Archive for giugno 2008

Ingrana la terza

giugno 30, 2008

Proprio non ce la faccio a restare al sole un secondo di più. Tra l’altro: resto fuori ancora qualche giorno, mi dicono che Roma è una fornace, e io ci credo.

Ho trovato una notizia carina: fanno un concorso di Haiku …all’isola d’Elba. Incredibile ma vero.

Poi ho trovato anche una dichiarazione di Ian McEwan che riporta ad un’osservazione fatta nei commenti da Teiresias. Dice McEwan:

[La prima persona] è un modo furbo per sottrarsi alle proprie responsabilità. Ci si nasconde dietro una maschera e tutte le banalità che vengono fuori sui scaricano sul personaggio. Questo equilibrismo fra autore e personaggio non mi piace. Non si capisce se sei bravo oppure no. Scrivere in prima persona è terribilmente facile, chi non scrive non può capire”.

Beh, non sono tanto d’accordo. Istintivamente, trovo la prima persona estremamente più difficile della terza: è vero, nel secondo caso devi saper cambiare il punto di vista come se stessi usando una telecamera. Ma usare la prima persona richiede una coerenza ferrea, secondo me.

Ok, sarà il caldo…

Attenzione, draghi

giugno 28, 2008

Facendo una serie di giri sono finita sul blog di Licia Troisi e mi sono letta del polemicone sugli autori minorenni di fantasy che sarebbero troppo sfruttati dagli editori.

Però ho un problema: non leggo fantasy, come ho già detto, e le mie esperienze si limitano a Tolkien, un po’ di Terry Brooks, un po’ di Bradley, pochissimo Martin, due pagine scarse di Lewis che mi sta abbastanza sull’anima. Non ho mai letto in vita mia fantasy italiano, ma non perchè sono schifiltosa: semplicemente, ho un po’ paura di essere delusa.

Se è difficile raccontare bene un vampiro, figuriamoci un drago o un troll. In fondo un vampiro (o un demone come li intendo io) hanno una parte umana. Oppure è possibile tentare di rappresentarli in quanto “lontananza” dall’umanità.

Un mondo totalmente fantastico è più difficile, credo. Anche quando il Maestro ha scritto Gli occhi del drago, che è la cosa più fantasy della sua produzione, è stato profondamente umano: e quella, comunque, era la premessa per La torre nera, che va in ben altra direzione e, secondo me, scardina le regole del fantasy stesso, da quanto capisco. Suppongo che i fan integerrimi la detesteranno cordialmente.

Quindi non ho letto la Troisi, non ho letto nessuno dei libri in questione e non ho niente da dire sul polemicone. Avendo notato però reazioni violente anzicheno, mi chiedo se, rispetto ad altri generi, il fantasy sia quello più conservatore. E poi mi chiedo pure dove si appiccica l’etichetta fantasy. Solo libri con draghi ed elfi? Oppure?

Quasi quasi mi rileggo Cuori in Atlantide

Non avrai altra storia all’infuori di quella originale

giugno 27, 2008

Pausa spiaggia con domanda. Non so se conoscete Fiori Party: io ogni tanto guardo i suoi video su You Tube, è una ragazza peruviana che realizza fan art in flash, con account anche su DeviantArt.

Beh, ieri sera (a tarda ora, Tommyknocker, tommyknocker…ok, mi è scappata) il mio amico-che-legge-fanfiction e che in realtà si chiama Leo, mi ha segnalato il video che ho messo qui sopra, dove Fiori Party racconta dei suoi guai con You Tube e con Deviant per questioni di copyright. Pare che qualche mese fa quelli di Tokio Tv non abbiano visto di buon occhio le sue rielaborazioni su Naruto. Violazione del copyright, hanno detto.

Ma se è così dovrebbero chiudere mezza Internet. Ma se è così ripeto quello che ho scritto qualche giorno fa: che si accusino tutti gli autori di romanzi sui vampiri per aver plagiato Bram Stoker, anzi, Polidori.

Brutta storia.

Abat-jour

giugno 26, 2008

Che ci faccio qui? Semplice, prendo l’ombra. Mi piace alzarmi molto presto e godermi il mare quando c’è vento e fresco, e scappare via quando il sole comincia a picchiare, per poi tornare nel tardo pomeriggio, e dedicarmi al rito del bagno del tramonto, che secondo me è il più bello di tutti.

Ho appena dato un’occhiata ai siti di fan fiction: lo faccio sempre perchè per me è come avere tanti libri nello zaino.  Ce n’era una, però,  che cominciava così:

“Il demone acconsentì alla richiesta della ragazza, ma accese la bajur sul tavolino”

Prima riga. Bajur.

