Posts Tagged ‘Stephen King’

You’ll get typed, Stevie

marzo 1, 2012

“Che ci crediate o meno (ho cominciato a scrivere) intorno ai sei o sette anni, copiando dai fumetti e trasformandoli in storie mie. Ero casa con la tonsillite e scrivevo a letto per passare il tempo. Mi ispiravano anche i film. Li ho amati dall’inizio. Mia madre mi portava al  Radio City Music Hall a vedere  Bambi. Whoa, la dimensione del luogo, la foresta in fiamme….mi ha fatto una grande impressione. Così, quando ho cominciato a scrivere, lo facevo per immagini perché era quello che conoscevo al tempo”.

“Quello che faccio è come una crepa nello specchio. Se prendi in considerazione i libri da Carrie in poi, quello che vedi è l’osservazione della vita quotidiana della middle-class americana al tempo in cui quel particolare libro veniva scritto. In ogni vita trovi un punto dove inserire qualcosa di inesplicabile, che sia il dottore che ti dice che hai un cancro o uno scherzo telefonico. Così, quando parli di fantasmi o vampiri o nazisti  stiamo parlando della stessa cosa, un’intrusione dello straordinario nell’ordinario. Come tutto questo influisce sui nostri caratteri e le nostre interazioni con gli altri e la società mi interessa molto più di mostri vampiri e fantasmi”.

“Penso di aver perso lettori in molti punti della mia carriera. E’ un processo naturale. La gente va avanti, trova altre cose. E poi sono cambiato io come scrittore nel senso che non sono lo stesso di  ’Salem’s Lot, The Shining o The Stand . Ci sono persone che sarebbero felicissime se fossi morto nel 1978, quelle che vengono da me e dicono, Oh, non scriverai mai un libro buono come  The Stand.  In genere dico loro che è deprimente sentirsi dire che qualcosa che hai scritto ventotto anni fa è il tuo miglior libro. Dylan si sentirà dire le stesse cose a proposito di Blonde on Blonde. Ma tu provi a crescere come scrittore e non puoi fare la stessa cosa sempre e sempre”.

“Mi definiscono il Maestro dell’horror, il Maestro della spazzatura, il Maestro della paura, il Maestro della suspense. Ma non ho mai detto che è quello che faccio. (…) Ricordo una conversazione con  Bill Thompson, il mio primo editor, da  Doubleday. Avevano appena pubblicato Carrie,  che fu un grande successo, e volevano altri libri. Gliene diedi due che avevo già scritto, ’Salem’s Lot e Uscita per l’inferno, che venne pubblicato più tardi con il mio pseudonimo, Richard Bachman. Gli chiesi quale voleva pubblicare per primo. Mi disse: la risposta non ti piacerà. Disse che Uscita per l’inferno era un romanzo onesto – il romanzo di un romanziere, se capisci quel che intendo – ma che voleva pubblicare  ’Salem’s Lot,  perchè avrebbe avuto un gran successo commerciale. Ma, mi disse, tu verrai etichettato. Etichettato come?, gli chiesi. Come uno scrittore horror, rispose. Mi misi a ridere. Cosa? Come  M. R. James e  Edgar Allan Poe e Mary Shelley? Ho detto, non m’interessa”.

“Non mi sto intenzionalmente allontanando dal soprannaturale, come non mi ci sono intenzionalmente avvicinato. Come scrittore, lavoro sulle intuizioni. Quando mi viene l’idea per una storia, mi metto a scriverla. Prima di iniziare, però, mi faccio sempre una domanda: “Cosa rende questa storia tanto importante da essere scritta?”

Sì, è un cut’n’paste da Stephen King. Ne sentivo il bisogno.

