Archive for marzo 2010

Altre meditazioni

marzo 31, 2010

Erika ha segnalato Esbat nella home page di Efp e io ringrazio commossa.
Girovagando per il web scopro invece cose che mi fanno pensare: ovvero, risentimenti che non immaginavo sul fatto che una fan fiction sia diventata “pari pari” un romanzo, e sul fatto che una cosa sia una fan fiction, un’altra un libro nato per essere tale.
Qui potrei cominciare la solita diatriba sul significato del fanwriting, magari ricitare Tom Stoppard e Ludovico Ariosto e la pratica (ben più antica di Internet) di ispirarsi a storie esistenti per costruirne altre. Ma ho la sensazione che sarebbe inutile. Insomma, la vecchia faccenda di McLuhan sul mezzo e il messaggio: se una narrazione nasce come fan fiction, tale ha da rimanere. La penso diversamente, come credo si sia capito dopo un paio d’anni di blog: ma non siamo tutti uguali.
Quello che mi dispiace, invece, è che si pensi di me che sia una che se la sta tirando e che conceda la propria attenzione solo a chi le dice “bene brava bis”.
Cosa dicevo due post fa? Con le debite e felici eccezioni (Erika in testa, che il dio della scrittura ce la conservi sempre), le reazioni meno gradevoli su Esbat sono venute dal fandom.
E pazienza.

E a proposito

marzo 30, 2010

Perchè il punto, poi, per le fan fiction come per molto altro, è questo: perchè bisogna sempre seguire strade già battute invece di cercarne una propria? Vale per le fan fiction defilippizzate e vale per i romanzi adolescenziali o chick-littici pubblicati su carta. E’ come se ci si sentisse legittimati a esistere solo se si somiglia a un modello dato. Invece, come diceva Hardy, la vita è impareggiabilmente variata. Diceva, per essere esatti:
“A confronto del più insignificante essere umano che posi effettivamente il piede sulla faccia della terra  e vi proietti la sua ombra, anche la più sagace caratterizzazione in un romanzo non è che un mucchio d’ossa”.
E non viceversa, dannazione!

Malinconia da fanwriter

marzo 29, 2010

Torno a occuparmi di fan fiction dopo un bel po’, e con un filino di desolazione. In tutto questo tempo, ho continuato a leggere qua e là su Efp, saltabeccando di fandom in fandom e cercando qualche bella storia.
Perchè, e questo è un punto che mi sta a cuore, chiunque scriva dovrebbe, secondo me, essere affamato di belle storie altrui, dovrebbe cercarle e goderne proprio perchè più ci sono fanwriter di talento e più ce ne avvantaggiamo tutti. Sia chi scrive su web, sia chi scrive su carta.
Pare che accada il contrario. Se ci penso un po’ su, ad essere state più sbeffeggianti nei confronti di Esbat, e molto spesso con il triste sottinteso “io lo faccio meglio”, sono state proprio le fanwriter (almeno la gran parte). Fin qui, tutto prevedibile, pur se malinconico.
Ma quel che mi colpisce ora è il calo non tanto di qualità ma di intenzioni: sembrano diminuire le autrici che intendono lavorare ad un buon testo e sono in vertiginoso aumento quelle che partecipano per puro fanservice. Molti ormoni, dunque molti commenti, uguale gran soddisfazioni per il proprio narcisismo. Quanto alle storie, tendono a somigliare sempre più spesso a trame da chick lit: lei ama lui che non se la fila troppo e dopo un po’ di traversie coronano con la doverosa scopata (che porta i commenti a vertici inauditi). Segue happy end.
Intendiamoci: l’uso del fanwriting a questo scopo è assolutamente legittimo. Nessuno ha mai sostenuto che chi posta una fanfiction faccia letteratura. Ma la fanfiction E’ un testo narrativo. E, come tale, risente anche di modelli esterni: è proprio la sensazione che i modelli si stiano riducendo agli Harmony che mi fa rabbrividire (o ai doppi sensi dei comici Mediaset: ieri, leggendo una fanfic dal titolo “Infilalo tutto” stavo per piangere di rabbia).
So benissimo che molte autrici sono decisamente giovani: non così giovani, però. Quando si superano i vent’anni, si auspicherebbe maggiore consapevolezza di quel che si sta facendo: specie se l’ambizione dichiarata è quella di scrivere e pubblicare.
Allora, a costo di sembrare noiosa e, come qualcuno sostiene, bigotta e presuntuosa, dico la mia: una storia è altra faccenda dall’ammiccamento. Una storia ha personaggi, trama, linguaggio, e non può fare a meno di nessuno dei tre elementi.
Detto questo, forse sto decisamente invecchiando.