In questi casi, io mi pongo sempre una domanda: che faccio, recensisco segnalando che non so cosa sia questa benedetta bajur (una lampada persiana?) e indicando la parola corretta, o sto zitta?

La questione, insomma, è quella famosa delle recensioni. Recensire o no? E, se sì, esporre gli aspetti negativi suscitando le ire dell’autore/trice, che sempre più spesso sostiene di voler accettare tutte le critiche ma in realtà non le accoglie mai? Memorabile una mia recensione ad un’autrice di drabble che aveva sforato le cento parole, e che mi rispose sostenendo che anche se ne aveva scritte centosettanta andava bene lo stesso e aveva ragione lei. Insomma, le recensioni servono o chi scrive si aspetta sempre e solo lodi e, ahia, faccine felici?

Parlo per me: sono avida di recensioni, specie quando sottolineano i punti deboli di un capitolo. Per quanto riguarda Esbat, le osservazioni di Laurie su un determinato capitolo troppo fitto di Wicca e Crowley sono state oro puro. E mi è stata preziosa anche una lieve perplessità di Roberto-Yoda su Sopdet, recentemente, a proposito di una serie di riferimenti storici non abbastanza filtrati. Insomma, è come avere una serie di favolosi editor attorno a sè.

Sarebbe bello far capire a chi scrive fan fiction che hanno un tesoro a disposizione.

Abat-jour. Si scrive ABAT-JOUR! Altrimenti, c’è sempre la vecchia lampada da tavolo, il lume, eccetera eccetera eccetera.

Vedere un braccialetto e scrivere un capitolo

giugno 25, 2008

Fa troppo caldo per stare nella spiaggetta e mi prendo una pausa-veranda. Anche perchè mentre sguazzavo, ho visto un braccialetto di corda sotto il pelo dell’acqua e  mi è venuta un’idea per Sopdet. Voglio buttarla giù prima che scappi.

A voi succede?

Per esempio, nel capitolo precedente, tutta la tristezza e la malinconia di Misia per il tempo che passa sono venute fuori da una targa stradale dedicata a Federico Ozanam. Passeggiavo, l’ho vista, mi sono soffermata sulle date di nascita e di morte e mi è venuta in mente la scena di questa strana vecchietta seduta in riva al mare, in una giornata d’inverno. Così come, in Esbat, una delle giovani vittime della Sensei è modellata quasi completamente su una ragazzina sconosciuta che mi aveva colpito per il modo in cui si guardava intorno e in cui piegava le labbra in una smorfia di disgusto assoluto.

Vero vero, è banale la questione dell’ispirazione. Non la chiamerei neanche così, visto che non credo alle Muse. Se qualcuno trova un sinonimo per “i dettagli della vita quotidiana sono l’impalcatura delle storie”, lo bacio sulla fronte.

Il Maestro, per esempio, scrisse il canovaccio di Misery su un tovagliolino, in aereo, dopo un sogno e una divagazione mentale sui fan.

Molto umilmente (l’avverbio!), consumo molti quadernetti.

Vampiri al mare

giugno 24, 2008

Ho il computer sulle ginocchia e vedo il mare, e vedo anche la mia amica Martina che mentre scrivo sta sprofondata su una sedia di vimini a leggere. Quadretto classico da vacanza.

La mia amica Martina è quella che qualche tempo fa mi ha regalato L’ospite di Stephenie Meyer metendomi in difficoltà: dirle o no che davanti alla parola Meyer rischio la crisi allergica? Non gliel’ho detto.

Però la testona sta leggendo adesso Il diario del vampiro, di tale Lisa Jane Smith, che da quello che ho capito è la stessa solfa. Così si presenta il libro, attenti:

“Elena Gilbert è una ragazza d’oro, è bella, è brillante, ha tutto nella vita. Ma le sue giornate non hanno nulla di eccitante. Così, alla ricerca del brivido, intreccia una relazione con il tenebroso Stefan. Ma Stefan nasconde un segreto, un segreto misterioso che potrà sconvolgere per sempre la vita della protagonista… Ha inizio per Elena la più affascinante e pericolosa delle avventure. Una storia d’amore e odio, di luce e ombra, in cui Stefan e Damon, due vampiri fratelli, avversari in una guerra millenaria, si contenderanno il cuore della ragazza e il suo destino”.

Ora, credo che il vampiro diaristico sia troppo pure per Martina, perchè da mezz’ora bofonchia ripetendo la parola “fake”. Dopo aver gongolato in segreto (IO mi sono portata i racconti di Lovecraft da rileggere), le ho chiesto che avesse da brontolare.

“E’ uguale”, mi ha detto lei. “Uguale a Twilight. Con la differenza che Elena è più scema di Bella. Per il resto c’è il vampiro buono, quello cattivo, i sensitivi. Tutto, pure la pelle diafana”.