Se King non entra in classifica

febbraio 28, 2012

Facciamo una premessa: delle classifiche di Amazon, al momento, mi fido poco.  Basta un minimo spostamento di vendite e si possono scambiare per best-seller titoli che sono stati acquistati, in quel giorno, da due persone. Per non parlare degli eBook.
Facciamone due: la classifica Nielsen risulta prevedibile, con un’eccezione, quella di Wisława Szymborska al primo posto (effetto Saviano più effetto Fazio congiunti, immagino).  E dunque amore-zucchero-cannella-camilleri-schiappa-volo- dieta-anche illustrata.
Detto questo, vi siete accorti che 22/11/63 non è praticamente entrato nella classifica del dieci libri più venduti? E che, nelle parti alte delle classifiche, è rimasto pochissimo?
Questo, nonostante si tratti del romanzo di King fra i più celebrati dalla critica statunitense, e decisamente fra i più belli che abbia scritto. Questione di promozione? Anche. Di certo, Sperling&Kupfer sembra essersi mossa molto più per Damned di Claudia Palumbo che per il suo storico cavallo di battaglia. Questione di costi? Avviene quel che si era previsto, ovvero che è il prezzo di copertina a determinare il successo di un libro e non il contenuto? Damned costa 15,90 euro. 22/11/63 ne costa 23,90. Otto in più. Certo, può fare la differenza.
Però, però, però.
Uno sguardo a questi dati ci fa vedere che il mercato dei paperback “massmarket” è precipitato: meno 41% è la differenza di vendita fra dicembre 2011 e dicembre 2010. Quanto costa un paperback?  Un libro della Kinsella in versione massmarket paperback si trova su Amazon a 7,99 dollari. Allora, è una questione di prezzo? Anche, certo, indubbiamente. Una questione di promozione? Poco ma sicuro. Una questione (nel caso della Kinsella) di saturazione? Può darsi.
Ma non basta ancora.
Ho molte domande e pochissime risposte. La più scontata è che si vada non verso il felice ritorno del romanzo di intrattenimento a prezzo basso: come pure, in un bell’intervento su Carmilla, scrive Marcello Simoni. Ma che si proceda alla cieca, investendo a caso e sbagliando politica dei prezzi (23 euro per King sono, obiettivamente, una follia). Come se ne esce?
Non solo con gli eBook, a mio parere.  Forse, con un soprassalto d’orgoglio da parte di chi fa l’editore. Forse.

 

Mother Carmody mi fa paura

febbraio 3, 2012

Ho scritto un articolo per Carmilla. Parla di Stephen King e di fanatismo. Religioso, e non solo.   Se volete leggerlo, eccolo. Se volete commentarlo, potete farlo qui sotto.

Ps. Mancano quindici giorni all’uscita di Tanit. Tenete sempre d’occhio il colonnino di destra per aggiornamenti su iniziative, meme, contest e anteprime. Grazie!

Sul fantastico, e su molto altro

dicembre 19, 2011

Credo che la discussione di questi ultimi giorni meriti approfondimenti. Andiamo per tappe. Questa è la prima.

Se lei fosse un personaggio di Fahrenheit 451 e dovesse quindi imparare a memoria un libro per sottrarlo alla distruzione, quale sceglierebbe?
Non ho dubbi: Canto di Natale di Charles Dickens. È un libro che ha svolto un ruolo importantissimo nella mia vita, a partire da quando avevo 10 anni. L’ho letto, l’ho riletto, l’ho ascoltato alla radio. Mi ha influenzato profondamente perché in questo racconto c’è tutto ciò che bisogna sapere sulla vita, sulla morte, sull’amore per il prossimo. Ma spiega anche come si possa perdere l’amore degli altri e nello stesso tempo come le persone riescano a cambiare, ad avere una possibilità di tornare indietro nella vita. Molti miei libri parlano di vita e di morte, di trasformazioni, e di questa possibilità di cambiare.
(intervista a Ray Bradbury, Corriere della Sera)

INTERVIEWER

Is there really much of a difference, then, between serious popular fiction and literary fiction?

KING

The real breaking point comes when you ask whether a book engages you on an emotional level. And once those levers start to get pushed, many of the serious critics start to shake their heads and say, No. To me, it all goes back to this idea held by a lot of people who analyze literature for a living, who say, If we let the rabble in, then they’ll see that anybody can do this, that it’s accessible to anyone. And then what are we doing here?

(Intervista a Stephen King, Paris Review)

Quando hai la sensazione che i tempi si oscurino

novembre 28, 2011

E’ un lunedì così così, ma si va avanti: nonostante la sensazione che le parole servano poco rispetto a quel che ognuno vuol credere, e nonostante la sensazione che a pagare, semmai, siano gli slogan. Vecchia storia, pazienza.
Sto editando Tanit e ho cominciato a leggere quello che si presenta come un bel romanzo, Strega d’aprile di Majgull Axelsson, appena uscito per Elliot. Sono davvero all’inizio, ma fin qui ha tutti gli elementi che mi piacciono: un bell’intreccio psicologico fra i personaggi e il presagio di non pochi colpi d’ala. Vi farò sapere.
Nel frattempo, per chi volesse, ho parlato di 22/11/63 di Stephen King su Horror.it.