Noi no

marzo 26, 2010

Mi chiedo ogni tanto cosa succede della discussione sul fantastico: dando un’occhiata al gruppo Fantasy Italia su aNobii, sempre ribollente di passioni e opinioni, noto che ultimamente si è afflosciato su segnalazioni e promozioni.
Non sarà mica necessario discutere sempre, no? Verissimo: anche perchè spesso si finisce per ripetersi le stesse cose, e magari a restare sulle stesse posizioni. Però. In questi giorni leggo della Festa del Libro romana e noto con un pizzico di costernazione come del fantastico non ci sia traccia: c’è il fior fiore dei narratori mondiali, inclusi Yehoshua, Saviano, Ammaniti, Muriel Barbery (per chi la ama). Ma noi no.
Costernazione: non stupore.

Lara, Violetta e…

marzo 25, 2010

Mai divertita tanto. Ho parlato con Violetta Bellocchio. L’argomento? Guardate un po’ qui.

Atmosfera

marzo 24, 2010

Ecco cos’era. Chiacchierando ieri  sul racconto di fantasmi, un carissimo amico  mi ha dato l’elemento chiave (che fin qui mancava): atmosfera.  E mi ha fatto un nome: Edith Wharton e la sua abilità nel creare una narrazione sospesa, mai netta, che è la cosa che aggancia maggiormente il lettore. Dunque, ci sto lavorando di buona lena.
Nel frattempo, apprendo dal giornale di oggi cosa significa sognare ciclicamente gli esami di maturità, come mi accade spessissimo: “mancanza di fiducia in se stessi, calo dell’autostima”.
Mi sento meglio.

Prima la buona notizia

marzo 23, 2010

Lo fanno anche i russi! Leggo oggi su Repubblica la storia di  Dmitry Glukhovsky e del suo romanzo, Metro 2033, che viene tradotto in Italia e che è, insieme, un videogame. E che prima di essere tutto questo è stata una storia on line, come racconta l’autore:

«Nel 2002 il libro venne rifiutato da dieci editori diversi, allora l´ho pubblico online a puntate. Ed è diventato un romanzo interattivo, scaricato da due milioni di persone e arricchito dai suggerimenti dei lettori. Un libro “open source”, modificato e migliorato come un software».

Scrive Jaime D’Alessandro:

Artyom, il protagonista, è un ventenne rimasto orfano e cresciuto in una stazione ai margini della rete. Verrà coinvolto in un´odissea fino al centro della Metro, spedito lì per cercare aiuto e fronteggiare un pericolo alla Lost che minaccia l´intera rete. Leggendo questo romanzo acerbo, ma pieno di invenzioni quanto il videogame, viene in mente Nessun dove di Neil Gaiman, che si svolge nella metropolitana di Londra, o I guardiani della notte di Sergej Luk´janenko, con la sua Mosca cupa, soprannaturale, a metà strada fra l´éra sovietica e quella contemporanea. Ora, a 31 anni, l´autore ha in cantiere un videogame tratto da Guerra e pace di Lev Tolstoj e la pubblicazione di Storie della madrepatria, racconti satirici sui russi di oggi. Rigorosamente online. «Tutti i miei romanzi sono sempre disponibili sul Web, anche dopo esser stati stampati. Non avrei mai avuto successo altrimenti e sono certo che così facendo non danneggio le vendite. Anzi, le aiuto».

La notizia mi mette di buonumore, confesso.
Mentre ieri sera ho definitivamente abbandonato Blood dopo ulteriore tentativo: non è questione di Lestat-buono. Signore e signori, devo dirlo: è scritto male. Incredibile, al punto che non riuscivo a crederci neppure io: è noioso, verboso, stiracchiato, pieno di improbabili ammiccamenti al lettore. Illeggibile. Però mi dispiace.