A quel punto ho sghignazzato e le ho detto che l’uso dell’aggettivo diafano andrebbe proibito a tutti dopo Edgar Allan Poe.

Mi ha tirato il libro, ma non mi ha presa.

Però, possibile che stiano uscendo tutti questi romanzi con vampiro strafigo? Possibile che i vampiri siano diventati i nuovi eroi delle ragazzine? E possibile, soprattutto, che pubblicare un libro sia diventata più una faccenda di ormoni che di qualità?

Insomma, io vado in caccia da anni di buoni romanzi vampireschi dopo Le notti di Salem e dopo la prima e unica Anne Rice che mi sia piaciuta (Intervista col vampiro, appunto). E non li trovo. Ma ad un vampiro come Edward e questo Stefan pianterei non un paletto, ma un intero frassino nel cuore.

E’ che il mare rende nervosi!

Nemmeno nei miei sogni più arditi

giugno 23, 2008

Stamattina non ero proprio di umore eccellente: primo, perchè mi sono scottata al mare. Secondo, perchè stanotte riparto e dormirò poco. Terzo, perchè ieri pomeriggio, mentre mi arrostivo, ho questionato con un amico della mia amica a proposito di romanzi-esordienti-Internet. In breve, il tizio sostiene che scrivere in rete serve a pochissimo: meglio farsi il proprio bel dattiloscritto e contare sulle conoscenze giuste, come fanno tanti/tutti. Naturalmente (oddio, l’avverbio) io sostenevo l’esatto contrario.

Niente di grave, ma ero seccata e ci sono rimasta.

Poi, stamattina, ho aperto il blog di Angelo.

E ho trovato questo. Un saggio. Un saggio su Esbat e, addirittura, New Italian Epic, che è una delle discussioni più interessanti che sto seguendo sul web negli ultimi tempi.

Non ho parole. Davvero non ho parole, se non una: GRAZIE. GRAZIE. GRAZIE.

Un avverbio mi aspetta nel sottoscala

giugno 20, 2008

Ho scoperto questo sito. Navigando, ci sono molte cose interessanti, tra cui (povera me) il solito rimprovero per chi usa gli avverbi (“stampelle”, li definisce Luisa Carrada). E poi ho trovato questa considerazione che riguarda i blog:

non usate titoli criptici o teaser, che funzionano nella pubblicità o nella stampa, dove si può voltare pagina per leggere l’articolo, ma non sul web, dove c’è un’altra intera pagina da scaricare senza sapere cosa effettivamente si troverà.

Cambio mestiere!
(per adesso mi prendo qualche giorno di vacanza, ma cercherò di collegarmi lo stesso)

Non aver paura

giugno 19, 2008

A proposito di finali: sono alle ultime pagine di Duma Key. Lo sto centellinando perchè mi dispiacerà lasciarlo: oso dire che è forse il più bel romanzo di King. Dentro c’è davvero tutto, e tutto filtrato dalla malinconia della maturità, e dalla consapevolezza delle illusioni che sfioriscono. Sono incantata.

I capitoli in corsivo. Mi soffermo su questi perchè sono importantissimi, a un doppio livello: per lo svolgimento della narrazione, sicuramente, ma anche e forse soprattutto perchè sono trattatelli di scrittura, come ho già detto.

Uno degli ultimi inizia così: non aver paura. Non fermarti. Vai avanti anche quando vorresti smettere di dipingere (scrivere, in realtà). E’ importante.

E’ importantissimo, ha ragione, anche se io interpreto l’esortazione in modo tutto mio: non aver paura di te stesso. Tira fuori quel che hai seppellito dentro di te. “Sturati”, direbbe il protagonista.

Altrimenti, non si scrive.

Elefanti

giugno 18, 2008

Il finale è peggio di quanto ci si attendesse.
A tutti giovino le parole di King:

Elefantiasi letteraria (“literary elephantiasis” ), termine con il quale definisce la tendenza di uno scrittore a dilungarsi nella stesura di un racconto, arricchendo per esempio la narrazione con numerosi personaggi e vicende di contorno, e prolungando con minuzia e dovizia di particolari ogni descrizione o vicissitudine dei protagonisti.

Mai allungare il brodo se non se ne è capaci, mai.

(che poi…vogliamo mettere la malinconia del finale de Il signore degli anelli, che sta tutta in DUE parole, “Sono tornato”? Vogliamo mettere quelle due semplicissime azioni che chiudono la saga della Torre nera? Vogliamo mettere…non lo so. E’ vero che conta il viaggio, e non la meta. Ma possibile che un BUON finale sia così raro, e non solo nei manga?)