Canoni insidianti

ottobre 31, 2011

Ho visto Insidious. Ho già detto su Facebook che ero prevenuta in positivo dopo la recensione di Paolo D’Agostini. Ovvero:

“Il cinema di paura ha le sue leggi e i suoi rituali. Si dirà che questo vale per qualsiasi “genere” codificato. Vale un po’ di più per questo. Ripetitività, prevedibilità e riconoscibilità di situazioni, snodi, personaggi sono requisiti particolarmente cari allo spettatore appassionato. E proprio per questo, forse, Insidious di James Wan potrebbe risultare non soddisfacente ai fan del genere e contemporaneamente più accettabile a chi fan non è. Non mancano elementi chiave e ingredienti base: a partire dalla maledizione che incombe su una casa. Però se ne accompagnano a loro altri anomali rispetto alla norma, al canone di genere. In particolare un fattore umano che di solito manca. Sia una forte componente di commozione, sia una pista quasi umoristica. Un valore aggiunto per lo spettatore comune, probabilmente una distrazione dallo zoccolo duro agli occhi del pubblico più specializzato ed esigente”.

Se prendiamo le parole del critico cinematografico e le riportiamo alla narrativa, non fanno una piega. E’ vero, la ripetitività del canone è quello che ci si aspetta dal romanzo di genere. Per fortuna, non sempre.  Colgo l’occasione per postare una piccola anteprima di Wu Ming 1 sul nuovo romanzo di Stephen King. Soprattutto, è importante il passo dove il traduttore dice che 22/11/63  “stimola continuamente riflessioni sul tempo, sul corso della storia, su linearità e cicli, sul ricominciare da capo, sul nostro agire ed essere agiti, sul nostro essere soggetti costituiti che si pensano costituenti… e viceversa, in una scorribanda schizofrenogena, tra teoria delle stringhe e allegorie profonde.”
Non so quanto questo libro rispetti il canone: di fatto, King non l’ha mai rispettato fino in fondo, per nostra fortuna.

Ps. Insidious è un buon film, con un finale, a mio avviso, troppo frettoloso. E non così distante dal canone come si vorrebbe: anzi, è fin troppo dentro il canone stesso.

Ma va’?

ottobre 24, 2011

Avviene che Granta, raffinata rivista letteraria inglese, abbia chiesto a Stephen King una storia (per Halloween, va da sè).  Detto, fatto. Il racconto è di tredici pagine, si chiama “The Dune”, racconta di un giudice novantenne (“un sacco pieno di polvere e indignazione”), in pensione, che custodisce un segreto a proposito di un’isola sulle coste della Florida.
Avviene anche che, dandone notizia, ci si stupisca che nel racconto non appaiano “mostri e violenza” (ma va’?), ma che ci sia “orrore psicologico” (ri-ma va’?).
Ma è interessante leggere cosa sostiene John Freeman, top editor di Granta:

“‘L’horror è più di un genere. E’ un modo di relazionarsi con il mondo. Siamo inorriditi davanti alla violenza, alla morte, alle cose che consideriamo indecenti. E, naturalmente, davanti a ciò che ci spaventa. Quando estendi il concetto di horror in questo modo scopri che è un’emozione che guida i nostri migliori narratori, non solo coloro che operano nel genere”

Ergo, “Stephen King non è solo un grande scrittore di racconti, ma un importante pianeta nel nostro universo letterario. C’è una ragione per cui David Foster Wallace lo cita”.

Ma va’?, di nuovo.

Ps. Su Satisfiction, per gli interessati, altro inedito kinghiano.

Luccicanza, parte seconda

settembre 29, 2011

Qualche dubbio è sempre giusto porselo, quando si tratta di sequel: ieri, horror.it ha dato la notizia ufficiale su Dr.Sleep. Ovvero, ciò che accade dopo Shining. Vi riporto il testo:

“La notizia è una di quelle che fanno rizzare i capelli in testa e anche se era già circolata negli anni scorsi, adesso è stata resa ufficiale da parte di Stephen King stesso: il suo capolavoro Shining, scritto nel 1977 e portato sul grande schermo tre anni più tardi da Stanley Kubrick, avrà un seguito.

La notizia è apparsa sul sito ufficiale dello scrittore americano che non solo ha confermato che il romanzo è in lavorazione, ma ha aggiunto alcuni succulenti particolari sul plot. Il titolo sarà Dr. Sleep e dovrebbe avere come protagonista il piccolo Danny (il figlio di Jack e Wendy), ormai quarantenne, che sarebbe il Dr. Sleep del titolo, capace di aiutare i malati terminali che assiste grazie alla “luccicanza”. Il romanzo, però, stando alle dichiarazioni di King, dovrebbe vantare anche la presenza di un gruppo di vampiri chiamati The Tribe“.

Fosse stato un altro scrittore, i capelli si sarebbero drizzati anche a me. Non in questo caso, però: perchè l’opera di King è strettamente interconnessa, è fatta di rimandi interni continui, ed è possibilissimo che ce ne siano anche qui, oltre a quelli ovvi e dichiarati (i vampiri mi fanno pensare alla Torre Nera, che a sua volta ripesca parti de Le notti di Salem).
Inoltre, a me il King della maturità piace moltissimo: a mio umile parere, è preferibile al King degli esordi. Perché se ne infischia dei canoni del genere e racconta gli esseri umani con forza ed empatia difficilmente rintracciabili in altri autori.
Insomma, aspetto.
Quello che, invece, mi respinge fin dal trailer è il remake di Lasciami entrare,  nelle sale con il nome di Blood Story. Passo, grazie.