Voglio essere Vittorio Alfieri

marzo 22, 2010

Come si fa a non farsi distrarre mentre si scrive? La domanda mi arriva via mail da una blogger, e mi costringe a pensare.
Perchè io mi distraggo, eccome. Ho sempre invidiato quegli scrittori che si mettono a tavolino alle otto di mattina e non staccano fino alle tre del pomeriggio, felici di galoppare in altri mondi e totalmente immemori di quello in cui ci tocca vivere.
Io non ci riesco. Quando apro il file della storia che sto scrivendo, comincio con assoluta dedizione a buttare giù le prime venti-trenta righe. Poi mi fermo. Accendo una sigaretta. Controllo la posta. Riprendo.
Altre venti righe, e mi rifermo. Gironzolo per la rete. A volte gioco. Accendo un’altra sigaretta.
Riprendo.
La faccenda continua con varianti (bicchiere d’acqua, cambio di scarpe  con le pantofole, telefonata). Infine, stremata, arrivo alle cinque cartelle che mi ero prefissa di scrivere. E, sì, mi capita – ma a tratti – di “staccare” completamente per ritrovarmi nello stesso altrove di cui sto raccontando. Mi capita più spesso per strada, però, quando cammino e mi sembra di sapere perfettamente dove la storia deve andare. Quando sono davanti allo schermo, entro ed esco continuamente.
Ultimamente la mia capacità di concentrazione sembra persino diminuire, peraltro. Forse perchè la revisione del racconto mi sta facendo soffrire un po’. Forse perchè il romanzo nuovo pesta i pugni per essere cominciato, vai a capire.
Comunque, credo che la cosa più importante sia  porsi una dead line: entro la tale data, devo essere arrivata a tale punto. In questo senso, aver cominciato in un sito di fan fiction mi ha aiutato molto: mi ero prefissa un aggiornamento settimanale, e così è sempre stato. Anche l’esperienza dell’Oca è stata utile per lo stesso motivo: poneva una scadenza, e la medesima andava rispettata.
Quando ci si pone da soli un paletto, si ha sempre la tentazione di andarlo a piantare un po’ più in là.

Consigli misti e demoni in salotto

marzo 19, 2010

Come mi segnalano nei commenti, sul Venerdì c’è un lungo servizio di copertina su come si fa un libro: scrittori, editor e agenti, insomma, dicono la loro, in occasione di un festival che si chiama “Libri come” e si terrà fra pochi giorni a Roma (magari vado a sbirciare, se non sono troppo presa dal racconto e da Lavinia).
Ci sono argomenti molto golosi.
Per esempio, i trucchetti degli scrittori. Scopro così che Abraham Yehoshua fa il giro del palazzo quando comincia un romanzo e non scrive mai dopo le sette di pomeriggio, che Carofiglio fa le palline di carta, Massimo Carlotto ritaglia articoli di cronaca, Nicola Lagioia resta al computer otto ore di fila (ma come caspita fa?) e Simona Vinci scrive quando ne ha voglia, fumando.
Mi sono domandata cosa faccio io, si parva licet, e scopro che la risposta è “nulla di particolare”. Ovvero, so che le idee mi vengono nei modi e nei luoghi più impensati (in genere, però, mentre cammino), che il mio modo di concentrarmi è fumare, NON ascoltare musica (lo so, questa è una stranezza), alzarmi a prendere un bicchiere d’acqua quando mi incaglio. Però anche io prediligo il pomeriggio, anche se le otto ore filate non mi sono mai riuscite.
Cose da annotare, dette da Yehoshua:
“I personaggi andrebbero rispettati come gli esseri umani. Mai ridotti a funzione. Nei miei libri non ce ne sono mai di radicalmente aberranti o incompatibili con me. Non c’è un solo personaggio che io non accetterei di far accomodare nel mio salotto”.
Parole sante. E se qualcuno sta per chiedermi se farei sedere Yobai sul divano, la risposta è sì. A mio rischio e pericolo.
La parola va poi all’editor. Ovvero Antonio Franchini, responsabile narrativa italiana di Mondadori. Spezza una lancia (o quasi) in favore degli avverbi: “Graham Greene odiava gli avverbi che in italiano finiscono in  -mente. E’ vero che appesantiscono, ma c’è anche chi li usa genialmente“.
Frase da ricordare:
“Molto spesso, prima di accorgersi che il romanzo è un morto che cammina con una pallottola in fronte, si arriva a pagina 150”.
Paura.
Franchini dichiara anche di essere poco interventista: “Un’idiosincrasia ce l’ho contro questa moda di sopravvalutare l’editing e il complottismo di chi sostiene che l’editoria sia un’enorme macchina manipolatrice”.
Su questo, come si sa, sono d’accordissimo.
Insomma, molto interessante. Nota finale per deprimermi al meglio. Dice l’agente Stefano Tettamanti che gli italiani che vendono all’estero sono quelli “che hanno una forte connotazione di italianità”. Ah, ecco.

Videoesbat

marzo 18, 2010

Signore e signori, Esbat va in televisione.
Per meglio dire, qui trovate la bellissima recensione di Sergio Tulipano per Booksweb. Ne sono onorata e commossa.
(e vado a scrivere il gran finale per Lavinia)