Vi è mai capitato di leggere qualcosa e di scoprire che quel qualcosa parla di voi? A me sì, stamattina, leggendo una recensione di Sandro Veronesi su un romanzo che si chiama Nonchalance e che voglio procurarmi subito.
Leggete queste parole:
“Attorno a lei vortica il dolore, che lei vede e riconosce col fiuto dei depressi, e poi scansa accuratamente. Ed è proprio quel suo accanito tentativo di tenersi lontana dal dolore che non funziona, che non può funzionare – anche quando tutti noi, leggendo e sprofondando nel suo stesso errore, lo consideriamo sensato. È lì che la sospensione diventa la più comune, la più invisibile e la più pericolosa delle malattie contemporanee, verso la quale la nostra civiltà mostra la stessa fatalistica indulgenza che i russi mostrano per l´alcolismo: l´autoreferenzialità. Per chiudere il varco al dolore, per non farlo entrare nella sua vita, per non provarlo, la protagonista finisce per impiombarsi in un – visto che siamo a Parigi – antibovarismo che è quasi peggio del suo celebre opposto. Anzi, è peggio, perché è fondato sul falso assunto che sia possibile risanarsi evitando, omettendo, rimuovendo, e lasciando agli altri il dovere di soffrire”.
Questa sono io. Questa è Lara. Paura.