hyoutsuki era rimasto impassibile.
-Allora Hyoutsuki-sama non dici nulla? Scommetto che quando sentirai la corteccia crescerti intorno al corpo e le fogli nascerti sulle mani urlerai di dolore e metterai da parte il tuo cipiglio austero. In ogni caso quando diventerai un albero ti taglierò, una pianta demoniaca potrebbe dare fastidio-
Ma la strega troppo presa dal suo discorso non notò una cosa importante, la luce verdastra che ricopriva Hyoutsuki piano piano iniziava diminuire, a diventare sempre più soffusa, finchè non scomparve definitivamente, Hyoutsuki aveva assorbito l’energia dell incantesimo!
La strega non fece in tempo a lanciare un nuovo in cantesimo che Hyoutsuki le inferse un colpo mortale, le spoglie della maga vennero assorbite dal terreno.
-Mi hai salvato Hyoutsuki-sama, ora sono in debito con te, è una cosa che odio!- disse Yobai fuggendo nella foresta.
Hyoutsuki sorrise e guardò la luna, chissà quali erano i piani della Dea.
Ci rivedremo Yobai…

parte 2

la capanna sulla riva del fiume era tranquilla, da fuori si intuiva che dentro ci fosse un fuoco acceso e che qualcuno stesse mangiando.
Hyoutsuki sapeva che ora poteva dare fuoco a quella capanna, ditruggerla, uccidere chiunque ci fosse dentro, la consapevolezza del suo potere lo inebriò, ma non era lì per quello.
Nella capanna non abitava un pescatore, come si poteva intuire dalle canne da pesca fuori dalla porta, la casupola era di proprietà di un vecchio, o meglio quello che poteva sembrare un vecchio, in realtà era i famoso Deisu, il demone mutaforma, aveva assunto quelle sembianza per nascondersi.
Per nascondersi da Hyoutsuki.
Deisu aveva qualcosa che Hyoutsuki voleva, la famosa gemma delle ali nere, al demone non serviva quella gemma per volare ma incrementava di molto il suo potere e il fatto che Deisu se ne fosse impadronito lo faceva imbestialire, anche se non lasciava trasparire alcuna emozione.
Sguainò la sua spada e si avvicinò alla capanna, la lama riluceva di luce argentea, ma quando sferrò il colpo che avrebbe dovuto radere al suo l’abitazione di Deisu una forza invisibile lo immobilizzo.
Era come se milioni di piccoli fili lo tenessero fermo, non riusciva a muovere un muscolo!
-Hyoutsuki-sama, pensavi che mi lascassi sorprendere così facilmente?- il demone uscì dalla capanna -Ho messo qualche incantesimo difensivo qua intorno, roba efficace-.
Hyoutsuki avrebbe voluto rispondere ma non riusciva a muovere nemmeno la bocca.
Deisu estrasse dalla manica un pugnale corto, molto affilato.
-Anche questo è magico, è capace di tagliare qualsiasi cosa, anche il collo del famoso Hyoutsuki-sama-.
Il demone inizio ad avvicinarsi brandendo il coltello.
La lama sfiorò il collo di Hyoutsuki.
Deisu cadde a terra, aveva tre freccie conficcate nella schiena, Yobai imbraccava un arco.
-Tel’ho detto, odio essere in debito con le persone, sopratutto con te. Ora siamo pari, Hyoutsuki- così dicendo sparì nella notte.

6 Risposte to “6. Fandom: fan fiction, poesie, video”

  1. avalon9 Says:

    Lo so che ti piacerebbe, averli a cena.
    Per questo mi sono premurata di avvertirli io. Come dire…Sesshomaru, se non gli metti alle costole Naraku, è un po’ refrattario agli impegni.
    Però doveva esserci. Era giusto.
    E io aggiungo un bel sorbetto al limone (o preferisci un parampampolo caldo caldo? Produzione propria, sia chiaro!).
    Ancora tanti auguri (anche se in ritardo XD) e grazie per l’onore che mi hai fatto.

  2. laramanni Says:

    L’onore è il mio, Mila. GRAZIE! E’ bellissima!!!!!

  3. io888 Says:

    Ciao ho scritto una fan fiction su esbat, ma non ho idea di come inviartela -.-

  4. Lara Manni Says:

    Ciao! Puoi mandarmela via mail, lara.manni@gmail.com
    Mi farebbe un enorme piacere, grazie!!!!!

  5. Anonimo Says:

    emh…. dovrei averla inviata ma mi sa che ho fatto qualche casino con la posta :S

  6. Lara Manni Says:

    Magari se la mandi in formato word è meglio 🙂

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