 

Silver, vai!

agosto 29, 2011

Un gruppo di bambini da una parte, un altro gruppo di bambini dall’altra. Nei due casi, una piccola città (il solito bastardo posto dove tutti si conoscono e dove l’orrore può annidarsi a proprio piacimento). Nei due casi, un’Entità che viene dal Male più antico e che è in grado di controllare gli abitanti: se non fisicamente, mentalmente. Nei due casi,  cose di forma incerta strisciano sotto il suolo. Nei due casi, le biciclette giocano un ruolo fondamentale, un bambino del gruppo vuole diventare scrittore, ci sarà una morte da vendicare.
Ora, cosa rende così diverso It di Stephen King da L’estate della paura di Dan Simmons?
A caldo, il fatto che i bambini di King sono molto verosimili, e quelli di Simmons sembrano piccoli adulti: ho ritrovato la noia, l’insicurezza e l’onnipotenza dell’infanzia solo nelle parti più “letterarie” (e molto belle, anche) del romanzo di Simmons. Al momento di passare all’azione finale, diventava difficile credere che i ragazzini avessero dodici anni, e non venticinque.
Questo per dire che raccontare l’infanzia è impresa durissima, per dire che ho finito, o quasi, le mie letture estive insieme con le mie vacanze (o quasi) e la seconda stesura di Tanit (o quasi).
E, questo è il senso ultimo del post, c’è sempre qualcosa che sfugge a chi scrive, anche quando si ha la brevissima illusione di poter controllare tutto.

King, i Tea Party, la politica e il disprezzo degli intellettuali

agosto 27, 2011

Non sono nuove le discussioni in rete sull’impegno politico di Stephen King. C’è chi ne è profondamente irritato, chi si accalora nel negarlo, chi lo trova ininfluente rispetto all’opera, chi ritiene che i suoi libri, tutti, siano sempre stati libri politici.
Comunque la pensiate, King si è fatto sempre più esplicito, negli ultimi tempi. A marzo di quest’anno, a Sarasota, è intervenuto duramente contro i Tea Party (e non solo), così:

“I’m from Maine, but I pay taxes in Florida, too. Let me tell you something: in Maine last November, three candidates ran, the Tea Party guy won by one percent. He’s a minority governor. And you know what? The guy’s a stone brain. And I thought to myself, “Well, that’s alright. I’m a snow bird. I’m gonna go to Florida. Things will be better in Florida.”

And on the way down here I drove and I heard about this guy in Wisconsin, his name was [Republican Governor Scott] Walker and apparently he wanted to stop collective bargaining. That’s supposed to balance the budget. That’s the magic bullet. So you’ve got [Republican Governor Paul] LePage in Maine, Walker in Wisconsin, you got [Republican Governor Rick] Scott in Florida. It’s Larry, Curly and Moe. That’s what we got right here.

Now you might say, “What are you doing up there? Aren’t you rich?” The answer is: thank God, yes. Because I grew up poor. I lived in a family where my mother asked donated commodities from a Republican administration and got turned down. That’s where I came from. And you know what? As a rich person I pay 28 percent tax. What I want to ask you is why am I not paying 50? Why isn’t anybody in my bracket not paying 50?”

Non solo. King ha annunciato di voler realizzare un programma radiofonico su Zone Radio. Un programma “politico” e anti Tea Party, appunto.
Bene. Se ne accorge Angelo Aquaro su Repubblica. E qual è il commento? Ve lo copio:
“E che poi proprio a lui, considerato il re della letteratura bassa, tocchi tenere alta la bandiera della cultura, non è che l’ennesimo esempio della mostruosità, appunto, dei tempi”.

Come si fa a commentare un’affermazione del genere? Prescindendo dal disprezzo relativo alla letteratura bassa, quale è mai il concetto di scrittore che aleggia dalle nostre parti? Solo a esangui letterati newyorkesi è concesso prendere posizione contro Sarah Palin, Glenn Beck e compagnia cantante? E, peraltro, non è già nei libri di King, specie negli ultimi, la narrazione dei nuovi poveri d’America, l’indignazione nei confronti del bigottismo di ritorno, la desolazione per il disastro economico e sociale che ci riguarda, peraltro, molto da vicino?
Sono, letteralmente, senza parole. O con poche parole adeguate.
Date, nel frattempo, un’occhiata a come ha dato la notizia The Guardian.
Qui, il video di Sarasota.